Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbiamo

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Taluni scritti di architettura pratica

267078
Pietrocola, Nicola Maria 4 occorrenze
  • 1869
  • Stamperia del Fibreno
  • Napoli
  • arte
  • UNIFI
  • w
  • Scarica XML

Lettori, se siete novelli io arte, ho procurato istruirvi; se provetti, invitarvi ad imitarmi, scrivendo la vostra efemeride. Abbiamo l’obbligo di lasciar tutto, e coi pensieri una traccia di nostra esistenza, per adempire a quel precetto impostoci dal nostro divino Salvatore con quella parabola in cui si compiacque di chi moltiplicò i talenti. Avrei voluto corredare questa operetta delle analoghe figure; ma la cecità che mi dura da 12 anni me lo ha impedito: bisogna contentarsi di che si può. Non ho fatto pompa di scienze, che poco posseggo, per farmi intelligibile a tutti, e mostrare ancora che non vi è bisogno preciso di esse. Il Vasari parla di molti grandi ingegneri, ma non dice mai che sieno stati grandi matematici. Vitruvio al contrario vuole che l’architetto conosca l’astronomia; ma io non so in che possa a costui essere utile la cognizione dall’angolo di parallasse, e del teorema del grande Keplero che dimostra i pianeti descrivere aie eguali in tempi eguali: vuole dippiù che sappia di musica; ed io che durante la vita mi sono dilettato non ispregevolmente di violoncello, non ho potuto mai sapere o conoscere come la melodia di questo strumento possa accordarsi ai progetti e disegni di architettura. Base fondamentale dell’architetto è il disegno che è il suo speciale linguaggio: un corredo di scienze è sempre utile, ma non indispensabile a chi dalla natura sorte un genio inclinato all’arte. Stefenson non si avvalse certamente delle sue scienze esatte quando costruì per prova il primo modello del suo gran ponte tubolare, modello che fece cilindrico, e che un ingegno forse senza cultura gli avrebbe suggerito non potere di quella forma conferire all’uopo per la fermezza, siccome avvenne; onde ei si attenne alla forma rettangolare. Ho voluto riportar l’arte colla scienza alla sua origine cioè alle prime speculazioni degli uomini d’ingegno, quando le scienze non erano così avanzate. Io sono persuasissimo che Pitagora pria di arrivare alla sua dimostrazione del quadrato della ipotenusa eguale a quella dei due cateti, conosceva anticipatamente siffatta eguaglianza colla pratica misura; e così egualmente Archimede era intimamente persuaso innanzi tempo di quelle verità che poi dimostrò col metodo sintetico. Così questi grandi uomini ci avessero pur lasciato un elenco de’ pensieri che avevano senza averli dimostrati! Nè è meraviglia il mio assunto, perchè ai nostri tempi pur vediamo in medicina dopo tanti sistemi successi l’uno all’altro, anche oggi si ritorna al genio del gran padre Ippocrate; perchè finora non vi è chi lo sorpassi: a vincerlo deve aspettarsi ancora un ingegno novatore, come Rossini nella musica, con tra il quale credo non più gridino i maestri dell’antica scuola. In Oratoria Demostene che provava secondo natura, almeno con poca arte, vinse a sentimento di tutti il posteriore Cicerone che badava alla tornitura armoniosa de’ suoi periodi più che all’essenziale del discorso. Fin d’allora s’arringava con figure qualunque fossero: venne poi il Rètore che fece la nomenclatura di tali figure e ne stabili le regole buone soltanto ai pedanti. Cicerone e il Rètore badarono più al superficiale come Protogene, che adornò di monili e suppellettili, cioè di arte quella Venere che non seppe dipingere bellissima cioè semplice secondo natura, quale la fece Apelle. Durante il mio lungo esercizio di quaranta anni, a me non è capitato mai servirmi delle scienze sublimi per l’uso delle mie fabbriche; e credo a tutti succeda lo stesso. Tutta la sapienza dello Scaligero e la tenace memoria del Pico insieme, non faranno mai un ingegnere dell’uomo che non abbia genio. Tutti gli uomini grandi in scienze, lettere, arti in generale, e più in armi son dessi i veri uomini d’ingegno. Ciro prese Babilonia con l’aver deviate le acque dell’Eufrate: il Macedone esordi la sua carriera colmando il canale che separava Tiro dalla terra ferma, con tutti quei miracoli successivi che racconta il suo panegirista Quinto Curzio: Annibale sormontò le Alpi per calare improvvisamente a Roma: Cesare, quel gran condottiero di armate, fu grande ingegnere con que’ suoi facili ponti di legno sui fiumi; con quella grande muraglia in pochi mesi sull’Elvezia, ecc. Traiano lo fu con quel gigantesco ponte a fabbrica in quattro mesi sul Danubio per ire a debellare i Daci: Maometto II soggiogò Bizanzio coll’avere immessi notte tempo 200 navigli in quel porto per la via di terra: lo Czar di spirito pronto a corpo infermo vinse alla fine il rivale taurino Carlo XII, il quale tutto che invitto, mancava d’ingegno: ed in fine quel Pietro a ragione detto grande, stabili ed edificò quella nuova metropoli, ove non avendo a temere dei Boreali, pare abbia detto ai Meridionali qua non arriverete ad importunarmi e ben se lo seppe Napoleone I che volle tentarlo: quest’ultimo grande che imitò Annibale, Cesare e gli altri valentissimi capitani, in questa sua più grave e temeraria impresa pare avea scordata l’antica consueta difesa de' Nordici, di bruciare selve e città; e scordò pure, o non volle pensare che nel politico, come in tutto, v’è bisogno dell’equilibrio: ond’è che traditore del divino mandato di fare la felicità de’ popoli, che invece fe’ servire al suo smodato egoismo, venne confinato sullo scoglio di s. Elena. Adunque l’ingegno domina il mondo: ma come alla lunga durata delle fabbriche, così al dominio duraturo, ed in tutto è indispensabile l’equilibrio.

Pagina 12

Dall’esposto di sopra abbiamo rilevato clic un muro tubolare è più resistente di quello massiccio della medesima quantità di fabbrica. E se riempiremo di ciotoli detti tubi, il muro tubolare sarà ancora più fermo e quindi più resisterà alla spinta di un terrapieno. Adunque pare si possa adoperare questo ripiego del muro tubolare invece di quei muraglioni cosi enormi e massicci prescritti dagli autori secondo l’altezza del terrapieno islesso. In verità me non soddisfa nè l’un metodo nè l’altro; ed invece vorrei muraglioni di molta scarpa esternamente, pendenti internamente, per secondare sempre la natura de’riempimenti di terra i quali prendono sempre molta scarpa. Per esempio ad un riempimento di 20 palmi di altezza io crederei di sufficiente resistenza un muraglione che abbia 5 palmi di scarpa alla faccia esterna, e 2 palmi di strapiombo nella faccia interna; e per impedire che tal muraglione si sdrai o caschi internamente, nella sua faccia interna distribuirei di dieci in dieci palmi un pilastrino portato in costruzione col muraglione istesso, pilastrino che avrebbe la sua testa o faccia interna a piombo onde resistere alla pendenza interna del muraglione istcsso. Tal muraglione potrebbe avere la spessezza di palmi 5 alla base, 2 alla cresta, vai quanto dire che sarebbe della spessezza media di palmi 3 Invece di tal muraglione rettilineo, potrebbe adoprarscnc altro conformato a tanti nicchioni esternamente, come superiormente a Torricella un miglio distante dal Vasto vedesi opera simile antichissima, forse de’ Romani, reggere finora in perfetto stato. In tal modo la massa delle fabbriche sarebbe anchc risparmiata, pcrchèle curve de’ nicchioni con poca spessezza di muro resisterebbero più del muraglione rettilineo. Qualunque sistema però sia adoperato in tali costruzioni, non dee lasciarsi mai l’avvedutezza di farsi una gittata di ciotoli da cima a fondo sulla faccia interna del muro per quanto esso è allo, meno 2 ovvero 3 palmi superiormente con lasciare delle sferratole o fori di tanto in tanto al piede del muraglione. Tale muriccia porterà lo scarico pronto delle piovane di cui s’iinbeve il terrapieno, senza clic esse possano mollefare la calcina della costruzione inconveniente che non si evita senza tale muriccia, e perciò i muraglioni presto sono urlati e rovesciati. Così io praticai, come ho detto, nel muraglione a Felice di Lello sotto Porta S. Maria in Vasto, costruzione che feci d’inverno, e di più vi ha sulla cresta una cateratta di scolo alle acque collettizie della città; e quivi pure feci orizzontale la soglia di cateratta, invece che a bacino come solea praticarsi. Tale opera consolidata dopo 20 anni, certamente reggerà ferma per molti secoli.

Pagina 33

Ritornando dunque al nostro proposito delle cupole di cui abbiamo descritto il nuovo tamburo resistentissimo, con quei 4 angolari massi di fabbrica che vanno a gravitare sul pieno de’ piloni, io vorrei secondo il mio modo che i materiali del volto delle cupole istesse fossero adoperali tutti orizzontalmente, informando la testa esternamente visibile secondo la curva delle volte istesse. Usando nelle cupole i materiali orizzontalmente, questi vengono meglio legati e commessi fra loro, lo che non può succedere coll’adoprare i materiali tendenti al centro; perchè dessi dovendo venire tutti inclinati in entro, vi occorrerebbe troppa squisitezza di lavoro o taglio per connetterli bene tanto nelle due superficie laterali, che in quella di sotto e di sopra. Col mio metodo i materiali premerebbero sempre verticalmente e non obbliquamente come i cunei tendenti al centro; e non vi sarebbe pericolo ch’essi slogassero, adoperandosi i corsi de’ materiali di eguale altezza fino a stringerne i circoli orizzontali ne’ quali può considerarsi diviso ogni tratto di altezza da un piano orizzontale. Le volte delle cupole cominciano ordinariamente di una spessezza tripla di quella in cui esse vanno astringersi fino al piano della pergamena o lanterna. Per esempio una cupola cominciata di sei palmi di spessezza, va a terminarsi a due. Ad evitare tanto carico di materiale, io dividerei la cupola in due l’una esterna l’altra interna, ognuna della spessezza di palmo uno od uno e mezzo al più; e riunirei poi le due cupole con tratti di muro verticali secondo un piano verticale passante per lo centro o asse delle cupole: tali tratti verticali della spessezza di palmi due potrebbero essere 16, 20 ovvero 24 secondo l’ampiezza della cupola: vorrei insomma ridurre tal muro massiccio a muro tubolare, secondo il mio sistema. La volta interna, di sesto sempre più alzato della esterna, frenerebbe quest’ultima, e ’l vano fra esse impedirebbe che l’umidità delle piogge cadenti sulla volta esterna, si comunicasse alla interna che resterebbe asciutta. Al piede poi della volta interna si costruirebbe l’altra volta leggiera visibile al di sotto nella chiesa, come si pratica per fare che detta volta visibile non sia di sesto così rialzato.

Pagina 47

E qui occorreva un’altra precauzione forse non praticata da alcuno, mentrechè ne abbiamo un antichissimo esempio forse da niuno osservato.

Pagina 67

Cerca

Modifica ricerca

Categorie