Il leveraged buy out, che abbia una ragionevole giustificazione economica e che non determini, quale conseguenza, l'esposizione di passività inesistenti, non ha connotati di fraudolenza tali da consentire, anche se realizzato prima della riforma del diritto societario, la contestazione di reati tributari. La stessa operazione, se finalizzata esclusivamente o principalmente al risparmio di imposta, può, invece, costituire una forma di esclusione fiscale.
I redditi delle società cooperative agricole che operano nel campo della trasformazione e alienazione dei prodotti sono esenti da IRES quando l'attività da loro svolta abbia prevalentemente ad oggetto i prodotti agricoli conferiti dai soci nei limiti della potenzialità dei loro terreni. Pertanto, ai fini dell'esenzione, non è sufficiente riscontrare la natura soggettiva del contribuente - società cooperativa agricola - dovendosi verificare, di anno in anno, se l'attività svolta rientri nei limiti previsti dall'art. 10 del d.p.r. n. 601/1973.
., esaminando la disciplina della fideiussione - con particolare riguardo agli strumenti offerti al fideiussore che abbia onorato la garanzia - propone alcune riflessioni sulla sorte dei diritti di credito di quest'ultimo nei confronti del debitore dichiarato fallito.
L'A. esamina le questioni relative al fondamento e all'estensione del diritto del convenuto che abbia subito la revoca fallimentare ad insinuare il c.d. credito da restituzione, con particolare riguardo ai temi del regolamento delle spese d'insinuazione e della misura del credito accessorio per interessi.
La responsabilità da reato degli enti, disciplinata dal d.lg. n. 231/2001 è autonoma e si aggiunge, senza sostituirla, alla responsabilità penale della persona fisica che abbia agito a vantaggio dell'ente. A fronte di ciò, in presenza di reati che giustificherebbero la contestazione all'ente di un illecito amministrativo ai sensi del d.lg. n. 231/2001, il sequestro a carico di un amministratore può essere disposto indipendentemente dalla possibilità di applicare un'analoga misura cautelare a carico dell'ente.
Nella nota si esaminano le questioni relative al titolo e all'estensione del credito del convenuto che abbia restituito quanto ricevuto in forza di atto revocato, con specifico riferimento alla qualificazione della restituzione quale elemento costitutivo della fattispecie ovvero quale condizione cui è sottoposto il credito da insinuare al passivo.
Pertanto, qualora il trustee abbia in buona fede deciso di non avvalersene, nessun giudice potrà intervenire. Ciò nonostante, in presenza di un trust discrezionale, il giudice può, se lo ritiene necessario, agire per il corretto e tempestivo esercizio dei poteri e adempimento degli obblighi del trustee, anche mediante la sua sostituzione. Al di fuori dello stato di necessità, il giudice raramente interferisce con il trustee che agisca discrezionalmente e in buona fede.
. - evidenzia come la riforma non abbia risolto tutte le questioni già affrontate in giurisprudenza sull'efficacia della garanzia.
In merito alla determinazione del valore in Dogana della merce importata, laddove si tratti di computer che il venditore abbia dotato di un "software" comprendente uno o più sistemi operativi messi gratuitamente a sua disposizione dal compratore, occorre aggiungere al "valore di transazione" dei computer stessi il valore del "software", se non già incluso nel prezzo effettivamente pagato (o da pagare) dall'acquirente.
La Suprema Corte, nel confermare il principio che soggetto passivo della domanda degli eredi avente ad oggetto la liquidazione della quota del socio premorto di una società di fatto o di persone in genere (come pure quella del socio receduto od escluso) va indirizzata alla società e non già ai soci superstiti, precisa, peraltro, che, per considerare il contraddittorio regolarmente instaurato (anche qualora siano convenuti tutti i soci e non la società) occorre che risulti accertato in concreto ,sulla base dell'interpretazione della domanda, che l'attore abbia agito attraverso la società debitrice per far valere il proprio credito.
Esso consente al fallito, che non abbia demeritato, di veder cancellati i debiti non pagati al termine della procedura concorsuale, a condizione che i creditori siano stati pagati, anche se soltanto in parte. L'A. si sofferma sui numerosi problemi interpretativi, anche di carattere costituzionale, che la nuova disciplina solleva e sulla disparità di trattamento che si è in questo modo determinata tra l'imprenditore persona fisica soggetto a fallimento, che può beneficiare dell'esdebitazione, e il non imprenditore, l'insolvente civile che a tale beneficio non è ammesso.
., abbia oggi trovato conferma del nuovo diritto positivo.
La nota, traendo lo spunto dalle pronunce in rassegna, esamina il tema della ricusabilità del giudice delegato che abbia autorizzato una transazione ex art. 35 l., o che si sia pronunciato sulla controversia in una fase sommaria, esprimendo un'opinione critica rispetto all'orientamento prevalente della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, non mancando di estenderne l'analisi con riferimento alla nuova disciplina di cui al d.lg. n. 5/2006 ed al decreto correttivo.
La sentenza in commento si inserisce nella discussione relativa all'an, al quomodo e ai limiti ai quali il giudice amministrativo è soggetto nel momento in cui è chiamato a dirimere una controversia tra un operatore di comunicazioni elettroniche e l'Autorità indipendente di settore che abbia emesso nei suoi confronti una misura regolamentare restrittiva, la quale abbia avuto il preventivo avallo della Commissione europea.
Nell'articolo vengono esaminate le problematiche connesse al nuovo obbligo dell'amministrazione di dare notizia di ogni interesse che, per proprio conto o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, e gli effetti della sua eventuale astensione nella delibera conseguente.
L'art. 2476, comma 3, c.c. attribuisce al singolo socio che abbia esercitato l'azione di responsabilità la legittimazione a chiedere al giudice anche un provvedimento cautelare di revoca dell'organo amministrativo convenuto nell'ipotesi di gravi irregolarità da questo commesse nella gestione della società. In relazione al rapporto esistente tra l'azione di responsabilità e la revoca cautelare degli amministratori si discute in merito a se l'azione di revoca sia strumentale rispetto all'azione di responsabilità e, quindi, proponibile solo una volta che sia instaurata la causa di merito oppure se sia autonoma e, quindi, esperibile ante causam.
Benché l'art. 5, comma 3, l. n. 289/2002 abbia affermato in via di interpretazione autentica la rilevanza ai fini della base imponibile IRAP dei contributi erogati in base a legge, ancorché esclusi dal reddito, restava contestato in dottrina e giurisprudenza il carattere realmente interpretativo della norma e quindi la sua efficacia per il passato, specie con riferimento alle somme erogate dalle Regioni a favore di imprese di trasporto pubblico locale, escluse dai "ricavi" ai sensi dell'art. 3 del d.l. n. 833/1986. Una recente pronuncia della Cassazione afferma tale carattere, ma con argomenti che lasciano qualche perplessità.
Nonostante la l. 8 aprile 2004, n. 95 abbia maggiormente garantito il diritto costituzionalmente garantito alla libertà e alla segretezza della corrispondenza dei detenuti, resta irrisolta la questione relativa all'eccessivo potere cautelare di "trattenimento su sospetto" da parte delle direzioni degli "istituti penitenziari".
., del nome di persone non indagate, con riferimento alle quali il magistrato inquirente non abbia formulato alcuna richiesta.
., quando quest'ultimo abbia dedotto un impedimento a comparire, essendo rimasto assente anche l'imputato. L'A. analizza la soluzione individuata dalle Sezioni unite della Cassazione con qualche perplessità sull'idoneità del sostituto a costituire un valido contraddittorio ai fini della declaratoria di contumacia.
Una delle prime applicazioni giurisprudenziali dell'incompatibilità a testimoniare fissata per il difensore che abbia svolto indagini fornisce lo spunto per alcune riflessioni sull'istituto. L'A. si sofferma soprattutto sulla ratio e sull'estensione del divieto e, in aderenza al Tribunale di Verona, sostiene che la proibizione non riguardi qualsiasi testimonianza, ma solo quella che verte sull'atto investigativo compiuto. Resta però problematico ricostruire i rapporti tra le figure di testimone e di difensore "in generale", cioè a prescindere dall'eventualità che quest'ultimo abbia indagato: non è chiaro, infatti, se in tal caso il patrocinatore possa deporre e conservare l'incarico; l'A. illustra le esigenze ed i valori che possono orientare nell'una o nell'altra direzione.
Sottolineano come il gruppo abbia dinamiche sue proprie, tali da incidere anche sugli spazi di autodeterminazione dei singoli appartenenti.
La decisione, pur suscitando qualche riserva laddove esclude che la sentenza ex art. 448 comma 1 ultima parte c.p.p. abbia natura di condanna, va nel complesso apprezzata: l'inesperibilità dell'appello dell'imputato ben si giustifica, infatti, da un lato per il minor interesse di costui ad impugnare una sentenza pronunciata su sua richiesta, dall'altro a titolo di contropartita per i rilevanti benefici premiali che il patteggiamento, anche post-dibattimentale, comporta.
Dopo una breve ricognizione sull'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale del suddetto parametro decisorio prima della sua codificazione, si vuole valutare se, in concreto, esso aggiunga un quid novi per il giudizio di responsabilità, ovvero abbia solo il valore di rafforzare i principi di garanzia già patrimonio del nostro sistema.
Non é chiara soprattutto la sorte del processo, in particolare la sua modalità di prosecuzione, una volta che il g.i.p. abbia respinto la richiesta di applicazione della pena avanzata dalle parti.
Il commento intende porre in luce come l'oggetto del giudizio speciale sul silenzio abbia subito un'estensione a seguito della riformulazione dell'art. 2, comma 5, della legge generale sul procedimento amministrativo; più problematica, nell'euritmia del sistema, appare piuttosto la questione dell'ammissibilità dei motivi aggiunti avverso il diniego esplicito intervenuto nelle more del giudizio, che può peraltro essere risolta positivamente, anche nella prospettiva della previa conversione del rito.
La decisione - ricca di spunti di interesse sul rapporto tra condono edilizio e nuovo giudizio sul silenzio - si pone in consapevole contraddizione con una pronuncia precedente di un'altra sezione e rappresenta l'occasione per esaminare con particolare attenzione due profili: a) la legittimazione ad agire del soggetto che abbia chiesto la definizione del procedimento di condono edilizio relativo ad un immobile confinante con la sua proprietà senza ottenere risposta dall'amministrazione; b) la configurazione di controinteressati nel giudizio sul silenzio avente a oggetto la mancata definizione del procedimento di condono.
L'A. pone in rilievo come la legge n. 102/2006, relativamente agli aspetti civilistici e processual-civilistici, abbia reso molto più problematico il quadro di riferimento in relazione alla competenza per materia ("traslocata" dal Giudice di Pace al Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro) allorché si discuta di risarcimento dei danni a persona a seguito di incidenti stradali. Si sottolinea, altresì, la superficialità del legislatore sia in fase di redazione della norma che in ambito di coordinamento con altre disposizioni legislative e, in particolare, con il d. lgs n. 209/2005 (c.d. Codice delle Assicurazioni Private).
Con la presente ordinanza, il Tribunale di Napoli conferma la sua impostazione in tema di competenza delle sezioni specializzate, secondo la quale questa sussiste per ogni fattispecie di concorrenza sleale che abbia un'incidenza anche solo economica sulla circolazione dei beni oggetto di privativa e quindi rientranti nei diritti di proprietà industriale. L'ordinanza mette in luce anche il delicato tema della valutazione della sussistenza della capacità distintiva tanto del marchio denominativo, quanto del marchio di forma, chiarendo la nullità, quando si identifica con la mera forma del prodotto.
La Suprema Corte, tuttavia, ha ammesso che il coniuge non stipulante possa comunque essere coinvolto ogniqualvolta si possa ritenere che, per il principio dell'apparenza giuridica, il terzo creditore abbia fatto ragionevole affidamento sul fatto che il contraente abbia agito anche in nome e per conto dell'altro coniuge (nella specie, relativa ad un contratto di mutuo stipulato dal marito per pagare i lavori di costruzione della casa coniugale, la S.C. non ha ritenuto provata né la destinazione familiare della somma mutuata, né gli elementi fattuali necessari a concretizzare una situazione di apparenza giuridica). L'A. evidenzia come il problema della responsabilità solidale risulti positivamente risolto dal progetto di legge in materia di contratto d'unione solidale attualmente in discussione in Senato.
La Suprema Corte con la pronuncia in esame afferma che laddove l'ex coniuge, obbligato alla corresponsione dell'assegno di divorzio, abbia formato una nuova famiglia, occorre temperare la misura assistenziale dell'assegno di divorzio nei confronti dei membri della prima famiglia con le sopraggiunte necessità della nuova famiglia, incidendo la scelta, da parte dell'ex coniuge onerato, circa la formazione di un nuovo nucleo familiare, sui criteri di quantificazione dell'assegno divorzile di cui all'art. 5, comma 6, della l. 1 dicembre 1970, n. 898.
Se, da un canto, la tutela degli interessi del cliente deve essere garantita nei confronti dell'avvocato che, trasgredendo ai propri doveri professionali, ne abbia tradito la fiducia, dall'altro si deve impedire che attraverso le perquisizioni presso lo studio del professionista, non autorizzata dal g.i.p. e senza l'assistenza del Consiglio dell'ordine, si acquisiscano all'indagine documenti che possono pregiudicare il cliente o terze persone estranee al rapporto professionale.
Il delitto di truffa non postula necessariamente l'identità del soggetto ingannato con la vittima del danno ingiusto, purché chi compie l'atto di disposizione patrimoniale abbia il potere di agire efficacemente sui beni del danneggiato. La pronuncia in commento si pone all'attenzione del lettore non solo perché risolve un caso molto articolato e complesso di "truffa tra soggetti", ma perché offre spunti proficui per approfondire le diverse tematiche della c.d. "truffa processuale" e degli estremi del tentativo punibile.
Secondo l'A. questa affermazione di principio, coerente con la disciplina societaria non vale ad escludere la responsabilità del sindaco supplente nel caso in cui con il suo comportamento abbia rafforzato il proposito criminoso dell'autore della bancarotta.
Chiunque abbia una minima esperienza di "navigazione" su Internet sa che il problema non è la scarsità di informazioni ma la loro sovrabbondanza, con l'effetto - soprattutto per i non troppo esperti - di "vagare" trascinati dalle correnti della Rete senza potersi avvalere delle numerose "risorse" disponibili. Nel contributo che segue, l'obiettivo è quello di fornire un quadro semplice e diretto delle opportunità che si presentano a chi intende trovare beni e/o servizi, impiegando il principale strumento che sono i motori di ricerca.
Con questa pronuncia la Suprema Corte ha confermato l'orientamento delle Sezioni Unite che, con sentenza n. 15783/05, hanno risolto il contrasto relativo alla legittimazione passiva dei legali rappresentanti di un minore che, nelle more della notificazione del ricorso in Appello, abbia raggiunto la maggiore età. In particolare viene ribadito il principio secondo il quale la maggiore età non costituisce un evento imprevedibile, bensì inevitabile nell'an e agevolmente riscontrabile nel quomodo; pertanto il processo in appello è inammissibile qualora sia stato erroneamente instaurato con la notifica dell'impugnazione ai genitori del minore, divenuto medio tempore maggiorenne.
La eventualità che nell'ambito della prestazione di servizi on-line possano verificarsi disfunzioni imputabili all'outsourcer pone il problema di individuare il soggetto legittimato passivo a fronte del privato che abbia subito un danno.
La sentenza in epigrafe offre lo spunto per affrontare alcune ricorrenti questioni in materia di sinistri stradali (mortali) nel contesto del nuovo assetto dei danni non patrimoniali; nonché la questione della rilevanza della condotta della vittima, che abbia omesso di allacciare le cinture di sicurezza o che abbia accettato il trasporto nell'auto condotta da una persona in palese stato di ebbrezza, sul piano del nesso causale (ai fini della responsabilità penale e civile del conducente e della diminuzione, ai sensi dell'art. 1227 c.c., del risarcimento dovuto).
L'azione aquiliana può essere esperita dal coniuge che abbia subito un tradimento, in ragione del quale sia venuta meno la comunione materiale e spirituale che sorreggeva il rapporto coniugale, purché vi sia la prova della malafede o della colpa grave dell'altro coniuge circa la propria omosessualità. La sentenza in commento, pur recependo correttamente gli orientamenti recenti della dottrina e della giurisprudenza in materia, lascia fortemente perplessi sia in merito alla ricorrenza dell'illecito subito dal coniuge tradito, sia in merito alla quantificazione del danno esistenziale risarcito.
. - con conseguente inibitoria cautelare - qualora si avvalga dell'opera dell'ex agente di un concorrente, che abbia violato il patto di non concorrenza tra di essi intercorrente.
Al fine di fruire del particolare regime della "pex" nel caso in cui una società svolga la propria attività in campo immobiliare e abbia beni immobili locati che considera beni merce, occorre valutare la sussistenza o meno del requisito della commercialità. L'Associazione italiana dottori commercialisti, con la norma di comportamento n. 166 del febbraio 2007, nell'affrontare tale problematica, esamina casi molto frequenti nella pratica quali quelli della locazione dell'immobile c.d. cielo-terra e quelli del possesso di beni merce in prevalenza locati.
La Corte di cassazione interviene nuovamente sugli effetti della fatturazione inesistente, sotto il profilo soggettivo, confermando che il destinatario dell'operazione non può detrarre l'IVA addebitata, ancorché abbia dimostrato di aver ricevuto l'oggetto dell'operazione e abbia provveduto al pagamento dell'imposta. Al risultato interpretativo si perviene attraverso l'introduzione di una prospettiva del tutto inedita del concetto di "inerenza" ai fini IVA: accanto ai noti cardini, riferiti al presupposto oggettivo (cioè, alla natura del bene o del servizio acquistato) e soggettivo (in riferimento alla qualifica dell'acquirente che deve essere, appunto, "soggetto passivo" dell'imposta), i giudici di vertice individuano un ulteriore requisito, di tipo soggettivo, riferito al soggetto cedente o prestatore, la cui "altruità" deve essere valutata dal giudice territoriale, al fine del riconoscimento del diritto di detrazione.
Il contribuente che, anche dopo l'inizio di un controllo fiscale a suo carico, abbia presentato una dichiarazione integrativa con l'indicazione dei costi da paradisi fiscali inizialmente omessa non può essere destinatario, sia prima che dopo le modifiche introdotte in materia dalla legge Finanziaria per il 2007, né di riprese a tassazione dei costi, né di alcuna sanzione proporzionale, sia essa quella ritenuta applicabile dal fisco ante Finanziaria, per infedele dichiarazione, sia essa quella, specifica, prevista dalla Finanziaria.
Suscita tuttavia perplessità l'affermazione secondo cui il pagamento dell'imposta di registro da parte del notaio, a seguito della notifica nei suoi confronti dell'avviso di liquidazione, renderebbe definitivo il rapporto tributario con la conseguente irripetibilità di quanto corrisposto dal responsabile d'imposta che non abbia impugnato l'atto impositivo. Invero, la tutela della situazione soggettiva del debitore principale dipenderebbe dalla scelta del coobbligato da escutere, discrezionalmente operata dall'amministrazione finanziaria in virtù della facoltà di scelta concessa al creditore dall'art. 1292 c.c.
Secondo l'amministrazione finanziaria, l'interpello per la richiesta di disapplicazione della normativa sulle società di comodo ha carattere "preventivo" e, in caso di mancata presentazione dello stesso, la società che abbia dichiarato un reddito inferiore a quello "minimo" non ha la possibilità di ricorrere avverso il conseguente avviso di accertamento emesso dall'amministrazione finanziaria. Tale interpretazione si presta a diverse critiche, che, come ammesso dalla stessa amministrazione, troveranno soluzione soltanto sulla base dell'indirizzo che al riguardo verrà tracciato dalla giurisprudenza.
Si condivide la tesi affermata dai giudici di merito in base alla quale si permette al lavoratore dipendente che non abbia ottenuto la certificazione delle ritenute operate dal sostituto d'imposta di procedere allo scomputo delle stesse nell'ambito della dichiarazione dei redditi, a condizione che si riesca a provare "per altra via" l'effettivo prelievo in acconto subito. In realtà, la vera difficoltà non è tanto quella di ammettere da un punto di vista teorico la possibilità di operare lo scomputo delle ritenute subite e non certificate, quanto quella di provare l'effettività delle ritenute in assenza della documentazione "istituzionale".
Pertanto, anche qualora il contribuente, seppur in possesso del certificato definitivo, non abbia provveduto a presentarlo, non è ravvisabile mancanza "punibile" nel suo operato qualora l'amministrazione, nella sua unitarietà, avrebbe potuto, con gli ordinari mezzi di comunicazione interna, acquisire gli atti e i fatti propedeutici al riconoscimento delle agevolazioni in oggetto.
Nell'articolo si dà conto di alcune problematiche insorte sia per quanto concerne l'applicabilità retroattiva delle nuove regole anche senza che la cooperativa abbia adottato il prescritto regolamento sia per quanto concerne il regime dell'onere della prova delle diverse tipologie di lavoro che il socio può avere svolto per conto della cooperativa.
., prendendo spunto dalle sentenze in commento, giunge alle seguenti conclusioni: affinché l'inidoneità all'uso particolare voluto dal compratore fondi la responsabilità del venditore, è necessario che: nel caso di vendita di beni mobili tra professionisti con caratteri nazionali l'uso particolare sia stato espressamente pattuito; nel caso di vendita di beni mobili tra professionisti con caratteri internazionali l'uso particolare sia stato portato, anche implicitamente, a conoscenza del venditore; nel caso di vendita di beni di consumo l'uso particolare sia stato portato a conoscenza del venditore e questi anche implicitamente lo abbia accettato.
Relativamente al tema della risoluzione di un contratto di appalto per inadempimento del committente, la Cassazione ha chiarito il contenuto dell'obbligo restitutorio in capo alle parti, qualora, come nel caso di specie, la risoluzione abbia efficacia retroattiva. In particolare, l'obbligo di restituzione a carico del committente si identifica nel corrispettivo originariamente pattuito, sulla cui base l'impresa appaltatrice si è determinata a concludere il contratto, comprensivo dell'importo dovuto per revisione dei prezzi.