Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

478119
Angelo Secchi 16 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Questo spettro nel cannocchiale ha il violetto in basso, e il rosso in alto, e siccome il telescopio rovescia, esso ha in realtà il rosso in basso, il violetto in alto; il raggio più refrangibile essendo il più sollevato, come appunto accade guardando la stella con un prisma che abbia l’angolo in alto.

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Da Herschel fu detta uniforme: ciò non può essere a meno che non abbia variato.

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Infatti, per la definizione dell’onda data nel testo, se nel tempo Θ dell’oscillazione molecolare il centro vibrante si sposta di + ω nel senso della visuale, detto σ lo spazio che percorre la trasmissione del moto vibratorio nel mezzo durante esso tempo Θ, la lunghezza della prima onda sarà (σ – ω) ciò è chiaro; ma non segue da ciò che anche le altre onde seguenti che successivamente nascono nel mezzo debbano essere accorciate, perchè nel tempo Θ in cui si fa la seconda vibrazione, benchè essa pure non abbia che una lunghezza (σ – ω) tuttavia nulla impedisce che intanto l’onda prima che trovasi liberamente formata nel mezzo fluido non percorra il suo spazio σ, e quindi conservi la sua lunghezza normale dovuta unicamente alla elasticità del mezzo e non all’impulso della molecola vibrante. Laonde la traslazione del centro vibrante non avrebbe alcuna influenza nella lunghezza delle onde che si formano successivamente, se non qualora il moto della molecola vibrante avesse maggior velocità della propagazione ondosa nel mezzo transmittente, come accade nell’onda solitaria alla prora delle navi. Si vede pertanto che definendo l’onda, come abbiam detto noi — «lo spazio che percorre il moto vibratorio nel mezzo durante il tempo della vibrazione molecolare» — non si deve verificare la variazione della lunghezza di onda, nè lo spostamento delle righe. Ciò si capisce meglio supponendo che la molecola si fermi dopo finita la prima ondulazione, poichè tutte le onde che nasceranno dalla prima si propagheranno percorrendo necessariamente uno spazio σ nel tempo Θ. Tuttavia è pure evidente che spostandosi il centro vibrante, le origini delle onde varieranno, e che una incalzerà l’altra con legge diversa da quella che avrebbe luogo pel punto quieto. Si capirà ciò che deve accadere, esaminando ciò che accadrebbe se la molecola camminando non potesse scuoter l’etere che a un’onda sì, e a un’onda no: in questo caso le onde non varierebbero di lunghezza, ma si succederebbero come nel caso in cui succedonsi quelle che nascono in un sistema di più punti, uno de’ quali fosse distante dall’altro dell’intervallo ω (dello spazio cioè percorso dal mobile) ora queste onde si sovrappongono e si compongono, ma non si accorciano nello spazio. Se il mobile si allontana, l’onda sarà tutta spostata, ma non allungata. Ne segue ancora che la forma dell’onda sarà cambiata dal moto del punto vibrante, e la curva delle sue ordinate molto mutata, perchè in una fase la velocità molecolare e la traslatoria si sommano mentre nell’altra si sottraggono. Ma questa modificazione è cosa ben distinta dall’allungamento o scorciamento dell’onda. Laonde la questione è ridotta a sapere = se queste onde che successivamente si incalzano aventi origine in punti diversi dello spazio, e sulle quali arriva la seconda avanti che la prima sia sviluppata, di sapere dico, se questo incalzarsi possa equivalere o no, per l’effetto ottico, ad un accorciamento di onda nel mezzo in cui esse si svolgono =. Il moto dell’osservatore però deve produrre l’effetto di allungamento o di accorciamento nell’onda per il fatto che nel medesimo tempo esso riceve più pulsazioni o meno secondo che si accosta al centro vibrante, o se ne scosta. Tal’è, se non erriamo, l’obiezione mossa alla teoria comune dal signor Van Der Willingen. Noi ignoriamo se altri lo abbia chiaramente confutato. Stabilito questo principio Döppler arguiva che pel moto delle stelle dovea accadere altrettanto, e che per conseguenza se la combinazione portava che le onde si accorciassero, la stella avrebbe perduto il rosso che sarebbesi per esempio, trasformato in ranciato o in giallo, e nell’allontanarsi avrebbe perduto il violetto che sarebbe divenuto bleu o verde. Quindi un cambiamento generale nel colore della stella. Fu però da noi Vedi Comptes Rendus 1863 2 Marzo, Bullettino Meteor. Del Coll. Rom. 31 Luglio 1863. e da altri fatto osservare che tal conseguenza non reggeva, poichè essendovi raggi oscuri invisibili oltre il rosso e il violetto, questi al cambiamento delle onde avrebbero preso le tinte che doveano scomparire pel rosso e pel violetto rispettivamente, talchè il colore generale non sarebbe cambiato. Aggiungevamo però che tal moto potevasi svelare mediante lo spettroscopio. Infatti se il giallo per esempio per tal moto fosse diventato verde questa mutazione non avrebbe però potuto sostituire le linee nere di Fraunhofer pel magnesio o pel sodio, e i raggi mancanti nelle righe b e D; talchè accorciate tutte le onde, anche quelle del magnesio e del sodio si sarebbero accorciate mutando refrangibilità, e per ciò non sarebbero più al posto del magnesio o del sodio chimico bruciato sul nostro globo; talchè queste righe sarebbero spostate nella stella rapporto ai nostri metalli in un senso o in un altro; e se la stella si accostava a noi esse sarebbero andate verso il violetto, se discostavasi verso il rosso. Quello che si dice del sodio deve dirsi dell’idrogeno e altre sostanze chimiche che noi possiamo confrontare colle stelle. Non solo ne additammo il fenomeno, ma cercammo anche di verificarlo colla sperienza, ma i nostri mezzi strumentali erano per ciò troppo grossolani. Per dare una idea della difficoltà dell’esperimento facevamo osservare che per fare accorciare l’onda di 40,63 milionesimi di millimetro e fare che la riga E passasse ad F la stella dovea avere una velocità di 32000 chilometri per secondo, cosa molto improbabile a trovarsi. Ma gli spettroscopii attuali potevano indicare spostamenti assai minori, e per spostare della quantità di cui sono separate le due D1, D2 del sodio bastano 304 chilometri per secondo, e il decimo di questo spazio sarebbesi ottenuto con non più che la velocità della nostra terra attorno al sole. I nostri nuovi esperimenti non furono potuti eseguire che nel 1868, e trovammo allora che mentre la F coincideva con H β dell’idrogeno nella Lira, essa non vi coincideva nell’ε Orsa Maggiore e in altre stelle, ma sempre la mediocrità de’ nostri mezzi lasciava dubbia la quantità dello spostamento, e spesso anche il verso. Laonde abbandonammo il lavoro, per allora.

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Noi ignoriamo se altri lo abbia chiaramente confutato.

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Infatti, per la definizione dell’onda data nel testo, se nel tempo Θ dell’oscillazione molecolare il centro vibrante si sposta di + ω nel senso della visuale, detto σ lo spazio che percorre la trasmissione del moto vibratorio nel mezzo durante esso tempo Θ, la lunghezza della prima onda sarà (σ – ω) ciò è chiaro; ma non segue da ciò che anche le altre onde seguenti che successivamente nascono nel mezzo debbano essere accorciate, perchè nel tempo Θ in cui si fa la seconda vibrazione, benchè essa pure non abbia che una lunghezza (σ – ω) tuttavia nulla impedisce che intanto l’onda prima che trovasi liberamente formata nel mezzo fluido non percorra il suo spazio σ, e quindi conservi la sua lunghezza normale dovuta unicamente alla elasticità del mezzo e non all’impulso della molecola vibrante. Laonde la traslazione del centro vibrante non avrebbe alcuna influenza nella lunghezza delle onde che si formano successivamente, se non qualora il moto della molecola vibrante avesse maggior velocità della propagazione ondosa nel mezzo transmittente, come accade nell’onda solitaria alla prora delle navi. Si vede pertanto che definendo l’onda, come abbiam detto noi — «lo spazio che percorre il moto vibratorio nel mezzo durante il tempo della vibrazione molecolare» — non si deve verificare la variazione della lunghezza di onda, nè lo spostamento delle righe.

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È un fatto provato già (vedi sopra § I) che le stelle grandi hanno moti maggiori che le piccole, onde se non sarebbe difficile trovare due stelle uguali in grandezza con moto uguale o poco diverso (come 61 Cigno), è però molto improbabile che una piccola abbia moto uguale ad una grande: quindi per tutte le stelle disuguali un moto eguale comune è una probabilità di più in favore del loro legame fisico. L’osservazione ha confermato questa maggiore probabilità. Infatti dall’esame dei moti proprii delle stelle doppie, le cui distanze sono minori di 4", risulta che non si è trovata nessuna stella doppia otticamente. Per gli ordini superiori che da 4" vanno a 16" di distanza, tra 66 stelle, 60 sono state trovate doppie fisiche e 6 sole ottiche. Le doppie apparenti poi si trovano più frequenti tra le stelle di grandezze molto disuguali, come è naturale, per esser le piccole in numero tanto maggiore delle grandi.

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Suppongasi ora che si abbia un’altra osservazione fatta quando il pianeta ha compiuto un intero giro attorno al Sole, cioè distante dalla prima precisamente quanto è il tempo della sua rivoluzione attorno al Sole: esso evidentemente sarà ritornato al punto identico P di prima sull’orbita sua: e per ciò che spetta questa operazione sarà come se fosse stato sempre immobile allo stesso luogo. Ai tempi di Keplero questa durata della rivoluzione era conosciutissima, perchè dalle osservazioni delle opposizioni de’ pianeti col Sole si poteva determinare dall’osservatore in Terra il loro periodo, come se questi fosse sul Sole, in quella guisa che svilupperemo meglio fra poco.

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È evidente da questo che la parallasse di Lalande e di Encke sono le meno probabili, malgrado che quest’ultima abbia avuto tanto favore per sì gran tempo. La correzione necessaria portò un cambiamento di circa 4 milioni di miglia nella distanza della Terra al Sole. Ciò per le persone estranee all’astronomia potrebbe far diminuire assai la stima di questa scienza che vantasi di tanta precisione; ma ben osserva il signor Airy che tal correzione dipende da un errore che nelle misure ordinarie sarebbe pari alla grandezza di un capello veduto (se fosse possibile) alla distanza di 40 metri, perciò arriva al limite delle quantità appena sensibili e quindi inevitabili ai sensi comuni.

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Se si acceleri il moto della ruota finchè nel suddetto intervallo dell’andare e venire della luce si abbia lo spostamento di un dente intero, allora ritornerà lo spazio aperto e si rivedrà la luce, e così via di seguito.

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La Via Lattea comunemente pare che non abbia dalla parte di Orione, suddivisione corrispondente a quella del Sagittario, ma la scoperta fatta da noi nel 1855, che la Nebulosa di Orione può tracciarsi fino a limiti molto remoti per oltre 6° in declinazione, e 4° in A. R, stabilisce una simmetria non trascurabile di questa conformazione celeste nei due emisferi opposti. Le Nebulose isolate di Andromeda e del Triangolo sono forse appartenenti a questo sistema ma situate dalla parte opposta del Circolo. Il Sacco di Carbone del Cigno, ossia quella regione priva di bianca luce stellare presso il Cigno, non finisce là ove apparisce comunemente nelle sere ordinarie, ma può tracciarsi la sua continuazione nelle più belle serate fin presso al Polo in forma di m allungato; ora tal biforcazione è precisamente la corrispondente di quella che si ha prolungando colà il circolo massimo che passa per la parte anteriore dello Scorpione e di Orione. Molte Nebulose sono in quella zona, e i numerosi ammassi stellari o gruppi globulari seminati in Ercole, nel Dragone, in Ofiuco, nella Lira, nel Toro, nei Gemelli, ecc., sono parti certamente di questa formazione, tanto cadono vicini a questo cerchio. Ciò è molto importante, perchè danno indizio che in luogo di una stella grande, sonosi formati questi gruppi. In conclusione la zona delle stelle lucide forma un sistema parziale ben definito e taglia la zona della Via Lattea sotto un angolo assai acuto; onde le due formazioni per grandi tratti si confondono.

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La distribuzione delle stelle minori è anche essa molto ben marcata, qualora però si abbia cura di stare nelle medie senza voler entrare nei casi particolari.

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Si può adesso domandare se questa distribuzione di stelle abbia luogo anche nell’Emisfero Sud, e inoltre se le stelle dei diversi ordini di grandezze siano egualmente condensate verso la Via Lattea, ovvero se le piccole vi siano in proporzione più compatte. A queste domande rispondono i lavori di Herschel figlio e di Struve.

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Questa cifra va in realtà almeno decuplata per tutte le stelle vicine, perchè soltanto pochissime hanno ben assicurato più di un decimo di secondo di parallasse; onde la grandezza dell’orbita che la Terra descrive intorno al Sole, benchè abbia 296 milioni di chilometri in diametro, non apparisce di colà che un punto impercettibile. Colla lor mole molte nebulose planetarie superano parecchie volte in grandezza le dimensioni di questo grand’orbe.

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Il Sole essendo una stella, si è cercato che rapporto abbia la sua luce con quella delle altre, il che giova a farci apprezzare l’intensità assoluta delle luci stellari.

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Per ciò riconosciute che siano queste righe in alcune stelle principali, si può lavorare sulle altre per semplici misure differenziali, purchè si abbia un modo da riconoscere la posizione della stella diretta rapporto ad un punto definito del campo. Come ciò possa farsi lo vedremo fra poco. Allora si può sopprimere la fessura e il collimatore stesso e così semplificando lo strumento avere molta maggiore luce per l’esame delle stelle di minori grandezze. Quindi gli spettroscopii possono dividersi in assoluti e differenziali.

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In tal posizione lo spettro è molto vivo, largo e ben distinto, e quantunque non abbia la grandezza dello spettro del prisma obiettivo, occupa però un campo assai esteso. Nell’interno dell’oculare sono delle punte fine metalliche mobili da viti micrometriche V V', come i fili di ragno ordinarii, e inoltre l’oculare ha un moto di trasporto pel bottone B. L’oculare è positivo, e di fatto di lenti cilindriche per avere maggiore luce, ma può usarsi anche un oculare sferico.

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