Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbiam

Numero di risultati: 112 in 3 pagine

  • Pagina 1 di 3

Personaggi e vicende dell'arte moderna

260514
Venturoli, Marcello 2 occorrenze
  • 1965
  • Nistri-Lischi
  • Pisa
  • critica d'arte
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Ed ora che abbiam chiarito il nostro pensiero, su Pollock e sulle possibilità dell’astrattismo non figurativo, affermiamo con la medesima schiettezza di rimanere nei confronti di molti paladini dell’ultimo «ismo», artisti e critici, ugualmente scettici e sulla difensiva. Se Pollock è un artista valoroso, che resterà certamente nella storia dell’arte moderna, non sono altrettanto valorosi e nemmeno sulla medesima strada di originalità e di spregiudicatezza molti astrattisti italiani, quasi tutti gratuiti o formalisti per la pelle.

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Ché Brancusi, pur sobrio al punto di nutrirsi di polenta e cipolle come cibo principale, era ricco, dopo tutto: le sue sculture giravano su basamenti azionati elettricamente, ed alcune erano accompagnate anche da musiche di intonazione mistica; il Maestro, lo abbiam visto, non era un Lucullo, eppure in tutto il quartiere popolarissimi erano i suoi manicaretti confezionati con sue stesse mani in occasione di feste pubbliche e private.

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Scritti giovanili 1912-1922

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Longhi, Roberto 9 occorrenze

I problemi di stile che B. ha sovrapposto al primo che, come abbiam visto, tendeva confusamente a una nuova costruzione della forma, sono l'ambiente in genere e la luce.

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E molto che abbiam visto fin qui come deprimente, negativo dell'attività lirica di quest'uomo, è addirittura formativo della sua critica.

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Eppure, abbiam visto come, anche in questa seconda forma, la serietà con cui Caracciolo s'impegna nei suoi tentativi lo faccia raggiungere le soglie della grandezza; abbiam visto come la tesa elasticità dei contorni suoi lenti gli permetta ancora di versare nei campi inframmessi liquidi cromatici che sono tuttavia, ora per contrasto di bianchi e di scuri, ora per accordi di tenuità viola vinate e verdi o pallidamente brune, una personale decolorazione della gamma caravaggesca. L'abbiam visto insomma avvicinarsi per un istante a delle apparenze sintetiche. Talora, e anche questo va ricordato, l'abbiam sorpreso - come nella Lavanda - a riprendere l'antico effetto luminoso e non potendolo più impiegare a fondo, stilisticamente, nel nuovo territorio disegnativo, usarlo almeno con piena coscienza del suo valore drammatico, nella quale impresa non può dispiacer di scoprire una rara austerità e gravezza scontrosa di spiriti. Poi, accentarsi progressivo degli schemi di disposizione ritmata simmetrica, dove persino la plasticità delle masse raccolte si dirada: dalla cappella di San Gennaro a quella dell'Assunta; e tuttavia, sempre, tale costrutta serietà, tale fermezza fantastica di segno vastamente spaziato da far pensare a un Poussin o meglio ad un Ingres. Quando diceva: «pur et large: voilà le dessin, voilà l'art».

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Si ha un bel ridire che Caravaggio è il fondatore di tutto il '600 europeo, che è quanto dire dell'arte moderna; un bel domandare come si farebbe a spiegare, storicamente, Velazquez, o Rembrandt, o Vermeer, o Frans Hals tirando una tenda sui quadri di Caravaggio e lasciando alla vista, accanto, Giorgione, Tiziano, Tintoretto, e i secenteschi che abbiam detto, per veder se sia proprio fra di essi figliazione diretta, o se non si senta mancar un anello in quella curiosa catena della storia dei pittori - «ché le molte cose in pittura una vien dall'altra, e ciaschedun Artefice prende da un medesimo luogo, come un certo buono già stabilito per legge» 1, come diceva l'ottimo abate Ciccio Solimena -; questo delle basi caravaggesche del '600 finirà per doventare un articolo, un domma accettato ma non accetto.

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Ci dispiace mettere tante pulci nell'orecchio alla critica, ma da un esame delle opere che abbiamo appena citate non appaiono meno divari di quelli che abbiam detto. Si tratta di Bramante in periodi diversi? E bisognava determinarlo, seguire lo sviluppo in qualche modo; non già accettare tutto così alla cieca.

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Si potrebbe abituarci prima a percepire i lievi capricci che s'insinuano nella forma placida di Tiziano giovine, o del Palma, magari in un semplice frisé di capelli, o nel trinciare più sventato degli sbuffi, eppoi si potrebbe passare a «fenomeni » più evidenti come sono a Ferrara il passaggio dal Grandi al Mazzolino; a Cremona dal Boccaccino ad Altobello; a Brescia, quello che abbiam visto, del Romanino, dai due Santi di Lovere agli affreschi cremonesi: a Milano quello dal Bramantino dell'Isola Bella al Bramantino di Locarno, o, ciò che vale lo stesso, a Gaudenzio Ferrari.

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La cosa che più importerebbe sarebbe finalmente dire come paia a noi doversi interpretare l'arte di Daniele Crespi; ma - senza quel che abbiam messo fra le righe - bisognerebbero troppe parole, e tutto il tempo di una recensione è di già trascorso in queste necessità amministrative.

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Ma come potremmo fare altrettanto, quando vediamo l'Oldenbourg insistere nell'attribuire al Lys quella Decollazione del Battista della Galleria Corsini che spetta, come abbiam detto altrove, a Orazio de Ferrari?* O quel San Giovanni Battista agli Uffizi che starebbe a dimostrare lo studio del Lys su Tiziano, e che col Lys non ha alcun rapporto? o quella Venere con Adone a Palazzo Pitti già attribuito a Van Dyck, ma così evidentemente di un secentesco italiano, forse di un Toscano tra Riminaldi e Lippi? o quella Toilette della megera che sebbene nella stampa di Pietro Monaco porti il nome di Jan Lys, non è per questo meno di un carissimo Strozzi?

Pagina 386

., che il Focillon usa invece troppo positivamente, per quel suo fare critico, abbiam già detto, un poco settecentesco e piranesiano, e nel quale talora si sente leggermente lo chic.

Pagina 446

Il cuoco sapiente

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27 occorrenze
  • 1871
  • Enrico Moro Editore
  • Firenze
  • cucina
  • UNIFI
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Perchè la prima porzione di pasta che si sarà formata col lievito e con parte della farina, come abbiam detto sopra, giunga al grado voluto di fermentazione, occorrono nell’estate 4 o 5 ore, e da 8 a 12 nell’inverno. Questa pasta così lievitata raddoppia quasi di volume, prendendo una forma gonfia e rotondeggiante; manda un odore vinoso gradevole, diviene elastica, respinge la mano con cui si voglia premere, e se un pezzetto di essa si getta nell’acqua, vi si vede galleggiare.

Pagina 024

Altro modo consiste nel tenere il burro (dopo averlo lavato come abbiam detto sopra) avviluppato in un pannolino, che si deve mantenere sempre bagnato d’acqua fredda; giacchè tale umidità, oltre al mantener più fresco il burro mediante l’evaporazione a cui dà continuamente luogo, rende più compatto il tessuto del pannolino stesso, e garantisce così il burro dal contatto dell'aria.

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Fate cuocere i pomidori senz’acqua, come abbiam detto sopra; colatene la parte acquosa, e passate il rimanente a forza per istaccio onde estrarne tutto sugo, che poscia rimetterete al fuoco aggiungendovi un poco di sale. Ridotto che sia a densità conveniente, versatelo in tanti piatti sino all’altezza d’un centimetro o poco più, ed esponete questi al sole per alcuni giorni, ritirandoli al coperto la notte. Quando la conserva sarà prosciugata sufficientemente, e quasi disseccata, vi riescirà facile distaccarla dai piatti in forma di sottili cialde, le quali arrotolerete ad una ad una e ravvolgerete poscia in carta unta con olio d’oliva.

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Si preparano i fagiuoletti anche all'aceto, procedendo in tutto come abbiam detto pei cetriuoli (numero 5.)

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Raffreddata poi questa concia, versatela sopra i pesci già accomodati come abbiam detto, ricoprendoli totalmente, ed infine turate il vaso, che riporrete pei bisogni della tavola.

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Quando poi il sagù è cotto, vi si aggiunge un poco di vin bianco dolce, oppure del latte, e un pugno di zucchero, e si lascia bollire per altri 3 o 4 minuti: indi si ritira dal fuoco e vi si Uuniscono due tuorli d’uova sbattuti, come abbiam detto sopra.

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Mettete a soffriggere in casseruola con burro un battuto di cipolla, prezzemolo e sedano, e dopo alcuni minuti aggiungete a questo soffritto la zucca disfatta, come abbiam detto sopra, allungando il tutto con un po' d acqua di quella stessa in cui avete fatto cuocere la zucca. Quando il miscuglio avrà rialzato il bollore, ritiratelo dal fuoco, e unitevi subito 3 o 4 tuorli d’uova, già frullati a parte, e una buona manciata di parmigiano grattato, avvertendo di tramenare co1 mestolo, onde il composto si assimili bene. Intanto avrete fatto cuocere separatamente in buon brodo di pesce (num. 26 o 27) il riso che vi abbisogna, in modo da riescire poco brodoso: unite ad esso il composto sopra descritto, tramenate ancora, e servite caldo.

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Manipolate bene questa pasta, fatene tanti bastoncelli, e tagliati questi trasversalmente a piccole porzioni, formatene gli gnocchi come abbiam detto sopra al num. 101. Fateli poscia cuocere nell'acqua bollente, sgocciolateli; metteteli a suoli in un gran piatto adattato, spargendovi a mano a mano del buon parmigiano grattato e versandovi del sugo di carne, e serviteli ben caldi.

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Pulito che abbiate il tacchino, come abbiam già detto, copritelo sopra e sotto con quattro fette di prosciutto, ed ai lati con 2 foglie di alloro e 4 fette di limone; indi cospargetelo con qualche pezzetto di macis, e così accomodato avvolgetelo diligentemente entro una salvietta di bucato, cucendovelo stretta mente. Mettetelo allora a lessare in una pentola con acqua, sale, cipolla, prezzemolo, sedano, carota e mezzo litro di vin bianco, e quando è cotto ritiratelo dalla pentola, lasciatelo raffreddare entro la stessa salvietta, e poi svolgetelo per servirlo cosi freddo in un gran piatto con guarnizione di gelatina (num. 154 a 150).

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Fate lessare e spremete gli spinaci come abbiam detto sopra; trinciateli grossamente, e metteteli in una casseruola con olio, aglio, sale e poco pepe. Lasciateli così soffriggere per 15 o 20 minuti, rivoltando spesso, e serviteli caldi.

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Mondate e fate lessare un poco i navoni come abbiam detto al num. 196; ritirateli dall’acqua, fateli sgocciolare, tagliateli a quarti, metteteli in una casseruola con olio e sale in giusta dose, e lasciateli cuocere a lento fuoco per circa tre quarti d’ora, tramenando più volte con un mestolo. Alcuni momenti prima di ritirare dal fuoco la casseruola unitevi l’agliata (num. 117) ed un poco d’aceto, rimestate ancora, e dopo alcuni minuti servite.

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Nettate e lavate i tartufi, come abbiam detto sopra; affettateli sottilissimi; metteteli in una piccola teglia con olio e burro a parti eguali; lasciateli soffriggere per cinque minuti; aggiungete sale, pepe e parmigiano grattato, e dopo altri cinque minuti ritirateli dal fuoco e serviteli all’istante.

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Potrete anche, prima di friggerle, invece di tenerle nello zucchero, lasciarle in fusione nel rum, come abbiam detto per le mele (num. 279), e poi immergerle nella pastina. In un modo o nell’altro, dopo fritte le spolverizzerete con zucchero.

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Prendete un bel quarto d’agnello o di capretto, tagliatelo a pezzi non troppo grossi e fatelo cuocere in tutto come abbiam detto pel vitello (num. 335), solo avvertendo che in questo caso occorrerà più breve cottura.

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Prendete piccioni giovani, puliteli a dovere, e fateli cuocere in tutto come abbiam detto per i polli (num. 378): potrete però adoperare olio invece di burro.

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Prendete le pernici, pulitele a dovere, e preparatele in tutto come abbiam detto pel fagiano (num. 401).

Pagina 211

Prendete le quaglie, pelatele a dovere, e cuocetele in tutto come abbiam detto pei tordi (num. 418).

Pagina 219

Preparate una concia con due bicchieri d’aceto, un bicchiere di vino bianco, cipolla trinciata, due spicchi d’aglio pestati, prezzemolo, rosmarino, lauro, alcuni garofani, sale e pepe: mettetevi in fusione la carne del capriuolo, lasciandovela per 8 o 10 ore; indi ritiratela, sgocciolatela, asciugatela con una savietta, e fatela cuocere in tutto come abbiam detto per la lepre (num. 436).

Pagina 225

Preparate in tutto lo storione nel modo che abbiam detto per il tonno alla siciliana (num. 450); solo che invece di servirlo con acciugata, lo accomoderete nel piatto colla salsa piccante num. 126.

Pagina 230

Prendete dunque i barbii che vi abbisognano, e cuoceteli e serviteli come abbiam detto pei carpioni al num. 489.

Pagina 245

Prendete i vostri pesci persichi, puliteli come abbiam detto sopra, e metteteli a cuocere in casseruola con poc'acqua, limone affettato, cipolla trinciata, una foglia di lauro, pochissimo timo, prezzemolo e sale sufficiente, avvertendo di far sobbollire assai adagio. Cotto che sia il pesce, ritiratelo dal suo liquido, fatelo sgocciolare, accomodatelo in un piatto, e servitelo caldo versandovi sopra una salsa bianca preparata nel modo descritto al num. 128.

Pagina 245

Prendete il vostro quarto d’agnello; steccatelo come abbiam detto sopra con rosmarino; mettetelo in casseruola con un poco d’olio, salatelo a dovere e fatelo cuocere, avvertendo di rivoltarlo più volte, onde farlo rosolare egualmente da ogni parte, e di tenere coperta la casseruola, perchè la carne possa cuocere meglio anche internamente per la forza del vapore che se ne sviluppa.

Pagina 274

Poscia asciugatela, e fatela cuocere in casseruola con burro e sale, come abbiam detto per l’oca (num. 551), bagnandola egualmente con qualche cucchiajata di brodo dopo che sia rosolila, ma aggiungendo un po' d’agro di limone, e facendo consumare l'intinto.

Pagina 275

Raschiatele, pulitene le branchie, togliete le interiora lasciando il fegato, indi lavatele, asciugatele con una salvietta, e fatele arrostire come abbiam detto per i muggini (n. 584).

Pagina 284

Finalmente ungete con olio una teglia, versatevi l’intriso, e fate cuocere al forno come abbiam detto precedentemente.

Pagina 295

Sbattete a parte, e per la durata di circa un'ora, 16 tuorli d’uova insiem con 3 ettogr. di zucchero in polvere e un pizzico di sale; unitevi 7 chiare sbattute pur esse a parte, rimestate, ed aggiungete in ultimo le mandorle pestate come abbiam detto sopra, ed un poco di scorza di cedro grattata, continuando a sbattere finchè il composto siasi bene assimilato. Versatelo allora in una cassetta di latta o di grossa carta bianca, che avrete prima unta con burro, e fate cuocere al forno a calore moderato.

Pagina 316

Fateli come abbiam detto sopra per le pinocchiate, sostituendo ai pinocchi egual quantità di mandorle, che monderete della loro pellicola dopo averle scottate nell'acqua calda, e indi ad una ad una toglierete in mezzo per lo lungo.

Pagina 324

Il Re dei Cuochi, ovvero la maniera di fare una buona cucina con poca spesa

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1 occorrenze

Basta allora, dopo mondate le mele come abbiam detto sopra, immergere le fette soltanto nella solita pasta di farina ed acqua, e friggerle.

Pagina 103

Il vero re dei cucinieri

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Belloni, Georges 5 occorrenze

Un altro metodo consiste nel tenere il burro (dopo averlo lavato come abbiam detto sopra) avviluppato in un pannolino, sempre bagnato con acqua fredda;

Pagina 017

Si preparano i fagiuoletti anche all'aceto, procedendo in tutto come abbiam detto pei cetriuoli.

Pagina 026

Raffreddata che sia questa concia, versatela sopra i pesci già accomodati come abbiam detto, ricoprendoli totalmente, ed infine turate bene il vaso.

Pagina 032

Prima di friggerle, si potrà invece di tenerle nello zucchero, lasciarle in fusione nel rhum, come abbiam detto per le mele, e poi immergerle nella pastina. In un modo o nell'altro, dopo fritte le spolverizzerete con zucchero.

Pagina 130

Intanto avrete fatto soffriggere a parte i fegati con un poco di burro in una piccola casseruola, unendovi una presa di pepe, poco sale ed un pugno di farina, e bagnandoli con qualche cucchiaiata di brodo di pesce, o semplicemente con acqua calda; aggiungete dunque a questo soffritto un’acciuga salata triturata minutamente, un pizzico di capperi; mescolate bene il composto, procurando di disfare i fegati, ed avuta così una salsa alquanto densa, versatela sui pesci arrostiti, già preparati nel piatto come abbiam detto, e mantenuti caldi, servite all'istante.

Pagina 192

La cucina di famiglia

300988
6 occorrenze

Fate cuocere i pomodori senz'acqua, come abbiam detto sopra; colatene la parte acquosa, e passate il rimanente a forza per lo staccio onde estrarne tutto il sugo, che poscia rimetterete al fuoco aggiungendovi un poco di sale. Quando sarà ridotto molto denso, versatelo in tanti piatti sino ad un'altezza sufficiente a formarne dei pani, ed esponete questi al sole per alcuni giorni, ritirandoli al coperto la notte. Quando la conserva sarà prosciugata sufficientemente, e quasi disseccata, vi riescirà facile distaccarla dai piatti dandole la forma di panetti, che ravvolgerete ad uno ad uno in carta unta con olio d'oliva.

Pagina 012

Raffreddata che sia questa miscela, versatela sopra i pesci già accomodati come abbiam detto, ricoprendoli totalmente, e infine turate il vaso, che riporrete per servirvene all'occorrenza.

Pagina 015

Pestate nel mortaio un buon pugno di capperi, riducendoli come una pasta; passateli per staccio di crino, mescolateli alla senapa già stemperata, come abbiam detto sopra, e passate nuovamente per staccio il tutto.

Pagina 024

Intanto avrete fatto soffriggere a parte i fegati in una piccola cazzaruola con un poco di burro, aggiungendovi una presa di pepe, poco sale ed un pugnello di farina, e bagnandoli con qualche cucchiaiata di brodo di pesce, o semplicemente con acqua calda; unite a questo soffritto un'acciuga salata, tritata minutamente, nonché un pizzico di capperi; mescolate bene il composto, procurando di disfare i fegatini, ed ottenuta così una salsa alquanto densa, versatela sui pesci arrostiti, già preparati nel piatto, come abbiam detto, e mantenuti caldi.

Pagina 128

Prendete i pesci persichi, puliteli come abbiam detto sopra, e metteteli a cuocere in cazzaruola con poc'acqua, limone affettato, cipolla trinciata, una foglia di alloro, prezzemolo e sale sufficiente, avvertendo di far bollire molto adagio. Cotti che siano, ritirateli dal loro liquido, fateli sgocciolare, accomodateli in un piatto, e serviteli caldi, versandovi sopra una salsa bianca, preparata nel modo descritto al Num. 30.

Pagina 135

Sbattete a parte, per la durata di circa un'ora, 16 torli di uova insieme con 3 ettogrammi di zucchero e un pizzico di sale; unitevi 7 chiare sbattute esse pure a parte, rimestate, ed aggiungete in ultimo le mandorle pestate, come abbiam detto sopra, e un poco di scorza di cedro grattata, continuando a sbattere finché il composto siasi bene assimilato. Versatelo allora in una cassetta di latta, o di grossa carta bianca, che avrete prima unta con burro, e fate cuocere al forno, a calore moderato.

Pagina 189