Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIMI

Risultati per: abbienti

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La Stampa

366879
AA. VV. 1 occorrenze

È questo anche necessario perché il popolo italiano si riabitui a considerare con altra mentalità di quella del dopo-guerra il valore del denaro e l'importanza del risparmio, e perché tutte le categorie abbiano dagli Enti pubblici l'indicazione della via che devono seguire per assicurare al Paese quella maggiore ricchezza di cui ha bisogno perché tutti i cittadini, specialmente, quelli delle classi meno abbienti, possano vivere meglio e meno disagiatamente.

La Stampa

367388
AA. VV. 1 occorrenze

Certo, torno a ripetere, bisogna che la popolazione si assoggetti a qualche piccolo sacrificio e specialmente di ciò si devono rendere conto le classi abbienti. Legge a questo proposito un rapporto di un prefetto il quale dice che il tipo unico di pane riscuote le approvazioni generali. Vi sono soltanto i soliti incontentabili che risiedono specialmente nelle classi abbienti. (Commenti). Annunzia che il Governo intende calmierare anche la pasta alimentare, che costerà 30 o 35 centesimi di meno di quanto si è pagata sinora. (Vive approvazioni). Il ministro della Guerra ha Inoltre consentito che squadre di soldati territoriali, di professione mugnai, vengano mandati nei forni per aiutare e controllare la cottura del pane. Come ho detto l'altro giorno, rispondendo ad un'interrogazione dell'on. Saint Just, se i mugnai non si rendono conto delle necessità del momento e pretendono di fare lavorare contemporaneamente tutti I loro mulini, il Governo sarà costretto a ricorrere alla requisizione dei mulini stessi. (Questa dichiarazione dell'on. Canepa è accolta da applausi della Camera). Si darà ai mugnai tanto grano ed essi saranno tenuti a dare tanta farina e tanta semola. Durante la discussione in corso si è parlato di una inchiesta fatta dal Sindaco di Torino presso alcuni istituti di quella città. Da quella inchiesta sarebbe risultato — ha detto l'on. Grosso-Campana — che dopo l'adozione del pane unico, il consumo del pane è aumentato dal 15 al 20 per cento. Orbene, in seguito alla citazione fatta alla Camera di questa inchiesta, abbiamo cercato ripetutamente di conoscere se si fosse tenuto conto nella statistica del consumo dei grissini. Ma non ci è stato possibile chiarire tale punto (rumori, commenti). Ad ogni modo, noi abbiamo ragione di ritenere che il consumo del pane non sia aumentato per il fatto, che si adottato il pane a tipo unico. La nostra convinzione deriva anche da un fatto preciso e inconfutabile. Dopo le indagini eseguite dal Sindaco di Torino e dal deputato di Torino on. Cesalini, abbiamo voluto far compiere un'inchiesta per nostro conto, non a Torino, ma in molte altre città, e abbiamo incaricato il prof. Bordiga, persona di nota esperienza. Ebbene, dalla inchiesta del prof. Bordiga è risultato che in certe città il consumo del pane è aumentato. In altre è diminuito mentre in altre ancora è stazionario. Ora, riteniamo che nelle città ove il consumo è aumentato, ciò sia dovuto al cambiamento di dieta. È naturale che se si mangia meno carne, si mangia più pane (approvazioni e commenti).

Il Corriere della Sera

369958
AA. VV. 1 occorrenze

Un altro comizio verrà tenuto domani sera nelle scuole di corso Romana, 10, ma riservato agli operai delle arti poligrafiche, i quali pure hanno diramato una circolare in cui affermano che «i proprietari di case e gli esercenti, senza scrupoli, approfittando dell'occasione, aumentano enormemente gli affitti e i generi alimentari, evidentemente con danno enorme delle classi meno abbienti, che dalla grande Mostra non traggono profitto alcuno, assoggettandosi, volenti o nolenti, a maggiori spese che le condizioni anormali della città impongono.» Essi aggiungono anche che «la percentuale concessa ad aumentare in parto gli stipendi dei lavoratori della penna e la mercede di pochi salariati, tacitamente conferma l'enorme speculazione che buona parte dei capitalisti locali intende fare per il lungo periodo dell'Esposizione.»

Il Nuovo Corriere della Sera

371876
AA. VV. 1 occorrenze

Nell'intento di rendere accessibile anche a famiglie poco abbienti la proprietà di una casa, la Cassa di Risparmio ha istituito - come abbiamo tempo fa già annunciato - una forma di finanziamento che eleva al 50 per cento l'ammontare del prestito, collegato con l'accensione di un deposito vincolato almeno per due anni. La iniziativa - già sperimentata con successo a Parma e attuata da tutte le Casse di Risparmio italiane - mentre vale di incentivo, comunque, alla formazione del risparmio, promuove, anzi, la formazione di un risparmio specifico, per un fine determinato; e darà incremento, insieme, all'attività edilizia a favore dei ceti medi e popolari. Il versamento iniziale - ha spiegato ieri sera il presidente della Cassa di Risparmio, prof. Giordano Dell'Amore, ai rappresentanti della stampa - dovrà essere di 50 mila lire al minimo; e il deposito che verrà via via aumentato con i successivi versamenti frutterà l'interesse del 4 per cento. L'intestatario che intende utilizzare questo deposito per la costruzione o l'acquisto di un alloggio, dopo due anni almeno (ed entro cinque anni), avrà diritto, se la somma versata avrà raggiunto la metà del costo dell'abitazione desiderata, di ottenere dalla Cassa il mutuo per un importo pari, appunto, al deposito, sicché egli potrà senz'altro disporre della somma occorrente per la casa: la garanzia sarà fornita con un vincolo ipotecario sull'appartamento da acquistare e che, logicamente, dovrà valere almeno il doppio del mutuo concesso.

La Stampa

372736
AA. VV. 1 occorrenze

Viceversa, una domanda concentrata in fasce abbienti si sarebbe rivolta soprattutto verso i beni di lusso, ragione per cui avrebbe potuto alimentare, al più, qualche specialistica attività artigianale. Si diceva che, se ogni famiglia può permettersi un paio di lenzuola in più, può nascere un cotonificio, mentre, se quello stesso reddito rimane concentrato, si manifesterà la domanda di qualche pezza di lussuoso broccato per soddisfare la quale potrà fiorire qualche bottega artigiana. Nel primo caso, l'industrializzazione avrebbe determinato le condizioni per una ulteriore espansione della produzione del reddito e la produttività del lavoro umano sarebbe stata moltiplicata dall'installazione di nuovi macchinari; nel secondo, il processo si sarebbe fermato assai prima, non molto al di là dell'artigiano che sarebbe stato pagato per il suo lavoro. La comprensione di questa differenza, fondamentale per ogni politica di sviluppo, favorì la formazione di quel tanto di reddito diffuso senza il quale la rivoluzione industriale del secolo successivo non avrebbe potuto neppure innescarsi, così come ancor oggi non si è innescata in molte parti del mondo. Ripercorrere la storia economica di due secoli fa torna utile per comprendere almeno alcuni aspetti di quella di oggi in Europa ed in particolare in Italia. Per comprendere, soprattutto, gli aspetti di una stagnazione che, contrariamente alle certezze di molti, si accompagna pervicacemente alle azioni di contenimento dei disavanzi pubblici. Il caso dell'Italia è emblematico per il fatto che nel nostro Paese vi è una componente di reddito più consistente che altrove, gli interessi sul debito pubblico, la quale ha agito regressivamente intanto perché è la principale (ora l'unica) causa di squilibrio dei conti pubblici, ed inoltre perché nello stesso tempo beneficia di una sostanziale franchigia fiscale, e quindi non è stata neppure sfiorata dalle manovre di risanamento. È la componente che determina l'esigenza di queste manovre, ma non ne paga neppure una lira. Se a questo si aggiunge che, malgrado l'entità di questa rendita, l'imposizione indiretta è stata resa politicamente intoccabile e quella diretta è parimenti intoccabile a motivo delle ripercussioni sui prezzi, si comprende come l'aggiustamento abbia finito per compiersi soprattutto attraverso il contenimento della spesa sociale e l'aumento di imposte dall'Ici alle tasse scolastiche e universitarie, dalla benzina alla nettezza urbana - che, in termini relativi, hanno pesato soprattutto sulle fasce di reddito più basse. In termini relativi significa che queste fasce di reddito hanno dovuto comprimere le loro spese, mentre le fasce di reddito più alte non hanno potuto accrescere più di tanto quelle già consistenti che già potevano concedersi. Si spiega così come alcuni consumi opulenti - produzioni limitate o d'importazione - abbiano tenuto, mentre le grandi fabbriche dal mobilio all'abbigliamento, dagli elettrodomestici alle scarpe - girino a basso ritmo e l'economia nel suo complesso rimanga depressa; si spiega come la crisi della domanda intenta spinga verso l'alto il cambio, rendendo più difficile che le esportazioni possano sostituirla; si spiega così l'abbondante liquidità che stava nascosta, pigra e svogliata, ma pronta a tentare una speculazione sui titoli azionari senza con questo penalizzare gli impieghi di titoli di Stato; si spiega così un ritmo di investimenti ancora discreto, ma prevalentemente alimentato da una strategia di difesa dei margini operativi su mercati che si vanno restringendo. L'aspetto più negativo della situazione attuale dell'economia italiana è che anche i suoi dati positivi - la bilancia commerciale, la forza della lira, i mercati finanziari, forse lo stesso raffreddamento dei prezzi e l'arretramento dei tassi d'interesse - sono effetto della stagnazione e come tali non possono essere volti, da soli, a sostenere un processo di crescita più deciso. Oltre due secoli fa lo si era capito. Al contrario oggi, pur con una esperienza infinitamente più ampia e con una evidenza dei fatti esplicita quant'altre mai, si continuano ad invocare misure e politiche di contenimento del reddito distribuito, e, quindi, di restringimento della dimensione dei mercati. Per una ripresa si fa conto su un aumento delle esportazioni. Ma se, in un'area integrata come l'Europa, tutti fanno affidamento sulle esportazioni, chi mai potrà importare nella misura necessaria per sostenere lo sviluppo di tutti?

Il Nuovo Corriere della Sera

378915
AA. VV. 1 occorrenze

Lo sforzo di esercitare la pressione fiscale sui più abbienti è stato notevole: il gettito dell'imposta di famiglia, attinto per il 43 per cento, nel 1959, da contribuenti con redditi inferiori al milione annuo, è derivato da questa categoria, nel 1965, solo per 11 24 per cento. Anche tenuto conto della svalutazione della moneta si può affermare sia stata raggiunta una più equa ripartizione fiscale. Il comune ha in corso lavori pubblici per quattro miliardi, ha costruito, senza alcun contributo statale, edifici scolastici per due miliardi. L'impianto comasco di depurazione dell'acqua è consono al più moderni principi igienici così come l'impianto di incenerimento dei rifiuti. Quel che di buono viene attuato non perde valore solo perché Como non si è ancora adeguata alla pianificazione politica, adottando il centro-sinistra, così come nessuna formula, l'attuale o un'altra, sana gli errori. La verità semplice è che non tanto valgono in campo amministrativo le formule, che sono un «contenitore», un involucro, quanto i fatti che rendono concreta l'azione amministrativa.

Il Nuovo Corriere della Sera

381641
AA. VV. 1 occorrenze

Un atto di volontà da parte del popolo italiano - gli uni rinunziando per qualche tempo a richiedere aumenti di salario sotto qualsiasi forma, gli altri, cioè in particolar modo le classi abbienti, sottoscrivendo generosamente al prestito - potrà creare le condizioni necessarie affinché, col concorso di energiche misure da parte del Governo, la nostra moneta possa essere stabilizzata al livello attuale. Il ministro Bertone, nel suo lucido discorso ispirato a un sereno ottimismo, ha di nuovo assicurato che tutti i partiti della coalizione governativa sono concordi nel considerare la difesa della lira come lo scopo principale della politica finanziaria e monetaria nel momento attuale.

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