Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbiatemi

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

UGO. SCENE DEL SECOLO X - PARTE PRIMA

656354
Bazzero, Ambrogio 1 occorrenze

Gli si presenta a terra un ferito, il quale, giungendo le mani: - Per amore della croce, abbiatemi misericordia! - Dov'è madonna? - supplica Ugo: - Ah!... misericordia a me! - Non uccidetemi! - Dico di madonna! Madonna! I nemici! - Misericordia, gran barone! Il traditore è quello che era all'uscio della cappella! Ho risparmiato anche il veleno per voi, gran barone! Ugo si caccia per le scale e nelle camere, trova nemici predatori e li combatte. Scompigliati, gli scarsi che avevano tentato la sorpresa, facile dacchè il castello era poco difeso, sono stretti a sgombrare, gridando: - È qui Ugo con cento cavalli! - Ugo, giù ancora per lo scalone, entra nei corridoi incendiati. Oh ecco! vede Ildebrandino ed Oberto. Incalza Ugo: - Ov'è madonna? Quegli meraviglia spaventato: - I morti tornano! - E questi: - Ugo è risuscitato per mia dannazione! - E tutti e due, facendosi segni di croce, si danno a fuggire, guardandosi alle spalle. Ugo dolorosamente li chiama e li richiama per tutti i santi: poi si mette dietro ad essi, corre, corre... È nella corte ed inciampa. Lo stesso ferito geme: - Abbiate pietà! - Il cavaliero guarda, e vede che quegli ha sul petto lo stemma di Adalberto, e sulla testa sanguinosa la tonsura di chierico. E quello: - Fate da cavaliero cristiano! Sono sul sagrato! - Era Ingo difatti sotto una finestra della cappella. Ugo, con subito pensiero religioso, esclama: - Voto una lampada d'oro alla Vergine di Saluzzo! - e facendo sgabello col corpo del ferito, s'aggrappa all'inferriata di una finestra aperta, si strascina su col petto, e ripete: - In luogo sacro voto due lampade d'oro! - D'improvviso una vampa guizza dal sotto in su ad infuocargli i capegli, e un globo di fumo gli soffoca il respiro... Riapre gli occhi: storce la bocca a ricevere aria dalla corte, fa per balzare... No, prima nell'ardentissimo strazio dell'anima raddoppia il voto alla Vergine del cielo: - Quattro lampade d'oro, per quel che ho falto! per quello che voglio fare! - e fìcca gli occhi dolorosi nella cappella, cercando l'altare a cui drizzare la destra.... Imilda è là dentro arrovesciata ed immota!... Ugo balza a terra, strappa di sotto al corpo del ferito un'azza, precipita dove gli pare debba essere l'ingresso della cappella. L'uscio è in fìamme! Lo squassa terribilmente. È chiuso! Tempesta colla scure. A quell'indiavolare accorrono Ildebrandino ed Oberto. Essi avevano combattuto gli invasori, ma non avevano trovato Imilda per tutto il castello, né alcuna cosa saputa di lei. I servi e le ancelle crano stati uccisi: il povero Federigo più non tornava dal campo di certo. Accorrono dunque Ildebrandino e Oberto, sclamando: - È proprio lui! Gii spiriti hannobraccia di nebbia. Questo no, per Dio! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Alla sera di quel medesimo giorno, narrano le cronache: Adalberto, andando nella sua camera e buttandosi armato sul letto, trovò al capezzale la fascia che Oldrado aveva riportato nel gioco d'arme, vent'anni prima, e su quella c'era scritto il numero dei morti e dei feriti nemici. Narrano anche che quello sparviero presentato all'omaggio, sorgesse dalle ortiche fra cui fu gettato, e apparisse cogli artigli di ferro e col becco di ferro, vecchio, lontano, lontanissimo, su un monte, ma ancora pronto a spiccare il volo. Queste ciance furono scritte dall'eremita di Malandaggio, un veggente che la sapeva assai lunga!

Giacomo l'idealista

663183
De Marchi, Emilio 1 occorrenze

Abbiatemi per vostro. Lorenzo Magnenzio di Villalta. GIACOMO A CELESTINA Fornaci, 15 dicembre. Mia cara e buona Celestina, mia buona sorella, sono stato molto malato, molto malato per te. Per poco morivo del tuo dolore, mia povera innocente. Sarei venuto prima a consolarti, ad asciugare le tue lagrime, se Dio non avesse avuto pietà del mio patimento e non mi avesse per molti giorni tolte le forze e la coscienza di me stesso. Ma verrò, sta certa, appena potrò sopportare questi freddi e le fatiche del viaggio senza pericoli. Ho bisogno di piangere con te e di dirti una parola che ti consoli. Qualunque sia la tua disgrazia, per me è certa l'innocenza tua come è certa la luce del sole. Dio terrà conto de' nostri patimenti e farà giustizia. Se anche la contessa non avesse sostenuta la tua parte contro l'iniquo che ti ha oltraggiata, puoi credere che io avrei dubitato un istante della tua virtú e del tuo affetto? Gli uomini e Dio giudicheranno il colpevole come si merita; ma tu lasciati giudicare da me. Sí, Celestina, il tuo cuore, la tua vita, la tua virtú sono nelle mie mani come il giorno che ho raccolto il tuo primo sguardo d'affetto. Hanno empiamente calpestato questo nostro affetto, hanno trascinata nel fango la nostra virtú, e questo colpo sarà il principio della nostra morte, ma noi possiamo guardarci in faccia senza rimproveri e senza rossore. Io ti assolvo e ti benedico, mia povera figliuola! Se potessi essere costí, vorrei metterti le mani sulla testa per rendere piú fortequesta benedizione. Lascia che essa scenda fino al tuo cuore e lo rinfranchi. Immagino tutto quello di piú spaventoso agiterà i tuoi giorni e le tue notti. Forse avrai maledetta la vita, la fede, la religione, e nel delirio del male avrai meditato cose perverse e terribili. Ebbene, non pensar piú a nulla, non dir piú una parola, non far piú un passo senza prima interrogarmi. Se qualche volta ti par di morire di dolore, come è sembrato a me, pensa che la tua vita non è tua, e che nella tua disperazione io perderei l'ultima forza e l'ultimo sostegno di quel coraggio, di cui ho molto bisogno per me e per gli altri. Se mi vuoi proprio bene, in nessuna maniera potresti dimostrarmelo di piú, come nel mostrarti dolce e ubbidiente a' miei consigli. Fino alle feste di Natale io resterò alle Fornaci: dopo andrò a insegnare in una scuola del Lago Maggiore, a Pallanza, dove hanno bisogno d'un professore supplente per il principio dell'anno. Lascerò accomodare queste nostre cose in modo che non manchino a' miei fratelli i mezzi per lavorare. Se la mamma vorrà venire con me, impedirà che m'intristisca nella solitudine. E chi sa che tu non possa tenerle compagnia? Essa potrebbe avere in te una mano che l'aiuti e nello stesso tempo avresti in lei una dolce e materna assistenza. In paese nuovo molte malinconie passeranno da sé, e può essere che Dio trovi nell'avvenire e per te e per me un compenso a queste terribili prove. Quel che ti scrivo, mia povera creatura, è la voce sincera del cuore, e vorrei scrivere ancora di piú, se non mi sentissi gli occhi velati di lagrime. Ho bisogno di sapere che tu sei buona, tranquilla, obbediente: e poiché queste signore ti usano molta carità, pregale per me di mandarmi spesso tue notizie. Prega l'Addolorata e abbi davanti che nelle nostre afflizioni Dio è presente: anzi, non è mai cosí vicino a noi, come quando ci sembra che ci abbia abbandonati. Il tuo Giacomo. Mai filosofo s'era abbassato tanto, fino a invocare in suo aiuto il nome della Madonna addolorata! mai sapiente s'era tanto rimpicciolito per farsi perdonare il peccato d'esistere! Ma è pur forza riconoscere che dovendo parlare ad un'umile creatura della terra, poco gli potevano servire le ingegnose argomentazioni degli stoici e i sillogismi della coerenza scientifica. La bontà ha questo di superiore, che non disdegna, quando occorre, di essere irragionevole e incoerente. Il cuore ha detto un filosofo corazzato di matematica, ha delle dimensioni e delle ragioni, che la ragione non conosce. Fu questo medesimo sentimento di umile convinzione, che lo persuase qualche giorno dopo a scrivere alla contessa Magnenzio una lettera, che egli considerò quasi come il suo testamento morale: "Mio zio - le diceva - mi ha fatto sapere che la S. V. Ill. desidera avere da me una parola che le manifesti i miei sentimenti e i miei propositi di fronte ai fatali avvenimenti che hanno colpito la mia povera esistenza. Sarebbe ormai un vano orgoglio per parte mia, se volessi opporre un glaciale silenzio alle domande angosciose di una madre, che per antiche ragioni ho l'obbligo di riverire, e che la comune sventura rende oggi agli occhi miei ancora piú degna di rispetto. Mi pare che le mie stesse sofferenze vadano rimpicciolendosi come ghiaccio che si scioglie in un'acqua mortale e profonda. Non sarò mortodel tutto, ma sento il freddo della morte salire da tutte le parti e circondarmi il cuore. Ho scritto a Celestina parole, che mi uscirono spontanee, ma che non saprei ripetere per paura di me stesso, come non ho saputo rileggerle al momento che mi sgorgavano dalla penna, mentre una nuvola pregna di lagrime circondava la mia testa. Se mi lascio trascinare da qualche atto che ha apparenza di perdono, non mi lodi come di una prova di forza morale; ma consideri quel che faccio e quel che dico come la conseguenza dello stato di atonia e d'incapacità, in cui sono ridotto da questi mali troppo crudeli. Credo che anche il mio povero cervello non sia in grado di connettere e di formulare gli elementi di una risoluzione. Come un vinto ferito a morte, accetto tutti i patti e tutte le catene nella convinzione che l'umiliazione non potrà durar molto, e che io non potrò vederne la fine. Non posso non volere io solo e per un inutile intento ciò che è desiderio di tutti quelli che mi vogliono bene. Avrei troppo poco rispetto e troppa poca pietà verso i miei stessi dolori, se respingessi con insolente asprezza la carità di questa medicina. Ho accettato un umile posto provvisorio a Pallanza, dove mi recherò subito dopo le feste di Natale. Avrei voluto partir subito, se di tempo in tempo un resto di febbre non mi avvertisse di usare prudenza, e mi curo non per troppa voglia di guarire, ma per il timore di rimanere troppo tempo invalido a consumare la carità di questa povera mia gente, che non posso sacrificare al mio risentimento. Al mio disinganno basto io, e bene ho fatto a sacrificargli tutte le illusioni, che andavo raccogliendo in un fascio di carte, a cui non potevo piú credere. Perché avrei pubblicato le menzogne di un sogno? Se la cenere è tutto quello che resta in fondo di ogni verità, tanto fa non credere alla fiamma .". - E mentre scriveva queste parole, si compiaceva di carezzare il presentimento che l'eccesso del patimento l'avrebbe presto dispensato dal cercar altre ragioni, riducendolo all'ultima, che comprende tutte le altre.

Cerca

Modifica ricerca