Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbiate

Numero di risultati: 11 in 1 pagine

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La cuciniera maestra. Metodo facile per cucinare

306211
Bassi, Leopoldo 3 occorrenze
  • 1884
  • Editori Libraio
  • Reggio Emilia
  • cucina
  • UNIFI
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Prendete limoni piccoli acerbi libbre una zucchero libbre una fateli bollire come le altre; e conservateli nel sue vaso; e tutti questi frutti raccoglieteli tutti alle sue stagioni e di mano in mano che vengono sciroppateli conservateli ne’suoi vasi fino che abbiate finito di trovarne e con questa proporzione di zucchero e miele più o meno di ogni qualità come volete, poi da ultimo vuotate tutti questi vasi in una stagnata o caldaia conforme alla quantità che avete e aggiungetevi un poco di mosto o vino bianco se ve nè bisogno e fate bollire per un’ora mescolando pian piano che non abbiano a rompersi le frutta poi levatela dal fuoco e mettetela in qualche vaso di terra poi per ogni peso di mostarda prendete mezza libbra di senapa e mezza libra di comino stempratela con mezza bottiglia di vino bianco e unitela alla vostra composizione poi mettetela in uno o più vasi di terra copritela e conservatela in luogo asciutto.

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Imbianchite i cardi con acqua e sale, tagliateli a pezzi ed ultimatene la cottura gettandoli in una casseruola in cui abbiate fatto struggere un pezzo di burro con una cipolla che ritirerete dopo arrostita, ed una carota in fette, nonché un cucchiaio di farina bianca.

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Abbiate della lattuga o indivia oppure quell’insalata che vorrete la quale accomoderete nel piatto e poi la guarnirete con filetti di acciughe, di quarti d'uovo sodi e fettine di carne o di polli cotti e rifreddi, indi ricoprite il tutto con una salsa fatta nel modo seguente. Pestate delle acciughe con un poco di dragoncello, una punta d'aglio, uno scalogno, sale e rossi d'uovo duri, stemperate il tutto con aceto e poi passatelo pel setaccio, unitevi dell'olio lino ed un poco di mostarda di senapa, sbattete ben bene tutto assieme e versatelo sopra l'insalata.

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ABRAKADABRA STORIA DELL'AVVENIRE

676082
Ghislanzoni, Antonio 8 occorrenze
  • 1884
  • Prima edizione completa di A. BRIGOLA e C. EDITORI
  • prosa letteraria
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- gridò il barone colla sua voce rantolosa e vibrata; - abbiate la compiacenza di fermarvi un istante per ascoltare la protesta di un libero cittadino! Tutti gli sguardi si volsero al palco di prima fila, e i cinquantamila spettatori ammutirono come un sol muto. - Signori e signore - riprese il Torresani nel generale silenzio; - nella mia qualità di ex-ministro di Sorveglianza pubblica io non poteva attendermi dagli autori del nuovo dramma delle allusioni o delle apostrofi gentili. A queste non intendo rispondere; io le ho ascoltate con indicibile compiacenza, le ho raccolte come un glorioso attestato di onoratezza. L'onore di un Capo di Sorveglianza, o altrimenti Questore, è posto sotto la salvaguardia dell'odio generale, ed io mi glorio di essere esecrato. Ciò che mi preme rettificare è una circostanza storica del dramma, la quale, se fosse accolta come veritiera, mi pregiudicherebbe grandemente sotto l'aspetto finanziario. Nell'ultimo atto, l'autore si è piaciuto di farmi appiccare ad un fico. Come vedete, io non mi sono appiccato, e vi giuro che non intendo appiccarmi. Ma in quella vece aprirò domani un grandioso negozio di salumeria in via dei Ghiotti al numero 10. Colgo questa occasione per fare un po' di réclame al mio Stabilimento, e augurando a tutti il miglior appetito, vi abbasso le mie salutazioni più affettuose. - No! no! - grida una voce dalla platea; - nessun cittadino onesto metterà il piede nel tuo negozio; nessun onesto mangerà il salame della questura! - Mi importa assai degli onesti! - mormora il Torresani riabbassando il velario riparatore. - Purché i ladri onorino la mia bottega, in due mesi diverrò milionario. Così parlando, il sarcastico vecchietto sovrappose al proprio volto una maschera-guttaperca al sembiante del drammaturgo Scalvoni, e lanciandosi destramente nell'atrio, si fece largo tra la folla plaudente fino alla volante che lo attendeva sulla piazza. Lasciamo che egli se ne vada pe' fatti suoi, e poniamoci sulle orme di altri personaggi più meritevoli e simpatici.

- disse la Viola allo sconosciuto - noi non possiamo intrattenerci o camminare in vostra compagnia, se prima non abbiate adempiuto alla legge di ricognizione. - Dispensatemi dal palesare il mio nome - rispose il giovane. - Una sola di voi ha il diritto di conoscerlo ... ella che diceva poco dianzi: l'amore è perdono. - Quanto alle mie qualifiche, vi basti sapere che io sono l'inventore della nuova macchina per la pioggia artificiale che domani verrà esperimentata al cospetto dell'universo. - Voi ... il nuovo benefattore dell'umanità! - sclamò Fidelia con entusiasmo. - Voi, l'inventore della macchina che ha destato la meraviglia del mondo! - Pur troppo io sono quello sventurato! - rispose il giovane con voce commossa. E in quel punto il volto del giovane si coperse di pallore, e una ruga gl'increspò leggermente la fronte. Luce e Viola si ricambiarono una occhiata significante, poi rivolgendosi a Fidelia: - Vanne, - le dissero, - la pietà accompagni il dolore. Quest'uomo aveva bisogno della confessione, e Dio gli ha mandato il suo angelo! Fidelia baciò in fronte le amiche, e preso per mano il giovane addolorato, si diresse con lui verso la spiaggia del lago. - Chi lo crederebbe? - disse Viola alla Luce, seguendo con lo sguardo i due che si allontanavano. - Quest'uomo da oltre venti giorni riempie il mondo della sua fama; domani, per assistere all'esperimento de' suoi meravigliosi meccanismi, dai confini più remoti della terra converranno a Milano tutti i primati dell'intelligenza. Più di tremila areostati sono già scesi quest'oggi all'arsenale di Corsico - la Casa di ospitalità dell'antico Foro ha già ricoverato ventimila forestieri, - domani prima di mezzogiorno arriveranno i tre palloni smisurati del dipartimento Russia, e la grande arca Americana della forza di cinquecento aquile ... Tutti i veicoli della Unione saranno in moto per trasportare passeggieri - le viscere della terra fremeranno per elettrico impulso negli scambi della grande novella ... Ed ecco: l'uomo che ha dominato gli elementi, che ha sconvolto l'ordine della natura fisica; l'uomo che domani sarà idoleggiato da tutta la famiglia umana, non può emanciparsi dalla tirannia del dolore, non può con tutti gli sforzi della sua volontà e della sua intelligenza sospendere anche per un momento il battito delle proprie passioni. Sarebbe mai vero il paradosso propugnato dalla nuova setta dei Ginevrini, che l'umanità progredisce a scapito degli individui? ... Per giungere al lago, Fidelia e il suo giovane compagno avevano attraversato una folta selva di pini. Uscendo all'aperta, uno spettacolo meraviglioso si presentò al loro sguardo, spettacolo affatto nuovo per la giovinetta, che arrestossi sospesa sulla punta dei piedi, immobile come la statua dell'ammirazione. Le acque erano sparite - una immensa lastra di metallo ne copriva la superficie, formando sovr'esse una cupola lucente, dal cui centro usciva una piramide colossale, gigantesca, immensurabile, la cui estremità superiore si perdeva negli oscuri spazi della notte. La torre di Babele è dunque riedificata? E Iddio ha permesso agli uomini del ventesimo secolo di stabilire una comunicazione fra la terra ed il cielo? E perché non ha egli punito, come in altri tempi, questo sacrilego attentato della superbia umana? La favola di Babele non è certo la meno immorale delle tante immoralità delle Genesi. - Iddio non può punire quel provvidenziale istinto della azione che è nella mente della umanità. Oggimai nessuno può disconoscere questo vero immutabile. Rimescolare la materia, agitarla, trasformarla, tale è la missione dell'uomo. Orgoglioso, superbo fino a credersi onnipotente, l'uomo non cesserà mai da questa lotta gigantesca che aspira al perfezionamento e forse conduce alla dissoluzione. Il Titano schiacciato non cesserà di agitare i suoi massi, di accumulare i macigni per salire fino a Dio - perché egli sente di aver qualche cosa di comune con Dio: l'intelligenza e lo spirito creatore!

. - Il vostro esordio, onorevolissimo Gran Proposto, mi darebbe a credere che voi pure abbiate dei gravi dispiaceri nella vostra famiglia privata - Tanto gravi, che quelli della famiglia pubblica, e sono pure ingentissimi, al paragone mi sembrano inezie. - Se ciò è, mi spiace, onorevolissimo Gran Proposto, che io non sarò in grado di giovarvi come avrei desiderato. - Al contrario ... Non solamente voi siete in grado di prestarmi aiuto, ma fuori di voi, non avvi persona al mondo sulla quale io possa contare nel terribile frangente in cui mi trovo. Il furbo Torresani sapeva già tutto, ma proseguiva a fare l'attonito. - Voi ... senza dubbio ... avrete letto i giornali di ieri sera - disse il Gran Proposto con un largo sospiro - voi saprete la notizia pubblicata dal Figaro, organo uffiziale dei matrimoni, la notizia ... che oggi corre sulle labbra di tutti ... - Ah! ... To! ... Veh! ... La gran testa d'oca ch'io sono ... ! E dire che io mi era già scordato ... Vedete se la politica ci rende imbecilli ... ! Perdonate se io non mi sono affrettato a rivolgervi le mie congratulazioni. - Grazie, onorevole collega! ... Grazie! Non è il caso di farmi delle congratulazioni, ma piuttosto di condolervi ... - Che? ... vediamo un poco se ci intendiamo! - proseguì il Torresani abbandonandosi ad una loquacità che escludeva ogni interruzione. - Io voleva alludere alla petizione di matrimonio inoltrata dal cittadino Redento Albani, dal celebre inventore della pioggia artifiziale, in favore di vostra figlia ... Figuratevi, Gran Proposto, qual fu la mia sorpresa ieri sera ... sì ... ieri sera ... al teatro degli Automi ... voi sapete ... a quel vecchio teatro che un tempo si chiamava della Scala, e che oggi serve agli spettacoli automeccanici delle grandi marionette. Io vado ogni sera a quel teatro, vi ero abbonato da ragazzo, fino dai tempi in cui vi si rappresentava l'opera in musica ... Che volete ... ? Siamo milanesi ... e quindi ... per indole ... per educazione ... fors'anche per influenza di clima ... un po' abitudinari. Una sera, invece dei soliti cantanti, delle solite ballerine, ci hanno dato le marionette ... Io, e i miei coetanei, piuttosto che abbandonare la nostra sedia fissa, il nostro palco di quarta fila ... piuttosto che allontanarci dal nostro vecchio centro, ci siamo accontentati di quel nuovo spettacolo ... e vi assicuro ... Gran Proposto ... che ci si diverte di cuore, e che la vecchia Scala è tuttora il primo teatro del mondo. Il Gran Proposto sbuffava, ma non ardiva interrompere quella foga di parole. Il vecchio Torresani tirava innanzi con una facondia inesorabile. - Or bene - voi conoscete il nuovo sistema dei sipari adottati recentemente nei grandi teatri - voglio parlare del sipario- giornale che suol calarsi dopo il secondo atto della rappresentazione. Su quella vasta tela sono stampati, a grandi caratteri, i dispacci più importanti della giornata e buona parte delle notizie cittadine. Figuratevi dunque la mia sorpresa ... la mia commozione ... la mia gioia ... quando, ieri sera, volgendo il mio binoccolo al sipario-giornale, potei leggere la petizione del cittadino Albani, riprodotta testualmente dal foglio uffiziale dei matrimoni. Oh! vi assicuro io, onorandissimo Gran Proposto, che quelle poche linee produssero una viva sensazione in tutta la sala ... Tutti si compiacevano della vostra buona fortuna ... Tutti dicevano che un partito migliore non poteva presentarsi a quella cara, a quella buona, a quella adorabile figliuola ... - Basta così! basta, Torresani! - proruppe il Berretta balzando dalla sedia liquida - ciò che voi narrate è troppo inverosimile ... ! Io non posso credere che voi, che un uomo qualunque dotato di sana ragione possa congratularsi meco di un tale avvenimento con sincerità di cuore. Il Torresani portò le mani al petto e stravolse gli occhi, come uomo che chiegga perdono di un fallo involontario. Nel fondo dell'anima egli tripudiava di aver prodotta nel suo superiore quella impetuosa irritazione. - Torresani ... mio vecchio collega! - riprese il Gran Proposto con accento più moderato - mettete una mano sul vostro cuore di padre ... e poi rispondetemi ciò che esso vi detta. Dareste voi in moglie la figlia vostra, l'unica vostra figlia, ad uomo come ... lui? ... - In verità.., giudicando dietro i calcoli dell'interesse ... un primate dell'intelligenza ... un uomo che può guadagnarsi dieci o quindici milioni di lussi colla sua invenzione ... - Torresani ... - Sentiamo ... dunque ... - Parliamoci da buoni colleghi ... - Da fratelli ... se vi piace ... - Come si poteva parlare ... ai nostri buoni tempi ... ai tempi dell'Unione latina ... Il Gran Proposto parlava con voce commossa, con accento supplichevole: - Conoscete voi tutta intera la biografia di questo uomo ... che osa chiedere in moglie la mia Fidelia ... ? - Nella mia qualità di Capo di Sorveglianza, io dovrei conoscere tutti i cittadini che entrano nel circuito del mio Dipartimento; ma pure, dopo l'attivazione di quella malaugurata locomotiva dell'aria, vi confesso, onorevole Proposto, che mi riesce oltremodo difficile assumere su tutti delle informazioni complete ... - Non vi ricorda come or fanno cinque anni e pochi mesi, un giovane, che a quell'epoca si chiamava Secondo Albani, fosse implicato in un processo ... in un processo ... che fece inorridire la città tutta intera ... ? io spero che voi m'intendiate ... che non vorrete obbligarmi ad esporre certi fatti ... - Fatti ... orribili ... atroci ... - Voi dunque ... vi sovvenite ... ? - In verità ... nella mia qualità di cittadino ... io dovrei ... - Comprendo i vostri scrupoli, mio eccellentissimo ... - Un capo di Sorveglianza ... - Deve necessariamente tener nota di certe precedenze ... - Le quali, in caso di recidiva, o di sospetto ... - Potrebbero fornire ... argomenti ... - E servire come prove o titoli aggravanti ... - A meraviglia ... ! Io vedo che non occorrono altri discorsi ... Voi siete una perla d'impiegato.! ... - Gran Proposto, voi mi onorate di troppo! I due funzionari si alzarono come due automi, si ricambiarono un profondo inchino, poi ripresero il loro posto. Dopo breve silenzio, il Berretta uscì fuori con una domanda risoluta, colla quale egli sperava abbreviare quel disgustoso colloquio. - Torresani! ... Io farei torto al vostro acume, alla vostra perspicacia, e, aggiungiamolo pure, alla vostra provata amicizia, se mostrassi dubitare che voi non abbiate ancora indovinato ciò che io bramo da voi. Siete voi disposto ad assecondarmi? ... - Quanto all'assecondarvi - rispose il Capo di Sorveglianza con un accento di sommissione che fece rabbrividire il Gran Proposto - voi sapete che un misero impiegato di seconda classe, quale io mi sono, deve necessariamente subordinare la sua volontà a quella degli alti dignitari dello Stato ... Vi ho già detto che, su questo punto, fra noi non può esistere difficoltà di sorta ... Tutto sta che io abbia realmente compresa la situazione vostra, e in conseguenza le vostre intenzioni ... Io non vorrei offendere la vostra delicatezza di cittadino ... parlandovi con soverchia libertà ... Il Gran Proposto arrossì leggermente. L'altro proseguiva: - Basta! Nel caso mi fossi ingannato ... oso sperare che non vorrete prendere in mala parte le mie supposizioni., e vorrete perdonarle come effetto di zelo soverchio. Il Torresani fissava le sue grigie pupille nel volto del Gran Proposto, e tirava innanzi con voce asmatica: - Eccovi dunque come io la intendo, onorandissimo e colendissimo cittadino Proposto. Voi non bramate che vostra figlia, la vostra unica figlia, si unisca in matrimonio a quell'emerito cittadino, oggi Primate d'intelligenza, che porta il nome di Albani Redento, e ciò per la ragione, un po' illegale, se vogliamo, ma pure assai potente sul cuore di un padre, che quel cittadino, quel Primate, l'Albani in una parola, in epoca non remota, pose ... la famiglia tutta intera ... e quindi anche voi ... noi ... tutti quanti ... nella necessità di dover dimenticare certe sue azioni ... Basta! ... Tanto io che voi, onorandissimo e sempre colendissimo Proposto, siamo troppo fedeli osservatori della legge per insistere su quest'ombra di reminiscenza! - Bravo! - L'essenziale è di impedire il matrimonio, opponendo alla petizione del giovane, ed al probabile assenso di vostra figlia, il veto paterno che le leggi rendono inesorabile ogni qualvolta sia appoggiato da gravi ragioni, e convalidato dal voto degli Anziani. - Voi leggete nel mio cuore, o nobile amico. - La lettura è un po' difficile, ma le vostre lodi mi incoraggiano. Non potendo motivare il nostro veto su quelle tali precedenze che tanto io ... come voi ... abbiamo dimenticato ... - E dimentichiamo ... - Sta bene! ... Convien frugare nella vita più recente del nostro uomo, vedere se dopo l'epoca di Redenzione egli non siasi per avventura macchiato ... - Torresani! ... Voi siete un sublime Questore ... ! - Capo di sorveglianza - se vi piace! ... - Perdonate! - la parola mi è sfuggita in un impeto di entusiasmo ... È un lapsus linguæ che vi onora ... Torniamo al nostro ... uomo. - Fra la petizione e il contratto finale di matrimonio, giusta le vigenti leggi (capitolo centosettanta, paragrafo novantotto) deve trascorrere un mese ed un giorno, nel qual tempo i due futuri devono vivere separati da una distanza di sessanta miglia, né avere fra loro comunicazione di sorta. - È una dilazione di prova che impone dei rigorosi doveri ... - Dei doveri che molto spesso vengono obliati dall'una parte o dall'altra, nella quasi certezza che nessuno ne tenga conto ... - Si esigerebbe dunque ... per parte nostra ... un po' di sorveglianza ... - Molta sorveglianza ... - Una sorveglianza perenne, insistente, minuziosa ... - Importuna ... - Irritante ... - Accanita ... - Accanita! ... Ecco la vera parola, onorandissimo signor prefetto ... - Gran Proposto ... se vi piace! ... - I lapsus linguæ son contagiosi ... Vi chieggo mille perdoni! ... - In un mese ... anche l'uomo più onesto può commettere delle azioni ... - Nefande! ... Il giusto pecca sette volte all'ora, dicono i preti riformati, i preti della vecchia portavano la cifra a settanta volte sette! ... - Voi dunque credete? ... - Io credo che in due linee di scritto si trovino sempre dieci capi di accusa per far condannare un imbecille, così l'uomo il più astuto, e diciamolo pure, il più onesto, dopo un mese di sorveglianza fatta a dovere ... - Fatta da voi, mio buon Torresani ... - O da' miei incaricati ... - È un uomo posto fuori dalla legge ... - Un uomo ... impossibile! Il Gran Proposto e il Capo di Sorveglianza si levarono in piedi con moto simultaneo, e si strinsero la mano come due cospiratori. - Io sono orgoglioso di avervi perfettamente indovinato - disse il Torresani con affettata compunzione. - Ormai ogni altra parola sarebbe superflua; convien mettersi in moto e agire prontamente ... Il nostro uomo è partito per Costantinopoli; di là, fra una settimana, dovrà recarsi a Pietroburgo ... Prima ch'egli ci sfugga, bisogna mettergli a fianco due dei nostri ... due buoni bracchi dei meglio addestrati a simili imprese ... Scriverò privatamente a tutti i Capi di Sorveglianza dei principali Dipartimenti della Confederazione ... Insomma, non risparmieremo né cura ... né danaro ... - A proposito ... Io mi scordava dell'essenziale - disse il Gran Proposto, trattenendo Torresani che prendeva le mosse per andarsene. - Per compiere il vostro piano, vi abbisogneranno senza dubbio dei mezzi straordinari ... Via! che serve? ... Facciamo le cose a dovere ... No! io non vi lascio partire ... se prima ... non dichiarate ... - Ma se vi dico che sono inezie! Trattandosi di voi ... della vostra famiglia ... a cui mi legano tante obbligazioni ... - No! ... no! ... I fondi segreti debbono servire a qualche cosa ... Ed è appunto in tali emergenze straordinarie ... - Basta! poichè voi ... lo esigete ... - Duecentomila lussi ... Che vi pare, Torresani?.,. Tanto da cominciare le operazioni ... - Io direi, poichè vi sta tanto a cuore la buona riuscita dell'impresa, io direi che, seguendo l'antico proverbio: omne trinum ... - Trecentomila lussi! ... Ma voi siete troppo discreto, mio vecchio collega! Trattandosi, come dicevate poc'anzi, di rendere un immenso servigio ... - Al Governo ... Il Gran Proposto si sentì trafitto da quest'ultimo sarcasmo. Prese la penna con mano tremante, sottoscrisse un bono di trecentomila lussi, e lo porse al Torresani, senza aggiunger parola. Questi chiuse il viglietto nel portafoglio, e, fatto un inchino grottesco, uscì dal gabinetto. Quella sera, nell'Unità mondiale altro dei fogli dell'opposizione, leggevasi la seguente notizia cittadina: «Stamane, fra il proconsole Terzo Berretta e il famigerato poliziotto Torresani ebbe luogo un lungo conciliabolo a porte chiuse, in seguito a importanti dispacci venuti da Berlino, e da altri capoluoghi della Unione. Noi sappiamo da fonte sicura che il partito governativo (il partito coda) sta tramando un orribile complotto contro la libertà dei popoli. Il colpo di Stato, già tante volte preconizzato da noi, è tanto imminente, che può dirsi un fatto compiuto. All'erta cittadini! ... Popoli dell'Unione preparatevi ad agire! ... »

. - Io non leverò le mie ginocchia dalla terra, prima che voi abbiate risposto ad una domanda. Credete voi che un uomo, il quale un tempo si chiamava Secondo Albani, possa aspirare all'amore di una donna? - Quale strana domanda! - sclamò la giovinetta, fissando gli occhi smarriti nel volto dello sconosciuto. Poi, non potendo indovinare il senso delle misteriose parole, stese la mano al genuflesso, e con voce commossa: - Sorgete - gli disse; - il nome che avete pronunziato è un suono affatto nuovo al mio orecchio; ma se voi siete l'uomo a cui desso appartiene, io lo scolpirò nel mio cuore per non dimenticarlo mai più. - Voi dunque ignorate la triste storia del mio passato! ... - proruppe il giovane levandosi da terra e premendo al cuore la mano di Fidelia. - Gli uomini sono migliori che io non credeva, poiché obbediscono alla Legge di redenzione Ebbene, poiché le vostre parole mi hanno dimostrato che i fratelli non obliarono il dovere, anch'io avrò il coraggio di prevalermi de' miei diritti. A voi sola, per cui l'amore è perdono, a voi ho rivelato il nome fatale ch'io desiderava nascondere a a tutti. L'inventore della pioggia artifiziale, domani, dopo l'esperimento voleva allontanarsi per sempre da questa città che gli diè vita, per isfuggire ad una amara ricordanza, per involarsi ad una gloria che avrebbe ridestato nei fratelli un'eco di riprovazione. Ebbene, io rimarrò - io sfiderò i pericoli della celebrità - il mio nome allo spuntare dell'alba, verrà proclamato dai banditori - dirigerò io stesso, alla prima luce del sole, i meccanismi preparati nelle tenebre ... Voi non potete comprendere quanto vi sia di terribile nella mia risoluzione ... Nulla oso dirvi in questo momento; ma domani a notte avanzata, quando tutto vi sarà noto, io sarò qui, tra gli spasimi del terrore e della speranza, tremante, convulso, ad aspettarvi sotto questo platano stesso, dove mi avete detto che il nome di Secondo Albani rimarrà eternamente scolpito nel vostro cuore. Se prima di mezzanotte voi tornerete a me per ripetermi le sante parole, allora avrò il coraggio alla mia volta di chiedervi qual nome abbia imposto il Signore all'angelo di redenzione. In quel punto, dalla torre Garibaldi squillò il richiamo delle vergini Era la prima volta, dacché Fidelia avea compiuta l'età dell'emancipazione che quel suono la sorprendeva fuori della casa paterna. La giovinetta in quella notte avea sorbiti i profumi inebbrianti dell'amore. Ma il tempo inesorabile e pedante non ha riguardo né pietà per le anime innamorate. Lo squillo del richiamo troncò sul labbro di Fidelia una risposta che il giovane avrebbe pagato a prezzo di sangue.

La Provvidenza vi ha resi bastardi perchè un giorno abbiate ad abbracciarvi e chiamarvi fratelli. Qual marchio vi distingue gli uni dagli altri? ... Come potete riconoscervi? - Al diverso linguaggio? - Ebbene: perchè mai questo epilogo di razze non potrà parlare la medesima lingua? ... Si stabilisca una lingua per tutti - la lingua universale, la lingua cosmica! - e tutte le differenze spariranno. Credereste? - l'idea della unificazione di Europa fu appena enunziata dai pensatori, che subito venne sancita dall'universale consenso. Parimenti ben accetto fu il pensiero di creare una lingua cosmica; ma la scelta di questa lingua diede origine a fatali dissensioni. I vecchi pregiudizii tornarono a galla - i puntigli si inviperirono - la lotta fu lunga e piena di fastidi. - Inventeremo una nuova lingua? - A che pro, mentre tante ne abbiamo? Perchè incomodare tutto il mondo allo studio di un nuovo dizionario? Non è meglio servirci di una lingua già usata ... , della francese, per esempio, nota alla maggioranza degli Europei? La questione fu deferita ad un congresso di filologi, i quali si adunarono a Berlino, e dopo tre anni di discussione, convennero nel proposito di creare la nuova lingua incominciando dal riformare l'alfabeto. Quella decisione fu accolta in Europa con poco favore. Ma l'assemblea dei filologi stette dura! Erano molti, circa duemila, e caparbii. Si accinsero in buona fede all'arduo lavoro. Si accapigliarono per ben cinque anni prima di decidere se il nuovo alfabeto avesse a cominciare coll'o piuttosto che coll'a. Millenovecentonovantanove oratori avevano parlato pro e contro. Quando l'ultimo inscritto si alzò per parlare in merito una grossa bomba venne a cadere sul tavolo del presidente, e scoppiò con orribile fracasso. Fuggirono tutti. Que' buoni filologi, nel calore della polemica, non si erano accorti che la razza latina e la razza tedesca trattavamo da due anni la medesima questione cogli argomenti delle bombe e delle cannonate. I latini entrarono in Berlino la mattina del 10 gennaio 1925, e occuparono la città malgrado le proteste e le minacce di tutta la Confederazione germanica. Era fissato che quella occupazione militare affrettasse l'effettuazione delle nuove idee. I preliminari della unione federativa delle tre razze furono stesi a Berlino. Quei preliminari, due anni dopo, nel 1930, ebbero conferma di un trattato definitivo, che fu steso a Parigi e firmato da duemila rappresentanti del popolo europeo eletti per suffragio universale. I latini, preponderanti di autorità per le recenti vittorie delle armi, ottennero di far accettare la francese come lingua cosmica. Singolare è l'articolo che si riferisce a questa legge. La lingua francese viene accettata a condizione che, per l'uso universale, essa venga traslocata dal naso alla bocca, e purgata dalla blague La grande Unione non poteva costituirsi che sopra un sistema di discentramento amministrativo molto frazionato e molto libero. L'Europa si divise in ventiquattro dipartimenti. L'Italia, suddivisa in quindici comuni di primo ordine o centrali, e centoventidue di secondo ordine, nel 1957 era considerata il più popoloso e il più civile dipartimento della Unione. Chi mai avrebbe immaginato che un sì rapido sviluppo di intelligenza e di moralità, dovesse emergere da un impeto di collera popolare, da un avvenimento barbaro in apparenza, e con tal titolo riprovato dagli storici contemporanei? Questo avvenimento - poichè ci accadde accennarlo - fu l'incendio e la distruzione di Roma, decretata da quel popolo stesso che pochi anni prima aveva eletta la città dei Cesari e dei papi a capitale del nuovo regno italiano. Istallarsi in Roma, consenziente la Curia, benevolo il papa, voleva dire per il governo italiano abdicazione di ogni idea liberale, di ogni principio di moralità. Tardi ma in tempo lo compresero gli italiani. Quando ai banali entusiasmi della piazza, alimentati dal baiocco papalino; quando al sacrilego connubio delle mascherate e delle processioni, delle riviste e dei tridui, sottentrò la calma normale di una nazione che grande si crede, allora i disinganni cominciarono, il pericolo si annunziò minaccioso, il tradimento della Curia esalò putrido e nero dalle sentine cardinalizie. Il Parlamento invaso da canonici - il Senato una congrega di cardinali e di cappuccini corpulenti - le riforme del Codice affidate ad una Commissione di Domenicani! L'Italia, più che mai aggravata dalla cappa di piombo simboleggiata; dall'Alighieri, dopo tanti fastidi e tante guerre per la conquista della capitale, ricominciò a cospirare per disfarsene. La nuova cospirazione affrontò senza esitanza e senza scrupoli il dogma religioso. Rénan preso il posto di Mazzini. La Vita di Gesù Cristo divenne la Giovine Italia dell'epoca nuova. Pio X vide gonfiarsi la marea della rivoluzione anticattolica, e tremò di esser l'ultimo dei papi. Assediato dalle riforme fin dentro le mura del Vaticano, mal trincerato negli antichi sofismi e inesorabilmente aggredito dalla logica universale, stolidamente pertinace, pertinacemente crudele, si avvisò di sommergere la idea in un oceano di sangue umano. E il Nerone dei papi non ebbe raccapriccio a pensare che, per riuscire nel suo immane proposito, l'eccidio di tutti gli italiani, di trentadue milioni di italiani, non avrebbe rappresentato che un impercettibile episodio dell'universale macello. Ad esempio di un suo predecessore, del pari insensato ma meno cannibale, Pio X fuggì da Roma con poco seguito, lasciando dietro i suoi passi benedizioni e scomuniche derise. Ma fuori dell'Italia, segnatamente in Francia e nel Belgio, il gonzume cattolico prestò al pontefice un contingente di armati abbastanza numeroso. Tutto il pantano, tutta la feccia del sanfedismo fermentò per la nuova crociata. Ricondurre il papa a Roma fu l'ultimo grido della setta impotente. Questo supremo attentato dei papi contro il progresso, quest'ultimo sforzo per estinguere nella umanità la ragione, il soffio di Dio, allarmò gli Italiani, e convertì la pazienza di lunghi secoli in furore disperato. Si distrugga Roma! - fu il grido di tutta Italia. - E l'Italia, stanca di preti e di atroci pregiudizii, era pronta ad incenerire le sue cento città, a suicidarsi in un ammasso di ceneri. La città dei Cesari, la sentina dei preti, la capitale di un nuovissimo regno, il giorno 24 settembre 1888, non era più che un mucchio di macerie e di carboni. Due idolatrie, la pagana e la cattolica, furono sepolte in quell'incendio per non lasciare alcuna traccia della loro esistenza. Gli ultimi torsi di Apollo e di Vesta si rovesciarono nell'amplesso degli scheletri santificati, delle carogne adorate. Le due superstizioni sprofondarono nell'immenso rogo, irridendosi, imprecandosi. Da quell'incendio una gran luce si diffuse per tutta la Italia, la luce della riforma. Al vangelo dei papi sottentrò il vangelo che grida all'umanità: siate fratelli! Che poteva la reazione dopo una protesta sì imponente? - I crociati si perdettero d'animo. Pio X, vedendo la sua causa disperata, domandò asilo alla Francia. Voleva morire nel castello di Avignone. Ma la città che altre volte aveva assaggiato la mala gramigna, non volle saperne di calze rosse nè di chieriche. E certo avrebbe accolto a sassate il venerando corteo, se il papa ed i suoi, con opportuno consiglio, non si fossero arrestati in una città meno guasta L'ultimo papa finì i suoi giorni a Carpentras, come un vecchio mobile obliato nel solaio. Nell'anno 1890 il governo italiano trasferì la sua sede a Napoli, che ebbe titolo di capitale del Regno. Ciò avvenne con grande soddisfazione di tutti. Un conte Ricciardi, che dietro un tal esito avrebbe consentito ad accettare il portafogli degli interni, morì per esuberanza di gioia. Questa digressione sulle cose di Roma mi ha preso il tempo che io intendeva consacrare ad un quadro statistico di tutti i dipartimenti e dei principali Comuni della Unione Europea nell'anno 1977. Io vi prego dispensarmi da tale fatica. A chiarire gli avvenimenti che sto per narrare sarà più opportuno un rapido cenno delle leggi che formano la base della nuova Costituzione, delle istituzioni, delle opinioni politiche e religiose dell'epoca, degli usi introdotti nella vita pubblica e privata, delle condizioni morali e fisiche della nuova società, considerata nell'individuo e nelle masse. Tutto ciò occuperà lo spazio di un breve capitolo.

Abbiate per fermo che nessuna malattia è mortale quando l'organo tiranno che siede là dentro conservi piena ed intatta la sua forza di volere. «Affrettiamoci dunque! Il nostro primo compito sia quello di ristabilire l'equilibrio fra i globi cerebrali. Ottenuto l'equilibrio, quando il malato sarà in grado di pensare e di volere, in pochi giorni la resurrezione delle fibre sarà completa. «Riassumiamoci. La biografia del paziente ci ha rivelato che un intenso desiderio di possessione riportato sovra una donna fu causa della anomalia. L'idealismo! sempre l'idealismo! fomite di ogni follia, di ogni disordine, per non dire di ogni umana scelleratezza. Questo uomo, credendo di amare ha fatto violenza alle leggi della natura e si è reso impotente. Io vorrei bene, o signori (e qui la parola del medico riprese una intonazione più vibrata), io vorrei bene, se la situazione del malato non esigesse tutte le nostre sollecitudini, sbizzarrirmi alcun poco nella diagnosi di questa vacuità a cui le moltitudini danno il nome di amore! ... Oh! chi scriverà la storia dell'amore? Chi vorrà riprodurre nella sua spaventevole ampiezza la cronaca delle follie e dei delitti derivati da questo equivoco, da questa fatale illusione della superbia umana? E fino a quando proseguiremo noi ad insultare la natura, a pervertirci, a suicidarci, per la mania di idealizzare a mezzo di una insensata parola l'attrazione simpatica dei sessi, comune a tutti gli enti, a tutte le molecole della creazione? «Ma torniamo al malato. La prevalenza del fosforo, rivelata dalla esplorazione, mi è di buon augurio; l'assenza della febbre mi allarma. Provochiamo la febbre! provochiamo questa benefica agitazione del sangue che tende ad espellere dall'organismo gli atomi eterogenei, «Soffiamo in questa bonaccia! suscitiamo la tempesta riparatrice! ... «E non perdiamo un istante (proseguì il medico, ritraendo la mano dalla fronte del malato); si chiami tosto ... Ma, no! ... io stesso sceglierò l'individuo da applicarsi ... «Vi è qui alcuno che possegga un ritratto della donna che questo infelice ha creduto di amare? ... » Fratello Consolatore si levò in piedi, levò dal portafoglio una fotografia e la porse al primato. - Sta bene! ... Conducetemi tosto ad una casa di Immolate ... Là troveremo l'individuo simpatico che ci abbisogna. E volgendosi ai giovani studenti che in silenzio lo avevano ascoltato: - Spero - disse - che mi avete compreso. L'estirpazione del chiodo fantastico allora si effettuerà spontaneamente, quando si ottenga che quest'uomo abbia a credere in un'altra forma di donna ... Se a tanto può giungere il talento e la volontà di una Immolata, è indubitabile che lo sviluppo istantaneo della febbre ricondurrà l'equilibrio nelle forze mentali, e allora il cervello potrà gridare a' suoi satelliti: sorgete e obbeditemi!» Ciò detto, il Virey riconsegnò a fratello Consolatore la fotografia dell'Albani, dopo averne spiccato uno dei tanti ritratti fotografici che vi erano intercalati. - Levita! - riprese il Primate nell'atto di congedarsi - voi perdonerete alla vivacità di alcune mie espressioni che per avventura possono aver irritate le vostre suscettibilità - la scienza medica non fu mai troppo scrupolosa nella pratica del galateo. - Dopo tutto, se i nostri principii e le nostre credenze si avversano, ciò non impedisce che noi ci chiamiamo fratelli. - Fratelli! - ripetè il Levita stringendo al cuore la mano che aveva cercato la sua - è pur consolante l'udir profferire questa parola da un uomo che nega l'amore e non crede all'esistenza dell'anima ... Il Virey, irritabile come tutti gli scienziati, stava per riprendere la sua polemica, ma un sospiro affannoso del malato gli ricordò che i minuti erano contati. Egli volse al Levita un'ultima occhiata piena di ironia e uscì dalla stanza seguito dagli alunni. Giunto nella via, il Virey fece salire nella sua volante il custode della Villa, e scambiate sommessamente alcune parole con lui, ordinò al conduttore di dirigersi alla piazza dell'antica cattedrale.

Abbiate fede nelle vostre forze, e vincerete. Non si tratta di scendere in campo a mano armata, di sfidare la mitraglia, di guadagnare la posizione con sacrifizi di sangue. Faremmo al maschio troppo buon giuoco; egli si è serbato in ogni tempo, e serba ancora esclusivamente il monopolio delle mitragliatrici e degli altri stromenti micidiali. La nostra lotta deve compendiarsi in un monosillabo, in un No assoluto e irrevocabile. Ciò che noi propugniamo, ciò che voi, consorelle, dovete esigere, è l'abolizione del matrimonio. Dal matrimonio hanno origine tutte le schiavitù, tutte le miserie, tutte le nefandità umane. Abbasso l'unione forzosa! evviva il libero amore! viva la selezione! Ottenuta l'abolizione del matrimonio, noi potremo rallegrarci di aver raggiunto il massimo grado di felicità alla quale miriamo; la nostra emancipazione non potrà dirsi completa, ma sarà spezzato il più solido anello della nostra catena. Non si tratta, consorelle amatissime, di redigere vane proteste. Conviene tradurre in azione l'idea. Il matrimonio, nelle forzose repressioni degli istinti più simpatici, era per noi l'unica valvola di salvezza. Gli uomini legislatori ci avevano imposta la dura condizione di non poter amare se non a patto di costringere i nostri affetti in un vincolo assurdo. Essi han gridato ad ogni coppia di amanti: Voi non avete diritto di amarvi oggi, se prima non vi obbligate ad amarvi sempre. Illusoria parola il sempre degli innamorati; ma, via! tanto dolce a profferirsi! Che due innamorati credano alla eternità delle reciproche simpatie, è naturale, è conforme alle esigenze della fantasia sovreccitata dal desiderio. Ciò che è mostruoso, abbominevole, nefando, è che la forza delle leggi intervenga per istabilire, sulla vanità di un'illusione, un contratto indissolubile. Una coppia di amanti! quale spettacolo più bello, più giocondo, più degno di rispetto e di ammirazione? Nel ricambio di uno sguardo, di un sorriso, di una stretta di mano, si è sviluppato da due esseri simpatici il fluido dell'attrazione. I cuori sussultano, le labbra inumidite anelano di baciarsi, il sangue sì agita, i due corpi vorrebbero confondersi. Alto là! grida un bramino, un levita, un sindaco od un assessore del palazzo di petizione: le vostre estasi deliziose sono un abbominio, se io bramino, se io prete, se io sindaco, non intervengo a legittimarle con una cerimonia religiosa, con un atto notarile. Siete voi disposti ad impegnare la vostra fede per sempre, a rendere obbligatoria fra voi la convivenza fino a quando la morte dell'uno o dell'altra non abbia sciolto il vostro patto? - Sì! Sì! rispondono ad una voce i due illusi. Sotto l'impero della passione, quei due si lancierebbero abbracciati tra le fiamme di un rogo. Orbene: quel sì, strappato dal prete o dal sindaco a due creature innamorate, incoscienti dell'avvenire, non segna forse, nella più parte dei casi, una condanna peggiore dei lavori forzati a vita? Cosa accadrà? Ciò che deve necessariamente accadere. Converrebbe disconoscere le leggi di evoluzione che governano il cosmos ed ogni atomo vivente, per contare su altri risultati. Ammettiamo pure, a consolazione degli ipocriti e dei casisti, qualche eccezione; ma il fatto più costante sarà sempre codesto. Dopo un lustro, dopo un anno, dopo un mese; qualche volta, più spesso che non si creda, dopo una notte di godimenti coniugali, la deliziosa attrazione reciproca andrà svanita. Comincieranno le svogliatezze, più tardi le ripugnanze insormontabili. Via! dissimulate! fatevi animo! Siete marito e moglie; a termini di legge, dovete ricoricarvi sul talamo e ricambiarvi delle carezze. Che importa se non vi amate? Forse più tardi vi abborrirete; la vostra conversazione diverrà un ricambio di ingiurie e di minacce; godetevela! è la porzione di felicità domestica che vi siete assicurata per la vita segnando il grazioso contratto. L'amore vi ha illusi, la legge vi ha gabbati; in nome della giustizia e della moralità, voi dovete alla notte accoppiarvi detestandovi, per trascinare durante il giorno la catena del forzato, imprecandovi con tutte le energie della disperazione. Ma, questi matrimonii creati dall'amore furono rari in ogni tempo. La fanciulla vessata dalle leggi, dalle ipocrisie sociali, dalle volgari cupidigie dei parenti, dalle imperiose necessità dell'esistenza, dalla astinenza sessuale imposta alle nubili, si abbandonò, per un errore di calcolo, alla china dell'abisso. Ella accettò il matrimonio vagheggiando l'adulterio; si fece moglie per esercitare con minor pericolo i suoi diritti di amante. Doveva essa, la martire derelitta, abdicare completamente a' suoi istinti più imperiosi e geniali? Ed ecco il sopravvento dei matrimonii di menzogna, ecco il primo passo della schiava verso l'emancipazione: ingannare un uomo per conquistare l'impunità nell'amore, ripararsi dietro un'istituzione balorda e vessatoria, dalle ipocrisie sociali ugualmente stolide e spietate. Vi sembra morale? Noi stesse ne conveniamo: è abbominevole. Può mai scaturire da una impura sorgente la limpida linfa? Lapidiamo l'adultera! gridarono i feroci legislatori. Ma, sciagurati! non siete voi, non è ancora la barbara proscrizione dell'amor libero, che ci ha trascinato su questa via obliqua dello spergiuro e dell'inganno? Ci avete imposto di segnare un contratto ripugnante alla umana natura, e poi fingeste inorridire ogni qual volta noi fummo indotte a violarlo. Ma, infine, quali erano le vostre pretese? Credevate schiacciarci rincarendo sulla nostra colpabilità; otteneste, a forza di cavilli e di sofismi, di stabilire una diversa misura di responsabilità fra le vostre turpitudini e i nostri irresistibili bisogni. Mentre noi, trascinate dall'amore, ansanti, inquiete, trepide del pericolo, correvamo furtivamente, col velo sugli occhi, al convegno desiderato di chi potea darci l'amore; che facevate voi, allora, o grotteschi Otelli da commedia, per affermare la legittimità dei vostri furori gelosi, delle vostre tiranniche rappresaglie? Ciò che voi facevate è scritto nelle statistiche delle antiche e delle nuove Questure. Voi fornivate alle case di tolleranza ed alle alcove delle Immolate il più grosso contingente; voi spendevate dei patrimoni per alimentare il lusso delle etére che vi sputavano in viso. Avete mai dato prova di comprendere l'amore? La tirannia che esercitate su noi non è che stupido orgoglio. Non permettete che si rechi onta al vostro nome, e frattanto oltraggiate ogni giorno la donna che deve portarlo, posponendola alle più vili meretrici. La società non vi disprezza per questo. A voi è lecito menar vanto della vostra abbiettezza; vi terreste piuttosto disonorati, temereste di apparire ridicoli dichiarandovi fedeli al contratto coniugale. Ma non è tutto. Quali furono, nel secolo scorso, quali sono oggi i criteri che vi dirigono nella scelta di una sposa? Le attrattive della gioventù, della bellezza, dello spirito, della bontà, non esercitano verun fascino sui vostri sensi e sul vostro intelletto. Signorina: a quanto ammonta la vostra dote? Mi occorrono trecentomila lussi per riparare a' miei dissesti: li avete? In caso affermativo, mi onorerò di darvi il mio nome, obbligandomi con atto notarile ad amarvi per la vita. - Non li avete! Darò il mio nome ad un'altra qualsiasi, meglio fornita di numerario, imponendomi di abbracciarla con trasporto ad ogni scadenza di cambiale. È questa la santità del vincolo indissolubile? Voi pagate le prostitute, e vi fate pagare dalla moglie; questo si chiama pareggio! Meravigliatevi poi se avviene che qualche povera fanciulla, uscita dalle famiglie nullabbienti, riesca ad accalappiare un ricco merlo, e a farsi pagare da lui tutte le agiatezze della vita, l'amante compreso! Sotto qualunque aspetto lo si consideri, il matrimonio è un'assurdità, un'ingiustizia, un fomite di corruzione, un incentivo al delitto. Dalla disperazione non può generarsi che il male, e la disperazione è in ogni casa dove convivono un marito ed una moglie. I meno ottusi alla percezione del vero definirono il matrimonio una calamità necessaria alla tutela della prole. Un sofisma per giustificare una assurdità! Non sono i figli abbastanza protetti da quella forza di amore che la natura ha posto nel cuore dei parenti? Non è questa forza d'amore, il più nobile istinto di ogni essere animato? Se la femmina dell'uomo ha mostrato talvolta di ribellarsi, le ragioni del fatto mostruoso convien ripeterle dal matrimonio. Ogni violazione della legge naturale genera un mostro; i genitori che abbandonano i figli, che li odiano, che gioiscono nel tormentarli, sono le orribili anomalie prodotte dall'orribile istituzione. La madre che insevisce contro il nato dalle sue viscere, è, nella più parte dei casi, una schiava ribelle, la quale disfoga sul debole le sue rappresaglie contro il forte che la opprime. Ella percuote il figlio, perché non le è dato di sbranare il marito. Tutti gli affetti svaniscono, tutti i nobili istinti si corrompono in quell'ambiente di tedio e di avversioni che si suol formare nel così detto santuario domestico. Qui abbiamo le vendette della madre legittima, come altrove, fuori dal consorzio coniugale, si hanno gli infanticidii perpetrati, in un accesso di disperazione o di demenza, dalle scomunicate, dalle maledette, le quali osarono concepire senza autorizzazione del prete o del sindaco. Ma, via! oggimai ogni scrupolo è soverchio. Non ci hanno più diseredati, nè derelitti, sotto le leggi che ci governano. Il diritto all'esistenza è sancito dai nuovi codici; dal giorno della nascita sino all'ora di estinzione ogni cittadino dell'Unione è nutrito, alloggiato, vestito a spese del Comune. Se oggidì esistessero dei genitori capaci di abbandonare la prole, il governo, questo padre legittimo di tutti, provvederebbe. Che più si tarda? Affermiamo i nostri diritti, realizziamo il nostro splendido programma! Non più riti religiosi! via le formalità che intorpidiscono i sensi e mettono il ghiaccio nei cuori! Il Dio è in noi quando amiamo; non è più mestieri di invocarlo. Fra due che si amano nessuno ha diritto di intervenire. Cosa significa questa legge di dilazione, che ci obbliga a discostarci quando il torrente della passione irrompe da noi coll'impeto massimo? Ogni unione generata dal libero amore è legittima; fuori di là, tutto è prostituzione e delitto. Viva l'amore che giustifica ogni audacia, che santifica ogni lussuria! Abbasso il matrimonio, che contrista, che abbrutisce! Opponiamo ad ogni petizione civile un assoluto diniego. Sciolte dalla servitù coniugale, qual freno potrà ancora trattenerci dal marciare rapidamente alla meta? L'uguaglianza morale e civile sarà in breve raggiunta dalla donna; chi oserà resisterci? Accarezzato dall'amore spontaneo, il nostro maschio diverrà arrendevole e mite, quanto ostinato e crudele fin qui lo avean reso le nostre riluttanze di moglie e i nostri abborrimenti da schiava. Egli dovrà comprendere che la infelicità da lui imposta al nostro sesso si è mai sempre riflessa su lui. Questo insensato, che dopo aver trascorsa metà della vita nel corrompere fanciulle, nell'irridere ad ogni virtù d'amore, pretendeva, esausto e abbrutito, di sposare una vergine per farne una schiava, dovrà alfine riconoscere i propri torti. Egli griderà con meraviglia e dolore: noi fummo stolti, noi fummo barbari! abbiamo creduto vincolare la fedeltà, e abbiamo scatenato l'adulterio, ci siamo illusi di poter combattere la natura con quattro articoli del codice; ma la natura si è vendicata delle nostre repressioni, immergendoci in un abisso di tenebre e di miserie; benediciamo al libero amore, che ci ha rigenerati!» Alla fine della calorosa allocuzione, un uragano di applausi insorse dalla folla. I giovani coscritti e le donne gridarono ad una voce: - Viva Clara Michel! Viva la selezione! Viva l'uguaglianza morale e civile! - No! No! - rispondeva una debole minoranza di oppositori: - Abbasso la cortigiana! Rispetto alle istituzioni! Viva il matrimonio! - Ah! vi sono ancora - riprese con impeto la bella presidentessa delle emancipate; - vi sono ancora degli zotici, dei bruti, che ardiscono ribellarsi alla evidenza della verità? Vediamoli un poco alla prova della tentazione, questi falsi apostoli della fedeltà obbligatoria e del vincolo santo! Alzate gli occhi, o mamalucchi, e guardatemi bene! Così parlando, la Michel aveva dato un balzo, e levandosi in piedi sulla sella, aveva esposto all'attonita folla tutte le formosità delle sue membra rigogliose, leggermente accarezzate da un velo trasparentissìmo. Un urlo di entusiasmo maschile si sollevò dall'area. Tutte le pupille si dilatarono per tuffarsi in quel bagliore di bellezza. - Orbene - ripigliò la Michel sempre più animata; - mi vedete? vi paio bella? Io mi dono a quello di voi, che essendo stretto ad una donna dal vincolo coniugale, nullameno salirà in groppa del mio cavallo, e riuscirà pel primo a baciarmi la punta d'uno stivaletto! In un attimo quella immensa moltitudine di gente fu veduta agitarsi come un mare in tempesta. Gli uomini si spingevano innanzi, urlando, manovrando coi pugni e coi bastoni, dilaniandosi l'un l'altro i vestimenti e le carni. Le sbarre che difendevano il padiglione caddero rovesciate ed infrante in quell'impeto erotico di maschio calore. L'eroina del congresso, sgomentata, diede l'allarme alle compagne; i cavalli nitrirono scalpitando ... Ma ... ecco ... il ruggito della folla echeggia più gagliardo e minaccioso. Cos'è avvenuto? Un uomo contuso, sanguinolento è riuscito a farsi innanzi ... ha sorpassato la barriera frantumata ... si è spinto fino al proscenio del padiglione ... e salito sul destriero della vezzosa cavalcatrice ... ha stretto al labbro il profilato piedino ch'ella ha vibrato nell'aria ... Clara Michel dà il segnale della partenza; la comitiva equestre si slancia a briglia sciolta sullo stradone sportheno(34)

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