Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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«Diabolik» 9, Anno XLIII (1 Settembre 2004)

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Patricia Martinelli 1 occorrenze

DUNQUE SEMBRA CHE CHI HA LA BAMBINA NON ABBIA NIENTE A CHE VEDERE CON I CONTRABBANDIERI DI ARMI.

La Stampa

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AA. VV. 8 occorrenze

Amato: difficile capire come Firenze abbia dato i natali ad Oriana Fallaci e a Tiziano Terzani

La dirigenza è dunque alla ricerca di un elemento che faccia di corsa e contrasto le doti migliori, ma che abbia anche piedi buoni. «Vogliamo un pezzo da novanta, per il tanto atteso salto di qualità» commentano patron Coppo e il ds Buson. Bocciati Cusini e Avallone, con Manoni ancora sotto osservazione e con il giovane Cundari che scalpita per dimostrare tutto il proprio valore, la società di via Trevigi prosegue i provini e sono cosi arrivati due nuovi elementi: Basso e Tagliaferri, entrambi elementi con alle spalle trascorsi di C1 e C2. «Due validi giocatori che si alleneranno con noi e disputeranno qualche amichevole, poi sarà il mister a decidere su chi puntare - affermano al Casale -. È una scelta troppo importante che va fatta con la massima attenzione». In settimana il tecnico sarà chiamato anche a decidere chi confermare in attacco, tra Presta, Polverino e Lazzaro. «Ne vorrei tenere almeno due, vedremo come fare per il budget» puntualizza lacolino. Soprattutto Polverino e Lazzaro hanno ben impressionato nella prima amichevole con l'Alessandria: il primo dimostrando di avere grande rapidità e dribbling, il secondo di saper difendere molto bene la palla e di essere pericoloso nel gioco aereo. «Polverino è un attaccante guizzante che potrebbe mettere in difficoltà tante difese, mentre Lazzaro è un valido sostituto di Soragna - dicono ancora i dirigenti -. C'è da fare i conti con il bilancio, si vedrà». lacolino è tranquillo, ma non troppo: «La C2 non è affatto uno scherzo, servirà un organico competitivo e lunga: pertanto chiedo alla società ancora gualche sforzo». In settimana intanto dovrebbe iniziare ad allenarsi anche il nigeriano Ike, costretto allo stop a luglio per una forma influenzale.

E potresti, sì, usare l'arma una volta accertato che il (supposto) delinquente ha in programma di farti fuori, però se ti fai piamente uccidere è molto meglio: ci guadagni le corone e i compianti, ai giudici verrà tuttavia il sospetto che tu abbia provocato, con una gesticolazione impropria, l'aggressore, recidivo ma dispiaciuto. L'essenziale è l'abolizione di ogni discrimine tra l'offensore e l'offeso. Spiccioliamo in tutte le botteghe di orologiaio l'esempio dell'Europa: stare fermi, farsi sbranare dalla violenza senza mai cedere alla tentazione di rompere i denti a qualcuno.

Tanto che un sito di musica elettronica e indipendente americano ha recensito assai positivamente «Triumph of a Heart», pur notando come il brano non abbia un vero un testo, ma solo vocalizzi su una base ritmica che unisce il breakbeat e la batteria sintetica. Il breakbeat è forse la frontiera estrema dell'elettronica, anche se di elettronico non ha nulla: si tratta di riprodurre con la voce e i rumori del corpo i suoni del drum'n' bass e dell’hip hop. Musica povera, nata nei vicoli delle periferie americane e inglesi, che fa delle corde vocali uno strumento come gli altri, ma più duttile e versatile. Ecco perché Bjork ha voluto con sé Dokaka, mago del beatbox giapponese, noto per avere inciso versioni a cappella di brani come «Smells Like Teen Spirit» dei Nirvana o «21st Century Schizoid Man» dei King Crimson. Deliranti, ma geniali. E poi Shlomo, Rahzel (oggi con i Roots, già al fianco di LI Cool J e Grandmaster Flash) e Mike Fatton (era nei Faith No More)! In più, una leggenda del rock progressive inglese (Robert Wyatt, con cui duetta in «Submarine») e giovani realtà del pop come Valgeir Sigurdsson dei Mum, che aveva già contribuito a «Selma Songs». Ancora: la throat-singer eschimese TanyaTagaq, un paio di cori da Londra e dall'Islanda, il baritono Gregory Purnhagen. Confermati i Matmos, il duo americano che accompagna Bjòrk da «Vespertine» in poi, e il produttore Mark Bell, eminenza grigia dell'elettronica inglese. Eppure oggi la reginetta del pop tecnologico rinnega in parte computer e sintetizzatori, bollandoli come «so over» , così fuori moda, sfida ancora una volta le classifiche e spiega che il sesto album della sua carriera è il «più intimo, il più personale» , con testi che accennano alla politica e al rapporto con la figlia Isadora di due anni, quando non riprendono i versi del poeta americano E. E. Cummings. Giustifica così un nome, «Medulla», che sa tanto di atlante medico; invece - precisa - «il midollo è il centro, l'essenza di qualcosa: un titolo perfetto per un album solo vocale». Stavolta al disco non seguirà un tour, ma solo sporadici concerti; Bjòrk ha annunciato che tornerà subito in sala d'incisione per registrare un altro album.

Non ritengo giusto sostenere che la stampa abbia mancato in questo senso, appoggiando indiscriminatamente le scelte del governo Bush. Ho letto sul "New York Times" bellissimi articoli che mettevano in dubbio l'esistenza di armi biologiche e chimiche in Iraq e le ragioni di questa guerra. Sono le tv, non i giornali, a essere allineati in modo preoccupante». Anche Ibrahim ha il fisico del ruolo con quella sua aria cosmopolita di arabo vissuto a lungo in Occidente, che ne ha viste tante senza per questo vendere l'anima al diavolo: «Dieci anni fa avrei detto che provengo da un Paese dove il buon giornalismo viene penalizzato, ma oggi devo dire che è penalizzato ovunque. Guardate me: finisce che per gli americani sono il portavoce di un gruppo di terroristi e a casa mi definiscono portavoce dell'imperialismo». E continuando nel gioco del cinema, tutti gli intervenuti al convegno potrebbero essere personaggi di un film sul giornalismo: da Lloyd, britannico riflessivo, al pacato Mo, dallo scalpitante Rampoldi all'avventuroso inviato Fisk. Nell'insieme, quanto hanno detto sul mondo dei media e sulla situazione internazionale (non uno che approvasse la guerra irachena) induce al pessimismo, ma finché esistono professionisti tanto compresi delle proprie responsabilità si potranno continuare a fare film appassionanti, magari in vista di un futuro bis della retrospettiva «Newsfront».

Pinga è un elemento di classe e fantasia, credo abbia grandi possibilità per diventare il nostro trascinatore». A proposito dì contratti in scadenza, Zaccarelli sta lavorando anche su altri fronti: «Parlo anche del nostro capitano De Ascentis, di Balzaretti e dì Mantovani. Sono tutti professionisti che cercano di rinnovare il loro contratto ed è giusto lavorare con calma per arrivare a soddisfare le loro e le nostre esigenze. Anche la società desidera mettere a posto queste situazioni, e con i loro procuratori abbiamo già tracciato una linea comportamentale ben precisa: se riusciremo a trattare con la dovuta serenità vedrete che entro il 31 dicembre sistemeremo tutto». Intanto, incombe la scadenza del 31 agosto, ultimo giorno del mercato trasferimenti. Il Toro, dopo Peccarisi che si sta svincolando dall'Ancona, cerca ancora un difensore esperto. Zaccarelli conferma: «Non c'è fretta, vogliamo valutare la squadra nelle prime due partite di Coppa Italia (il 14 a Lumezzane e il 22 al «Delle Alpi» contro l'Empoli, ndr) prima di prendere decisioni definitive. Per ora c'è solo tanta confusione, con gente che si propone come il venezuelano Cichero o il veronese Comazzi, che non ci interessano. Vogliamo valutare bene per non sbagliare, un difensore arriverà e sarà un bel mastino».

Un portavoce di Sadr ha infatti respinto l'invito di Allawi ed anche ieri sono continuati i sanguinosi combattimenti - i più violenti che l'Iraq abbia conosciuto dalla fine ufficiale della guerra, 15 mesi fa - che da tre giorni oppongono l'Esercito del Mahdi, la milizia armata di Sadr, ed i militari americani. Al dictat di Allawi il leader sciita ha dato una risposta breve e concisa, affidata ad uno dei suoi portavoce, Hazim al-Ajari, che in una dichiarazione all'emittente qatariota Al Jazeera ha fatto sapere che l'Esercito del Mahdi non lascerà «mai Najaf». Mentre Allawi lanciava il suo ultimatum, i miliziani sciiti, di cui un grosso gruppo asserragliato nel grande cimitero della città, hanno ulteriormente fortificato le loro posizioni con le mine. Nel pomeriggio gli americani hanno attaccato con missili le postazioni nel cimitero facendo intervenire anche due elicotteri Cobra. Si sono sentite raffiche ed esplosioni. Ancora assolutamente incerta la conta delle vittime che non dovrebbero esere meno di 21. Ed a Najaf è stata bruciata la sede del partito «Accordo nazionale iracheno», cui è affiliato Allawi. L'offensiva armata sciita si è allargata anche a Sadr City, il grande sobborgo sciita di Baghdad, dove ieri si sono registrate 22 morti e sette feriti in scontri tra miliziani iracheni seguaci di al Sadr e i soldati americani. In mattinata un elicottero di sorveglianza dell'esercito statunitense Oj-58 aveva compiuto un atterraggio di emergenza nella capitale, dopo essere stato probabilmente colpito da colpi di arma da fuoco. I due piloti a bordo sono stati recuperati, incolumi. Ieri sera nel centro di Baghdad almeno alcuni proiettili di mortaio sono caduti in prossimità della Zona Verde e di alcuni alberghi. Tra le vittime un bambino di dieci anni.

Dicono che persino un collega non certo estraneo al culto della personalità, il kazako Nazarbayev, alla vista di quella ciclopica stravaganza abbia mormorato che gli sembrava un po' troppo. Niyazov comunque non esaurisce i suoi sforzi architettonici nell'autocelebrazione. Ha predisposizione per il monumentale, tutto deve rivaleggiare con la torre di babele. Ha appena annunciato una nuova realizzazione nel cuore del deserto turkmeno, dove temperature terribili calcinarono eserciti carovane tribù: costruirà un gigantesco palazzo del ghiaccio. «I turkemi - ha detto - hanno il diritto di pattinare come gli altri». Il mostruoso e costosissimo falansterio si affianca alle centinaia di alberghi di lusso costruiti alla periferia della capitale e desolatamente vuoti. Niyazov era certo che milioni di stranieri sarebbero accorsi ad abbeverarsi alla mecca del suo pensiero. Ha fatto costruire nel suo paese natale ima moschea più grande di quella di Istanbul. Dicono che le barbe e i denti d'oro lo mandino in bestia: ora sono vietati. Non chiediamoci se Niyazov è un pazzo, un caso clinico di schizofrenia del potere. Niente affatto: sa che incrociando Stalin e Gengis Khan si affascina un popolo intorpidito da secoli di rassegnato assolutismo. Le galere comunque sono piene. E chi è seduto su un enorme barile di 155 trilioni di metri cubi di gas e sei miliardi e mezzo di tonnellate di petrolio può permettersi qualche stramberia.

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