Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Sulla origine della specie per elezione naturale

538005
Carlo Darwin 50 occorrenze
  • 1875
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
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In primo luogo le varietà, anche le più marcate, sebbene abbiano alcun che del carattere delle specie, per modo che riesce in molti casi assai difficile il classificarle, pure differiscono fra loro assai meno delle specie ben distinte. Nondimeno, secondo le mie viste, le varietà sono specie in formazione, oppure, come dissi, sono specie incipienti. Come dunque le differenze minori fra le varietà possono aumentare fino a divenire le differenze più grandi che esistono fra le specie? Che ciò debba ordinariamente avvenire, noi lo desumiamo dal numero considerevole di specie che la natura ci presenta, con differenze ben distinte; mentre le varietà, supposte prototipi o progenitori delle future specie distinte, presentano piccole differenze e mal definite. Il solo caso, come noi possiamo chiamarlo, può fare che una varietà differisca in qualche carattere da' suoi parenti, e che anche i discendenti di essa ne diversifichino pei medesimi caratteri, in più alto grado; ma in questo modo non potrebbe spiegarsi l'insieme delle differenze, tanto forti e generali, che passano fra le varietà ben distinte delle medesime specie e fra le specie dei medesimi generi.

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Forse potrebbe anche credersi che le piante naturalizzate abbiano fatto parte di pochi gruppi più specialmente adatti a certe stazioni nella nuova loro patria. Ma in realtà la cosa è molto diversa; e Alfonso de Candolle ha osservato molto saggiamente, nella sua opera stupenda, che le flore, proporzionalmente al numero dei generi e delle specie native, acquistano per mezzo della naturalizzazione più generi nuovi, che nuove specie. Diamone un solo esempio. Nell'ultima edizione del Manual of the Flora of the Northern United States del dott. Asa Gray si contano 260 specie di piante naturalizzate, spettanti a 162 generi. Noi vediamo perciò che queste piante sono di natura molto diversa. Esse differiscono inoltre per molti rapporti dalle piante indigene, perchè sopra 162 generi naturalizzati, non meno di 100 sono estranei alle specie indigene; onde risulta un grande aumento proporzionale nei generi endemici degli Stati Uniti.

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Perciò sembra estremamente probabile ch'esse abbiano preso il posto, non solo delle loro madri-specie A ed I, ma anche di alcune delle specie originali più affini a queste e le abbiano così esterminate. Quindi pochissime specie originali avranno trasmesso la loro progenie fino alla quattordicimillesima generazione. Noi possiamo supporre che una sola specie F, come la meno strettamente affine alle altre nove specie originali, abbia conservato i suoi discendenti fino a quest'epoca lontana.

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Ma siccome la specie originale I differiva molto dalla specie A, trovandosi le medesime quasi agli estremi punti del genere primitivo, così i sei discendenti di I, per la sola legge dell'eredità, saranno assai diversi dagli otto discendenti di A; inoltre fu supposto che i due gruppi abbiano sempre continuato a divergere in direzioni diverse. Anche le specie intermedie che collegavano le specie originali A ed I saranno rimaste estinte e non avranno lasciato alcun discendente, eccettuata la specie F; e questa considerazione è della massima importanza. Quindi le sei nuove specie derivanti da I e le otto specie derivanti da A, sarebbero classificate come due generi distintissimi ed anche come due sotto-famiglie distinte.

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È assai difficile constatare quale influenza abbiano precisamente le differenze delle condizioni esterne, come il clima, il nutrimento, ecc. Ma noi possiamo concludere con piena fiducia, che gli innumerevoli e complessi adattamenti di struttura, che offrono i diversi organismi, non sono un semplice effetto di tale causa. Nei casi seguenti le condizioni di vita sembrano aver prodotto un insignificante effetto definito. Edoardo Forbes ci attesta che le conchiglie, al limite meridionale della loro patria e quando abitano acque poco profonde, acquistano colori più brillanti di quelli che presentano gli individui della medesima specie che trovansi in distretti più settentrionali o a maggiori profondità. Ma certamente questa regola non si verifica in tutti i casi. Gould crede che gli uccelli della stessa specie abbiano piume di colori più vivi sotto un'atmosfera limpida che quando abitano sulle isole o presso le coste. Anche il Wollaston è convinto che la dimora in prossimità del mare influisca sul colore degli insetti. E Moquin Tandon dà una lista di piante, le quali in riva al mare acquistano foglie più o meno carnose, mentre non le hanno carnose quando abitano entro terra. Questi organismi leggermente varianti sono d'interesse in quanto che presentano dei caratteri analoghi a quelli delle specie che sono limitate a simili condizioni di vita.

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Tuttavia credo che queste obbiezioni non abbiano molto peso.

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Quindi a costoro non parrà strano che esistano anitre e fregate a piedi palmati, le quali vivano in un paese secco e non scendano nell'acqua che assai di rado; che vi siano dei Crex dotati di lunghe dita, i quali abitano nei prati, anzichè nelle paludi; che si trovino dei picchi in luoghi in cui non esistono alberi; che si abbiano tordi che si tuffano nell'acqua e che esistano delle procellarie colle abitudini dei pinguini.

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È noto presentemente che alcuni animali sono capaci di riprodursi in età precoce, prima cioè che abbiano acquistato i caratteri dello stato perfetto(Nota XXIII).

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Siccome la elezione naturale agisce per la vita e per la morte, col preservare gli individui in cui si avveri qualche variazione favorevole, e col distruggere quelli che presentano variazioni di struttura sfavorevoli, io trovai talvolta molta difficoltà a concepire l'origine di quelle parti semplici che non pare abbiano una sufficiente importanza per cagionare la conservazione degli individui che successivamente variarono. Io giudicai che questa difficoltà, quantunque di una diversa natura, non fosse per tale riguardo minore di quella che s'incontra nel caso di un organo perfetto e complesso, come l'occhio.

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Una palma serpeggiante dell'Arcipelago Malese si arrampica sugli alberi più alti, coll'aiuto di cirri costruiti stupendamente, e disposti intorno alla estremità dei rami: e questa particolarità è senza dubbio di grandissima utilità alla pianta; ma siccome noi osserviamo in molti alberi, che non sono rampicanti, uncini quasi simili, può essere che quelli della palma siano provenuti dalle leggi ignote dello sviluppo, ed abbiano per conseguenza recato qualche vantaggio alla pianta, soggetta ad ulteriori modificazioni, e così l'abbiano resa rampicante. La pelle nuda del capo dell'avoltoio si considera generalmente come una conformazione adatta per cercare il nutrimento fra le materie putride, e ciò potrebbe derivare dalla diretta azione delle sostanze putrefatte. Tuttavia noi dobbiamo procedere con molta riserva, prima di trarre una conclusione analoga, mentre vediamo nel gallo d'India maschio, che mangia sostanze monde, la pelle del capo ugualmente nuda. Le suture del cranio dei giovani mammiferi furono riguardate come un mirabile adattamento per agevolare il parto, e certamente esse facilitano quest'atto e possono anche essere indispensabili; ma queste suture si notano anche nei crani dei piccoli uccelletti e dei rettili, i quali altro non hanno a fare che rompere la buccia dell'uovo: e noi possiamo dedurre da ciò che codesta struttura fu prodotta dalle leggi dello sviluppo, e portò un notevole vantaggio nel parto degli animali più elevati.

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Un critico ha recentemente sostenuto, con aria di esattezza matematica, che la longevità è un grande vantaggio per ciascuna specie, per cui i sostenitori della elezione naturale dovrebbero costruire l'albero genealogico in guisa che tutti i discendenti abbiano vita più lunga degli antenati. Ma non pare al nostro critico che una pianta biennale od alcuno degli animali inferiori possa estendersi dove il clima è freddo e colà perire ogni inverno, e nondimeno sopravvivere di anno in anno a mezzo dei semi o delle uova in seguito ai vantaggi acquistati dall'elezione naturale? F. Ray Lankester ha svolto di recente quest'argomento, e per quanto la straordinaria complicazione del medesimo gli ha concesso di giudicare è arrivato alla conclusione che la longevità in generarle sta in rapporto col posto che una specie occupa nella scala della organizzazione, e così pure colla quantità del consumo nella riproduzione e colla generale attività. È probabile che questi rapporti siano stati largamente determinati dall'elezione naturale.

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Siccome tra le specie animali e vegetali dell'Egitto, che noi conosciamo, nessuna si è cambiata negli ultimi tre o quattromila anni, così si è conchiuso che nemmeno altre, in altre parti del mondo, abbiano subìto dei cambiamenti: Ma questa conclusione, come ha notato G. H. Lewes, dimostra troppo, imperocchè le vecchie razze domestiche che vedonsi figurate o conservansi imbalsamate nei monumenti egiziani sono assai simili alle attuali e forse con esse identiche; e nondimeno tutti i naturalisti ammettono che tali razze siansi formate in seguito a modificazioni dei tipi originali. Le molte specie animali che rimasero inalterate dal principio dell'epoca glaciale in poi avrebbero potuto costituire una obbiezione assai più forte, giacchè esse son state esposte ad un grande cambiamento di clima ed hanno migrato sopra vasti territorii, mentre in Egitto, per quanto sappiamo, le condizioni di vita sono rimaste assolutamente uniformi durante parecchi degli ultimi millennii. Il fatto che dopo l'epoca glaciale non si sono manifestate delle modificazioni, o furono leggerissime, avrebbe potuto fornire un'obbiezione efficace contro i sostenitori di una legge innata e necessaria di sviluppo, ma è impotente contro la dottrina dell'elezione naturale o sopravvivenza del più adatto, secondo la quale vengono conservate le variazioni o differenze individuali di natura benefica che apparissero, ciò che potrà effettuarsi solamente in certe circostanze favorevoli.

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Sebbene non si abbiano sicure prove della esistenza negli organismi di una innata tendenza al progressivo sviluppo, tuttavia essa segue necessariamente l'azione continua della elezione naturale, com'io ho cercato di dimostrare nel quarto capitolo. Imperocchè il miglior criterio che noi conosciamo per giudicare della perfezione di un organismo sta nel grado fino a cui le parti furono specializzate e rese differenti. E la elezione naturale tende appunto a questo fine, giacchè le parti in tal modo sono rese atte a compiere meglio la loro funzione.

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Se si fa astrazione da queste cause generiche e vaghe, noi non sappiamo spiegare, perchè gli animali a zoccoli non abbiano in tutte le parti del mondo un collo allungato od altri mezzi per cogliere le foglie dai rami più alti degli alberi.

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In fine più di un autore ha domandato, perchè alcuni animali abbiano ottenuto delle facoltà mentali assai più elevate di altri, mentre il loro sviluppo sarebbe tornato utile a tutti? Perchè le scimmie non raggiunsero il potere intellettuale dell'uomo? Si potrebbero addurre qui molte cause, ma siccome non sono che congetture, la cui relativa probabilità non può essere pesata, riesce inutile citarle. Una risposta definitiva all'ultima domanda non possiamo aspettarci, giacchè vediamo che nessuno può sciogliere il problema assai più semplice, perchè cioè fra due razze di selvaggi, una sia salita più in alto nella scala della civilizzazione dell'altra, ciò che con ogni probabilità implica un'aumentata azione cerebrale.

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Non si vorrà qui, io spero, credere, essere mia opinione che i progenitori delle balene abbiano avuto realmente una bocca lamellosa come l'offre il rostro dell'anitra. Io desidero solamente di provare che ciò non è impossibile, e che gli immensi fanoni della balena groenlandese possono essersi sviluppati da tali lamelle percorrendo degli stadii graduati, di cui ciascuno era utile al suo possessore.

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Il comprendere come i giovani mammiferi abbiano imparato istintivamente a succhiare le mammelle, non è più difficile del comprendere come i pulcini non ancora sbocciati abbiano imparato a rompere il guscio dell'uovo battendo contro di esso col loro rostro specialmente adatto, o come abbiano imparato a beccare il nutrimento poche ore dopo l'abbandono dell'uovo. Ma si dice che il giovane canguro non succhia, ma pende dal capezzolo della madre, la quale ha il potere di iniettare il latte nella bocca del suo discendente debole ed immaturo. A questo riguardo, il Mivart dice: «Se non vi fosse uno speciale provvedimento, il neonato dovrebbe infallibilmente soffocarsi per l'introduzione del latte nella trachea. Ma la laringe è tanto prolungata, che arriva fino all'estremità posteriore del dotto nasale, per cui l'aria può penetrare liberamente nei polmoni, mentre il latte scorre innocuo a destra ed a sinistra di questa laringe allungata e raggiunge l'esofago posto di dietro». Il Mivart domanda poi, in quale modo nel canguro adulto (e nel maggior numero degli altri mammiferi, supposti discendenti di una forma marsupiale) l'elezione naturale rimuova questa particolarità di struttura almeno perfettamente innocente ed innocua. In risposta, si può addurre la supposizione, che la voce, la quale è di molta importanza per gli animali, non avrebbe potuto manifestarsi colla piena sua forza, finchè la laringe fosse penetrata fino al condotto nasale; il professore Flower mi ha anche manifestato il sospetto che questa struttura avesse potuto impedire l'animale nell'ingestione di nutrimento solido.

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Il Mivart cita questo caso, perchè crede difficile che organi come le avicolarie dei briozoi ed i pedicellari degli echinodermi, che egli suppone essenzialmente simili, abbiano potuto svilupparsi col mezzo della elezione naturale in divisioni di animali tanto distanti fra loro. Ma per ciò che concerne la struttura, io non posso trovare alcuna somiglianza fra un pedicellario a tre branche ed un'avicolaria od organo a modo di becco d'uccello. Quest'ultima somiglia nel suo complesso piuttosto ad una chela di crostaceo; ed il Mivart avrebbe potuto con ugual diritto mettere avanti come speciale difficoltà questa somiglianza, e perfino la somiglianza colla testa e col rostro di un uccello. Le avicolarie, al dire del Busk, dello Smith e del Nitsche, i quali naturalisti hanno particolarmente studiato questo gruppo, sono omologhe dei singoli individui e delle loro cellule componenti lo zoofito; il labbro mobile o l'opercolo della cellula corrisponderebbe alla mascella inferiore e mobile dell'avicolaria. Il Busk però non conosce delle gradazioni ora esistenti fra un singolo animale ed un'avicolaria. Torna quindi difficile il supporre per quali gradi l'uno siasi trasformato nell'altra, ma non segue da ciò che tali gradi non siano esistiti.

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I vibracoli possono essersi sviluppati direttamente dall'opercolo della cellula, senza attraversare lo stadio di avicolaria; è però probabile che abbiano percorso questo stadio, perchè difficilmente durante gli stadii anteriori di trasformazione le altre parti della cellula coll'incluso animale sono scomparse ad un tratto. In molti casi i vibracoli hanno un sostegno fornito di una fossetta, il quale sembra rappresentare il becco superiore immobile; ma questo sostegno manca in alcune specie. Questa idea intorno allo sviluppo dei vibracoli, ammesso che sia giusta, è interessante, poichè, se le specie fornite di avicolarie si fossero estinte, nessuno, nemmeno chi fosse dotato della più fervida fantasia, avrebbe pensato che i vibracoli abbiano fatto parte di un organo somigliante ad una testa di uccello, ad una cappa o scatola irregolare. È interessante di vedere, come due organi tanto diversi tra loro siansi sviluppati da una comune sorgente; e siccome l'opercolo mobile della cellula serve di protezione allo zooide, si può ammettere che tutte le gradazioni che il coperchio ha percorso sotto forma di mascella inferiore nell'organo a guisa di testa di uccello e poi sotto quella di setola allungata, abbiano parimenti servito di protezione in maniere diverse ed in differenti condizioni.

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Siccome il rampicare è il mezzo più semplice per salire attorno ad un sostegno, e costituisce quindi la base della nostra serie, così può domandarsi, come le piante abbiano acquistata questa facoltà in grado incipiente, e l'abbiano di poi perfezionata e rafforzata colla elezione naturale. La facoltà di rampicare dipende primieramente dalla straordinaria flessibilità del caule, finchè è molto giovane (e questo è un carattere che offrono molte piante anche non rampicanti); ed in secondo luogo, il caule deve volgersi di continuo verso tutte le plaghe, e cioè successivamente nello stesso ordine da una all'altra. Questo movimento determina il caule a piegarsi da tutte le parti ed a muoversi intorno a sè. Quando la parte inferiore del caule urta contro un oggetto ed è arrestata, la superiore continua a piegarsi ed a girare, ed in conseguenza si avvinghia in alto intorno al sostegno. Il movimento rivolgente cessa dopo il primo accrescimento di ogni ramo. Siccome singole specie e singoli generi di piante, appartenenti a famiglie tra loro molto distanti, possiedono la facoltà di avvolticchiarsi e divennero perciò rampicanti, così dobbiamo concludere che l'abbiano acquistata indipendentemente e non ereditata da un comune progenitore. Potei quindi prevedere che una leggera tendenza a tale movimento non doveva essere rara nelle piante non rampicanti, e ch'essa abbia fornito la base su cui l'elezione naturale ha incominciato la sua opera di perfezionamento. Quando io faceva questa predizione, non conosceva che un caso imperfetto, e cioè i giovani steli fiorali di una Maurandia, i quali si avvolticchiavano leggermente ed in modo irregolare come il caule di molte piante rampicanti. Poco tempo dopo, Fr. Müller scoperse che si avvolticchiavano irregolarmente ma distintamente i giovani cauli di un Alisma e di un Linum, di due piante dunque che non si arrampicano e sono tra loro molto discoste nel sistema; e disse di aver ragione per sospettare che ciò avvenga in alcune altre piante. Questi insignificanti movimenti non sembrano di alcun vantaggio per le piante accennate, ed in ogni modo non sono della menoma utilità a riguardo del rampicamento, di cui qui ci occupiamo. Nondimeno può dirsi, che se i cauli di queste piante fossero stati flessibili e se nelle loro condizioni di vita fosse stato utile salire in alto, l'abitudine di avvolticchiarsi in modo leggero ed irregolare sarebbe stata rafforzata e messa a profitto dall'elezione naturale, fino al punto da rendere una specie perfettamente rampicante.

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Ho già cercato di spiegare, come le piante abbiano raggiunta la facoltà di rampicare, cioè col rafforzamento della tendenza, dapprima affatto inutile, di avvolticchiarsi in modo leggero ed irregolare; questo movimento, non meno che quello dovuto a contatto o scossa, era il risultato incidentale del potere di movimento ottenuto per altri e benefici scopi. Se durante lo sviluppo graduale delle piante rampicanti l'elezione naturale sia stata aiutata dagli effetti ereditati dell'uso, non pretendo di decidere; noi però sappiamo che certi movimenti periodici, come ad esempio il sonno delle piante, sono governati dall'abitudine. Degli argomenti prescelti da un abile naturalista per provare che l'elezione naturale sia insufficiente a spiegare i primi gradini delle strutture utili, ho parlato abbastanza e forse più che abbastanza, e spero d'aver dimostrato che da questo lato non sorgono grandi difficoltà. Mi si è in quest'incontro offerta l'opportunità di diffondermi un poco intorno a quelle gradazioni di struttura che spesso si associano a cambiamento di funzioni; è questo un argomento importante che non fu sufficientemente sviluppato nelle precedenti edizioni di quest'opera. Voglio ora riassumere gli esempi citati nelle righe che precedono.

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Che le specie abbiano la facoltà di subire dei cambiamenti, è ammesso da tutti gli evoluzionisti; ma mi sembra che nulla ci induca ad invocare una forza interna oltre quella ordinaria variabilità, la quale, diretta dall'uomo, ha prodotto tante razze domestiche sì bene adattate, e che coll'aiuto della elezione naturale può produrre in simil guisa a lenti passi le razze e le specie naturali. Come fu già osservato, il risultato finale sarà generalmente un progresso, in alcuni pochi casi un regresso nella organizzazione.

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Ad esempio, per adattare una specie a nuove condizioni di vita, sono quasi indispensabili molte modificazioni tra loro coordinate, e spesso sarà succeduto che le parti richieste non abbiano variato in modo giusto o fino a quel grado che era necessario. Molte specie devono essere state impedite di accrescere il numero de' loro individui da cause di distruzione, le quali non stanno in alcun rapporto con certe strutture che ci immaginiamo conservate dall'elezione naturale, perchè ci sembrano utili per le specie. Siccome in questi casi la lotta per l'esistenza non è dipesa da tali strutture, esse non potevano essere acquistate col mezzo della elezione naturale. In molti casi allo sviluppo di una determinata struttura richiedonsi condizioni complicate e di lunga durata, spesso di natura peculiare, le quali possono essere apparse raramente. Il supposto che una data struttura, che noi, spesso erroneamente, crediamo utile per una specie, sia stata acquistata, in tutte le circostanze col mezzo della elezione naturale, è in opposizione colle nostre opinioni alla maniera della sua azione. Il Mivart non nega che l'elezione naturale abbia prodotto degli effetti, ma egli la considera insufficiente a spiegare gli effetti ch'io le ho attribuito. Le principali sue ragioni sono state prese in considerazione, e di altre parleremo più tardi. Mi sembra che esse non abbiano il carattere di una dimostrazione, e poca importanza di fronte alle ragioni che militano in favore della elezione naturale e degli altri agenti particolarmente accennati. Mi credo in obbligo di aggiungere che alcuni dei fatti e delle argomentazioni qui addotti furono già esposti, allo stesso scopo, in un articolo apparso nella Medico-chirurgical Review.

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Ognuno, il quale ammetta la evoluzione lenta e graduale, deve ritenere che i cambiamenti specifici abbiano potuto apparire così subitamente e così grandi come ogni altra variazione che noi incontriamo allo stato di natura od anche a quello di domesticità. Ma siccome le specie addomesticate o coltivate sono più variabili di quelle che si trovano nelle loro naturali condizioni, non è probabile che le variazioni in natura siano apparse così repentine e così grandi come frequentemente apparvero in domesticità. Di queste ultime variazioni parecchie possono essere attribuite alla riversione; ed è probabile che i caratteri apparsi in tal guisa siano stati spesso acquistati gradatamente. Un numero ancor maggiore di esse dobbiamo considerare come mostruosità, così l'apparsa di sei dita, l'uomo istrice, la pecora Ancon, i buoi Niata, ecc., e siccome diversificano assai nel loro carattere dalle specie naturali, non gettano che poca luce sul nostro argomento. Se si escludano tali casi dalle repentine variazioni, i pochi che ancora rimangono, se si incontrano allo stato di natura, ci rappresentano altrettante specie dubbie, molto affini ai loro tipi estinti.

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Chi crede che una qualunque vecchia forma per una forza o tendenza interna sia stata cambiata repentinamente, ad esempio in una forma munita di ali, è quasi spinto ad ammettere, in contraddizione con ogni analogia, che molti individui abbiano variato contemporaneamente. Non può negarsi che sì grandi e repentini cambiamenti di struttura siano molto diversi da quelli che le specie sembrano aver subìto. Egli sarà anche costretto ad ammettere che molte strutture, mirabilmente adatte a tutte le altre parti ed alle condizioni di vita, siano nate repentinamente; e per tali adattamenti reciproci, complicati e maravigliosi, non potrà addurre nemmeno un'ombra di spiegazione. E dovrà pure ammettere che questi grandi e repentini cambiamenti non abbiano lasciato nessuna traccia dei loro effetti nell'embrione. Ma ammettere tutto ciò, a quanto mi sembra, significa entrare nel campo del miracolo ed abbandonare quello della scienza.

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Come più tardi vedremo, le somiglianze embriologiche di ogni categoria si possono spiegare ammettendo che i progenitori delle specie ora esistenti abbiano variato dopo la prima gioventù, e trasmettano il loro carattere acquistato ai propri discendenti in età corrispondente. L'embrione fu quindi lasciato pressochè intatto, e serve come storia dello stato trascorso della specie. Così avviene che le specie ora esistenti somigliano sì spesso nei loro primi stadii di sviluppo a forme vecchie ed estinte appartenenti alla medesima classe. In seguito a questa opinione intorno al significato delle somiglianze embriologiche, in accordo con altre ragioni, è incredibile che un animale abbia subìto dei cambiamenti così repentini e subitanei come i sopra citati, senza offrire allo stato embrionale la più piccola traccia di cambiamenti siffatti, ogni singola parte del corpo sviluppandosi per gradi insensibili.

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Niuno avrà mai immaginato che sia possibile di ammaestrare un colombo a fare il capitombolo, azione che io posso attestare è compiuta dai giovani colombi di quella razza, senza che abbiano mai veduto fare il capitombolo. Potrebbesi ritenere che qualche colombo provasse una leggiera tendenza a questa strana abitudine, e che l'elezione protratta lungamente degli individui migliori, nelle generazioni successive, li rendesse capaci di fare il capitombolo come si osserva attualmente. Presso Glasgow sonovi delle colombaie di questi piccioni i quali, come fu riferito da M. Brent, non possono volare fino all'altezza di diciotto pollici senza volgere il capo sotto le gambe: Probabilmente nessuno avrebbe mai pensato ad ammaestrare un cane alla ferma, se prima qualche cane non avesse mostrato una tendenza naturale a questo scopo; e noi sappiamo che questa tendenza si è manifestata accidentalmente, come io ho osservato una volta in un puro bassetto. L'atto di puntare nel cane è probabilmente, come molti hanno pensato, soltanto la pausa esagerata di un animale che si appresta a saltare sulla sua preda. Quando la primitiva tendenza di arrestarsi fu spiegata convenientemente, l'elezione metodica e gli effetti ereditati della educazione forzata, in ogni generazione successiva, avrebbero compiuto l'opera; indi l'elezione inavvertita avrebbe continuato in questo senso, poichè ogni uomo ama procurarsi quei cani che si arrestano e cercano meglio.

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Possiamo infatti rappresentare questa totale differenza col figurarci una schiera di lavoratori, che fabbrichino una casa, molti dei quali abbiano un'altezza di quattro piedi e cinque pollici, ed altri abbiano la statura di sedici piedi; dobbiamo poi supporre che gli operai più grandi abbiano una testa quattro volte maggiore di quella degli altri, invece di averla il triplo di grossezza, e delle mascelle quasi cinque volte più ampie. Inoltre le mascelle delle formiche operaie di diversa grandezza differirebbero immensamente nella conformazione come nella forma e nel numero dei denti. Ma il fatto più importante per noi è, che, quantunque le operaie possano aggrupparsi in caste di corporatura differente, nondimeno esse sono insensibilmente in gradazione fra loro, come avviene nella diversissima struttura delle mascelle. Posso sostenere apertamente la verità di questo fatto, perchè provato dai disegni che mi fece il sig. Lubbock, colla camera lucida, di mascelle da me tagliate sulle operaie di diversa grandezza.

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L'analogia mi conduce a dubitare grandemente che le varie specie originali abbiano dapprima potuto propagarsi scambievolmente ed abbiano dato ibridi fecondi. Noi abbiamo altresì ragione di credere che il bestiame europeo possa prolificare col bestiame gibboso dell'India. Tuttavia, secondo le osservazioni del Rütimeyer intorno alle importanti differenze osteologiche, e secondo le notizie del Blyth intorno alle differenze nelle abitudini, nella voce, nella costituzione, ecc., dobbiamo considerare quelle due forme come specie buone e distinte. Le stesse osservazioni possono essere estese alle due principali razze di maiali. Noi dobbiamo quindi abbandonare l'opinione della quasi universale sterilità delle specie distinte di animali, allorchè sono incrociate: oppure dobbiamo considerare la sterilità, non come una caratteristica indelebile, ma come una qualità che può essere eliminata dalla domesticità.

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Qui è evidentemente impossibile la elezione degli individui più sterili, che abbiano già cessato di dare semi, e quindi quest'apice di sterilità, in cui il solo germe subisce una influenza, non può essere raggiunto dalla elezione. Dalle leggi che governano i vari gradi di sterilità, sì uniformi nei regni animale e vegetale, noi possiamo concludere che la causa, quale essa sia, debba in tutti i casi essere la medesima.

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Non dovrebbe dimenticarsi che, anche attualmente, benchè si abbiano campioni perfetti da esaminare, non possiamo rannodare che ben di rado due forme, per mezzo di varietà intermedie, e così dimostrarne la identità di specie; e ciò perchè non si raccolsero molti di questi oggetti da paesi diversi; ora, nel caso delle specie fossili, ciò difficilmente potrebbe farsi dai paleontologi. Ma forse noi potremo intendere viemmeglio la poca probabilità in cui siamo di giungere a collegare le specie, per mezzo di numerose forme gradatamente intermedie, quando ci domandiamo, se, per esempio, i geologi di qualche epoca futura sarebbero capaci di provare che le nostre razze differenti di buoi, di pecore, di cavalli e di cani siano derivate da un solo ceppo o da vari stipiti originali; od anche se certe conchiglie marine che abitano le coste dell'America settentrionale, le quali furono da alcuni conchigliologi considerate come specie distinte dalle loro omonime di Europa, e da altri soltanto come varietà, siano realmente varietà, ovvero siano piuttosto distinte specificamente. Ciò non potrebbe farsi che da qualche geologo futuro, il quale scoprisse molte gradazioni intermedie nello stato di fossili; ma questo successo è improbabile al più alto grado.

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Ciò che le ricerche geologiche non ci hanno rivelato, è l'esistenza antica di gradazioni infinitamente numerose, tanto strette quanto lo sono le nostre varietà, che abbiano collegato fra loro tutte le specie conosciute. E che a tanto non sia giunta la geologia, è appunto la più comune delle molte obbiezioni che si sono sollevate contro la mia teoria (Nota XXXII).

Pagina 287

Dalla natura degli avanzi organici che non sembra abbiano abitato mari profondi, nelle varie formazioni dell'Europa e degli Stati Uniti, e dalla quantità di sedimento, di una potenza di parecchie miglia, di cui sono composte le formazioni, possiamo dedurre che dal principio alla fine del periodo dovevano trovarsi, in prossimità dei continenti attuali dell'Europa e dell'America settentrionale, delle grandi isole o tratti di continente, dai quali provenne quel sedimento. Ma noi non conosciamo quale fosse lo stato delle cose negl'intervalli trascorsi fra le formazioni successive; nè sappiamo se l'Europa e gli Stati Unità esistessero, durante questi intervalli, come terre emerse o come una superficie sotto-marina presso il continente, sulla quale non si formava alcun sedimento, o come il letto di un mare aperto e profondo.

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Non negherò che queste due facoltà non abbiano accresciuto grandemente il valore delle nostre produzioni domestiche; ma un selvaggio, nell'addomesticare per la prima volta un animale, come avrebbe potuto sapere che la sua razza avrebbe variato nel corso delle generazioni e sarebbe stata capace di sopportare altri climi? La poca variabilità dell'asino e della gallina faraona, la ristretta facoltà della renna di resistere al calore, e del cammello di abituarsi al freddo, hanno forse impedito la loro domesticità? Io non posso dubitare che se altri animali od altre piante di numero eguale a quello delle nostre produzioni domestiche ed appartenenti pure a diverse classi e a paesi diversi, fossero presi allo stato di natura, e si riproducessero poi allo stato domestico per altrettante generazioni, esse non variassero tanto, quanto variarono le madri-specie delle attuali nostre produzioni domestiche.

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Ma io pretendo solamente che, in una classificazione perfettamente naturale, molte specie fossili abbiano a collocarsi fra le specie esistenti, ed alcuni generi estinti fra i generi viventi, ed anche fra generi appartenenti a famiglie distinte. Il caso più comune, specialmente riguardo ai gruppi molto distinti, come i pesci e i rettili, mi sembra sia quello di supporre che i medesimi siano presentemente distinti fra loro per una dozzina di caratteri e che gli antichi membri dei medesimi due gruppi fossero invece differenti per un numero alquanto minore di caratteri; per modo che i due gruppi, benchè affatto distinti anche anticamente, erano allora un po' più vicini l'uno all'altro.

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Anche riguardo ai cani domestici del mondo intero, che io giudico derivati da parecchie specie selvagge, non potrebbe dubitarsi che non abbiano subìto una immensa congerie di variazioni ereditarie. Chi crederebbe mai che animali somigliantissimi al levriere italiano, al bracco, al boule-dogue, al piccolo alano, o al cane da caccia Bleinheim, tutti diversi dai canidi selvaggi, abbiano esistito allo stato naturale? Spesso si è asserito che tutte le nostre razze di cani siano state prodotte dall'incrociamento di alcune poche specie originali; ma coll'incrociamento non possono ottenersi che forme intermedie a quelle dei parenti; e se noi ricorriamo a questo processo per spiegare l'origine delle nostre razze domestiche, allora bisogna ammettere l'esistenza precedente delle forme estreme, cioè del levriere italiano, del bracco, del boule-dogue, ecc., allo stato selvaggio. Inoltre la possibilità di produrre razze distinte per mezzo degl'incrociamenti fu molto esagerata. È fuor di dubbio che una razza può essere modificata per incrociamenti occasionali, se si ha cura della scelta precisa di quei discendenti incrociati che offrono il carattere voluto. Ma io stento a credere che possa aversi una razza quasi intermedia fra altre due molto diverse. J. Sebright fece delle esperienze espressamente a questo scopo, ma non potè riuscire. I prodotti del primo incrociamento fra due razze pure sono abbastanza e qualche volta straordinariamente uniformi, come notai nei colombi. Ma quando tali prodotti sono incrociati gli uni cogli altri per molte generazioni, di rado rinvengonsi due soggetti che siano simili; ed è allora che si palesa l'estrema difficoltà o meglio la perfetta inattendibilità dell'impresa.

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Ma non credo che si arriverà mai a provare che i continenti, che sono al presente affatto separati, abbiano potuto in un'epoca ancora recente essere uniti fra loro senza interruzione o quasi in continuità; e che si congiungessero inoltre colle molte isole oceaniche esistenti. Parecchi fatti riguardanti la distribuzione mi sembrano contrari all'opinione di quelle prodigiose rivoluzioni geografiche nel periodo recente, considerate necessarie secondo le idee esposte dal Forbes ed appoggiate dai molti suoi seguaci. Questi fatti sono: la grande differenza delle faune marine sui lati opposti di ogni continente, l'intima relazione degli abitanti terziari di parecchie terre ed anche di diversi mari coi loro abitanti attuali; un certo grado di relazione fra la distribuzione dei mammiferi e la profondità del mare (come vedremo fra poco), ed altri fatti analoghi. La natura e le proporzioni relative degli abitanti delle isole oceaniche mi sembrano pure in opposizione coll'ipotesi dell'antica loro continuità coi continenti. Anche la loro composizione, quasi universalmente vulcanica, viene a contrastare coll'idea che esse siano frammenti di continenti sommersi; e quando esse fossero esistite come catene di monti sulle terre, alcune almeno di queste isole sarebbero formate di granito, di schisti metamorfici, di antiche roccie fossilifere ed altre roccie consimili, come le altre elevazioni montuose, invece di essere semplici coni di materie vulcaniche.

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Quindi noi possiamo fondatamente dedurre che i ghiacci trasportarono nei tempi primitivi le loro pesanti roccie sulle coste di queste isole, ed è almeno possibile che essi vi abbiano anche trasportato i semi delle piante nordiche.

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Le attuali regioni temperate degli Stati Uniti saranno pure invase dalle piante e dagli animali del nord, e questi saranno quasi uguali a quelli dell'Europa; perchè gli abitanti circumpolari, che noi supponiamo abbiano viaggiato dappertutto verso il mezzogiorno, sono singolarmente uniformi tutto all'intorno del globo.

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Dana, cioè che «certamente è un fatto straordinario che nella Nuova Zelanda si abbiano crostacei assai più somiglianti a quelli della Gran Bretagna, sua antipode, che a quelli di ogni altra parte del mondo». Anche J. Richardson parla della ricomparsa di forme nordiche di pesci sulle coste della Nuova Zelanda, della Tasmania, ecc. E il dott. Hooker mi narrava che venticinque specie di alghe sono comuni alla Nuova Zelanda ed all'Europa, ma non sono state trovate nei mari tropicali intermedi.

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Ove due forme non abbiano un solo carattere comune, ma nondimeno queste due forme estreme siano connesse fra loro da una serie di gruppi intermedi, possiamo inferirne la comune loro discendenza e porle tutte nella medesima classe. Siccome troviamo che gli organi del più alto valore fisiologico, quelli che servono a preservare la vita sotto le condizioni di esistenza più diverse, sono generalmente i più costanti, noi annettiamo ai medesimi una speciale importanza; ma se questi medesimi organi in un altro gruppo o in una sezione di esso si presentano molto differenti, noi attribuiamo ai medesimi una importanza minore nella nostra classificazione. Sono d'avviso che noi potremo perciò chiaramente riconoscere come i caratteri embriologici siano di tanta importanza nella classificazione. Anche la distribuzione geografica può giovarci talvolta, nel classificare i generi ricchi ed ampiamente sparsi, perchè tutte le specie del medesimo genere, le quali abitano una regione distinta ed isolata, sono derivate probabilmente dai medesimi parenti.

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Pure la verosimiglianza del fatto, che siano avvenute modificazioni di tal sorta, è sì forte, che i naturalisti non possono evitare di impiegare delle espressioni che abbiano questo evidente significato. Secondo le mie idee, questi termini possono usarsi alla lettera; e viene spiegato il fatto meraviglioso, per esempio, delle mascelle di un granchio, le quali conservano molti caratteri, probabilmente trasmessi mediante la eredità, se furono realmente trasformate nel lungo corso della discendenza per metamorfosi di zampe vere, sebbene straordinariamente semplici.

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Noi non abbiamo maggiori motivi di ammettere questa relazione, di quello che se ne abbiano a credere che le ossa simili nella mano dell'uomo, nell'ala del pipistrello e nella natatoia di una testuggine siano riferite a condizioni di vita analoghe. Non vi sarà alcun osservatore abile che supponga che le righe dei leoncini, o le macchie del merlo giovine, siano di qualche utilità a questi animali.

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I fatti principali dell'embriologia, che non sono inferiori a qualunque altro fenomeno nella storia naturale, mi sembrano dunque chiariti mediante il principio delle leggere modificazioni, le quali non si manifestano nei molti discendenti di qualche antico progenitore nel primo periodo della vita dei medesimi, sebbene le loro cause abbiano agito fin dal principio; modificazioni che furono ereditate ad un periodo corrispondente della vita, anzichè nelle prime fasi di essa. L'embriologia presenta quindi un interesse maggiore, quando noi consideriamo in tal modo un embrione come una pittura, più o meno offuscata, della madre-forma comune di ogni grande classe d'animali.

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Siccome gli organi rudimentali, quali che siano i gradini pei quali furono degradati fino alla presente inutile loro condizione, ci raccontano lo stato passato delle cose e furono conservati solamente in forza del potere della ereditarietà: - ci sarà facile riconoscere, nel concetto che ogni classificazione debba essere genealogica, per qual motivo i sistematici abbiano trovate le parti rudimentali altrettanto utili e forse più utili di quelle parti che sono di un'alta importanza fisiologica. Gli organi rudimentali potrebbero paragonarsi alle lettere di una parola, che si conservano nel compitare, ma non vengono pronunciate, le quali tuttavia ci guidano nella ricerca della sua etimologia. Possiamo concludere, in base della dottrina della discendenza con modificazioni, che l'esistenza di organi in una condizione rudimentale, imperfetta ed inutile, oppure di organi pienamente abortiti, lungi dal presentare una difficoltà insuperabile, come sicuramente sarebbe secondo la teoria ordinaria delle creazioni indipendenti, si sarebbe potuta prevedere; e trova una spiegazione nelle leggi di eredità (Nota XXXIX.

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Quantunque molti autori abbiano affermato che la fecondità delle varietà, quando sono incrociate, e della loro prole meticcia, è generale, non si può ritenere esatta questa opinione, dopo i fatti citati sull'autorità di Gärtner e di Kölreuter. La maggior parte delle varietà, sulle quali si fecero esperienze, furono prodotte allo stato di domesticità; ed appunto perchè la domesticità (non intendo la sola reclusione) tende ad eliminare la sterilità, la quale, a giudicare dall'analogia, avrebbe colpito le specie-madri al loro incrociamento, non dobbiamo aspettarci che essa produca sterilità nell'incrociamento dei loro discendenti modificati. La sterilità poi, a quanto pare, viene tolta dalla stessa causa, la quale permette ai nostri animali domestici di riprodursi ampiamente sotto svariate circostanze; e ciò sembra dipendente dal fatto che essi animali si abituano gradatamente a frequenti cambiamenti delle condizioni di vita.

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Quanto all'assenza di formazioni fossilifere sotto gli strati cambriani, mi basterà richiamare l'ipotesi fatta nel capo nono: sebbene cioè i nostri continenti ed oceani abbiano passato un tempo lunghissimo nelle relative loro posizioni quasi uguali alle presenti, non abbiamo ragioni per ammettere che queste fossero sempre tali; per conseguenza sotto al grande Oceano possono trovarsi sepolte delle formazioni assai più antiche che qualsiasi altra di quelle che oggi conosciamo. Relativamente all'obbiezione che il tempo trascorso dopo la solidificazione del nostro pianeta non sia stato sufficiente a produrre tanta somma di cambiamenti organici - obbiezione su cui ha insistito V. Thompson, e che è una delle più gravi! - io posso solamente rispondere, in primo luogo, che noi non sappiamo con quanta prestezza, misurata cogli anni, le specie si cambino; in secondo luogo che molti filosofi non vogliono ammettere che noi sappiamo tanto intorno alla costituzione dell'universo e quella della terra per giudicare della loro trascorsa durata.

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Che molte delle razze prodotte dall'uomo abbiano in gran parte il carattere di specie naturali, risulta dagl'inestricabili dubbi, in cui cadono i naturalisti, se esse siano varietà o specie originali distinte.

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Ve ne hanno tuttavia ancora alcuni, i quali ritengono che le specie abbiano potuto produrre repentinamente, con mezzi del tutto sconosciuti, delle forme affatto diverse; ma come io ho dimostrato, si possono opporre delle prove valenti all'idea di modificazioni grandi e repentine. La ipotesi che nuove forme siansi sviluppate dalle vecchie e interamente diverse in modo subitaneo e con mezzi sconosciuti, considerata come punto di vista scientifico e come introduzione ad ulteriori indagini, non può recare che un ben piccolo vantaggio di fronte alla credenza che le specie siano nate dal fango della terra.

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Noi abbiamo fondamento di ritenere, come si disse nel primo capo, che un cambiamento nelle condizioni della vita, per la sua speciale azione sul sistema riproduttivo, cagioni la variabilità o l'accresca; ora nel caso di cui si tratta, si suppone che le condizioni di vita abbiano subìto alcune modificazioni, e ciò sarebbe manifestamente favorevole all'elezione naturale, essendovi maggiore probabilità di incontrare variazioni vantaggiose: mentre senza queste variazioni favorevoli l'elezione naturale non può esercitarsi. Non già che si renda necessaria una estrema congerie di variabilità, ma come l'uomo può certamente ottenere grandi risultati accumulando, solo in una determinata direzione, le differenze individuali, così l'elezione naturale può agire e tanto più facilmente in quanto che dispone di un tempo incomparabilmente più lungo. Inoltre io non credo che abbiano a ricercarsi grandi mutamenti fisici, come di clima, o un grado inusitato di isolamento ad impedire l'immigrazione, per produrre nuove lacune che l'elezione naturale possa riempire col mezzo di qualche varietà perfezionata degli antichi abitanti. Se tutti gli esseri viventi in ogni paese lottano costantemente fra loro con forze quasi equilibrate, possono bastare modificazioni estremamente insensibili di struttura o di abitudini in un abitante per assicurargli il vantaggio sopra gli altri; altre modificazioni della stessa indole accresceranno maggiormente questa preminenza, e ciò continuerà per tutto il tempo che esso rimanga nelle identiche condizioni di vita e approfitti degli stessi mezzi di sussistenza e di difesa. Non potrebbe nominarsi un solo paese, nel quale tutti gli abitanti indigeni siano attualmente tanto adattati fra loro e alle condizioni fisiche sotto le quali vivono, che niuno di essi possa in qualche parte perfezionarsi; perchè in tutti i luoghi le produzioni native furono sì appieno conquistate dalle produzioni naturalizzate, da permettere a queste specie forestiere di prendere definitivamente possesso del suolo. Siccome le razze straniere hanno così battuto da per tutto alcune delle razze indigene, noi possiamo concludere con piena sicurezza che, se queste fossero state modificate in maniera più vantaggiosa, esse avrebbero meglio resistito agli invasori.

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