Peccato però che la l. 27 dicembre 2006, n. 296, e le susseguenti circolari n. 48/E del 6 agosto 2007 e n. 3/E del 22 gennaio 2008 abbiano trattato i trust praticamente alla stregua delle associazioni non riconosciute, senza fare alcuno sforzo per recepire - e prima ancora per comprendere - i genuini caratteri fondanti di questi istituti, peculiari degli ordinamenti di common law che conoscono l'equity. E' infatti possibile pretendere di introdurre di peso un istituto come il trust entro un ordinamento a cui non appartiene, senza compiere un umile, ed onesto, sforzo di comparazione giuridica.
L'articolo esamina una delle novità apportate dalla Legge Finanziaria per l'anno 2007 in tema di società partecipate, in via diretta o mediata, da Comuni e Province; si tratta del requisito di "professionalità" di cui al comma 734, volto ad escludere dalla nomina a ruoli gestori di dette compagini, che provenga da incarichi analoghi in società le quali abbiano fatto registrare reiterate perdite: la norma di legge e la successiva circolare propongono interrogativi circa il coordinamento con il contesto normativo previgente.
I sottoscrittori potrebbero giovarsi di una temporanea posizione di vantaggio rispetto ai soci che non abbiano ancora sottoscritto, prima ancora che scada il termine per la sottoscrizione. D'altra parte, anche i soci originari potrebbero adottare, con i quorum ante-aumento, delibere in pregiudizio dei nuovi sottoscrittori non ancora ammessi all'esercizio del voto. Si vuole, attraverso l'inquadramento giuridico del negozio di sottoscrizione e gli esiti della giurisprudenza sull'applicabilità dei principi di buona fede e di parità di trattamento nel rapporto societario, sostenere la tesi prudenziale, prospettando però strumenti che consentano la sottoscrizione dell'aumento con effetti immediati.
Qualora, né l'imputato, né il p.m. abbiano fornito una chiara prova sull'ammontare dei costi detraibili, è obbligo del magistrato giudicante, anche attraverso i propri poteri d'ufficio, accertare se esistano costi detraibili, la cui consistenza, impedendo di raggiungere la soglia di punibilità, elimini la rilevanza penale del fatto.
Dunque, non disponendo il comma 1-bis dell'art. 11 della legge n. 289/2002 una espressa proroga dei termini di accertamento (come invece prevista nell'ipotesi del comma 1), la stessa non può operare per l'accertamento della decadenza dei benefici nei confronti dei contribuenti che abbiano fruito delle agevolazioni fiscali in materia di imposte indirette.
Sebbene talune affermazioni prive di ricadute nel caso concreto necessitino, ad avviso di chi scrive, di alcune precisazioni, vanno altresì condivise le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato in merito all'interesse ed alla legittimazione a ricorrere dei titolari di imprese commerciali, con particolare riferimento alla necessità di impugnare gli atti pianificatori che abbiano operato la localizzazione della struttura di vendita in contestazione ed all'interpretazione estensiva del credito della c.d. vicinitas, già seguita dalla prevalente giurisprudenza.
L'A. si interroga qui sui riflessi della nuova disciplina rispetto alle azioni risarcitorie che abbiano come presupposto la perdita del capitale sociale, ed in particolare sulla prova dell'entità del danno, formulando l'ipotesi secondo cui, di fronte al proseguimento da parte degli amministratori di una gestione corrente in perdita, sia ora più agevole l'applicazione del criterio di determinazione equitativa del danno previsto dall'art. 1226 c.c.
Appare infatti preferibile, inserendo la sentenza dichiarativa di fallimento tra le condizioni obiettive di punibilità, affermare che le modifiche alla definizione legale di piccolo imprenditore abbiano comportato una successione di norme integratrici con conseguente parziale abolitio criminis.
Le testate giornalistiche on line che abbiano le stesse caratteristiche e la stessa natura di quelle scritte o radio-televisive e che, quindi, abbiano una periodicità regolare, un titolo identificativo (testata) e che diffondano presso il pubblico informazioni legate all'attualità devono essere inscritte, nell'apposito registro tenuto dai tribunali civili. L'Autore propone una rilettura della nozione di "prodotto editoriale" di cui alla L. n. 62/2001 mirante a circoscrivere l'ambito applicativo della stessa sulla base del coordinamento con le norme già vigenti nell'ordinamento giuridico.
., il venir meno del titolo esecutivo in corso d'esecuzione travolge la posizione di tutti gli interventori, titolati o no, con salvezza della sola posizione di coloro che abbiano eseguito un pignoramento successivo; soluzione criticata dall'annotatore, secondo il quale occorre invece distinguere a seconda che il pignoramento o gli atti preliminari dell'esecuzione risultino invalidi all'origine, giacché dagli artt. 629 e 500 c.p.c. si deduce la regola per cui gli intervenuti muniti di titolo possono far propri gli effetti del pignoramento, purché valido, e compiere gli atti ulteriori dell'esecuzione anche a fronte dell'inerzia o della rinuncia del creditore pignorante.
D'altro canto la cronaca, che può giustificare la condotta dell'intervistatore, è ancorata sempre alla divulgazione di dichiarazioni che abbiano rilevanza per il pubblico, indipendentemente dalla loro verità, purché siano riportate in maniera imparziale. Ciò non impedisce, ovviamente, di immaginare malfunzionamenti e limiti di un principio che, con l'attuale impianto costituzionale, rimane tuttavia quello in grado di preservare meglio gli interessi in gioco.
Su reclamo di un ristretto per delitti di terrorismo, una giurisprudenza di merito ha affermato la legittimità dell'applicazione retroattiva di tale più severo regime anche nei confronti di soggetti che abbiano realizzato le condotte illecite anteriormente all'entrata in vigore della normativa restrittiva. Nell'ordinanza in rassegna, il magistrato di sorveglianza, non ritenendo applicabile all'istituto dei colloqui la clausola di salvaguardia posta dall'art. 4 l. n. 279 del 2002, ha ritenuto che l'interessato, tuttora appartenente alla frangia dei c.d. "irriducibili", non avesse raggiunto un gradi di rieducazione compatibile con il mantenimento del più favorevole trattamento in precedenza accordato.
In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la modifica apportata dal D.L. n. 857 del 1976 (convertito in legge n. 39 del 1977) al secondo comma dell'art. 4, L. 990/1969 ha introdotto (in base ad una interpretazione compatibile con la direttiva comunitaria in materia e con l'evoluzione giurisprudenziale relativa all'interpretazione dell'art. 2054 c.c.) la regola generale dell'estensione dell'assicurazione ai danni prodotti alle persone dei trasportati già prima dell'entrata in vigore dell'ulteriore modifica introdotta dalla legge n. 142 del 1992, con la conseguenza che devono ritenersi coperti da assicurazione obbligatoria anche i danni sofferti da soggetti trasportati su veicoli adibiti al trasporto di cose che abbiano viaggiato nella parte del veicolo progettata e costruita con posti a sedere per passeggeri.
. , si allinea al trend da ultimo affermato dalla Corte di Cassazione in merito alla natura oggettiva della responsabilità da danni per cose in custodia: l'ente pubblico può sottrarsi alla responsabilità solo fornendo la prova del fortuito, ovvero l'esistenza di altre cause, esterne alla res ed alla sfera del custode, che abbiano cagionato autonomamente l'evento dannoso, a prescindere dalla sua eventuale diligenza.
Scopo del lavoro è verificare, attraverso lo studio della prassi, come si comportano i giudici di fonte alla illimitata possibilità di applicazione dell'istituto: se e come abbiano ovviato alle carenze legislative "cristallizzando" criteri utili ad orientarli. A tal fine si analizza, a livello "quantitativo" il tasso di applicazione dell'istituto, la tipologia di reati commessi, le caratteristiche del minore, la durata e l'esito della prova stessa; a livello "qualitativo" i presupposti applicativi, le modalità di svolgimento e i criteri di valutazione della prova.
Sembra che i giudici abbiano fatto mal governo dei principi che regolano il rapporto tra dichiarazione e obbligazione tributaria.
La legge Finanziaria 2007 ha istituito, a carico dei soggetti che gestiscono, anche in regime di concessione, il servizio di smaltimento dei rifiuti urbani, un obbligo annuale di comunicare i dati relativi agli immobili insistenti sul territorio comunale, acquisiti nell'ambito dell'attività di gestione e che abbiano rilevanza ai fini delle imposte sui redditi. Tale obbligo ha suscitato una serie di perplessità, in particolare in ordine ai soggetti obbligati, alla tipologia dei dati da comunicare, alle sanzioni applicabili agli utenti che non inviano ai gestori i dati da trasmettere all'Agenzia delle entrate.
Il d.l. n. 185/2008 prevede nuovi limiti al potere di accertamento presuntivo da parte dell'Amministrazione finanziaria laddove i contribuenti, invitati all'adesione, abbiano provveduto alla definizione dei ricavi o dei compensi. Il "bonus" previsto dal decreto si traduce in una preventiva rinuncia all'accertamento ed alla successiva riscossione delle imposte che potrebbero risultare dovute sulla base degli ordinari schemi impositivi.
La norma, al fine di controllare gli introiti pervenuti agli enti interessati e le modalità di esercizio degli stessi, prevede l'obbligo di rendicontazione per i soggetti che abbiano percepito le somme.
Con la circolare n. 2/DF del 2009, il Ministero dell'economia e delle finanze fa il punto sull'esenzione ICI per gli enti non commerciali, esaminando per la prima volta la norma di interpretazione autentica che ha sancito l'applicabilità dell'esenzione alle attività "che non abbiano natura esclusivamente commerciale". Di fronte ad una disposizione di indubbia ambiguità, il Ministero da un lato si affida all'indirizzo della Suprema Corte precedente a tale disposizione, dall'altro sceglie la strada della minuziosa casistica riferita alle specifiche attività oggetto della norma di esenzione, con il rischio, insito nelle operazioni di questo tipo, di lasciar fuori fattispecie meritevoli del trattamento agevolato.
Il contribuente può chiedere di fruire di tale "bonus" straordinario in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi a condizione che per al fruizione di tale beneficio lo stesso soggetto e/o altri componenti del nucleo non abbiano validamente prodotto istanza né al datore di lavoro o ente pensionistico, né all'Agenzia delle entrate. Ulteriori novità riguardano la tassazione sostitutiva sugli straordinari, gli oneri sostenuti per il risparmio energetico ed alcune detrazioni d'imposta e oneri deducibili.
La compilazione del quadro CM, da parte dei titolari di reddito d'impresa o di lavoro autonomo che hanno aderito al nuovo regime, è l'unico adempimento dichiarativo di tali soggetti tranne nell'ipotesi in cui abbiano operato delle ritenute in qualità di sostituto d'imposta e, pertanto, siano obbligati anche alla presentazione del modello 770 semplificato. Nessun obbligo, invece, per quanto riguarda le dichiarazioni fiscali in materia di IVA ed IRAP come pure per quanto concerne i modelli di comunicazione dei dati rilevanti per l'applicazione degli studi di settore e dei parametri.
Pur adottando un tono "tecnico" e neutro, la circolare n. 10/E del 2009 dell'Agenzia delle entrate si pone all'attenzione dell'interprete, non perché risultino particolarmente difficili i temi trattati ed il loro coordinamento con le disposizioni preesistenti, ma perché fornisce uno spaccato eloquente della visione attuale del rapporto tra Fisco e contribuente: singolare appare la constatazione, che è inevitabile alla lettura della circolare, anche se non immediata, che tutte le disposizioni di "vantaggio" finiscono con il riguardare quei contribuenti che abbiano male adempiuto i loro obblighi (è il caso del ravvedimento operoso, che viene ad essere particolarmente appetibile), mentre l'unica disciplina restrittiva si rivolge ai titolari di pretese creditorie ultradecennali, ai quali viene disconosciuta la maturazione degli interessi giornalieri previsti dalla Finanziaria 2008.
Gli oneri finanziari soggetti ai due nuovi limiti di deducibilità dall'imponibile IRES, introdotti, da un lato, per le società e "holding" industriali, e, dall'altro, per le società bancarie, finanziarie ed assicurative e le relative capogruppo, sono solo quelli derivanti da rapporti con causa finanziaria, e cioè, come ha chiarito la circolare n. 19/E del 2009, da rapporti che abbiano la funzione di consentire ad una parte di ottenere la disponibilità temporanea di un capitale dall'altra.
Ai nuovi adempimenti sono chiamati gli intermediari abilitati che non abbiano subito provvedimenti di sospensione o di radiazione, i quali rispondono solidalmente anche per il pagamento delle imposte autoliquidate.
Il fatto che tali iniziative non abbiano un'origine contrattuale non fa venire meno il pericolo che possa occasionarsi un uso ricorrente nel tempo che potrebbe risolversi in una integrazione del trattamento economico contrattualizzato.
Stupisce, anzi, che gli Uffici abbiano coltivato simili contenziosi in sede di legittimità, dopo che nel caso le Commissioni di merito avevano entrambe accolto la tesi del contribuente. La sentenza, comunque, offre lo spunto per approfondire la questione circa la detraibilità dell'IVA sulle spese relative agli immobili destinati all'attività agrituristica, quando questi non siano ancora accatastati come beni strumentali.
Basaglia, che si ispirava alla psichiatria inglese, sebbene gli intellettuali parigini e l'esistenzialismo di Jean Paul Sartre abbiano rappresentato un riferimento essenziale. Il lavoro prosegue con una disamina critica della riforma realizzata rispondendo alle principali accuse che le sono state rivolte e termina con uno sguardo al panorama del futuro della gestione della sofferenza psichica.
La politica come buon governo prende in considerazione la vita umana come espressione della vita personale (dall'inizio alla fine), riconoscendone il valore quale orizzonte di senso: è la teoria che identifica essere umano e persona, ritenendo che ogni essere umano e tutti gli esseri umani abbiano diritti.
Premesso l'esame dei presupposti dell'estensione dell'impugnazione ad altri soggetti non impugnanti, questo assunto viene sottoposto a verifica, considerando quali implicazioni ulteriori abbiano gli effetti estensivi delle impugnazioni e delle relative decisioni.
Inoltre, anche autori dell'illecito che non abbiano agito né in concorso, né di concerto, possono, non di meno, essere considerati solidalmente responsabili in relazione a determinate tipologie di danno che, per loro natura, non sono suscettibili di alcuna logica o pratica divisione o allocazione tra la pluralità degli autori. Nella responsabilità solidale l'attore può ottenere il risarcimento da ciascuno dei responsabili, e il convenuto ha l'onere di convenire o di agire in regresso nei confronti degli altri responsabili. Di conseguenza per l'attore è irrilevante l'insolvenza di uno dei convenuti, posto che ogni convenuto solvente è tenuto per l'intero risarcimento. Benché la responsabilità solidale sia in genere considerata come una soluzione adeguata nel caso di pluralità di autori dell'illecito, l'istituto è stato sottoposto a critiche in tempi recenti, per l'ingiustizia manifesta nel caso in cui uno dei convenuti non sia in grado di sopportare la propria misura dei danni liquidati in giudizio. Lo scopo della ricerca è individuare i profili problematici connessi alla responsabilità solidale quale soluzione generale nell'illecito civile, e di rivisitare le soluzioni rinvenute per ripartire la responsabilità tra due o più soggetti che sono responsabili per un danno indivisibile.
Discostandosi da precedenti pronunce, anche recenti, la Corte riconosce legittimazione attiva unicamente a quelle organizzazioni sindacali che abbiano stipulato contratti collettivi normativi, identificati in quei contratti che regolano in modo organico i rapporti di lavoro e che per tale ragione sono richiamati dalla norma statutaria e tutelati dall'art. 39 della Costituzione. La funzione gestionale del contratto collettivo, viceversa, non è ritenuta sufficiente al riconoscimento delle r.s.a. e all'attribuzione dei diritti sindacali di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori.
., con particolare riguardo alla necessità che tale iniziativa, a norma delle disposizioni pattizie del relativo protocollo d'intesa, richieda - o meno - un impulso unitario delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL applicato all'unità produttiva e delle diverse organizzazioni sindacali che, comunque, abbiano aderito al protocollo predetto.
Infatti, per tale tipologia di azioni, non si applica il principio per cui è necessario che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali, cioè che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto, e che siano censurati per gli stessi motivi.
Le sentenze in commento trattano di un tema molto particolare e da sempre piuttosto controverso: la natura dei compensi corrisposti ai lavoratori che abbiano svolto la propria attività lavorativa all'estero. Il punto controverso riguarda l'accertamento della natura retributiva o meno di quelle indennità che il datore di lavoro versa durante il soggiorno all'estero di un proprio dipendente volte genericamente a compensarlo dei maggiori disagi e delle maggiori spese che lo stesso deve affrontare lavorando in un Paese straniero. la Suprema Corte ribadisce che l'indennità estero può assumere, nel concreto svolgimento del rapporto di lavoro, funzione retributiva, risarcitoria o mista (in parte retributiva ed in parte risarcitoria), e che il lavoratore, che richieda l'accertamento della natura retributiva degli emolumenti riconosciutigli nel contratto di lavoro in ragione dei maggiori esborsi da sostenere in conseguenza del trasferimento all'estero, deve fornire la prova concreta che essi non siano riconducibili alla funzione di rimborso spese di cui al capoverso dell'art. 2120 c.c. A tale sentenza si contrappone l'orientamento della Corte d'Appello di Milano, nella seconda decisione esaminata, che pur riconoscimento a priori natura interamente retributiva all'indennità estero indipendentemente dalla funzione per la quale essa è corrisposta al lavoratore, ha ammesso la necessità che nel giudizio si accerti in concreto quali voci di tale indennità siano riconducibili ad una funzione risarcitoria e quali ad una funzione retributiva.
Il quadro che emerge illustra come ambedue gli attori abbiano contribuito a costruire la società moderna, intrecciandosi e intersecandosi le azioni di entrambi. Infine, appare interessante la nozione che Martone sviluppa di legislazione riflessiva con riferimento alla procedura della concertazione, realizzatasi nel corso dell'ultimo quindicennio, nozione da mettere in relazione con quella di "modernizzazione riflessiva".