Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La tecnica della pittura

253747
Previati, Gaetano 9 occorrenze
  • 1905
  • Fratelli Bocca
  • Torino
  • trattato di pittura
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Sino dal Cennini la provenienza artificiosa di certi colori era soggetto di speciale avvertimento, non sapendosi allora che nel seno della natura si operasse con altrettante complicazioni e motivi di sospetto, per la convenienza dei colori per l’arte, come nel crogiuolo del chimico; ma corre un abisso fra il risultato di un processo chimico difettoso e quello della frode che non guarda ai mezzi pure di riescire all’illecito guadagno, d’onde un ragionevole timore che gli stessi progressi che avvantaggiarono l’industria dei colori non abbiano perfezionato anche le vie di adulterarli e s’imponga al pittore moderno un’avvedutezza della quale non è traccia nei vecchi trattati della pittura.

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Per conseguenza sono i colori trasparenti che si prestano meglio nei toni d’ombra ottenuti per mezzo di miscuglio, e siccome nessun colore presenta questo carattere quanto il bitume, che è nello stesso tempo profondo e, per soprappiù, grazie alla sua gradazione di tinta, si presta ad un’infinità di tinte d’ombre, così lo vediamo adoperato, quantunque numerose esperienze infelici abbiano provato che col tempo annerisce».

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Però nè le condizioni eccezionali del clima, nè la costituzione favorevole della superficie dipinta, nè l’impiego dei colori più solidi sarebbero bastati per conservare le tinte in quello stato d’integrità di strati e di splendidezza di colori, che offrono tanti cimeli della antica pittura egiziana senza intervento di sostanze appropriate a trattenere i colori sui materiali dipinti con quella forza di aderenza che è implicita in colori che si mantengono inalterati oltre il tempo consentito dalle naturali forze di adesione e coesione: vale a dire senza convenienti processi tecnici che abbiano provveduto alla durabilità di quelle pitture.

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Affidarsi ai vantati processi per rendere inalterabili a mai sempre i colori di cui pare, a leggere i manuali dei restauratori, che vi sia abbondanza e siano solo i pittori che non abbiano mai potuto azzeccarne uno, è un voler ragionare sul serio di colori eterni; cioè aggiungere storpiature di criteri tecnici a vecchie storpiature del senso comune — potendosi bensì ammettere anche l’eternità dei colori — ma al solo patto che si sottraggano assolutamente a quelle condizioni normali cui vanno soggetti i dipinti.

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Fu ed è forse ancora un’usanza del piccolo commercio dei dipinti antichi di lasciare certi quadri nello stato d’abbandono in cui furono trovati nei solai, nelle cantine, nei retroscale, coperti di polvere, di muffe, e sudiciumi d’ogni sorta, per lasciare all’amatore che se ne invoglia il piacere ed il rischio del pulimento, ed anche spesso la delusione di trovare un cattivo quadro in luogo del presunto capolavoro; ma in generale pei quadri d’autore riconosciuti e pregiati per quello che sono e valgono, si vuole ragionevolmente ritenere che, almeno riguardo alle vernici, essi abbiano perduto tutto ciò che loro si poteva togliere in fatto di macchie e sfregi, e ciò particolarmente nei musei e nelle gallerie pubbliche, dove è bisognato, e urgono sempre, regolamenti severissimi per frenare lo slancio dei restauratori, sicchè è forza ritenere che la rimozione odierna di una vernice, nella generalità dei casi, non dovrebbe riguardare che una vernice normale deperita coi caratteri generici delle alterazioni solite delle vernici pei dipinti, per gli attriti cioè causati dallo spolverare nella pulizia indispensabile e periodica dei locali, le vecchie macchie azzurrognole talvolta irriducibili, originate di solito dall’umido o conseguenti d’antiche puliture coll’alcool, e l’ingiallimento per l’ossigenazione delle resine che compongono la vernice stessa. Vernici che, dappertutto ove si pretenda o presupponga la competenza tecnica necessaria all’arduo compito della conservazione di opere d’arte non dovrebbero implicare, per la loro manutenzione, la rovina del dipinto, tanto più quando si sappia che, pervenuto un dipinto prosciugato od arido di vernice nelle gallerie o musei, si accampano subito cento argomenti per addimostrare che la vernice è una difesa indispensabile al dipinto e invero se ne distribuisca a josa anche quando veramente non sarebbe utile abbondare.

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Nè dalla grande opera di Champollion sull’Egitto, al Viaggio di Mariette, alla Pittura antica del Girard, all’infuori di copie più esatte di dipinti dimostranti che anche negli utensili d’arte è una meravigliosa corrispondenza cogli odierni nostri, nulla venne a portare altre cognizioni più precise delle indicazioni di Chaptal e Davy sull’azzurro noto come fritta d’Alessandria e di quelle del Mérimée sulla collezione Passalacqua, che mostrano i colori egiziani essere sostanze artificiali e naturali simili a quelle invalse nell’uso generale della pittura, delle quali meglio è dato approfondire lo studio considerandole in rapporto a più vicine ed importanti applicazioni: poichè i procedimenti riguardanti l’uso materiale dei colori non abbiano interesse per l’arte se non si dimostrano necessari ad un’estrinsecazione di obiettività che altrimenti non si potrebbe raggiungere.

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Lo stesso Armenini trattando dei colori per raffresco raccomanda che « tutti si abbiano in sua specie per quanto si può belli, purissimi e scelti e con questo essergli intorno poi molto netto e delicato acciò si conservino schietti e distinti, imperocchè per ogni poca altra mistione che vi vada dentro, che le più volte è polvere con altri colori diversi, si turbano e se li leva gran parte della sua purezza e vivacità; e nell’usarli a fresco ci vuol pratica congiunta con diligenza. Ma nell’usarli a fresco tengasi a mente, come si è detto, il muro non brama altro colore che il naturale, che nasce dalla terra, che sono terre di più sorta di colori delle quali io credo che ne sia per ogni banda d’Italia abbastanza per essere conosciute — queste si macinano sottilmente con acqua pura eccettuandosi gli smalti con altri simili azzurri».

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Bisogna che delle cause meccaniche come il lungo attrito delle pioggie sbattute dal vento o delle frequenti lavature con spugne o cenci troppo rudi abbiano strappato il colore perchè questo si distacchi, oppure che il salnitro sviluppatosi nel muro od anche delle muffe che alterino chimicamente i colori, ne producano la caduta in forma quasi polverosa: tutte circostanze ed effetti che sono estranei alla opera del pittore.

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Nè più felicemente svolte, si può asserire, appaiono le ragioni per le quali le difficoltà del modo di dipingere a tempera superate con tanta maestrìa dai coetanei di VanEych, diventano causa diretta della ricerca di un nuovo metodo di pittura in quella conosciutissima parte della detta Vita di Antonello da Messina che tuttavia rimane come la pietra fondamentale della storia del processo di dipingere ad olio, sia perchè il Vasari fu il primo e più autorevole scrittore che ne abbia parlato, sia perchè gli attacchi molteplici che vi furono mossi non ne abbiano scossa la verità intrinseca.

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Piccolo trattato di tecnica pittorica

261202
De Chirico, Giorgio 1 occorrenze
  • 1928
  • Fondazione Giorgio e Isa De Chirico
  • Milano
  • trattato di pittura
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Campita così tutta la tela e uniti con cura i contorni perché più tardi non si abbiano sorprese spiacevoli come escrescenze, solchi, ecc., si lascerà il lavoro per qualche giorno fintanto che non sia perfettamente asciutto, indi si riprenderà e per far le ombre e modellare si cercheranno i toni più scuri sulla tavolozza diluendo i colori con trementina, olio di papavero e Courtrai; i colori devono essere liquidissimi come dell’acquarello. Con pennelli teneri e sottili si procederà a leggere sfregature lasciando sempre trasparire l’impasto chiaro che sta sotto.

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