Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le belle maniere

180141
Francesca Fiorentina 14 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Credetemi, se non sono avviluppati da questa esteriore veste di grazia e di cortesia, la vostra virtù e il vostro sapere saranno manchevoli, come pietre preziose che la mano dell'uomo non abbia lavorate, palesandone tutto lo splendore e il pregio nascosti. Sarei tentata di paragonare la grazia che deve colorare le vostre azioni al sale, senza di cui il cibo più squisito non ha sapore alcuno. Da piccina, mi piaceva tanto una novella, la quale raccontava d'un re che aveva scacciata a sua figlia, perchè gli aveva detto d'amarlo come il sale, ma che la perdonò quando fu da lei costretto a gustare le pietanze più prelibate senza quel semplice condimento. Ora penso che quella figlia voleva molto bene a suo padre. Dev'essere prodigiosa la potenza di questa squisitezza di modi, se spesso, pur ricoprendo un'anima corrotta, riesce a dare un'immagine, benchè fugace, di bene e ad attrarre simpatia sulla persona stessa che se ne vela ipocritamente! Non solo, figliole; ma se vi sforzate d'acquistare a ogni costo quella semplice cortesia ch'è un'emanazione spontanea dell'anima, ch'è il risultato d'un accordo pieno di tutte le buone intime qualità, voi finirete col perdere lentamente per via i piccoli difetti che non se la dicono affatto con l'affabilità e la gentilezza. Non potrete conservare la cattiva abitudine di non far mai le cose a tempo, se la creanza più elementare consiglia d'essere sempre puntuali nel fare quanto s'è promesso o nel ritrovarsi in un luogo prefisso; nè potrete coltivare il vostro malinteso orgoglio, se l'educazione vuole che siamo umili e dimentichiamo un po' noi per gli altri; dovrete buttar giù le arie, poichè la semplicià è la prima dote necessaria alle belle maniere, e gettar molt'acqua sui vostri spiriti ardenti quando, durante le discussioni, il galateo v'ammonirà di non alzar la voce e di non eccedere nelle parole. Ma non voglio scoprir troppi altarini, per non esser guardata in tralice da voi fin da principio:anzi desidero incoraggiarvi con la stessa speranza ch'io nutro sull'opera vostra. Ogni passo verso la perfezione che voi vi prefiggete segnerà una piccola vittoria sull'anima, e il carattere sarà fortificato da questi sforzi continui, che via via vi sembreranno più leggeri e spontanei:e, quando l'abitudine del ben comportarsi sarà diventata per voi indispensabile come il nutrimento, quante occasioni di peccare eviterete, quante momentanee debolezze fisiche e morali vincerete! Perchè, via, se voi fate un rapido esame di coscienza, finirete col confessare che spesso non rendete a un'amica un servizio per non scomodarvi, non dite una parola buona a chi ne ha sete perchè sotto sotto intorbida la vostra naturale generosità un rimasuglio di boria, rinunziate a procurarvi un'intima sodisfazione per falso rispetto umano, e fate magari le scortesi per semplice pigrizia o per sciocca vanità. Vedete quanti brutti vizietti dovete scuotervi di dosso? Quando vi siete presa una gastrica co' fiocchi, non basterà inghiottire una medicina, care mie; bisognerà mangiare più moderatamente, per togliere le cause del male. Vero? Ebbene, nel nostro caso le cagioni sarebbero le cattive abitudini; la medicina, le regole ch'io verrò ammannendovi amorevolmente, come una buona mamma al bimbo malato porge

V'ho avvertite fin da principio, per evitare equivoci o sorprese: io sono di parere che l'esteriore abbia relazione con l'interno. L'abitudine dell'aborrire da ogni macchia sulla persona, o sul vestito, o sulle cose che vi circondano, vi condurrà a temere ogn'impurità della vostra anima; e, quasi per istinto, se sarete avvezze a lavarvi ogni più piccola ombra di sporco visibile, troverete pronto rimedio anche alle sfumature interiori. Ma guai, figliole, se vi lascerete prendere dalla tentazione di non pulirvi più in giù dell'orlo del colletto, o la cotenna de' capelli, o di non rispettare la nettezza de' vestiti scuri, o delle calze nere, soltanto perchè "lo sporco non si vede". Sono pensieri traditori che s'insinuano nella vostra coscienza e, volere o no, ci lasciano una macchia. Avviene della pulizia personale come della purezza de' discorsi, che sono un riflesso di quella dell'anima. Non mi prendete alla lettera in ogni caso, però! Ci sono abiti imbrattati di calcina, di pece, di vernice, di grasso; ma queste macchie sono l'insegna del lavoro, non della sporcizia di chi li indossa, e devono ispirare non il disgusto che si ha delle sozzure, ma l'ammirazione che si nutre per le modeste virtù. Confessate che a voi nuoce la pigrizia:su, scotete di dosso quella sonnolenza, ch'è nemica del vostro benessere e così spesso si oppone all'adempimento de' vostri doveri più semplici, all'osservazione costante di certe abitudini, che sembrano inezie, ma sono vere necessità. La pulizia dei denti vi eviterà molto male futuro e, per di più, l'umiliazione di mostrare, nel sorriso ancor giovine, diverse finestrelle; la risciacquatura frequente della bocca e i gargarismi della gola vi risparmieranno molti raffreddori e altre peggiori malattie; la nettezza della testa combatterà la caduta dei capelli, la forfora e altro. E l'acqua ch'entrerà abbondante in tutti i pori della persona vi rinfrescherà e rassoderà le carni, vi risveglierà un benefico calore, vi terrà lontana ogni pur lieve malattia della pelle e, per la reazione del sangue provocata dall'abluzione, vi rinvigorirà tutto il corpo e vi darà alle guance il bel roseo che vale ogni bellezza. Tutto questo per la salute, per la grazia, per il morale. E per la fortuna, nulla? Immaginatevi, tanto per dirne una, se vostra madre sceglierebbe come persona di servizio una che avesse un dito di ruggine sul collo, un altro d'unto sulle mani e frittelle sulla sottana. Con la debita differenza, immaginate di dovervi presentare voi come istitutrice, come maestra, o commessa o altro. Il vostro vestito, forse elegante, ma con un occhio di grasso proprio sul davanti della sottana, quel baffo nero dimenticato sulla fronte, quei guanti bianchi sfumati di grigio, saranno una meschina raccomandazione. Non temereste che l'esame del vostro esteriore v'attirasse uno scoraggiante:"Mi dispiace, signorina, ma per ora". . . ?

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Ma la donna di servizio, abbia pur nel viso le tracce d'una vera sofferenza, deve seguitare indefessa il suo lavoro, senza un aiuto come se nulla fosse, perchè ogni sua ora, ogni suo minuto è pagatoe i padroni non vogliono rimetterci. Se poi il male è grave, se è costretta ad assentarsi, quanti rinfacciamenti, quanti lagni, quante parole pungenti, pronunziate a denti stretti nelle rarissime scappatine che si fanno nella sua camera, la quale, il più delle volte, è un oscuro stambugio! Per molto meno s'eccitano i vostri nervi; ma quelli della"serva" devono essere d'acciaio, nè hanno diritto di vibrare. Sul suo viso nessun'ombra deve scendere, nessuno scatto deve scoterle la persona; sarebbe un'offesa personale ai padroni. Gli uomini possono insultarla, perchè hanno gravi preoccupazioni, le donne perchè sono eccitabili, i bimbi perchè non capiscono; ma a lei non valgono per scusa il lavoro forzato, nè i malesseri comuni co'vostri, nè la vita randagia, nè la lontananza da'suoi, nè la pena per i dispiaceri della sua casa, di cui non fa più parte, ma a cui pensa spesso con nostalgico scoramento. Il quadro ch'io v'ho presentato sembra troppo fosco, ma ahimè! i miei occhi ne hanno potuto cogliere la realtà in certe famiglie, a cui non vorrei che somigliassero le vostre. E voi aspettate uno spirito di sacrifizio da persone che, generalmente, sono trattate così? Voi dimenticate troppo spesso che la vostra "serva" - così la chiamate - prima d'esser tale, è un individuo della grande famiglia umana alla quale voi pure appartenete.

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A una signora ricca, che abbia un appartamento elegante, farete piacere regalando un oggettino di lusso, artistico, un nonnulla prezioso, un mazzo di fiori entro un semplice vasetto; a una persona modesta potrete offrire qualche cosetta che contenti il suo desiderio; a un povero cercate, col vostro dono, di risparmiare una spesa. Non oltrepassate però quel che potete regalare e quel che può essere accettato senza umiliazione da parte del vostro orgoglio. E soprattutto, donando, ricordatevi che "la façon de donner vaut mieux que ce qu'on donne", Corneille nel"Menteur". che il gesto dev'essere semplice come il sentimento che lo ispira. Non è cortese disprezzare troppo il regalo, come se l'offriste perchè non sapete che cosa farne voi; e nemmeno è delicato far sentire il prezzo del dono e lodarlo voi, esponendovi al rischio di vedervelo magari rifiutato. E' di pessimo gusto regalare un oggetto già posseduto da voi, e conosciuto dai frequentatori della vostra casa; a meno che la persona a cui l'offrite abbia mostrato d'ammirare quell'oggetto, che può essere un piccolo capolavoro antico o raro. Soltanto a un"carino! " "come mi piace! "d'un'intima si può rispondere mettendole súbito nelle mani la cosetta che le va a genio. Un'amica che si sposa gradirà molto un lavoretto proprio vostro:un portafazzoletti, una dozzina di piccole pezzuole di batista ricamate da voi, un bel centro tavola co'relativi quadratini, un ventaglio dipinto dalle vostre mani. Naturalmente, seconderete le vostre abitudini e le piccole fantasie della moda. Se non sapete far cose graziose o ve ne manca il tempo, allora potrete donare due cornicette d'argento pel ritratto dei genitori, un astuccio con i piccoli arnesi femminili che dovranno servire ogni giorno alla vostra amica, qualche ninnolo che le sia caro. Se poi chi riceve siete voi, mostratevi sempre liete, sempre sodisfatte, anche se il dono è umile, inutile, contrario ai vostri gusti. Tenete conto della buona intenzione, e il vostro grazie sarà spontaneo, e non vi verrà fatto di cedere, appena sole, a uno sfogo di malumore. Potrebbe capitare anche a voi di sbagliare, in un momento in cui non avrete ascoltato attentamente i consigli del cuore e del buon senso, che san dare de'punti al buon gusto.

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Purchè tu non abbia molte seguaci! Hai un così bel garbino fuori di casa, un contegno quasi distinto, una gentilezza squisita nel parlare, una prontezza ammirevole nel prestare i tuoi piccoli servizi. E in casa? Ne sa qualcosa la tua sorellina quattrenne, a cui ti credi in diritto di comandare imperiosamente, affibbiandole un ceffone; lo sa tuo fratello, a cui rispondi sgarbatamente quando si rivolge a te per un piacere; e lo sa, ahimè! tua madre, a cui non usi alcuna di quelle premure che hai per gli estranei, nè risparmi fatiche. E lei ci soffre tanto, Enrichetta! Non solo; ma t'ho sorpresa, nelle mie frequenti visitine, in atteggiamenti di superdonna davanti alla cara e semplice donnina, cui sgomentano certe idee moderne un po'rischiose, non perchè ella abbia la mente chiusa al loro alito vitale, ma perchè ne vede derivare effetti disastrosi dentro la famiglia stessa. I nostri padri - per non andare più in là con gli anni - usavano il lei parlando con i genitori. Non so se questa abitudine sia da rimpiangere:forse no. Io credo che, in una semplicità maggiore di linguaggio, le fanciulle più facilmente lasciano sgorgare la piena delle loro confidenze, e ne ritraggono benèfici ammaestramenti. Ma se alcuni vantaggi derivano dalle mutate relazioni tra genitori e figli, c'è da temere purtroppo il rischio dell'esagerazione. E tu, Enrichetta, abusi veramente della bontà semplice e quasi timida di tua madre. T'ho sentita chiamarla "buona donna", dirle che lei "di certe cose non s'intende", rispondere con tono arrogante ad alcune sue osservazioni; t'ho veduta ascoltare con un'espressione d'uggia i suoi discorsi, rivolgerle perfino qualche occhiata di compatimento, accogliere con spallucce un suo mite comando, e mostrarti renitente nell'obbedirla. Questa è poi una cosa insopportabile, è - permettimi di dirtelo - una piccola viltà. Perchè, se finisci sempre col cedere alla volontà di tua madre, ci pigli gusto a ostentare la tua mala voglia? Credi che sia debolezza l'obbedire spontaneamente? No, cara, è anzi un atto di forza. Sembra un controsenso questo, e invece è la verità. Che fai tu, obbedendo? Se sacrifichi qualche volta la tua alla volontà altrui e padroneggi il tuo capriccio, che è - direi - una contrazione del tuo volere, ma non è forza volitiva, ti esèrciti intanto in quella gran virtù ch'è il saper vincere se stessi, e ti prepari un avvenire d'indipendenza vera. Perchè la libertà non consiste nel non cedere a nessun costo alle giuste esigenze, ma nel riuscire a far tacere la nostra ribellione a esse. E se tu non cominci a esercitarti nella famiglia, ch'è la tua vera scuola e dove l'obbedienza è più facile e conduce sempre a un bene immediato, ti legherai alla volontà altrui con un'insostenibile catena. Cara mia, non devi soltanto imparare a ricevere, ma anche a dare; non soltanto a comandare, ma anche a obbedire, e soprattutto a obbedire spontaneamente. Ritornando a tua madre, Enrichetta, non sai, non hai capito ancora che tu, più che a chiunque altro, devi rispetto a lei? Che qualunque sgarbo a persona estranea ti sarebbe compatito, se ti si riconoscesse umile e affabile con la mamma? Ma che, se fai la prepotente con quella santa creatura, ti tiri addosso l'antipatia delle persone stesse a cui ti mostri cortese? La maschera di cui ti copri uscendo alla luce renderà più visibile la tua vera apparenza a chi ti conosce nell'ombra. Una bell'usanza esiste presso gli Arabi:che il figlio, entrando nella stanza ov'è sua madre, si tolga le scarpe. No, non è esagerazione! Quando sarai compresa veramente della santità dell'affetto materno, della necessità di mostrare alla tua mamma quanto più è possibile riconoscenza per le pene da lei sofferte, per i sacrifizi da lei fatti, capirai che nessuna espressione esteriore del tuo sentimento è adeguato compenso. Quell'atto gentile indica che davanti alla madre non bisogna portare sozzura o far rumore, perchè dov'è lei è luogo sacro. Tu invece non ti pèriti a stare in presenza de' tuoi genitori co' capelli arruffati, discinta, a entrare nella loro stanza portando di fuori polvere e fango. Ricòrdati che l'affettuosa confidenza che tu hai per loro non dev'essere mai scevra di rispetto, ma questo anzi deve rendere più facile la cordialità de' vostri rapporti. Se tu avessi sempre fisso nel cuore il ricordo di quanto hai ricevuto da tuo padre e da tua madre, se ogni volta che stai per mancare verso di loro ricorressi al pensiero ch'essi, dopo Dio, sono i principali fautori della tua vita corporale e morale, che l'idea di loro non puo' essere disgiunta da quella divina, ti morderesti le labbra su cui era salita la parola irriverente, ti batteresti il braccio ch'era pronto a un gesto scortese. Sentii dire da bimba:l'occhio che guarda torvo il padre o la madre merita d'essere beccato da un corvo. E questa frase mi s'era ficcata minacciosa nella mente, come una delle solite che si ripetono ai bimbi e che, se non sono tutta la verità, di verità hanno un fondo sicuro. Vorrei parlarti, Enrichetta, anche del rispetto che si deve ai buoni vecchi da cui la casa è benedetta, ma te ne dirò a parte, un'altra volta. Invece, lasciandoti, aggiungo ancora una parolina di sfuggita su cose già accennate. T'ho detto d'aver notato i tuoi sgarbi con tuo fratello, il quale, trovando in te - che dovresti rappresentare il sesso gentile - maniere tutt'altro che delicate verso di lui, te le ricambia con vera costanza. Tocca alla giovinetta d'attirarsi un certo rispetto col suo contegno garbato, paziente, qualche volta cedevole, tal altra pieno di ritegno e di dignità. Non può, la sorella, pretendere cortesia da parte del fratello, se a sua volta non è verso di lui dolce e compiacente, se non è pronta a divenire ora la sua amica, ora la sua confidente o la sua ammonitrice; se non sa offrirgli prudentemente il suo aiuto nelle piccole dispute col padre, impetrargli certe volte il perdono, trattenerlo in casa il più possibile con le sue piccole arti innocenti; se, infine, non sa fare in modo che il fratello benedica la provvidenza per avergliela data sorella. E, d'altra parte, non sai che tu hai molta responsabilità ne' rapporti con la tua sorellina che guarda a te come a un esempio da imitare, e che ripeterà con la mamma, col babbo, coi superiori, gli stessi gesti che vedrà fare da te? Eppure, t'è facile trattar bene i bambini che incontri nelle case delle tue amiche! Hai per loro parole affettuose, piccoli cari consigli, perfino saggi e miti rimproveri, che nel ricordo ti dovrebbero far arrossire, quando scacci scontrosamente la bimba ch'è figlia della stessa tua mamma! Chi è veramente cortese è tale dappertutto, e specialmente nell'intimità, e non dispensa le buone maniere secondo le fortune. E' viltà mostrarsi garbati e ossequiosi con coloro da cui s'aspetta qualcosa o per lo meno si teme d'esser giudicati, e, al contrario, sgraziati con i miseri che non potranno giovarci mai, o con i semplici che non sapranno condannarci. Enrichetta, se tu acquisterai l'abitudine della perfetta civiltà, troverai più facile l'usar gentilezza agli estranei, e non correrai il rischio d'esser riconosciuta a un tratto, o al cader della maschera, o a un'improvvisa reazione del tuo essere, o a una sorpresa che altri ti voglia fare tra le pareti domestiche, quella che in realtà sei, scontrosa e prepotente.

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No, care; bisogna che anche l'occhio abbia la sua parte, bisogna che la tavola sia degna di ricevere i cibi squisiti da voi preparati, e che i vostri invitati ammirino l'eleganza pratica della padroncina, in ogni particolare. La tavola dev'essere sufficentemente ampia per il numero dei commensali, a cui non garberebbe certo starsene striminziti come acciughe nel barile. Se c'è diversità di seggiole, guarderete sempre di riserbare le più comode alle signore, che avranno più cara l'attenzione d'un panchettino. Alla tovaglia, me l'immagino, avrete dato una sferrata di fresco:non si sa mai, alle volte nel guardaroba si formano delle pieghe secche così antiestetiche! Una leggerissima insaldatura non nocerà, ma sarà indispensabile un perfetto nitore. Della medesima qualità della tovaglia dovranno essere i tovaglioli:o damascati, o di Fiandra, senza o con iniziali. Ma, per carità! non vi scervellate a immaginare forme bizzarre per le salviette: un quadrato quasi perfetto sarà preferibile a qualunque poligono. Le metterete, per caso, dentro il bicchiere? Scusate, ve l'ho domandato per eccesso di prudenza. Mi par già di vedere i coperti disposti in una bella fila: ognuno ha il suo piatto, a cui fan da sentinella tre o quattro bicchieri, quelli necessari per tutto il pranzo, e tengon compagnia il coltello e il cucchiaio a destra e la forchetta a sinistra, dalla qual parte trovo anche il panino posato sul tovagliolo. Non manchino i fiori dal profumo tenue, o disposti in ghirlanda, o affacciati a graziosi vasetti sparsi qua e là, non in trionfi ingombrati, come s'usava una volta, nel Seicento! Se a ogni portata non v'è possibile cambiar le posate, sarebbe almeno necessario farlo quando l'invitato ha lasciato le sue sopra il piatto e, anche, dopo il pesce, il cui gusto è appiccicaticcio. Mi sembra superfluo dirvi che per il dolce bisogna aggiungere al piccolo coltello la forchettina dello stesso servizio, e per le frutta in composta o per la crema il cucchiaino. E guardate di preparare con una certa eleganza anche le frutta e le paste, che devono essere fini e leggere. Sicuro, anche nella loro disposizione si rivelerà il vostro gusto! Il caffè sarebbe meglio servirlo in una tavola a parte, non in quella seminata di bicchieri e di bricciole. Le tazzine si usano piccolissime, perchè s'immagina che la qualità del caffè ne compensi la quantità. Prima che gl'invitati vadano via, sarà bene servire il tè o qualche rinfresco, secondo la stagione. Per finire:non ripiegate neppure in casa vostra il tovagliolo. Sa di provinciale! Badate, io v'ho parlato soltanto di pranzi relativamente modesti, pe'quali basti, a servire, una cameriera giovine, ravviata, con un bel grembiulino bianco ricamato, e, magari, la cuffietta in testa; lascio quelli di gala, a cui bisogna rassegnarsi a sopportare, impalata alle spalle, l'ombra nera de'camerieri, e a vedere i loro guanti bianchi portarci via il piatto, magari nel momento che si cominciava a gustar la pietanza. Che soggezione, mamma mia! Ma di questi pesi sullo stomaco non ne auguro nè a voi nè a me. Intrattenendovi su questo vostro ufficio di padroncine, v'ho immaginate sole col babbo e col ricordo della povera mamma. Se ci sono fratelli, toccherà ugualmente a voi a fare gli onori di casa; se c'è qualche sorella, con lei dividerete i vostri piccoli doveri.

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Non dovete trattarli severamente, approffittando del vostro potere quasi illimitato, ma sempre come sorelle buone, a cui una madre vera abbia lasciato in eredità un cuore materno. E fate di tutto per contentare il babbo; cercate, quant'è possibile a una persona che non sia la mamma, di colmare il terribile vuoto, perchè vostro padre non creda necessario far entrare in casa un'altra massaia. Che dolore, figliole mie! Dov'è stata la mamma, voi non potete vedere di buon occhio nessuna donna; ma, se vi càpita, pazienza! Non volete chiamarla col dolce nome che per il primo v'appiccicò le labbra come in un bacio? Ebbene, chiamatela in qualunque altro modo, ma. . . sopportatela. La vostra mamma vi voleva buone, e cercava d'inculcarvi la pietà, il compatimento:ricordatevi de'suoi consigli, delle sue parole. Ne'momenti tristi rifugiatevi nel ricordo di lei, che unico vi darà la forza per la rassegnazione. Ma se date sfogo al vostro risentimento, non rimediate a nulla, anzi rendete la vostra relazione, con la nuova padrona di casa, più tesa, più dolorosa e insoffribile; se non altro, cercate di comportarvi amichevolmente verso di lei. Le vostre buone maniere finiranno col rendervela benevola, affezionata come una sorella maggiore, che forse in séguito vi potrà giovare con un consiglio. Questo capitolo, figliole, vorrei non averlo scritto per alcuna di voi; ma quelle pochissime a cui la terribile sventura fosse capitata mi saranno grate, forse, ch'io abbia pensato a loro con animo veramente materno.

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Che abbia il naso foderato d'ovatta, che sia una volgaruccia qualunque, e perfino che voglia nascondere un alito cattivo. Un mio parente - un simpatico originate - cercò moglie per molt'anni, ma non riusciva mai a trovare la sua. Già, aveva delle velleità aristocratiche; ma voleva che, pur essendo distintissima, la sua dolce metà non avesse alcuno degli artifizi con cui certe donne credono d'attrarre maggiormente. E finì con lo sposarsi un po'tardetto, ma proprio di suo gusto. S'invaghì a prima vista d'una signorina nobile, che gli venne incontro timida nel suo abitino scuro, odorante di. . . naftalina. Lo stesso avvertimento per la cipria. Non capisco il perchè di quella nuvola bianca sulla vostra carnagione rosea e fresca. Non soltanto fate danno all'estetica, ma anche alla salute; tanto più che la cipria usualmente adoperata dalle ragazze non è delle più fini. Ve n'accorgerete a quarant'anni, se seguitate a otturarvi, con uno strato di polvere, i pori pe'quali la nostra pelle respira! Tutt'al più se, rasciugandovi in fretta la mattina, sentite il bisogno di togliervi l'ultimo avanzo d'umiduccio, limitatevi alla polvere d'amido, inodora e innocua anche, a patto che ve la togliate súbito, strofinandovi con uno spazzolino di pelo o, più semplicemente, con un fazzoletto. Piacete più a tutti come siete, figliole mie; non come vi fate!

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Mordersi le labbra per non lasciarne sfuggire una maligna frase che le solletica; dare un conforto agli altri quando noi ne avremmo un bisogno più prepotente; rivolger uno sguardo benevolo a chi ci ha offeso; toccare qualcosa che ci repugna; nascondere la ribellione, la stizza, tavolta lo schifo; dir di no a un nostro vivo desiderio per fare ad altri un dono utile o caro; sopportare cortesemente la compagnia d'una persona antipatica o il borbottio d'una vecchia bisbetica; rinunziare a una passeggiata, a un divertimento per trattenersi al letto d'un malato; vincere la repugnanza per accostarsi a una piaga; superare un nostro capriccio; riescire ad amare chi poco fa si odiava: ecco la serie delle piccole virtù, che non ha fine, perchè non si può finire mai d'esser buoni, se si vuole che la bontà abbia merito presso la nostra coscienza e presso Dio. Le grandi virtù sono come gli abiti che s'indossano i giorni di festa, per un battesimo o un matrimonio, ma che poi si ripongono nell'armadio, e neppur si fa conto d'averli; le piccole virtù sono simili a que'vestitucci modesti e lindi che van bene al mattino come alla sera, per la spesa e per la scuola, e anche per una visituccia a una persona di confidenza:a que' vestitucci di cui si dice con sodisfazione, guardandoli teneramente: "Che buon uso m'ha fatto! "E non ci si risolve mai a metterli in disparte. E ora pensate, figliole, che il galateo - quale ho preteso di consigliarvi finora - non è che l'insieme di tutte queste piccole virtu perchè tale galateo non è che la pratica del rispetto dovuto a noi e agli altri, perchè la trascuranza di esso nasce per lo più dall'egoismo che ci fa operare come se gli altri non esistessero, perchè chi segue letteralmente il galateo senza intenderne l'intimo significato, senza nutrire i sentimenti di gentilezza vera, di compatimento, di benevolenza, di carità in esso racchiusi, ostenta ma non esercita la cortesia e perciò, invece che civile, riesce un impostore.

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Avverrà come d'un'arpa da cui una mano gentile abbia tratto per anni note sottili e delicate: le corde sue sono disposte fra loro in tal modo, che canteranno soavemente anche al tocco d'una mano inesperta. M'avvedo che ho incominciato a parlare di Lauretta e ho finito col rivolgermi a tutte le fanciulle. . . Eh, chi sa mai che in altre case, dov'io non sono penetrata, non tondeggino altre "lune", e non vi sieno altre"cuffie per istorto", altri"nervi scoperti", altre signorine"fatte così"

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Prima di tutto, vien fatto di pensare che Cesira non abbia un briciolo di dignità, poi che non conosca affatto il valore del tempo, della cui stoffa è tessuta la vita; in terzo luogo, che non abbia nel cervello un pensiero serio da sostituire a tutti quelli vani che le frullano dentro, sodisfatti di trovare tanto spazio vuoto a loro disposizione:in quarto luogo, che darà molto da fare a sua madre, la quale dovrà perdere tempo e fiato per correre dietro alle sue fantasie; in quinto. . . Via, non finirei più, se seguitassi! Ma verrà il momento in cui qualcheduno si vendicherà della sua smania di tenere occhi e orecchi sempre spalancati sulle cose altrui, spiattellandole il fatto suo, come se nulla fosse, attraverso la serratura d'una porta, o spalancandole addirittura l'uscio sulla faccia mentre meno se l'aspetta. E, a poco a poco, tutti s'allontaneranno da lei come da un pericolo. Io non voglio che accada così anche a voi. E allora, datemi retta:curatevi soltanto di quanto avviene a casa vostra, e lasciate che gli altri sbrighino da sè i loro affari. Due o tre compagne parlano fra di loro? Non gettate occhiate di traverso, non mostrate di star sulle spine per timore che si pronunzi il vostro nome:le invogliereste a interessarsi per forza di voi. Non perdete il sonno per la smania di sapere chi sposa la tale, quanta dote porterà la tal altra, perchè una terza è partita improvvisamente, senz'avvertire. Se v'incamminate per questa via, mie care, vi mettete da voi stesse un laccio al collo, e vi togliete il respiro. Sodisfatta una curiosità, vi resterà sempre un certo disgusto, un non so che amaro, da cui crederete di liberarvi cercando di sapere qualche altra cosa che odora di mistero, ripagandovi con lo scoprire ciò che si velava davanti ai vostri occhi. No, no! Quello che voi aspettavate, quello che vi fingevate con la fantasia era sempre migliore; e, dopo, non vi rimane che la disillusione e perfino un po' di rimpianto. . . Era dunque meglio il mistero? Ma il disinganno provato non v'impedirà di voler togliere un altro velo e d'oltrepassare nuovamente i limiti di quanto v'è concesso; di voler leggere in un libro messo all'indice per voi, o cogliere a frullo un discorso appena sussurrato, o forzare una confidenza, o impacciarvi in tutto ciò che non vi riguarda. "Une âme livrée à la curiosité est comme les flots de la mer, livrée a tous les vents" ha detto il Fénelon. Figliole mie, provvedete a tempo, se amate la vostra tranquillità, che sarebbe eternamente turbata dalla smania di sapere ciò che non bisogna o è malsano sapere, e se desiderate di piacere al vostro prossimo, che generalmente rifugge dai pettegoli e dai curiosi.

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