Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Natura ed arte

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Giovanni Virginio Schiaparelli 11 occorrenze

Ma pur troppo è da confessare che, quanto a risultati di osservazione, finora abbiamo poche speranze e nessun fatto. La Luna, che di tutti gli astri è senza paragone il più prossimo a noi, e nella quale oggetti di 400 e 500 metri di diametro sono visibili senza troppa difficoltà nei potenti telescopi del tempo moderno, la Luna non ha dato fatti, e non dà neppure speranze. Più la si esamina, e più si ha ragione di credere, che sia un deserto di aride rupi, privo d'ogni elemento necessario alla vita organica. Né fatti, né speranze si possono avere dallo studio della superficie di Venere, che fra tutti i pianeti è quello che può avvicinarsi maggiormente alla Terra. La sua atmosfera è perpetuamente ingombra di dense nuvole, le quali finora hanno impedito, ed impediranno probabilmente ancora per lunghi secoli (se non per sempre) di conoscere i particolari del suo corpo solido, e quanto su di esso avviene. Per ragioni non dissimili (a cui si aggiunge la grande lontananza) nulla avremo a sperare in quest'ordine di idee dallo studio dei grandi pianeti superiori, Giove, Saturno, Urano, e Nettuno. Quanto a Mercurio, le sue osservazioni sono di una estrema difficoltà, avviluppato com'egli è di continuo nella luce del Sole; tanto, che solamente negli ultimi anni è stato possibile discernervi entro qualche macchia con sufficiente frequenza e determinare il vero periodo della sua rotazione. Non parliamo né del Sole, né delle stelle, né delle comete, né delle nebule; tutti corpi, dei quali la costituzione fisica non sembra propria alla produzione e alla conservazione della vita, almeno nelle forme con cui noi l'intendiamo.

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In basso abbiamo il Mar Boreo, che circonda quasi da ogni parte il polo nord, e da una parte si avvicina all'equatore fin quasi al parallelo 40°. In alto

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abbiamo il Mare Australe che è molto più vasto e spinge entro le aree continentali una gran quantità di ramificazioni denominate sulla carta coi nomi di Gran Sirte, Mare Eritreo, Golfo delle Perle, Mare Cimmerio, Mare Tirreno, Lago del Sole, ecc. Fra quei due mari Boreo ed Australe si stende la zona continentale, sparsa qua e là di linee e di macchie più oscure. Entro i due grandi mari poi sono sparse regioni che si mostrano come grandi isole o penisole, quali Hesperia, Atlantis, Hellas, Argyre, Baltia, Nerigos, colorate in giallo per lo più, ma non in modo permanente; talora impallidiscono, ed anche si oscurano e prendono il colore grigiastro o bruno delle macchie propriamente dette; solo mostrano questo colore con minor intensità. Già verso la metà del secolo passato molti particolari di questa topografia areografica erano stati esplorati o disegnati da abili osservatori, quali Secchi, Dawes, Kaiser, Maedler, Lockyer, ed alcuno di essi aveva anche intraveduto qua e là curiose configurazioni di macchiette o di linee: ma non erano riusciti ad afferrarne con evidenza la forma. Soltanto nel 1877, trovandosi il pianeta in una delle sue maggiori vicinanze alla Terra (in posizione poco diversa da quella occupata nell'autunno ora decorso), si ebbe l'opportunità di studiare in buone condizioni e con maggior successo quei particolari prima confusamente intraveduti e di convincersi che tutta la superficie di Marte, ma più specialmente le aree luminose continentali, sono occupate da un reticolato di linee sottili, formanti una specie di triangolazione o di poligonazione, come si può vedere nella carta qui annessa. Queste linee sono tracciate sulla superficie del pianeta o forse entro la sua atmosfera; ognuna d'esse corre per lunghissimi tratti, serbando per lo più una direzione costante senza angoli né curvature violente, formando anzi (rigorosamente o almeno prossimamente) sul globo di Marte ciò che i geometri chiamano un circolo massimo. Il loro corso appare continuo, senza lacune apprezzabili alla visione telescopica, e si estende da pochi gradi (un grado di Marte equivale press'a poco a 60 dei nostri chilometri), fino ad occupare talvolta in lunghezza un terzo od un quarto della circonferenza totale del pianeta (la quale è di 21.600 chilometri). La larghezza è molto varia; per alcuni giunge a 100 o 200 chilometri, altri ad

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Circa l'andamento delle stagioni e delle lunghe giornate e notti del polo vi è questa differenza, che le nostre stagioni durano tre mesi ciascuna, quelle di Marte hanno una durata poco men che doppia, di 171 giorni in media: e i giorni e le notti del polo, che presso di noi sono di sei mesi a un dipresso in Marte durano per un medio undici mesiRiferendoci tanto per Marte, che per la Terra, all’emisfero boreale, abbiamo le seguenti durate esatte delle stagioni in giorni terrestri: L’illuminazione del polo boreale di Marte dura quindi continua per 381 giorni; quella del polo australe per 306 giorni: delle notti accade l’inverso.. Tal differenza è dovuta a questo principalmente, che l'anno di Marte è di 687 giorni terrestri, mentre il nostro è di soli 365.

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Già abbiamo accennato al fatto delle straordinarie inondazioni periodiche, che ad ogni rivoluzione di Marte ne allagano le regioni polari boreali allo sciogliersi delle nevi: aggiungeremo ora, che queste inondazioni diramate a grandi distanze per una rete di numerosi canali, forse costituiscono il meccanismo principale (se non unico), per cui l'acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta. Perché infatti su Marte piove molto raramente, o forse anche non piove affatto. Ed eccone la prova.

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Oltre a queste regioni oscure e luminose, che noi abbiamo qualificato per mari e continenti, e la cui natura ormai non lascia luogo che a poco dubbio, alcune altre ne esistono, veramente poco estese, di natura anfibia, le quali talvolta ingialliscono e sembrano continenti, in altri tempi vestono il bruno (anche il nero in certi casi) e assumono l'apparenza dei mari; mentre in altre epoche la loro colorazione intermedia lascia dubitare a qual classe di regioni esse appartengano. Quasi tutte le isole sparse nel Mare Australe e nel Mare Eritreo appartengono a questa categoria, così pure le lunghe penisole chiamate Regioni di Deucalione e di Pirra, e in contiguità del Mare Acidalio le regioni sognate coi nomi di Baltia e di Nerigos. L'idea più naturale e più conforme all'analogia sembra quella di supporre in esse vaste lagune, su cui variando le profondità dell'acqua si produca la diversità del colore, predominando il giallo in quelle parti dove la profondità del velo liquido è ridotta a poco od anche a niente, e il colore bruno più o meno oscuro nei luoghi dove le acque sono tanto alte da assorbire molta luce e da rendere più o meno invisibile il fondo. Che l'acqua del mare o qualsiasi acqua profonda e trasparente

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Non senza fondamento adunque abbiamo finora attribuito alle macchie oscure di Marte la parte di mari e quella di continenti alle aree rosseggianti che occupano quasi i due terzi di tutto il pianeta, e troveremo più tardi altre ragioni che confermano tal modo di vedere. I continenti formano nell'emisfero boreale una massa quasi unica e continua, sola eccezione importante essendo il gran lago detto Mare Acidalio, del quale l'estensione pare mutarsi secondo i tempi e connettersi in qualche modo colle inondazioni che dicemmo prodotte dallo sciogliersi delle nevi intorno al polo boreale. Al sistema del Mare Acidalio appartiene senza dubbio il lago temporario denominato Iperboreo ed il Lago Niliaco: quest'ultimo ordinariamente separato dal Mare Acidalio per mezzo di un istmo o diga regolare, la cui continuità soltanto nel 1888 fu vista interrompersi per qualche tempo. Altre macchie oscure minori si trovano qua e là nella parte continentale, le quali potrebbero rappresentare dei laghi, ma non certo laghi permanenti come i nostri; tanto sono variabili d'aspetto e di grandezza secondo le stagioni, al punto da scomparire affatto in date circostanze. Il Lago Ismenio, quello della Luna, il Trivio di Caronte e la Propontide sono i più cospicui e i più durevoli. Ve ne sono di piccolissimi, quali il Lago Meride e il Fonte di Gioventù, che nella loro maggiore appariscenza non superano i 100 o 150 chilometri di diametro e contano fra gli oggetti più difficili del pianeta.

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Perché non bisogna mai dimenticare che davanti a noi abbiamo, sotto forma d’un disco, la curvatura d’un emisfero..

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I canali possono intersecarsi fra di loro sotto tutti gli angoli possibili; ma di preferenza convergono verso le piccole macchie cui abbiamo dato il nome di laghi. Per esempio sette se ne veggono convergere nel Lago della Fenice, otto nel Trivio di Caronte, sei nel Lago della Luna, sei nel Lago Ismenio.

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Dobbiamo anche confidare un poco in ciò, che Galileo chiamava la cortesia della Natura, in grazia della quale talvolta da parte inaspettata sorge un raggio di luce ad illuminare argomenti prima creduti inaccessibili alle nostre speculazioni; di che un bell'esempio abbiamo nella chimica celeste. Speriamo adunque, e studiamo.

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E passando ad un ordine più elevato d'idee, interessante sarà ricercare qual forma d'ordinamento sociale sia più conveniente ad un tale stato di cose, quale abbiamo descritto; se l'intreccio, anzi la comunità d'interessi, onde son fra loro inevitabilmente legati gli abitanti d'ogni valle, non rendano qui assai più pratica

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