A partire dall'analisi della giurisprudenza delle sezioni unite in materia di diniego di annullamento d'ufficio e giurisdizione tributaria, il contributo si sofferma sulle differenti questioni che l'affermazione di tale giurisdizione coinvolge: la sussistenza di un interesse legittimo in capo al contribuente che abbia proposto istanza di autotutela, le conseguenze della sua tutela in sede giurisdizionale, la legittimazione della devoluzione delle relative controversie al giudice tributario alla luce dei limiti esterni ed interni della giurisdizione delle Commissioni, la natura discrezionale del potere di autotutela dell'Amministrazione finanziaria.
Il semplice fatto che le Autorità doganali abbiano commesso un errore non basta a far si che tale errore abbia efficacia esimente, in quanto è necessario che non sia ragionevolmente individuabile da parte dell'operatore.
., nei confronti di colui al quale il beneficiario del pagamento abbia trasferito la propria azienda o un ramo della medesima. L'A., nel condividere tale conclusione, non nasconde, però, le proprie riserve in ordine a taluni profili dell'impianto motivazionale che sorregge la decisione.
Ribadendo la propria consolidata giurisprudenza sul punto, il Consiglio di Stato esclude che la responsabilità del proprietario per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti rinvenuti sul suo fondo abbia carattere oggettivo e si configuri quindi come obbligazione propter rem. L'assolutizzazione di tale principio, di per sé condivisibile, determina però alcune incongruenze.
Nel caso di crediti che siano oggetto di cessione a scopo di garanzia, il fideiussore che abbia adempiuto la propria obbligazione nei confronti del creditore principale, e manifesti la volontà di surrogarsi a quest'ultimo nei diritti vantati verso il debitore, subentra anche nelle garanzie del credito concesse dai terzi?
L'A. esamina una decisione della Corte di cassazione in materia di responsabilità illimitata del socio accomandante che abbia agito in violazione del divieto di immistione e della sua assoggettabilità al fallimento ai sensi dell'art. 147 l. fall.
La recente giurisprudenza amministrativa qui esaminata mostra innanzi tutto come il tema dei presupposti per il giudizio di ottemperanza non abbia trovato ancora una sistemazione definitiva. Evidenzia poi la tendenza al superamento della connessione esecutiva tra procedure di cognizione e procedure di esecuzione.
La Corte di cassazione, in punto di disapplicazione delle sanzioni amministrative tributarie in materia di IVA di gruppo, stabilisce che, ove il giudice nazionale abbia ritenuto di dover sollevare questione incidentale interpretativa avanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee, tutto ciò testimoni l'esistenza di un'incertezza obiettiva in ordine all'applicazione della norma dedotta in giudizio.
La sezione lavoro, tornata ad occuparsi della pretesa risarcitoria dei medici che, formatisi tra il 1983 ed il 1991, risultano privati della borsa di studio prevista dalla direttiva 82/76/CE, pur riconoscendo che la tardiva trasposizione della direttiva abbia dato vita ad un fatto illecito fonte di obblighi risarcitori a carico dello Stato inadempiente, ha dichiarato l'avvenuta prescrizione del diritto. La corte ha completamente ignorato la decisione a Sezioni Unite, n. 9147 del 17 aprile 2009, di due mesi precedenti, che dà alla vicenda una qualificazione completamente diversa, ritenendo che la direttiva comunitaria abbia fatto nascere un obbligo dello Stato membro di adeguarvisi ed un diritto dei beneficiari di pretenderne l'adempimento e concludendo che il comportamento del legislatore italiano non può essere considerato illecito alla stregua del diritto comune. Le due soluzioni riflettono due modi alternativi di intendere il rapporto tra ordinamento comunitario ed ordinamento nazionale: monista, la prima, dualista, la seconda.
In applicazione del principio enunciato dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 385/2005, la sentenza ha riconosciuto al padre libero professionista, che abbia proceduto all'adozione di un minore, l'indennità di maternità in alternativa alla madre.
Il venire meno dell'interesse della prole andrà sempre in concreto verificato, anche quando si invochi l'estinzione del diritto in quanto l'assegnatario abbia contratto un nuovo matrimonio, o abbia intrapreso una convivenza more uxorio. Secondo l'opinione ancora oggi largamente prevalente, il diritto dell'assegnatario non ha natura reale, ma è qualificabile come diritto personale di godimento. La trascrivibilità di esso, poi, è espressamente riconosciuta dalla legge, ed è regolata dagli artt. 2643 e 2644 c.c. Si disputa, viceversa, sul permanere, ancor'oggi, della possibilità di opporre, nei limiti del novennio il diritto dell'assegnatario anche se non trascritto, secondo la previsione dettata, in materia di locazione, all'art. 1599 c.c., e richiamata per l'assegnazione all'art. 6, sesto comma, l. n. 898/1970.
Affinché una civile abitazione possa essere considerata "prima casa", e quindi beneficiare della disciplina fiscale a questa riconosciuta, è sufficiente che essa sia destinata a residenza della famiglia unitariamente considerata, senza che necessariamente uno dei coniugi (in regime di comunione legale) abbia la residenza nel comune in cui l'immobile stesso è localizzato.
In tal modo, il danno cagionato dal terzo, il quale abbia sedotto una donna coniugata, non è ingiusto; di conseguenza, non sussiste alcuna forma di responsabilità del "seduttore" nei confronti del coniuge che abbia "subito" la violazione del dovere di fedeltà.
Tale condivisibile conclusione muove dalla premessa che il socio ricorrente abbia prestato acquiescenza rispetto alle maggiori imposte liquidate con l'accertamento singolare notificatogli e - deve ritenersi - sul giudicato favorevole all'Amministrazione formatosi in esito al contenzioso che abbia riguardato la società, nonché sulla circostanza che neppure gli altri soci abbiano impugnato nel merito i rispettivi avvisi di accertamento, limitandosi anch'essi alla contestazione delle sole sanzioni.
A meno che, ed è questa la soluzione positiva, l'amministrazione riesca a dimostrare, anche attraverso delle presunzioni, che il soggetto cui l'atto di accertamento è diretto abbia avuto "l'effettiva e tempestiva conoscenza" del documento richiamato nell'avviso, non essendo sufficiente l'astratta possibilità per il contribuente di procurarsi nel tempo la conoscenza della relatio. Difatti, questa ipotetica conoscenza potrebbe verificarsi in un arco temporale tale da ridurre il termine concesso al contribuente per valutare la fondatezza dell'atto impositivo, con conseguente menomazione del diritto di difesa. Il secondo tema, che in punto di diritto è prodromico alla risoluzione del primo, concerne la qualificazione giuridica del curatore fallimentare qualora egli sia il destinatario dell'atto conclusivo di un procedimento di istruttoria avviato nei confronti dell'imprenditore dichiarato fallito. L'indirizzo accolto riprende quanto precisato dall'orientamento consolidato dei giudici di legittimità e da prevalente dottrina: il curatore del fallimento non è "sostituto" del fallito, ma è "terzo" rispetto alle vicende a contenuto patrimoniale intercorrenti tra il debitore e i suoi creditori. Ne consegue che, in quanto "terzo", al curatore l'amministrazione deve notificare l'avviso di accertamento indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione, prescindendo dalla circostanza che l'imprenditore al tempo in cui era ancora in bonis abbia partecipato personalmente alle verifiche e abbia sottoscritto il processo verbale di constatazione.
Analizzando la normativa codicistica e tecnica che interessa più o meno direttamente il trasporto e soprattutto l'assistenza dei bagagli, l'articolo intende verificare la possibilità di individuare l'esistenza di ulteriori ipotesi di responsabilità in capo ai vari soggetti coinvolti in ambito aeroportuale, in modo da poter fornire ulteriori strumenti a tutela del passeggero danneggiato ovvero del vettore aereo che abbia risarcito uno o più passeggeri danneggiati.
L'A. verifica se e quali sanzioni processuali debbano essere applicate - ed entro che limiti possano essere irrogate - a tutela del diritto di difesa dell'imputato nel caso in cui, a causa dei difetti di natura tecnica, non siano rispettati gli standards imposti per i collegamenti mediante audiovisivi dall'art. 146-bis, comma 3, disp. att. c.p.p. e, dunque, l'imputato non abbia percepito quanto avviene in udienza o non abbia visto o ascoltato gli altri coimputati che prendono parte al processo mediante videoconferenza.
Nel caso dei white collars, qualora l'attività professionale abbia costituito lo strumento o l'occasione per la commissione dei reati, occorre una particolare disamina per verificare la compatibilità della prosecuzione di tale attività con le esigenze specialpreventive del caso concreto e con eventuali pene accessorie interdittive applicate con la sentenza di condanna.
L'A. confuta la tesi di chi ritiene che la Costituzione abbia in sé un genus di garanzie oggettive, destinate a prevalere su quelle di cui è titolare l'imputato. Si finisce così per attribuire al pubblico ministero un inammissibile potere di veto sulla utilizzabilità delle indagini difensive nel giudizio abbreviato, in contrasto con quanto deciso dalla sentenza n. 184/2009 della Corte costituzionale.
Ancora una decisione con cui si sostengono i principi probabilistici in ambito causale, affermando che nella malpractice medica la responsabilità può essere sancita anche allorquando la condotta omessa abbia semplicemente aumentato il rischio di un evento negativo. La sentenza in commento appare interessante altresì sotto il profilo risarcitorio, in quanto conferma la sopravvivenza della categoria del danno esistenziale, sebbene sotto diverso nome, in ossequio formale al nuovo sistema instaurato dalle sentenze delle Sezioni Unite dell'11 novembre 2008.
., per l'escussione di nuovi testimoni non abbia luogo per loro irreperibilità.
Con la sentenza n. 336 del 2008, la Corte costituzionale ha riconosciuto il diritto incondizionato dell'indagato di ottenere la trasposizione su nastro magnetico di tutte le comunicazioni intercettate e non ancora depositate presso la segreteria del pubblico ministero, nel caso in cui il contenuto delle stesse abbia giustificato l'applicazione di una misura coercitiva. Non è ben chiaro, però, quali siano le conseguenze della violazione di siffatto diritto, soprattutto sul piano dell'efficacia della stessa misura cautelare. L'A., commentando l'ordinanza del Tribunale di Catanzaro, cerca altresì di individuare le possibili soluzioni alternative a tale problema.
Si rileverà, poi, come l'operato della Corte costituzionale abbia giocato un ruolo fondamentale ai fini del "superamento" della predetta distinzione. Da ultimo, saranno analizzati i passaggi interpretativi che hanno condotto le Sezioni Unite - sia nella pronuncia in commento, che nei precedenti rinvenibili in giurisprudenza - a prediligere la giurisdizione del giudice amministrativo, anche laddove si assista alla lesione di un diritto fondamentale, quale il diritto alla salute.
Sebbene il riconoscimento di tale dimensione abbia portato alcuni filosofi ad abbracciare posizioni relativiste, cercherò di mostrare la loro impraticabilità, facendo particolare riferimento al concetto di verità e al costruttivismo sociale circa i fatti. In secondo luogo, analizzerò il tentativo di conciliare la nozione di verità oggettiva con la dimensione sociale della conoscenza proposto da Donald Davidson e, successivamente, argomenterò che ammettendo l'intersoggettività della conoscenza si può sperare di raggiungere un'"oggettività forte". Infine, illustrerò brevemente come queste riflessioni possano trovare riscontro in ambito giuridico.
L'A. esamina la pronuncia del Tribunale di Prato, con la quale si afferma il principio della comunicabilità dell'inefficacia dell'atto di compravendita immobiliare oggetto di revocatoria ordinaria all'atto di costituzione di fondo patrimoniale intercorso fra coniugi, ritenendo sussistente la legittimazione passiva del coniuge che abbia prestato il consenso alla costituzione del fondo patrimoniale, prescindendo dall'ulteriore circostanza che l'avente causa, nonostante la partecipazione al consilium fraudis riferito all'atto di compravendita, non risulti essere a sua volta debitore del creditore procedente.
La libertà di manifestazione del pensiero è comprensiva anche del diritto del pubblico ad essere esattamente informato affinché abbia la possibilità di orientarsi e formarsi un'opinione sugli avvenimenti della vita pubblica.
Punto di partenza obbligato è la sistemazione del carico adeguata al mezzo di trasporto, alla natura delle merci trasportate e dal modo del loro imballaggio: il vettore che (personalmente o tramite i suoi ausiliari, come l'autista) vi abbia provveduto sarà ritenuto responsabile per i danni occorsi alla merce trasportata a causa del cattivo rizzaggio.
Con la pronuncia in esame la Suprema Corte avvalla l'orientamento giurisprudenziale a tenore del quale, in relazione al diritto del mediatore alla provvigione, non rileva che la conclusione dell'affare sia avvenuta dopo la scadenza dell'incarico conferitogli, purché il mediatore abbia messo in relazione i contraenti con una attività rilevante ai fini della conclusione del medesimo affare, ritenendo altresì valide le clausole del contratto di mediazione che ampliano, rispetto allo schema legale, i diritti del mediatore e lo esonerano dall'onere di dimostrare l'utilità della sua intermediazione in ordine alla conclusione dell'affare.
Puglia n. 17/2006 va interpretato, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata, nel senso che la norma stessa non comporta il consolidamento di una posizione di privilegio per i precedenti concessionarie e richiede che, nel caso di domande concorrenti, l'Amministrazione debba procedere alla loro valutazione in comparazione e rinnovare la concessione al soggetto che abbia formulato la migliore proposta.
Per la proposizione del ricorso per motivi aggiunti, sia diretti avverso atti nuovi che avverso lo stesso provvedimento censurato con l'atto introduttivo del giudizio, non si applica la dimidiazione dei termini prevista dall'art. 23 bis, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ravvisandosi anche in queste ipotesi la necessità di garantire il pieno esercizio del diritto costituzionalmente garantito di difesa, che verrebbe ad essere eccessivamente compresso per effetto dell'abbreviazione dei termini, e a nulla rilevando che il ricorrente abbia già conferito il mandato a un difensore.
In particolare, vengono trattati i casi della s.r.l. tenuta alla redazione del bilancio consolidato, della s.r.l. che controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti, della s.r.l. che abbia la qualifica di ente di interesse pubblico e della s.r.l. che controlla, è controllata da, o è sottoposta a comune controllo con, un ente di interesse pubblico.
Pare stavolta che il legislatore abbia deciso di "passare palla" alle regioni. All'interprete non resta che stare a guardare.
La mancanza di un rapporto di servizio, la personalità giuridica della società e l'autonomia patrimoniale della medesima rispetto ai soci non permetterebbero, infatti, di riferire al patrimonio del socio pubblico il danno che il comportamento illegittimo degli organi sociali abbia arrecato al patrimonio dell'ente. In tal modo, le Sezioni Unite intendono porre termine ad un contrasto interpretativo che da tempo contrappone la giurisprudenza civile e quella contabile.
Ad un anno dall'entrata in vigore della l. n. 38/2009 è opportuno analizzare come la giurisprudenza abbia cercando di ovviare ai limiti strutturali della fattispecie incriminatrice degli Atti persecutori (art. 612 bis c.p.), evidenziati dai primi commentatori, per trarre una valutazione positiva della sua introduzione nel codice penale.
Le sezioni unite, modificando il precedente orientamento, assolutamente prevalente, formatosi in relazione alla vecchia disciplina, ritengono che tale modifica abbia portata innovativa, non interpretativa, e che colleghi chiaramente la cessazione dell'ente alla iscrizione della cancellazione. Peraltro, gli effetti costitutivo-estintivi che da quest'ultima discendono si estendono alle società di persone, pur conservando in tal caso la pubblicità nel registro delle imprese natura dichiarativa.
La sentenza n. 15558 del 2009 della Corte di cassazione afferma che, ai fini dell'avviso di accertamento ICI, è irrilevante il fatto che il Comune abbia omesso di comunicare al contribuente l'attribuzione ad un terreno della natura di area edificabile. Detta affermazione, nella sua assolutezza, non è condivisibile. L'omessa comunicazione impedisce senz'altro l'applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione, poiché non è imputabile alcuna colpa al contribuente che, in assenza della notizia di variazione della destinazione d'uso, abbia continuato a trattare il terreno come agricolo. Non solo: alla luce della capacità espansiva del principio di legittimo affidamento, è altresì prospettabile l'inesigibilità "tout court" del maggior tributo correlato alla natura edificatoria dell'area, in assenza della comunicazione di avvenuta variazione.
Con l'intento di assicurare tale finalità il legislatore ha disciplinato il profilo temporale di tale beneficio essendo necessario, oltre all'effettivo sostenimento di tali oneri, che il contribuente abbia ristrutturato un immobile con il beneficio del 36 per cento con lavori iniziati a partire dal 1 luglio 2008.
È, dunque, fondamentale analizzare le peculiarità di ogni singola fattispecie al fine di capire se ed in quale misura la società abbia un interesse esclusivo (o prevalente) nell'attribuzione di detto bene.
Finora l'Agenzia delle Entrate non sembrava aver fornito chiarimenti risolutivi ai dubbi e alle eccezioni che parte prevalente della dottrina ha sollevato contro un orientamento interpretativo "restrittivo", secondo il quale condizione inderogabile per la deducibilità degli accantonamenti è che l'atto, dal quale risulta il diritto all'indennità di fine mandato, abbia data certa anteriore all'instaurarsi del rapporto tra amministratore e società.
Con un'inversione di rotta rispetto alla giurisprudenza precedente, pressoché unanime, la Suprema Corte riunita a Sezioni Unite ha stabilito che, ai fini dell'interpretazione della norma della Convenzione di Bruxelles del 1968 che determina la giurisdizione in materia di domanda di garanzia, non rileva la distinzione tra garanzia "propria" e "impropria" e che, pertanto, il giudice della causa principale ha sempre giurisdizione nei confronti del terzo contro il quale il convenuto abbia proposto una chiamata in garanzia, salvo che la chiamata - ed è questo l'unico limite - non abbia lo scopo di distogliere il terzo dal suo giudice naturale.
. - Ai fini delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa, è necessario che, oltre a non essere titolari di altro diritto di proprietà su altra casa di abitazione nel medesimo Comune e a non aver già goduto dei medesimi benefici, almeno uno dei coniugi acquirenti abbia, o si impegni a trasferire, la residenza nel Comune ove è ubicato l'immobile. L'agevolazione fiscale si estende anche all'altro coniuge, comproprietario del bene in comunione legale, pur se questi non abbia la residenza in tale Comune.
La Suprema Corte afferma che è controverso sia in dottrina che in giurisprudenza se abbia natura meramente ricognitiva ovvero negoziale l'atto con cui uno dei coniugi, intervenendo nel contratto stipulato dall'altro coniuge, riconosca a norma dell'art. 179, 2° co., c.c. la natura personale del bene acquistato e consenta perciò alla sua esclusione dalla comunione legale. La Corte stabilisce, con la pronuncia de qua, potersi ammettere che tale dichiarazione abbia natura ricognitiva e portata confessoria quando risulti descrittiva di una situazione di fatto, non quando sia solo espressiva di una manifestazione di intenti. Una dichiarazione di intenti può essere più o meno sincera od affidabile, ma non è una attestazione di fatti, predicabile di verità o di falsità. La Suprema Corte afferma che può avere natura ricognitiva la dichiarazione con cui uno dei coniugi riconosca che il corrispettivo dell'acquisto compiuto dall'altro coniuge viene pagato con il prezzo del trasferimento di altri beni già personali - art. 179, 1° co., lett. f) -; non può invece attribuirsi natura ricognitiva alla dichiarazione con cui uno dei coniugi esprima condivisione dell'intento dell'altro coniuge di destinare alla propria attività personale il bene che viene acquistato. L'intervento adesivo del coniuge non acquirente è condizione necessaria dell'esclusione dalla comunione del bene acquistato dall'altro coniuge. L'art. 179, 2° co., c.c. prevede che l'esclusione dalla comunione ai sensi dell'art. 179, 1° co., lett. c), d) e f), c.c. si abbia solo se la natura personale del bene sia dichiarata dall'acquirente con l'adesione dell'altro coniuge. La Suprema Corte afferma che il coniuge non acquirente può successivamente proporre la domanda di accertamento della comunione legale anche rispetto ai beni che siano stati acquistati come personali dall'altro coniuge non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente fosse intervenuto nel contratto per aderirvi. L'intervento adesivo del coniuge non acquirente è richiesto cioè solo in funzione di necessaria documentazione della natura personale del bene, unico presupposto sostanziale della sua esclusione dalla comunione.
Con la sentenza n. 22234/2009 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione - accogliendo la teoria meno rigorosa sulla contemplatio domini negotii nella rappresentanza diretta - ribadiscono lorientamento secondo cui perché si abbia spendita del nome nel rappresentato non è necessaria lespressa dichiarazione del nome di questultimo, purché il comportamento del mandatario sia idoneo, per univocità e concludenza, a portare a conoscenza del contraente che egli agisce per un soggetto diverso nella cui sfera giuridica gli effetti dellattività rappresentativa sono destinati a prodursi direttamente.
Violazione di sigilli e condotta penalmente rilevante: il reato è integrato anche quando la condotta tipica abbia riguardato sigilli apposti per impedire luso illegittimo della cosa
LA. prende in esame lipotesi della responsabilità professionale dellavvocato per inadempimento degli obblighi scaturenti dal mandato qualora il tardivo deposito del ricorso per cassazione abbia cagionato un danno patrimonialmente valutabile al proprio cliente.
La soluzione proposta dal giudice di merito, tuttavia, si rimarca per il cambio di rotta rispetto ad altre pronunce, sebbene sull'esito abbia inciso la particolare situazione di fatto. Essa dimostra, però, come sia ancora di là da venire una certezza sul punto e non possa quindi dirsi del tutto consolidato l'orientamento giurisprudenziale fin qui determinatosi.
Buone ragioni, infatti, spingono a rinvenire, in entrambi i commi enunciata, una regola di risarcimento operante in sede di liquidazione; stando così le cose, va da sé disconoscere che la disposizione abbia rilievo sul terreno della causalità, sia materiale che giuridica.
L'A. prova ad argomentare che il rimedio in questione abbia in realtà carattere oggettivo, prescinda cioè dalla colpa del venditore, e sia peraltro di garanzia e non di responsabilità.
La Cassazione nelle due ordinanze in commento - che si occupano del trasferimento di un'impresa societaria in uno Stato esterno all'Unione europea e da un Paese comunitario ad un altro - affronta il tema della giurisdizione del giudice italiano a dichiarare l'apertura di procedure di insolvenza di società che abbiano trasferito all'estero la propria sede, ribadendo che la competenza internazionale del giudice italiano permane quando allo spostamento della sede legale non abbia fatto seguito quello effettivo.
L'A. analizza quali limiti di ordine sistematico incontra la discrezionalità del giudice, in particolare allorché la misura abbia natura anticipatoria.