Inoltre, si critica la diffusa prassi di predisporre i ricorsi di volontaria giurisdizione simulando che l'incapace abbia proprie risorse, evidenziando come la stessa possa creare sperequazioni tra legittimari in una futura sistemazione familiare.
., la carenza di interesse e/o di legittimazione ad agire in capo al proponente che non abbia allegato un danno derivante dall'illecito plurioffensivo addebitato all'impresa convenuta e la compatibilità con l'art. 24 Cost. della verifica preliminare di ammissibilità cui soggiace l'azione di classe.
La contestualizzazione dei tratti tipici della confisca per equivalente, ravvisabili nel caratterre di provvedimento ablativo, disposto su somme di danaro, beni o altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità, consente di pervenire ad una valutazione dell'istituto, in termini di compatibilità con il principio costituzionale di non colpevolezza e con i corollari che ne discendono, a condizione che l'indice della sproporzione tra il patrimonio ingiustificato e la persona, nei confronti della quale sia stata emessa sentenza di condanna, sia dimostrato dall'accusa.
L'A. prende spunto da una recente sentenza della Corte Suprema per riesaminare la questione se, in caso di omessa adeguata informazione data dal medico al paziente circa i rischi derivanti da un intervento pur eseguito in modo assolutamente corretto, il paziente abbia automaticamente diritto al risarcimento del danno alla salute ovvero invece se sia corretto indagare quale sarebbe stata la sua decisione, di rifiuto o di accettazione, in merito all'intervento stesso se fosse stato adeguatamente informato. In aderenza a quanto deciso dalla sentenza della Corte Suprema l'A. ritiene che il paziente abbia diritto a essere risarcito per il danno alla salute solo qualora egli provi anche con il ricorso a presunzioni che, se fosse stato adeguatamente informato circa i rischi dell'intervento, lo avrebbe rifiutato.
Va escluso il diritto del lavoratore che abbia percepito dal datore di lavoro la retribuzione durante il periodo di invalidità temporanea da infortunio, causata da fatto illecito altrui, di richiedere al danneggiante un'ulteriore somma per tale causale, in forza del principio del divieto di ingiustificato arricchimento, salva la prova di ulteriori danni, quali, ad esempio, la perdita di emolumenti straordinari o pregiudizi alla normale evoluzione della carriera.
., nella parte in cui impedisce la sospensione dell'ordine di esecuzione nei confronti di un soggetto che abbia subito condanna per delitto qualificato dall'aggravante in questione.
Non è incompatibile a celebrare il rito abbreviato il giudice dell'udienza preliminare che abbia disposto il rinvio a giudizio di altri coimputati
La sentenza annotata ritiene insussistente l'incompatibilità a celebrare il rito abbreviato per il giudice dell'udienza preliminare che abbia disposto il rinvio a giudizio nei confronti di altri coimputati. La soluzione offerta dai Giudici di legittimità va condivisa alla luce sia del limitato ambito applicativo che può essere attribuito alla concezione - elaborata dalla Corte costituzionale - dell'udienza preliminare come giudizio di merito, sia dei criteri che disciplinano i limiti dell'incompatibilità ormai cristallizzati nell'imponente opera manipolativa della giurisprudenza costituzionale sull'art. 34 c.p.p.
È opinione comune che l'allegazione di atti d'indagine al fascicolo per il dibattimento concordata tra le parti (artt. 431, comma 2, 493, comma 3, 500, comma 7, e 555, comma 4, c.p.p.) non necessiti di una formulazione del consenso direttamente riconducibile all'imputato, essendo sufficiente che all'intesa abbia preso parte il suo difensore. Tale aspetto della disciplina dell'accordo probatorio può essere interpretata come un indice della natura di tale patto, da considerare come una peculiare modalità di attuazione del contraddittorio nella formazione della prova invece che un'ipotesi di deroga ad esso.
La pronuncia ripercorre i principi affermati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo circa l'atteggiarsi del diritto di difesa a fronte della modifica della qualificazione giuridica operata dal giudice in sentenza. Nel caso di specie è stabilito che la regola per cui la garanzia del contraddittorio deve essere assicurata all'imputato anche in ordine al mutato titolo di reato risulta rispettata laddove la riqualificazione del fatto avvenga in appello, potendosi l'interessato difendere in sede di giudizio di legittimità. Si ravvisa, inoltre, il rispetto della regola medesima nelle ipotesi in cui il diverso tema giuridico abbia formato oggetto di discussione durante il procedimento incidentale de libertate.
Ripercorso l'itinerario motivazionale della decisione, l'A. si sofferma sulle ragioni per cui reputa condivisibile il suo assunto di fondo, secondo il quale non è necessaria l'instaurazione di una nuova udienza camerale, a seguito della reiterata richiesta di archiviazione del p.m. che abbia svolto le indagini suppletive indicate dal giudice. L'A. avanza infine una ulteriore riflessione sulle peculiarità dell'ulteriore opposizione dell'offeso, osservando come si ponga su un piano diverso rispetto alla precedente perché fondata su un diverso materiale probatorio.
Inoltre, si afferma la rilevanza costituzionale ed internazionale del diritto all'autodeterminazione, con alcune precisazioni sul valore probatorio della sottoscrizione, da parte del paziente, del modulo informativo. Infine, con riguardo all'aspetto risarcitorio, si evidenzia che, salvo alcune ipotesi particolari (trattamenti estetici, malformazioni fetali, a titolo esemplificativo), il risarcimento per la violazione del diritto al consenso informato deve escludersi, se la parte non abbia provato, né allegato, un pregiudizio "grave" ovvero tale da superare i limiti della tollerabilità.
L'A. avverte come il danno da perdita di chance abbia assunto da un lato una sua tipizzazione come autonoma voce di danno in relazione a fattispecie bene individuate dalla giurisprudenza e, dall'altro lato, abbia dimostrato una capacità espansiva che spesso si caratterizza per un non condivisibile impiego del termine "chance" in termini puramente descrittivi, ciò che spesso pregiudica nelle applicazioni pratiche un'appagante individuazione dei presupposti risarcitori di tale danno.
Due questioni vengono affrontate dal Tribunale di Grosseto nella sentenza annotata: se cioè il fatto che l'imputata - straniera extracomunitaria, richiesta dalla p.s. di fornire le proprie generalità e mai compiutamente generalizzata - abbia declinato due diverse generalità integri il delitto a lei contestato di cui all'art. 495 c.p. oppure quello meno grave di cui al successivo art. 496 del codice ovvero nessun altro reato, e se il fatto che l'imputata - straniera extracomunitaria, irregolarmente presente in territorio italiano - non abbia esibito alla p.s. né passaporto o altro documento di identità né permesso di soggiorno integri o no la contravvenzione di cui al vigente art. 6 comma 3 T.U. n. 286 del 1998. Ad entrambe le questioni il Tribunale ha dato risposta affermativa. Ma, con riferimento tanto alla prima quanto alla seconda risposta fornita dal Tribunale, l'A., annotando la sentenza, dissente motivatamente.
La decisione della Cassazione ribadisce che la circostanza che il cliente abbia consegnato al promotore finanziario somme con modalità difformi da quelle con cui quest'ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle, non vale, in caso di indebita appropriazione di dette somme da parte del promotore, ad interrompere il nesso di causalità esistente tra l'attività del promotore finanziario e la consumazione dell'illecito, e non preclude, pertanto, la possibilità di invocare la responsabilità solidale dell'intermediario preponente.
Il Tribunale di Messina affronta un caso di danno da fumo passivo, ravvisando la responsabilità del datore di lavoro che non abbia adottato le necessarie cautele per evitare che i propri dipendenti non fumatori potessero subire un danno alla salute per effetto dell'esposizione al fumo passivo di altri colleghi fumatori; la responsabilità viene affermata facendo ricorso all'obbligo imposto dall'art. 2087 c.c., e, dunque, a prescindere dalla più recente normativa che ha imposto il divieto di fumare sui luoghi di lavoro.
Chi abbia riportato danno in conseguenza di reati violenti e avrebbe potuto richiedere l'indennizzo se fosse stata data attuazione alla direttiva 2004/80/CE, ha diritto ad essere indennizzato del pregiudizio subito per fatto non antigiuridico del legislatore che non abbia trasposto nel diritto interno gli strumenti di natura risarcitoria previsti dalla direttiva.
Infatti la Cassazione fa riferimento ai concetti civilistici di nullità e di interposizione; mentre avrebbe potuto, alternativamente, negare che il disponente abbia mai inteso far nascere un trust, oppure configurare il trust come trust inopponibile al Fisco.
L'atto ultra vires (non è senz'altro né "nullo" né "annullabile", ma) è di regola "efficace" (come già accadeva ante riforma); esso va considerato "inefficace" nel solo caso in cui la controparte abbia "intenzionalmente agito a danno della società" (e ciò a differenza del diritto previgente, ove l'inefficacia conseguiva solamente alla non "buona fede" della controparte); questa eventuale inefficacia può essere, come in passato, scongiurata ex ante da una autorizzazione assembleare e può essere, pure oggi, "convertita" in piena efficacia da un placet assembleare circa l'operato dell'amministratore.
In applicazione di tale disciplina del d.lg.lt. 18.1.1945, n. 39, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l'Inps abbia diritto di ripetere le somme versate a titolo di pensione di reversibilità, dalla data della celebrazione a quella della trascrizione, alla vedova che abbia contratto nuovo matrimonio e lo abbia trascritto in maniera tardiva nei registri dello stato civile.
In tal caso, infatti, lo stipulante può revocare il beneficio anche con una disposizione testamentaria e sebbene il terzo abbia dichiarato di volerne profittare (sempre che lo stipulante non abbia rinunciato per iscritto al potere di revoca). b) E' discusso il rapporto della fattispecie in esame con il divieto di patti successori. Si tratta di capire se la morte costituisca la causa dell'acquisto del diritto del terzo, oppure configuri solo il momento a partire dal quale tale acquisto, già avvenuto al momento della conclusione del contratto, diverrà efficace. c) Lo strumento della contrattazione in favore del terzo può assumere un'importante rilevanza concreta nella prospettiva successoria. Non solo, tramite esso, è possibile, dopo la morte dello stipulante, trasferire obbligazioni e diritti reali, ma anche costituire una rendita vitalizia, designare un terzo come avente diritto alla restituzione dei beni oggetto del contratto di deposito, o delle somme di cui il de cuius era titolare presso la banca promittente; garantire, tramite la stipulazione in favore dell'erede di un contratto di assicurazione sulla vita, il mantenimento dell'assetto ereditario voluto dal testatore.
L'A. in questo articolo analizza il nuovo terzo comma dell'art. 96 c.p.c. che arricchisce la disciplina della responsabilità processuale aggravata finora circoscritta al diritto al risarcimento del danno nei casi in cui la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave. Il comma aggiunto all'art. 96.3 c.p.c., prevedendo l'applicazione d'ufficio della sanzione pecuniaria, è preordinato - secondo l'A.- allo scopo di scoraggiare le liti pretestuose così imponendo ai privati comportamenti virtuosi che si riflettono positivamente sul pubblico interesse.
Non essendo però l'impresa collaborante sottratta alle conseguenze dei giudizi civili promossi dai danneggiati né esentata dalle regole probatorie che connotano l'azione antitrust si corre il rischio che l'impiego congiunto del trattamento favorevole con la tecnica risarcitoria abbia un effetto disincentivante nella scoperta di questi fenomeni distorsivi della concorrenza.
Si ritiene che l'IVA all'importazione abbia natura analoga a quella applicata alle cessioni di beni all'interno dello Stato, ma l'equiparazione dell'IVA all'importazione a quella interna non incide sull'autonomia delle procedure di versamento dell'imposta stabilite dalla legge.
L'A. esamina la responsabilità del socio di S.r.l. sotto il profilo della a) responsabilità del socio per le operazioni compiute in nome della società prima dell'iscrizione nel registro delle imprese; della b) responsabilità del socio che possieda l'intera partecipazione sociale (socio unico); della c) responsabilità del socio che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi; degli d) aspetti processuali e legittimazione all'azione in relazione alle ipotesi di responsabilità sub c).
Lo strumento presenta inoltre aspetti competitivi anche in ambito endo-fallimentare con particolare riguardo al programma di liquidazione nel quale il curatore abbia previsto cessione di crediti o rinuncia a beni di difficile realizzo.
La sentenza n. 82 del 2010 della Commissione tributaria regionale del Piemonte fa risalire, anche se implicitamente, a causa di forza maggiore l' "effetto imbuto", cioè l'intasamento che si verifica in prossimità della scadenza del termine per la trasmissione delle dichiarazioni, dichiarando quindi non sanzionabile l'intermediario abilitato che abbia trasmesso i "files" contenenti le dichiarazioni con qualche ora di ritardo. Ugualmente convincente era la soluzione della sentenza di primo grado, che aveva ritenuto inapplicabili le sanzioni irrogate dall'Ufficio in quanto la violazione, stante l'esiguità del ritardo, rientrava tra quelle "meramente formali".
A) L'esercizio del diritto di cronaca quale causa di giustificazione. - Non incorre in responsabilità il giornalista che, pur avendo pubblicato notizie lesive della reputazione altrui, abbia legittimamente esercitato il diritto di cronaca, ossia quando concorrano tre presupposti: verità dei fatti narrati; utilità sociale dell'informazione; continenza espressiva. - B) L'equipollenza fra "verità oggettiva" e "verità putativa". - Se la notizia si rivela successivamente falsa, il giornalista può dimostrare che la diligenza da lui osservata nel controllo dei fatti e nel riscontro delle fonti impiegate è stata tale da impedire di considerare colpevole l'errore sulla verità sostanziale di quanto narrato.
La disposizione a titolo particolare comprenderà tutti i beni presenti al momento dell'apertura della successione nell'azienda, anche se il testatore non li abbia menzionati espressamente. - C) Manifesta volontà del testatore sul contenuto del legato. Sarà opportuno che il testatore formuli la propria volontà, in modo idoneo a non suscitare incertezze sul contenuto stesso del legato, magari regolando analiticamente tutti i singoli rapporti facenti capo all'azienda.
La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di residenza fiscale estera sottolineando come la circostanza che il contribuente abbia dei figli minori affidati con obbligo di dimora in Italia non sia condizione di per sé sufficiente a far acquisire alla persona la residenza fiscale italiana. Tale pronunciamento è di particolare interesse in quanto ricostruisce le interazioni tra i legami di natura personale localizzati in differenti Paesi e deve essere valutato con estrema attenzione senza facili estensioni a fattispecie differenti.
Fissando un principio favorevole al contribuente, la Suprema Corte ha riconosciuto che la mancata emanazione del regolamento comunale, che fissa la valutazione al metro quadro delle aree edificabili, determina nei confronti del contribuente che abbia dichiarato un valore non congruo l'inapplicabilità delle sanzioni ICI per insussistenza dell'elemento soggettivo della colpevolezza.
La sentenza in commento esclude che la dichiarazione con cui si attesta falsamente l'insussistenza di soggetti cessati dalla carica sia nel caso di specie riconducibile alla figura del falso innocuo, in applicazione del principio secondo cui la valutazione dell'innocuità o meno della falsa attestazione deve essere effettuata ex ante e non anche dopo che l'amministrazione abbia adottato le proprie determinazioni.
E' altresì condivisibile laddove ha evidenziato come verta sul contribuente l'onere di provare il fatto negativo di non conoscere la frode posta in essere dal cessionario soltanto dopo che l'Ufficio abbia dimostrato la fondatezza della propria pretesa anche attraverso un ragionamento presuntivo.
Il mantenimento del figlio, lungi dal cessare automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, si protrae sino a quando il beneficiario non abbia raggiunto l'autosufficienza economica oppure si sia colpevolmente precluso la possibilità di raggiungere tale autosufficienza. d) Il matrimonio del figlio titolare di assegno. Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità che si commenta, il matrimonio del figlio maggiorenne beneficiario dell'assegno di mantenimento determina - diversamente da quanto sembra potersi desumere indirettamente dal disposto dell'art. 315 c.c. - l'automatica cessazione del contributo solo qualora la costituzione del nuovo nucleo familiare escluda la necessità di mezzi di sostegno adeguati per vivere. e) Onere della prova. Ferma la possibilità di ricorrere all'uso di presunzioni, spetta al genitore obbligato l'onere di fornire la prova che il figlio abbia raggiunto l'autosufficienza economica o, diversamente, non l'abbia raggiunta per sua colpa, dovendosi affermare una presunzione iuris tantum di non autosufficienza economica del figlio.
La sentenza della Corte di giustizia europea relativa alla causa C-385/09 del 2010 si esprime positivamente sulla possibilità di detrarre l'IVA da parte del soggetto che non abbia ancora acquisito lo "status" di soggetto passivo, purché ciò avvenga in termini ragionevoli rispetto all'acquisto. La condivisibile sentenza risulta rilevante per due questioni: la prima riguarda il momento in cui può dirsi acquisito lo "status" di soggetto passivo; la seconda riguarda la natura formale e non sostanziale degli obblighi dichiarativi e, di conseguenza, la impossibilità di disconoscere la qualifica di operatore economico, nel caso in cui il soggetto non abbia osservato l'obbligo di iscrizione.
L'azione di riduzione è esperibile in via surrogatoria anche dai creditori del legittimario, non rientrando il diritto di legittima nel novero dei c.d. diritti inerenti alla persona. L'opinione dominante della giurisprudenza, infatti, è nel senso che l'azione di riduzione, pur avendo carattere personale, abbia finalità ed efficacia reali, giacché volta alla restituzione dei beni ereditari, cui il legittimario ha diritto. Di conseguenza, trattandosi di un'azione a carattere prevalentemente patrimoniale, essa è cedibile e trasmissibile agli eredi e può essere esercitata in via surrogatoria anche dai creditori personali del legittimario. b) Presupposti e condizioni dell'azione. Ai fini della proponibilità dell'azione, va sottolineato che, poiché il presupposto per l'esperibilità dell'azione surrogatoria è l'inerzia del debitore, un qualsivoglia comportamento positivo, posto in essere dal debitore, ancorché lesivo delle aspettative del creditore, in quanto atto di amministrazione del proprio patrimonio spettante unicamente al debitore stesso, esclude "ab origine" la possibilità d'interferenza da parte del creditore con l'azione surrogatoria. In tale ottica, la giurisprudenza ritiene che la domanda ex art. 2900 c.c. non possa essere accolta, per la mancanza del requisito dell'inerzia del debitore, nel caso in cui questi abbia implicitamente rinunciato alla legittima, compiendo atti esecutivi delle disposizioni lesive, incompatibili con la volontà di farne valere l'inefficacia.
La questione esaminata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8140 del 2011 concerne la possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali da parte di una cooperativa che abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi e abbia omesso di tenere o abbia irregolarmente tenuto la contabilità. Più in particolare, se, nonostante tali violazioni, essa possa essere ammessa a provare di avere diritto alle agevolazioni o se, al contrario, la constatazione delle violazioni sia di per sé sufficiente a precludere la spettanza delle agevolazioni. L'attuale collocazione al di fuori dell'ambito tributario della disciplina dei requisiti mutualistici, che è il portato della riforma societaria, impone quantomeno di ripensare molti orientamenti consolidati sotto la previgente disciplina, e, tra questi, il fondamento sistematico della totale svalutazione delle funzioni, ai fini fiscali, della vigilanza cooperativa che istituzionalmente ne controlla il rispetto.
Il D.L. n. 98/2011 (Manovra 2011) ha stabilito che gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria potranno revocare il numero di partita IVA di coloro che per tre annualità consecutive non abbiano esercitato attività d'impresa o di arti o professioni ovvero di chi, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale, non abbia adempiuto a tale obbligo. La legge, inoltre, consente ai soggetti interessati di chiudere le partite IVA inattive versando una sanzione ridotta.
E' possibile impostare una scissione con apporto di un patrimonio di valore contabilmente nullo o negativo ma che abbia un valore corrente positivo. In taluni casi dovrebbe essere possibile anche una scissione con apporto di valore, sia corrente che contabile, negativo.
La riforma societaria prima, e quella fallimentare poi, combinandosi hanno però accentuato i caratteri di autonomia, che meglio si prestano a una coerente ricostruzione del regime della prescrizione, che abbia quale presupposto una diversa e nuova azione, a natura contrattuale oltre che funzionale alla tutela della massa e, quindi, delle ragioni del ceto creditorio unitamente inteso.
In quell'occasione, il Tribunale ha stabilito per la prima volta che, ai fini della configurazione del reato di maltrattamento di animali, è sufficiente accertare che il comportamento imposto all'animale sia contrario alla sua fisiologia e alle sue caratteristiche etologiche, senza necessità che la condotta dell'imputato abbia cagionato una lesione alla sua integrità fisica. In questa prospettiva diventa centrale la questione dell'attendibilità scientifica delle conoscenze etologiche su cui il Giudice intende basare la propria decisione.
La riforma dei fondi comuni di investimento mobiliare di diritto italiano, in vigore dal 1° luglio 2011, ha fatto emergere alcuni dubbi interpretativi in merito alla determinazione dei redditi di capitale soggetti a ritenuta e al regime transitorio per i proventi distribuiti in costanza di partecipazione agli organismi di investimento, per i quali, anteriormente al 1° luglio, a fronte di restituzioni di apporti previamente effettuati dai sottoscrittori, abbia operato la presunzione (assoluta) di distribuzione prioritaria dei proventi netti realizzati dal fondo nel periodo di detenzione delle quote da parte dell'investitore.
Il sistema del convenzionamento di cui all'art. 5, infatti, opera solo nel caso in cui l'affidamento abbia ad oggetto la fornitura di beni e servizi in favore dell'amministrazione richiedente e non in caso di sevizi pubblici locali, in quanto tali, rivolti a soddisfare i bisogni e le esigenze dell'intera collettività di riferimento.
., si conclude nel senso della rilevanza della preterizione, sostenendo che la fattispecie si realizza in mancanza di relictum ove il de cuius abbia disposto in vita di tutto il suo patrimonio mediante donazioni o liberalità non donative, ovvero abbia disposto di tutto il suo patrimonio mediante legati. In tale ipotesi, la ratio e i presupposti di operatività del precetto racchiuso nell'art. 564, comma 1, c.c. inducono a considerare insussistente l'onere della preventiva accettazione con beneficio di inventario da parte del legittimario che agisca in riduzione; si riconosce, peraltro, la legittimità di un atto di accettazione di eredità, essendo il legittimario, nella successione ab intestato, delato già al momento dell'apertura della successione, precisandosi che, anche qualora ciò non facesse espressamente, la proposizione dell'azione di riduzione sustanzierebbe un atto di accettazione tacita.
In particolare, molti studi hanno cercato di verificare empiricamente come il passaggio ai principi contabili internazionali abbia modificato l'intensità del ricorso a politiche di bilancio. L'articolo, dopo una sintetica analisi dei tratti generali delle politiche di bilancio e dei metodi di verifica empirica di questi comportamento, prende in esame gli studi internazionali e italiani finora apparsi sull'argomento, sia concernenti l'adozione volontaria degli IFRS, sia l'introduzione obbligatoria a partire dai bilanci consolidati 2005. Il giudizio che ne emerge non è univoco e permangono ancora molti dubbi se il passaggio agli IFRS abbia ridotto il grado di utilizzo di politiche di bilancio. L'articolo sottolinea tuttavia delle accortezze metodologiche relative al confronto tra bilanci redatti con due corpi diversi di regole (principi nazionali e principi internazionali), la cui scarsa considerazione è in grado di penalizzare gli esiti del confronto.
L'Adunanza Plenaria, interviene, per la prima volta, sul tema della tutela risarcitoria degli interessi legittimi dopo l'entrata vigore del codice del processo amministrativo; nella decisione, l'adunanza plenaria coglie l'occasione per affermare la natura sostanziale dell'interesse legittimo, l'esistenza nel codice della possibilità di pronunzie dichiarative, costitutive e di condanna inidonee a soddisfare la pretesa del ricorrente titolare di interesse legittimo e la riconducibilità a principi generali dell'ordinamento della rilevanza del comportamento del soggetto danneggiato che non abbia proposto tempestivo ricorso di impugnazione, ovvero non abbia esercitato l'azione cautelare o non abbia eccitato poteri di decisione giustiziale o amministrativa della parte pubblica. Ritiene l'adunanza plenaria che detto ultimo profilo della questione sia rilevante anche con riferimento alle azioni risarcitorie proposte prima dell'entrata in vigore del codice, in quanto si tratterebbe di un principio generale già desumibile dal codice civile.
La Suprema Corte torna a pronunziarsi sulla concessione abusiva di credito e, confermando l'orientamento delle Sezioni Unite sul difetto di legittimazione ad agire del curatore fallimentare, non manca di affermare in un obiter dictum che tale organo possa far valere la responsabilità nei confronti del finanziatore che, in concorso con l'amministratore, abbia cagionato un danno al patrimonio sociale. L'A., nel commentare la decisione, si pone l'interrogativo se l'iniziativa potesse essere estesa anche all'azione ex artt. 146, secondo comma, l.fall., 2394 c.c. e 2394 bis c.c.
L'A. si sofferma sulle difficoltà di individuazione degli standard con cui valutare se una procedura fallimentare abbia avuto una durata irragionevole e non manca di esaminare il tema proposto con riferimento alle procedure concorsuali amministrative sottratte all'applicazione della c.d. legge Pinto.
Con le decisioni in esame, la Cassazione ribadisce il proprio orientamento interpretativo, circa la natura concorsuale del credito per rivalsa Iva addebitata dai professionisti nelle fatture emesse in seguito ai pagamenti in sede di riparto e l'A. esamina gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza sul tema, esprimendo l'avviso, anche alla luce delle direttive comunitarie in materia di Iva, che il credito di rivalsa relativo a prestazioni di servizi rese prima del fallimento abbia natura concorsuale, sconfessandola soluzione proposta dall'amministrazione finanziaria, in un'ottica di favor per il professionista, di scorporare il tributo dall'importo ricevuto dal curatore a titolo di compenso.
Secondo l'ordinanza in commento la giurisdizione amministrativa sussisterebbe solo quando si tratti di apprestare tutela (cautelare, cognitoria ed esecutiva) contro l'agire pubblicistico dell'amministrazione pubblica in favore del soggetto privato che abbia visto illegittimamente impedita la realizzazione del proprio interesse sostanziale per effetto di un atto negativo. Tale soluzione, però, oltre a prescindere dalle norme del nuovo codice del processo amministrativo sulla giurisdizione esclusiva, pare non considerare l'autonomia del giudizio di annullamento da quello risarcitorio, e quindi che l'illegittimità dell'agire amministrativo rappresenta solo uno degli elementi costitutivi della responsabilità risarcitoria, da un lato; e, dall'altro, che l'accertamento dell'illegittimità dell'atto impugnato costituisce il nucleo essenziale della sentenza di annullamento, e come tale rilevante a prescindere dal soggetto che abbia promosso il ricorso.