Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Nuovo cuoco milanese economico

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Luraschi, Giovanni Felice 17 occorrenze

Le carni qualunque siano, debbono essere di animale ben nudrito, e di buon odore; i polli che non abbiano mangiato immondizie (in diversi luoghi d'Italia s'ingrassano col riso), che siano giovani, grassi, bianchi, e frolli; il selvaggiume tanto grosso che piccolo sia grasso, giovane, tenero, e di buon fumé, ossia di grato odore; i pesci che corrispondano a queste ottime qualità; il butirro sia di vacca fresco; i latti non siano acidi, o di cattivo sapore, tutto ciò che risguarda la pizzicheria non senta il rancido, lo stantivo, o il riscaldato; le erbe siano colte nello stesso giorno; le uova più fresche che sia possibile; i frutti maturi a perfezione; i vini sinceri e non tanto aspri. La manipolazione di tutto ciò sia semplice e naturale; il brodo non molto carico di carne; i sughi senza tanto lardo, presciutto e butirro; il sale, pepe, le droghe, ed ogni altro condimento di questo genere in pochissima quantità. La cucina debb'essere sommamente pulita, gli utensili cor-rispondenti a questa proprietà, e la biancheria in quantità sufficiente.

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.° 5 di questo capit.) abbiate pronto una padella con grasso d'animale purgato, fateli in esso friggere sino che abbiano preso un bel color d'oro, levateli dalla padella, fateli colare al crivello, montateli sopra ad una salvietta con salvia fritta, e servitela.

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Prendete un ragottino di lacetto e triffole, pigliate con un cucchiajo il detto riso, ponetelo sul palmo della mano che sia spolverizzata di pane grattato, indi collo stesso cucchiajo fate un buco e fategli entrare poco di ragottino, coprite il buco con lo stesso riso, dategli colla mano quella forma che credete, spolverizzatevi sopra del pane, imboraggiatele e mettetele in una tortiera con butirro purgato, e fatele cuocere a fuoco dolce in modo che abbiano un colore d'oro e servitele.

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I migliori vitelli nelle nostre parti del milanese sono quelli di Chiaravalle, del Varesotto e della Brianza, che non abbiano più di due mesi, poiché allora saranno grassi e bianchi, di testa piccola, bel corpo, gambe piccole. Conviene osservare che non abbiano odore di latte, perchè se mandano questo odore, cuocendo ha un sapore verminoso.

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Pulite dai muscoli e dalle pellesine due filetti di lepre, piccateli di minuto lardo, marinateli con olio, sale, pepe, foglia di lauro, poco butirro e sugo di limone, lasciateli in infusione per quattro ore, indi levateli dalla infusione, e metteteli a cuocere allo spiede, presi che abbiano bel colore bagnateli con butirro nella leccarda, passate la sua marinatura al sedaccio, e cotti serviteli con una salsa alla peverada indicata al cap. 19 n. 31 e 32, e serviteli con crostoni.

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Osservate che i composti prima che abbiano preso il sapore devono stare in infusione se d'inverno non meno di quattro giorni, se è d’estate due giorni. Come pure osservate che i pasticci prima che abbiano preso un bel colore debbono stare nel forno un'ora e mezza o più secondo la loro grossezza e secondo la qualità delle carni. Il forno poi dev'essere ben caldo, ma dovete curare che non prendino troppo colore.

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Prendete dei zucchetti novelli, pelateli e levate la mollica, tagliateli a filetti, imbianchiteli con acqua bollente salata, colatela al crivello o al sedaccio, ponetelo sopra un piatto di rame, e ad ogni suolo mettetevi formaggio, butirro, poco pepe e noce moscata, allestite una basciamella come al capitolo 19 n. 35, versatela sopra ai zucchetti accomodati, spolverizzandovi sopra poco pane o formaggio trito, fateli tostare al forno o al testo con fuoco sotto e sopra e serviteli che abbiano un color d’oro.

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Formate una pasta, uniteci una libbra di armandole dolci pelate, filettate ed asciugate nella stuffa, dategli un gusto di cedrato o di vaniglia, o di portogallo, tutta la pasta ponetela sopra la tavola spolverizzatela con zucchero fino, intanto ch’è calda lavoratela a piacere, cioè o fate i cosi detti ossi di morti, o distendetela sopra la tavola con la cannella tagliatela a nosgians o con copa-pasta lavorati o lisci, mettete un foglio di carta sopra un foglio di rame empitelo con la detta pasta tagliata, mettetelo al forno temperatissimo, presi che abbiano un bel colore montateli sopra ad una salvietta e serviteli.

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Pelate once otto di armandole dolci, pestatele al mortajo, uniteci un poco chiaro d’uova acciò non prendono dell’olio, uniteci once otto di zucchero in polvere, tre chiari d’uova seguitate a pestarla insieme, stendete questa pasta sopra un foglio di rame unto di cera, tiratela sottile, fatela cuocere al forno dolce, cotta e presa il bel colore, tagliatela a quadretti, tiratela alla bocca del forno, tortigliate uno per uno i detti quadretti di pasta sopra una canella, fate questo con destrezza, ed intanto che la pasta è calda e preso che abbiano la piega, montateli sopra una salvietta e serviteli.

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Prendete della marmellata di cedrato od altra a piacere, stendete questa marmellata un poco per ogni pezzo, e fatene due in uno di questi pezzetti, inviluppateli nella pastina di latte (veggasi il capitolo 2 n. 5), fateli friggere al grasso bollente, o all’olio se sarà di magro, presi che abbiano bel colore colateli al crivello, spolverizzateli di zucchero, montateli alla salvietta e serviteli.

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62. a) Prendete un mezzo di latte, mettetelo a bollire in una cassarola mezzana ed uniteci poca scorza di limone finissima, del butirro tanto come una noce e poco sale, quando bolle metteteci tanto farina di se-mola quanto può essere bastante a fare una polenta durissima e maneggiatela con sveltezza con un cucchiajo: cotta mettetela nel mortajo pestatela bene, uniteci sei uova intieri uno per volta, poi altri sei rossi uno per volta, montate due chiari d’uova alla fiocca e con sveltezza incorporate il tutto, empite con questa pasta la seringa, e pronto il grasso bianco o strutto bollente passate la pasta alla detta seringa, tagliatela lunga un dito: indi fateli friggere, preso che abbiano un bel colore levateli e poneteli in un crivello, spolverizzateli di zucchero, montateli sopra una salvietta e serviteli all’ istante.

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124. b) Spaccate otto persici mezzani, scavatevi un poco di mosto e mettetevi un poco di marmellata che dovete aver pronta e dopo unite i persici spaccati; indi passateli all’uovo sbattuto, impanateli, imboraggiateli di nuovo e passateli pure al pane, al momento che dovete servirvene fate scaldare il grasso bianco con metà olio e metà butirro e fateli friggere, preso che abbiano un bel color d’oro metteteli sopra d’una salvietta spolverizzateli di zucchero e serviteli.

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Prontate una tortiera con butirro purgato sopra del dolce fuoco, mettetegli molti cucchiaj di questa pastina in detto butirro, che l’una non tocchi l’altra, voltateli, preso che abbiano il color d’oro, levateli, poneteli alla stuffa e lasciateli sino a che siano cotti gli altri e serviteli spolverizzandoli con zucchero. Potrete far cuocere questi nella medesima maniera colla pasta paveau (n. 153 di questo capitolo).

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Prontate la pasta in questa maniera, fate liquefare il butirro mescolato con cucchiajo di legno, unitevi due uova interi, metteteci un cucchiajo di zucchero ed altro di farina mescolando sempre, unendo il rosso dei detti uova sino a che avete incorporato il zucchero, la farina ed i rossi d’ uova, ben caldo lo stampo con il piccolo mescolino della leccarda versate il composto sopra allo stampo sino a che lo stesso è investito, facendo girare lo spiede colle mani acciò non prenda alcuna scossa, per cui sarà bene avere lo spiedo a mano e il fuoco di carbone sopra la terrassa del fornello e lasciategli prendere il bel colore, frattanto che cuoce e gira ponete le armandole e il cedrato infilzato in piedi, ed investitelo di nuovo col composto e ciò seguite sino a che avete terminato il composto le armandole e il cedrato, subito che abbiano preso bel colore ed asciugati investite il turbante con le giazze l’una dopo l’altra avvertendo però di non metterne veruna se non è asciugata, indi mettetevi la tresia quando però l’ultima giazza sia ancor umida acciò si attacchi, levate subito lo spiede dal fuoco e prendete il filo dello spago che si è lasciato nell’estremità usate attenzione di non rompere il turbante quale resterà distaccato dallo stampo , levatelo dallo spiede montatelo in piedi sopra d’ una salvietta e quando le dovete servire tagliatelo per il traverso a sottili fettine con un coltello assai fino e servitelo.

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Prendete due cucclnaj farina di semola, poco zucchero, se volete anche senza, una raspadina di scorza di limone o portogallo, due uova interi ed una zaina di fior di latte o pannera, mischiate tutto insieme, untate di butirro una tortiera e metteteci questo composto, fatelo cuocere in bianco alla bornice con fuoco sotto e sopra, lasciatela venir fredda, fate dei piccoli pezzi della grossezza d’un piccolo dito, fateli friggere al grasso bianco o all’olio, presi che abbiano un bel colore e croccanti spolverizzateli di zucchero, montateli sulla salvietta e serviteli ben caldi, e potrete anche servirvene per bigné che sono d’una grande economia sì per la spesa che per la fatica.

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Untate di butirro una fiamminga da tavola, versatevi della salsa, acetosa, lasciate cascare in questa otto uovi, fate una fiocca di quattro chiari, montati unitevi poco sale, poco pepe e noce moscata, coprite li detti uovi, versandovi sopra poco butirro purgato, metteteli a cuocere al forno dolce o al testo con fuoco sopra e sotto e preso che abbiano un bel colore serviteli all’istante.

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Di qui è nata l’arte della Cucina, che come le altre arti da tenui e rozzi principj si è andata sempre perfezionando, ed e giunta a quel segno che a tutti è noto, a misura della costituzione del clima e del gusto particolare delle più colte nazioni. Quest'arte consiste in chimica artificiale che imita la naturale nella maturazione dei frutti. Siccome colla combinata proporzione delle parti terree, acquee, saline e sulfuree conduce la natura i fiori e i frutti ad un tal grado di perfezione, di maturità da cui risulta il suo colore, odore, sapore, e così l'arte dei Cuochi, non col calore del sole e dell’atmosfera, ma col fuoco or gagliardo, or lento, combina, sviluppa, unisce, separa, assorbisce ed esalta secondo il bisogno le parti saline o sulfuree degli animali e vegetabili ed ingredienti o condimenti in guisa, che da tutta la composizione e mescolanza o evaporazione delle parti componenti, o dalla semplice operazione del fuoco, ne risulti quel sapore e odore che risveglia gli spiriti, conforta lo stomaco e rende le vivande nel tempo stesso sostanziose e gradite. Egli è vero che il più delle volte ci accontenta anche una cucina semplice e dozzinale, ma l’affinamento del gusto fa che molti stomachi o non ne ricavino un giusto nutrimento, o abbiano bisogno di una sensazione più viva nel palato e maggiore stimolo nelle fibre del ventricolo per appetire o digerire quel cibo, che attese le occupazioni della mente e la vita più sedentaria sarebbe loro meno giovevole.

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