Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Manuale di cucina

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Prato, Katharina 49 occorrenze

Un piatto ricolmo di qualsiasi qualità di funghi, purchè siano buoni e mangerecci, si puliscono (come pag. 53), si lavano e si adagiano sopra uno staccio; poi si tritano alquanto grossi colla mezzaluna, si salano e soffriggono dapprima nel proprio sugo, poi nel burro, con prezzemolo ed un po' di pepe; preparato che si abbia un disfritto dorato di burro e farina ammollito con brodo di piselli o di radici, si lasciano in questo finire di cuocere i funghi, per imbandirli poi con pane a quadrelli; o, legati con burro di gamberi ed 1 tuorlo, si servono con del riso soffritto, meridon di riso, o simile.

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Di farina di riso o di grano turco della fabbrica di Knorr se ne stemperano 2 cucchiai colmi con latte freddo a consistenza liquida, s’aggiunge frullando 1 litro di latte bollente, vaniglia o cannella; bollito che abbia 1/4 d’ora, la si lega con un tuorlo e zucchero e la si serve con fette di pane biscottate.

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Si scaldano e si passano 15 deca di midollo trito (oppure midollo e burro in parti eguali), si fa rinvenire della cipolla trita, quando questa è gialla si mettono 40 deca di riso (mondato ma non lavato); assorbito che abbia il grasso si versa 1/2 litro di brodo, lasciando bollire il riso senza coprirlo, sempre mescolandolo acciocchè non s’attacchi. S’aggiunge ancora tanto brodo, quanto ne richiede per cuocerlo circa 1/4 d’ora, verso la fine della cottura si mettono 7 deca di formaggio. Il risotto non deve essere nè troppo tenero nè troppo duro, imbandito deve apparire lucido e sugoso, ma senza liquido. Va servito con formaggio a parte.

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Mezzo chilo di carne mondata dalle ossa e pellicole, tagliuzzata molto fina, si pone in una casserola su fuoco moderato senza alcun ingrediente finchè abbia assorbito il proprio sugo. S'aggiunge poi una cipolla grande tagliata molto fina, 3 cucchiai di burro cotto, sale, pepe, droghe legate in una pezzuola, e quando la carne avrà preso colore, il succo di 3 pomidoro di media grandezza cotti e passati (oppure un cucchiaino di conserva), ponendovi brodo od acqua onde cuocere tenera e morbida la carne. 40 deca di riso, ammollito 10 minuti in acqua fredda, dopo sgocciato dallo staccio, si mette in 10 deca di burro cotto molto caldo, mescolando alcuni minuti su fuoco vivo prima di versarvi tant'acqua bollente o brodo ben salato, che soprassi il riso per 3 dita, cuocendolo coperto su fuoco moderato senza più mescolarlo finchè abbia assorbito il liquido. Dopo lasciato riposare coperto per cinque minuti, s'imbandisce su d'un piatto alternando a strati il riso e la carne. Il pilaf vien preparato anche con carne d'agnello, capretto, vitello o pollame.

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Si spezzano per mezzo alcuni pomidoro e spremutone semi e succo s'aggiungono alla carne assieme a 2 foglie di lauro, 1 cipolla steccata con brocche di garofano, 1 pezzo di sedano ed 1 bicchiere di vino nero, e saldato che si abbia il coperchio di terra ben aderente alla casserola con pasta o carta, si lascia stufare la carne varie ore a fuoco moderato. Quando il sugo sia concentrato si fa sobbollire con un po' di vino nero e brodo, passandolo poi sulla carne, che si guarnisce con riso, maccheroni o polenta, servendo a parte il parmigiano.

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Alla cipolla rinvenuta nel grasso s'aggiunge carne di manzo di sopracoperta e quella di maiale, e quando abbia preso colore vi si mette del pepe rosso e dei cappucci garbi crudi, lasciando il tutto stufare sino a compita cottura.

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Nell’imbandire si staccano i filetti dalla carcassa per trinciarli di sghembo in più pezzi, che di nuovo riscaldati si pongono nella forma primiera sulla carcassa adagiata nel piattone; poi si tagliano le cosce a fette, e versato che si abbia il sugo sopra l’arrosto, si guarnisce questo con fette di limone. Va servito con insalata di cavolo-cappuccio calda o fredda, o con insalata mista, o composta di frutta, od insalata d’arancio, o con conserva d’uva del mirtillo rosso o d’uva ribes.

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Si fa rinvenire nel lardo fuso molta cipolla trita, e quando sia gialla vi si aggiunge una punta di coltello di paprica e la carne di petto sminuzzata a piccoli pezzetti insieme al tenerume ed alle coste, lasciandola stufare nel proprio sugo finchè abbia preso colore; poi si fa sobbollire tutto con un poco di brodo od anche con fior di latte acidulo.

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Poi si salano e si pongono in caldo in un altro recipiente sino a tanto che un po’ di farina ingiallita nel grasso abbia sobbollito con brodo e poca panna. Si passa indi la salsa ridotta sopra le braciuole che si servono con purée fatto d’acetosa.

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Verso la fine della cottura si baderà che quella parte dell’arrosto che in tavola dovrà figurare, abbia bell’aspetto, ciò è pel pollame il petto, e pegli altri pezzi la parte più carnosa. Pezzi grandi, sia carne o pollame, sarà bene di lasciare frollare (stagionare) alcuni giorni; la loro cottura richiederà più tempo, e per aumentare la bontà bisognerà inaffiarli spesso, oppure anche invilupparli dapprima in carta.

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Staccato che s' abbia il fritto dalla formetta, si mette sopra uno staccio coperto di carta sciugante e si ripone lo stampo di nuovo nel grasso, prima d'immergerlo nella pasta. Si colmano queste coppe di farcito, ponendole in caldo fino al momento di servirle adagiate sopra una salvietta.

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Appena che il coperchio abbia preso colore, lo si deve spalmare con burro e ricoprire con carta. Si toglie il pasticcio ancor caldo dal cerchio aperto, però non immediatamente dopo che sia levato dal forno; s’intaglia e si leva poscia il coperchio per versare sopra il ripieno alcuni cucchiai d’essenza di carne, coprendolo tosto. (Fig. 34). Fig. 34. cerchio da torta a cerniera mobile

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Il sugo dell' arrosto non deve consumarsi completamente, acciò esso rimanga chiaro, e digrassato che lo si abbia, viene colato sopra il coscetto attraverso uno staccio; si lascia raffreddare l'arrosto insieme al sugo, per poi trinciarlo.

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Oppure: Si lardella un grosso pezzo di siluro od altro pesce lasciandolo 1 ora nel sale; posto che lo si abbia sopra delle radici porrino, prezzemolo, grani di pepe, ritagli di vitello, un po’ di prosciutto, 2 decilitri di vino e poc’acqua, lo si bagna durante la cottura spesso col proprio sugo, che nell’imbandire viene poi colato sul pesce.

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Levato che se ne abbia il filo, si pone il pesce sul piatto, ove, spalmato con burro all’acciughe mescolato a della glace, lo si guarnisce con gamberi interi e pesciolini fritti, servendo a parte una salsa d’erbe o di ostriche (pag. 141 e 144) (Fig. 36). Fig. 36. pesce arrosto, farcito e guarnito

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Si fa rinvenire nell'olio bollente della cipolla affettata, poi del prezzemolo e vi si aggiunge il baccalà allesso e sminuzzato in falde, cosparso di pepe, e dopo che abbia stufato per alcun tempo, dei pomidoro passati. Infine lo si serve colla polenta.

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La carne dell’aringa mondata si taglia a filetti per guarnirne il purée; piantato che si abbia in questo la testa e la coda, si pone sul taglio qual dorso una fila di capperi.

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Brodo in tavolette o essenza di carne disseccata, si prepara per farne provvista ove si abbia a disposizione carne e sughi di carne stufata come hanno p. e. occasione gli alberghi.

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., ed il calore li abbia fatti aprire, si mette il loro contenuto nei gusci più fondi; posti così sopra una graticola o nel fondo d’una casserola larga sulla brage viva, si spargono sopra delle briciole mescolate con prezzemolo, aglio e pepe, e con un cucchiaio si versa sopra ognuno un poco d’olio. Vanno serviti con limoni tagliati a quarti.

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Si adagiano sul piatto delle fette di polenta, che condite di burro si mettono al forno; preparato che si abbia una pietanza all’uovo (pag. 346), si versa questa ancor liquida sulla polenta.

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Di 25 deca di farina, 1 uovo e 2 tuorli si fanno delle tagliatelle piuttosto grosse e corte, che 1 ora prima d'imbandire si mettono in 1 litro di latte bollente insieme a 7 deca di burro e 2 cucchiai di zucchero, lasciandovele cuocere finchè il latte siasi consumato ed in fondo si abbia formato una crostina dorata, la quale si stacca prima di versarvi ancora un po' di latte bollente. Poi si lascia la casserola alcuni minuti coperta in disparte e nell'imbandire si cospargono le tagliatelle con zucchero.

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Si frullano in 7 decilitri di latte bollente 17 deca di farina di polenta, lasciandolo poi raffreddare; indi vi s’aggiunge 1 tuorlo e la neve di 1 chiara, e versato che si abbia l’impasto all’altezza d’un dito in una casserola, vi si premono sopra delle susine secche cotte e disossate e lo si mette a rosolare al forno.

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Preparato che si abbia una pasta da schmarn (pag. 72) di 14 deca di farina, 2 uova, un po' di zucchero e latte tiepido frullati insieme, s'intinge una forma a fungo prima nel burro fumante, poi nell'impasto, e tosto che ne sia coperto esternamente, il fungo s'introduce nel burro, lasciandovi dorare l'aderente pasta. Fritte che queste siano, vanno riempite con zabaione.

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Ottenuto che abbia un colore bruno s’ammollisce con brodo e, dopo ben bollito, si passa. Questa salsa può adoperarsi a varî usi coll’aggiunta d’aceto succo di limone ed altri ingredienti; la si rende più sostanziosa, aggiungendovi dell’estratto di carne o ritagli di selvaggina.

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Si soffriggono in stufato ritagli di vitello o pollame, radici tagliate a pezzetti, alcuni granelli di pepe e pimento, un pezzetto di foglia di lauro ed un poco di buon brodo grasso sino a tanto che il sugo siasi consumato, cuocendo il tutto poi con 2 decilitri di brodo sino a che se ne abbia ricavato tutta la sostanza, passandolo indi per lo staccio. Si fanno rinvenire poi 4 deca di farina in 2 deca di burro, mescolandovi il brodo freddato ed altrettanto fior di latte dolce, lo si lascia ridurre al fuoco dopo averlo di nuovo passato.

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In 4 decilitri di fior di latte si cuociono alquanto teneri 7 deca di riso; dipoi si frullano bene 3 decilitri di fior di latte con 2 chiare d’uova, e posto che si abbia il bacino su calore temperato, lo si sbatte con una sistola finchè sia bollente. Indi si tramenano 10 deca di cioccolata grattugiata ed ammollita in una tegghia d’ottone con un po’ di fior di latte, nonchè 10 deca di zucchero alla vaniglia, riducendola a schiuma, che poi mescolando s’aggiunge al riso, adagiando infine il tutto in un piatto fondo, che si pone in luogo fresco, acciò il riso possa congelarsi.

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Si fanno cuocere al forno 3 sfoglie di pasta sfogliata (pag. 78); intonacato che si abbia uno stampo con pasta cruda, vi si adagiano le sfoglie stendendovi frammezzo a strati delle mele tagliate a listerelle, mescolate con dello zucchero, cannella, mandorle tagliate a filetti, zibibbo, uva passa e buccia di limone trita. Coperto d’una sfoglia di pasta cruda, il tutto si cuoce al forno.

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Oppure: D’una pasta frolla (pag. 76) o pasta sminuzzata si taglia una sfoglia rotonda rialzando un po’ il bordo, che si avvolge con una striscia di carta; indi si pongono nel mezzo dei sottili spicchi di mele, pezzettini di burro, delle mandorle tritate, zibibbo, zucchero e cannella, e frollato che si abbia un tuorlo con un po’ di fior di latte, lo si versa sopra le mele, mettendo la focaccia a cuocere al forno.

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Si tramenano 14 deca di zucchero, 6 tuorli, 10 deca di mandorle e s’aggiunge poco a poco 1 cucchiaio di rum, nonchè 1 cucchiaio di vino, finchè ne abbia preso un forte odore, e riempitone uno stampo intonacato di pasta sfoglia, con cui si copre anche il ripieno, si pone la focaccia al forno.

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Posto che si abbia sopra ognuno una pallottola di ripieno di ricotta Nro. I (pag. 88), si ripiega sopra questo le 4 punte della pasta, che si lascia poi lievitare una seconda volta. Prima di mettere le pastine al forno vengono spalmate con uovo mescolato insieme a 2 cucchiai di burro fuso, e cosparse di zucchero.

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Dopo aver fatto (come sopra) colla punta di un uovo un incavo nella pasta, vi si introducono 3 visciole in conserva (sgocciolate), e lievitato che abbia la pasta, si versa al disopra un cucchiaino pieno di uova frullate a schiuma collo zucchero, e sparsovi sopra delle mandorle tagliate a sottili filetti le pastine si cuociono al forno.

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Pigliato che abbia colore, lo si toglie dal forno, rivoltando il bisquit insieme alla carta asciugante, umettendo questa con acqua, onde staccarla dalla pasta. Dipoi si stende sul bisquit una marmellata di albicocche arrotolandolo lestamente, ed avvolto in carta lo si finisce a cuocere. Freddo che sia va tagliato a fette.

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Fatto cuocere lo zucchero fino al grado di rottame (perla dura e secca, pag. 65), e corrisposto che abbia alla prova, vi s’immergono le frutta. Infilzate su stecchetti appuntiti d’ambo le parti, si tiene uno per mano, tuffando il frutto nello zucchero bollente; ritiratolo tosto, si gira incessantemente lo stecchetto, mentre s’immerge l’altro frutto. Si consegnano questi stecchetti ad un’altra persona, che seguiterà a girarli, fino a che lo zucchero si sia rappreso, deponendoli in modo che le frutta non si tocchino. Bisogna badare che lo zucchero sia distribuito uniformemente e non a grumi. Si procede questa manipolazione finchè lo zucchero sarà consumato. Nel tuffare il frutto si badi che lo stecchetto non s’immerga nello zucchero, giacchè nel ritirarlo, questo crepolerebbe al disopra del frutto. Comunemente si lucidano in questo modo le castagne prima arrostite o meglio ancora bollite con anice o vaniglia nell’acqua zuccherata (pag. 57); spogliate poi dalla interna pellicola ed infilzate sullo stecchetto, si tuffano nello zucchero. Identicamente si candiscono i datteri, le nespole, spicchi d’arancia, noci, pere, le prune del lazzeruolo, uva spina, nonchè gli acini dell’uva, come anche le frutta sciroppate prima asciugate. Si adagiano infine le castagne od ogni altro frutto più rilevante separatamente in piccole cassettine di carta increspata, oppure si attaccano assieme i singoli piccoli frutti con dello zucchero cotto al sesto grado, e lasciati ad asciugarsi in un piatto, si accomodano poi con delle foglie d’arancio in cestine fatte di croccante.

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Per aggiungere del pane alle zuppe si pone la “semmel” od il pane bianco tagliato a filetti lunghi, a quadrelli o in fette sottili sopra una lamiera o in una padella, abbrustolandolo nel forno o sopra la brage viva fino a che abbia preso un bel colore dorato; oppure si tagliano delle fette più grosse, che poi vengono biscottate sulla graticola. Si può anche abbrustolire il pane in una padella con un poco di burro. A quest’uopo si prendono delle “semmel” (panini) quasi fresche — perchè assorbono meno grasso — le si tagliano in quadrelli, che poi si friggono nel burro caldo, levandoli dal fuoco quando hanno preso un bel colore giallo. Adoperandosi il pane per le zuppe dolci si cospargono le fettine di pane bianco o di “semmel” con dello zucchero, lasciandole riposare un tempo per poi biscottarle sopra una lamiera nel forno, ove lo zucchero si scioglierà un poco.

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Qualora il pane di forma rotonda e posto in un cestello o in terrina si manda dal pistore per farvelo cuocere, ciò si fa all'ora indicata da lui, e prima che il pane abbia lievitato una seconda volta. Se il pane poco cresciuto viene esposto a forte calore di sopra, si formerà tra la crosta e la mollica un vuoto, e quando sia stato impastato con troppo liquido e non abbia fermentato a dovere, riuscirà pesante ed untuoso.

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Per la marmellata d'uva si spremono gli acini d'una qualità che abbia la buccia dura e l'interno carnoso, uno per uno tra le dita per farne uscire i grani che si tolgono con uno stecchetto od una penna d'oca, versando il succo passato per lo staccio sullo zucchero in polvere, e quando sia disciolto vi si mettono a cuocere gli acini con alcuni garofani.

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Qualora si abbia versato la conserva in cassette di carta e non in stampetti, questa si stacca umettandola un poco quando il contenuto è perfettamente asciutto.

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Finito a mangiare che abbia una persona, il cambio delle posate si eseguisca così successivamente, onde compierlo più presto; in tal guisa un solo domestico basterà al servizio di 10 a 20 persone, massime se un secondo individuo gli arrecchi le vivande, portandosi via la piatteria usata.

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Appena che la superficie abbia preso colore, devesi coprirla con carta senza cavar fuori la lamiera. Se pasta e calore sono regolati a dovere il pasticcio cresce molto. Dopo averlo levato dal forno si stacca il rotondo incisovi, per poi servirsene quale coperchio; si toglie poscia dall’interno con un cucchiaio la pasta grassa e molle e si rimette il pasticcio vuotato ad asciugarsi nel forno; vi si colloca infine il ripieno coprendolo col coperchio.

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Si comincia a battere bene l’impasto, vale a dire si preme col rovescio del mestolo una piccola parte sulla parete della terrina tenuta sul grembo o dinanzi a se sul tavolo, e con ogni percossa si piglia un po’ dell’impasto premendolo nella terrina verso di sè, finchè si abbia tutta la pasta da una parte, dopo di che si volta la terrina e si procede di nuovo in egual modo, sinchè si formano delle vesciche d’aria nella pasta e questa si distacchi dal mestolo quando lo si leva. Indi, coperta di un pannolino infarinato, la pasta viene messa a levare in luogo caldo, oppure posta nello stampo o adoperata subito. La fermentazione deve far crescere la pasta al doppio del suo volume, in modo che p. e. un recipiente empito a metà ne divenga colmo.

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Quando sia tenera ed abbia preso colore, si leva la carne, si spolverizza il grasso con tanta farina quanta ne assorbe, lasciandola rinvenire, ammollendola poi abbondantemente con brodo, il quale, bollito che abbia, viene passato allo staccio. In questa zuppa d’intingolo si mettono, insieme alla carne tagliata a dadi, delle semmel (panini) tagliate pure a quadrelli e tostate, oppure tagliatelle di frittate, piccoli gnocchetti di pan grattato o dei granelli di pasta fritti.

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