Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbiate

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Il cuoco sapiente

284254
28 occorrenze
  • 1871
  • Enrico Moro Editore
  • Firenze
  • cucina
  • UNIFI
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Provvedetevi d’una cassetta di legno con coperchio, e di sufficiente quantità di sabbia finissima e ben secca: cominciate collo stendere sul fondo della vostra cassetta uno strato di sabbia di tre o quattro centimetri di spessezza, e su questo disponete tanti tartufi quanti ve ne possono stare, tenendoli però discosti gli uni dagli altri, affinchè non si tocchino fra loro; poi copriteli con un altro strato di sabbia; accomodatevi altri tartufi come prima, e continuate così sino a che abbiate riempita totalmente la cassa, avvertendo di terminare l’operazione con uno strato di sabbia. Da ultimo sovrapponetevi il coperchio, inchiodatelo, ingessatene le commessure onde l’aria non possa penetrare nella cassetta, e questa collocate poi in luogo fresco e molto asciutto.

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Ammucchiate sopra una tavola ben netta e non verniciata (*) quella quantità di farina di frumento che vi occorre; nel bel mezzo del mucchio, colle dita della mano aggruppate, fate un buco, ed in questo rompete uno o più uova secondo il bisogno (un uovo per ogni 200 grammi di farina): aggiungete tante cucchiajate d’acqua tiepida, nella quale avrete prima fatto sciogliere un po' di sale, quante saranno le uova adoperate, e col cucchiajo medesimo cominciale a sbattere l’uovo e l'acqua insieme, incorporando a poco a poco al liquido porzione della farina circostante: quando poi non potrete più far uso del cucchiajo, per essersi la pasta resa alquanto densa, contornerete l’operazione colle mani, finchè abbiate fatto scorporare il rimanente della farina e la pasta sia divenuta dura ed uniforme. Se vi riescisse un po' molle, la correggerete aggiungendo altra farina; al contrario, se riescirà troppo dura, aggiungerete un poco d'acqua tiepida.

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Cotti che abbiate i maccheroni nell’acqua con sale, ritirateli dalla loro caldaja, fateli ben sgocciolare, accomodateli a strati in un gran piatto adattato, e a mano a mano conditeli spargendovi sopra del buon cacio grattato e versandovi del sugo di manzo (num. 35). Indi rivoltateli col cucchiajo, e serviteli ben caldi.

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Pulito che abbiate il tacchino, come abbiam già detto, copritelo sopra e sotto con quattro fette di prosciutto, ed ai lati con 2 foglie di alloro e 4 fette di limone; indi cospargetelo con qualche pezzetto di macis, e così accomodato avvolgetelo diligentemente entro una salvietta di bucato, cucendovelo stretta mente. Mettetelo allora a lessare in una pentola con acqua, sale, cipolla, prezzemolo, sedano, carota e mezzo litro di vin bianco, e quando è cotto ritiratelo dalla pentola, lasciatelo raffreddare entro la stessa salvietta, e poi svolgetelo per servirlo cosi freddo in un gran piatto con guarnizione di gelatina (num. 154 a 150).

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o due piccioni, già vuotati delle interiora e lavati, e nell'interno de'quali abbiate messo giusta dose di sale ed un pezzetto di burro. Ciò fatto, sovrapponete alla pignatta il suo coperchio, e lasciate così c le i vostri piccioni cuocino in forza del vapore che si sviluppa dal liquido bollente, solo avvertendo di rivoltarli dopo mezz’ora di ebullizione, ricoprendo subito la pignatta.

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A tale scopo sarà bene che abbiate un apposito recipiente di latta a foggia di scatola, munito del suo coperchio ed avente superiormente all'intorno saldati tre uncini di fil di ferro, mediante i quali possa appoggiare sull’orlo di altro recipiente più amplio, contenente l’acqua, dentro cui la scatola stessa, che contiene i piccioni, rimanga immersa sino a metà.

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Date mezza cottura ad una grossa palla di cavolfiore con acqua e sale; fatela poi sgocciolare, e tuttora ben calda mettetela in una casseruola adattata, il fondo della quale abbiate ricoperto di larghe fette di prosciutto. Avvertirete però di adagiare in modo il cavolo che la parte d'onde fu spiccato il torsolo resti in su, e conseguentemente il fiore posi sulle fette del prosciutto. Riempite allora i vuoti con un battuto di carne già cotta, mollica di pane inzuppata nel brodo, un poco di cipolla, prezzemolo, od altro di vostro gusto, il tutto ben tritato insieme e convenientemente dosato di sale e spezie; bagnate con alcune cucchiaiate di brodo, e lasciate finir di cuocere lentamente, in modo che non resti umido. Rovesciate allora diligentemente il contenuto della casseruola in un piatto, togliete le fette del prosciutto, e servite così semplicemente o con qualche salsa a vostro piacere.

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Puliti che abbiate i cardi e tagliatili a pezzi come è detto sopra, fateli lessare con acqua e sale; indi ritirateli, asciugateli bene con una salvietta, e freddati che siano, infarinate pezzo per pezzo, immergeteli in uovo sbattuto, e tosto friggeteli in padella con strutto vergine, facendo prender loro un bel colore dorato. Allora accomodate in una teglia i cardi cosi fritti; spargetevi sopra un battuto di carne di vitello, la quale prima avrete fatta rosolare a parte con burro e sale, unitevi alcuni fegatini di pollo tagliati a pezzi, bagnate con abbondante sugo di carne, nel quale avrete già fatto cuocere i fegatini suddetti, e infine coprite la teglia con un testo di lamiera, e fate cuocere con fuoco sotto e sopra, finchè l’umido siasi alquanto concentrato.

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Fate lessare un chilogr. di patate, indi sbucciatele e pestatele ben bene nel mortajo, mettendovele a poche per volta; aggiungetevi 250 grammi di burro, altrettanto di zucchero in polvere, dieci tuorli d uova, un poco di rum e tre prese di cannella: rimestate il tutto e pestate di nuovo finchè abbiate ottenuto un impasto uniforme come manteca; unitevi allora del cedro candito tagliato a pezzetti, rimestate ancora, e servitevi di questo composto per farne tante pallottole grosse poco più d'una noce, le quali bagnerete nella chiara d’uovo, spolverizzerete di pan grattato e farete friggere ad olio bollente, per servirle calde ed inzuccherate.

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Tagliate dunque a pezzetti questa carne; mettetela al fuoco in una casseruola, in cui abbiate già preparato un soffritto di burro e cipolla trinciata; lasciatela così grogiolare per alcuni minuti; indi bagnate con mezzo bicchiere di vin bianco, nel quale avrete prima stemperato un pugillo di farina, e finalmente aggiungete un po' di sugo di carne se ne avete, ovvero sugo di pomidoro, lasciando cosi cuocere finchè l'intinto siasi alquanto concentrato.

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Potrete anche più semplicemente far cuocere i fegatini in sugo di carne qualunque che abbiate in pronto; ma in questo caso non dovrete infarinarli.

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Preparate e cuocete il fagiano allo spiede nel modo sopi a descritto; ed in ultimo, messolo in un piatto, contornatelo con sugo di carne (num. 33, 34 e 35), nel quale abbiate fatto grogiolare alcune olive intiere e la polpa di altre pestata prima nel mortajo.

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Pelate e vuotate le quaglie; fatele soffriggere per circa 20 minuti in casseruola con burro, sale, poco pepe ed una foglia di lauro: indi mettetele in un piatto, lasciando nella casseruola il loro unto, ed a questo unite un po' di vin bianco, in cui abbiate stemperato un pugillo di farina, ed un poco di prezzemolo tritato. Lasciate sobbollire per alcuni minuti, e formata così la salsa, versatela sulle quaglie e servite.

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Triturale due acciughe salate (già pulite e private della loro lisca) unitamente a 30 grammi di funghi secchi, ammollati prima in acqua calda, due spicchi d’aglio ed un pugno di prezzemolo; fate soffriggere il tutto per 3 o 4 minuti con mezzo bicchiere d’olio; indi versatevi mezzo litro di vino bianco, nel quale abbiate stemperato un pugillo di farina; fate sobbollire il tutto per alcuni altri minuti, e infine unitevi un chilogr. di tonno, cospargendolo con sale necesario, pepe e spezie. Allora coprite la casseruola, lasciate cuocere per circa tre quarti d’ora, e messo poi il tonno in un piatto, versatevi sopra il suo intinto, dopo avervi aggiunto e incorporato un pezzetto di burro ed il sugo di mezzo limone.

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Dopo pulite le triglie nel modo già indicato al num. 459, adagiatele in un tegame nel quale abbiate prima versato un poco d’olio, salatele a dovere, spremetevi sopra mezzo limone, spargetevi un pugno di capperi e bagnate il tutto con vino bianco. Mettete allora il tegame sur un fuoco di brace, e lasciate cuocere lentamente le vostre triglie, rivoltandole con diligenza a mezza cottura.

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Tenete prima per alcune ore le arselle in un catino con acqua salata, lasciandole tranquille affinchè si aprano da sè e rigettino la poca sabbia che possono contenere: indi mettetele in una casseruola, nella quale abbiate preparato un soffritto con olio, cipolla e prezzemolo tritati e poco pepe; e quando si saranno aperte tutte, versatevi due o tre tuorli d’uova sbattuti unitamente al sugo di mezzo limone, rimestate, senza lasciar riprendere il bollore, e tosto servite in un piatto.

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Scegliete zucchine di ordinaria grossezza, tagliatele in mezzo per lo lungo e vuotatele della polpa servendovi d’un cucchiajo: pestate poscia nel mortajo una manciata di funghi secchi ammollali già in acqua bollente; unitevi la polpa suddetta delle zucchine, nonchè un po' di ricotta, o mollica di pane inzuppata nel latte, parmigiano grattato, qualche foglia di maggiorana, uno o più uova, secondo il bisogno, sale necessario e spezie, e continuate a pestare finchè abbiate ottenuto come un’impasto bene assimilato, col quale riempirete le mezze zucchine, che poi farete cuocere in un tegame con olio e fuoco sotto e sopra, per servirle calde.

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Scelto che abbiate il pezzo di carne da fare arrosto, salatelo bene tutto all'intorno, praticandovi anche dei buchi ed introducendo in questi del sale qualora il pezzo fosse molto grosso; indi mettetelo in una casseruola con burro in proporzione e poc'acqua; sovrapponetevi il coperchio e passate al fuoco, non scoperchiando più la casseruola che per rivoltare la carne quando ne abbisogna, onde essa possa rosolare da tutte le parti; giacchè meglio sarà chiuso il coperchio, e più la carne cuocerà anche internamente per la forza del vapore e riescirà più tenera.

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Prendete un chilogr. di pasta lievitata da far pane, che sia di farina della qualità più bianca; mettetela in un catino; colatevi sopra, a traverso uno staccio assai fitto, 3 ettogr. di unto d’arista (num. 540); aggiungete un pizzico di sale e 3 tuorli d’uova, ed impastate bene insieme ogni cosa maneggiando con forza finchè abbiate ottenuto una pasta uniforme, e l’unto siasi tutto in essa incorporato. Allora distendete questa pasta in una teglia all'altezza di circa un pollice, e fate cuocere al forno lasciando prendere alla schiacciata un bel colore rosolato alla superficie.

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Poscia togliete la salvietta, fate nuovamente un buco nel mezzo della farina che ricopre la pasta, versatevi mezzo bicchiere di vino bianco ed un poco d'olio, unitevi un pizzico di sale e due foglie di salvia minutamente tritata, e impastate il tutto manipolando finchè abbiate ottenuta una pasta uniforme e soffice come quella con cui si fa il pane. Se essa vi riescisse troppo dura, rimedierete aggiungendo a poco a poco altr’acqua tiepida durante la manipolazione; e viceversa, se troppo morbida, aggiungerete altra farina. Fatta dunque tutta la pasta, lasciatela riposare ancora per 3 o 4 ore se la stagione è calda, e più se in inverno; poi prendete una teglia, versatevi tant'olio da ungerne tutto il fondo, stendetevi uniformemente la vostra pasta, ungete questa superficialmente, spolverizzatela sopra con sale e

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Mettete in mucchio sopra una tavola ben levigata mezzo chilogr. di fior di farina, e fatevi nel centro una fossetta; versate in questa un po' d’acqua tiepida, in cui abbiate sciolto 8 grammi di sale; unitevi tanto burro quanto è grossa una noce, ed incominciate ad impastare, aggiungendo vino bianco a poco a poco finchè tutta la farina sia ridotta in una pasta alquanto dura, la quale maneggerete a lungo onde renderla uniforme: copritela allora con un panno, e lasciatela in riposo per circa due ore. Riprendete poscia questa pasta, spianatela col matterello fino alla grossezza d’uno scudo; mettetevi sopra mezzo chilogr. di burro fresco; piegatela per tre volte su sè stessa, spianatela nuovamente, servendovi sempre del matterello; ripiegatela ancora come la prima volta, e continuate per altre 3 o 4 volte a fare lo stesso, terminando collo stenderla alla grossezza apportuna, secondo verrà indicato in appresso per le diverse sorta di pasticci.

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Fate rosolare in casseruola un piccione con soffritto di burro e cipolla trinciata, e sale necessario; bagnate poscia con qualche cucchiajata di brodo, nel quale abbiate sciolta un po' di conserva di pomidoro; e lasciate finir di cuocere il piccione: ritirate allora questo dalla casseruola, mettete al suo luogo un’animella di vitello ed alcune creste di polli, che lascerete cuocere alla lor volta, e finalmente, tolto ancora e animella e creste, ponete nello stesso intingolo 3 ettogrammi di maccheroni, già prima cotti a parte con acqua e sale e poscia tagliati non più lunghi di 4 o 5 centimetri. Allorchè poi i maccheroni avranno prosciugato quasi tutto l’intingolo, ritirate dal fuoco la casseruola; unite ai maccheroni il piccione, l’animella e le creste, che intanto avrete tagliati a pezzi, nonchè alcuni granelli di galletto e schienali di manzo scottati semplicemente nell’acqua bollente, ed un tartufo sottilmente trinciato; mescolate il tutto, e riempiuto con questo composto il vostro pasticcio, come abbiamo già detto, lo farete cuocere al forno a moderato calore, finchè la pasta che lo ricopre sia ben rosolata. È però da avvertire, che ove il forno fosse molto caldo, si rischierebbe di vedere abbrustolire troppo il disopra del pasticcio, e rimanere quasi cruda la pasta delle pareti laterali e del fondo, come quella che non è esposta direttamente alla vampa del forno: quindi in tal caso gioverà coprire il pasticcio superiormente con un testo di lamiera, o con una grossa carta unta con burro. Questo pasticcio non si serve che caldo.

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., regolandovi per la quantità dalla capacità della forma nella quale intendete fare il pasticcio: togliete il nòcciolo alle frutta che lo hanno, mondate le pere e le mele della loro buccia e del torso, e mettete a cuocere in una casseruola con vino bianco e zucchero (mezzo bicchiere del primo e 150 gram. del secondo per ogni chilogr. di frutta), aggiungendo anche alcune prugne secche a cui abbiate tolto il nòcciolo. Quando le frutta saranno bastantemente cotte e giulebbate, unitevi del cedro candito tagliato a pezzetti, un poco di rum e cannella in polvere; agitate col mestolo, ritirato dal fuoco la casseruola, e servitevi del composto per riempirne il pasticcio, che farete colla pasta descritta al num. 618, oppure colla pasta frolla (num. 619), intonacandone prima la forma e sovrapponendo poi al ripieno una sfoglia della medesima.

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Abbiate cura, nel fare il torrone, di mantenere sotto alla caldaja un fuoco sempre moderato, e di non cessare un istante dal tramenare il composto: anzi, abbisognando questo di 6 o 7 ore di cottura, saranno necessarie più di due braccia per poter continuare senza interruzione a menare la mestola, specialmente sulla fine, quando l’impasto prende una forte consistenza.

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Scelte che abbiate dodici mele sane, mondatele della buccia e fatele cuocere in tutto come le pere sopra descritte (num. 680).

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Sbucciate 7 ettogr. di mandorle dolci ed 1 ettogr. di mandorle amare, dopo averle tenute per alcuni minuti nell’acqua calda; indi mettetele in un mortajo di marmo insieme ad un pugno di zucchero e poche gocce d’acqua; pestatele ben bene finchè le abbiate ridotte come una pasta, e sciogliete questa con mezzo litro d’acqua fresca. Allora colate il miscuglio attraverso un pannolino, che torcerete con forza a fine di farne escire il latte di mandorle; rimettete poscia nel mortajo la feccia bianca che sarà rimasta nel pannolino suddetto; ripetete la medesima operazione con un altro poco di zucchero ed alcune gocce d’acqua, pestando cioè nuovamente, e sciolta la pasta con altro mezzo litro d’acqua fresca, passate come la prima volta per pannolino spremendo fortemente, e riunite i due liquidi. Finalmente preparate un denso sciroppo con 2 chilogr. di zucchero e due bicchieri d’acqua; chiarificatelo (V. num. 707), e mentre è ancora caldo unitevi il latte di mandorle ottenuto come sopra, facendo rialzare il bollore e ritirando tosto dal fuoco il tutto. Dopo ciò aromatizzate con qualche goccia di essenza di fior d’arancio, e freddato che sia il vostro sciroppo, chiudetelo come al solito in bottiglie. Esso, diluito con acqua fresca al momento di servirsene, offre una bibita assai refrigerante.

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Dopo otto giorni ponete al fuoco un litro d’acqua con quattro limoni tagliati a pezzi; lasciatela bollire per un quarto d’ora, e dopo averne ritirati i limoni, versatela così bollente in un catino, in cui abbiate già messo 2 chilogr. di zucchero bianchissimo in pezzi, che farete sciogliere completamente. Ottenuto così un denso sciroppo, lasciatelo freddare, indi unitelo al rum suddetto, dal quale ritirerete allora le scorze d’arancia, mescolate bene il tutto e filtrate alla carta.

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