Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Taluni scritti di architettura pratica

266947
Pietrocola, Nicola Maria 8 occorrenze
  • 1869
  • Stamperia del Fibreno
  • Napoli
  • arte
  • UNIFI
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Lettori, se siete novelli io arte, ho procurato istruirvi; se provetti, invitarvi ad imitarmi, scrivendo la vostra efemeride. Abbiamo l’obbligo di lasciar tutto, e coi pensieri una traccia di nostra esistenza, per adempire a quel precetto impostoci dal nostro divino Salvatore con quella parabola in cui si compiacque di chi moltiplicò i talenti. Avrei voluto corredare questa operetta delle analoghe figure; ma la cecità che mi dura da 12 anni me lo ha impedito: bisogna contentarsi di che si può. Non ho fatto pompa di scienze, che poco posseggo, per farmi intelligibile a tutti, e mostrare ancora che non vi è bisogno preciso di esse. Il Vasari parla di molti grandi ingegneri, ma non dice mai che sieno stati grandi matematici. Vitruvio al contrario vuole che l’architetto conosca l’astronomia; ma io non so in che possa a costui essere utile la cognizione dall’angolo di parallasse, e del teorema del grande Keplero che dimostra i pianeti descrivere aie eguali in tempi eguali: vuole dippiù che sappia di musica; ed io che durante la vita mi sono dilettato non ispregevolmente di violoncello, non ho potuto mai sapere o conoscere come la melodia di questo strumento possa accordarsi ai progetti e disegni di architettura. Base fondamentale dell’architetto è il disegno che è il suo speciale linguaggio: un corredo di scienze è sempre utile, ma non indispensabile a chi dalla natura sorte un genio inclinato all’arte. Stefenson non si avvalse certamente delle sue scienze esatte quando costruì per prova il primo modello del suo gran ponte tubolare, modello che fece cilindrico, e che un ingegno forse senza cultura gli avrebbe suggerito non potere di quella forma conferire all’uopo per la fermezza, siccome avvenne; onde ei si attenne alla forma rettangolare. Ho voluto riportar l’arte colla scienza alla sua origine cioè alle prime speculazioni degli uomini d’ingegno, quando le scienze non erano così avanzate. Io sono persuasissimo che Pitagora pria di arrivare alla sua dimostrazione del quadrato della ipotenusa eguale a quella dei due cateti, conosceva anticipatamente siffatta eguaglianza colla pratica misura; e così egualmente Archimede era intimamente persuaso innanzi tempo di quelle verità che poi dimostrò col metodo sintetico. Così questi grandi uomini ci avessero pur lasciato un elenco de’ pensieri che avevano senza averli dimostrati! Nè è meraviglia il mio assunto, perchè ai nostri tempi pur vediamo in medicina dopo tanti sistemi successi l’uno all’altro, anche oggi si ritorna al genio del gran padre Ippocrate; perchè finora non vi è chi lo sorpassi: a vincerlo deve aspettarsi ancora un ingegno novatore, come Rossini nella musica, con tra il quale credo non più gridino i maestri dell’antica scuola. In Oratoria Demostene che provava secondo natura, almeno con poca arte, vinse a sentimento di tutti il posteriore Cicerone che badava alla tornitura armoniosa de’ suoi periodi più che all’essenziale del discorso. Fin d’allora s’arringava con figure qualunque fossero: venne poi il Rètore che fece la nomenclatura di tali figure e ne stabili le regole buone soltanto ai pedanti. Cicerone e il Rètore badarono più al superficiale come Protogene, che adornò di monili e suppellettili, cioè di arte quella Venere che non seppe dipingere bellissima cioè semplice secondo natura, quale la fece Apelle. Durante il mio lungo esercizio di quaranta anni, a me non è capitato mai servirmi delle scienze sublimi per l’uso delle mie fabbriche; e credo a tutti succeda lo stesso. Tutta la sapienza dello Scaligero e la tenace memoria del Pico insieme, non faranno mai un ingegnere dell’uomo che non abbia genio. Tutti gli uomini grandi in scienze, lettere, arti in generale, e più in armi son dessi i veri uomini d’ingegno. Ciro prese Babilonia con l’aver deviate le acque dell’Eufrate: il Macedone esordi la sua carriera colmando il canale che separava Tiro dalla terra ferma, con tutti quei miracoli successivi che racconta il suo panegirista Quinto Curzio: Annibale sormontò le Alpi per calare improvvisamente a Roma: Cesare, quel gran condottiero di armate, fu grande ingegnere con que’ suoi facili ponti di legno sui fiumi; con quella grande muraglia in pochi mesi sull’Elvezia, ecc. Traiano lo fu con quel gigantesco ponte a fabbrica in quattro mesi sul Danubio per ire a debellare i Daci: Maometto II soggiogò Bizanzio coll’avere immessi notte tempo 200 navigli in quel porto per la via di terra: lo Czar di spirito pronto a corpo infermo vinse alla fine il rivale taurino Carlo XII, il quale tutto che invitto, mancava d’ingegno: ed in fine quel Pietro a ragione detto grande, stabili ed edificò quella nuova metropoli, ove non avendo a temere dei Boreali, pare abbia detto ai Meridionali qua non arriverete ad importunarmi e ben se lo seppe Napoleone I che volle tentarlo: quest’ultimo grande che imitò Annibale, Cesare e gli altri valentissimi capitani, in questa sua più grave e temeraria impresa pare avea scordata l’antica consueta difesa de' Nordici, di bruciare selve e città; e scordò pure, o non volle pensare che nel politico, come in tutto, v’è bisogno dell’equilibrio: ond’è che traditore del divino mandato di fare la felicità de’ popoli, che invece fe’ servire al suo smodato egoismo, venne confinato sullo scoglio di s. Elena. Adunque l’ingegno domina il mondo: ma come alla lunga durata delle fabbriche, così al dominio duraturo, ed in tutto è indispensabile l’equilibrio.

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Una facciata di 20 palmi di lunghezza che abbia nel mezzo un portone di 6 palmi, se poggerà sopra 2 pezzi di fondamento ognuno di lunghezza palmi 7 corrispondenti ai pieni della facciata, tal fabbrica sarà equilibrata. Ma in generale tutte le fondamenta si gettano continuate, cosicchè nel caso nostro ricorrerebbe il fondamento anche sotto il vano del portone: ecco un disquilibrio poichè il fondamento sotto il portone non ha alcuna pressione; onde se dopo un tempo va ad osservarsi tal fondamento sotto il portone, esso si troverà tutto lesionato e sconnesso. Questo D. Giuseppe Muzii nel costruire 3 grandi camere per la fabbrica del Cremore risparmiò un fondamento anche doppio del vano de’ portoni.

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Per esempio un tramezzo di lunghezza palmi 20 abbia alle due estremità un pieno di palmi 2, poi dall’un lato e dall’altro due vani di lunghezza palmi 4, quindi due altri pieni di lunghezza ognuno palmi 2; ne resterà nel mezzo o centro un altro vano di lunghezza palmi 4; tal vano di mezzo potrà essere anche di lunghezza palmi 6, riducendo a palmo uno ciascuno dei due pilastri laterali: ecco in questo modo distribuita la pressione da’ due pilastri medii che sono equidistanti dal serraglio dell’arco sottoposto. Sui detti tre vani si volteranno tre leggieri archetti dove impostar dee la volta del piano superiore; e così si continuerà per tutt’i piani superiori della casa, alzando sempre que’ pilastrini isolati; e su delli archetti non si adoprerà il riempimento indicate nelle facciate, ma vi resteranno tanti vani da servire per nascondigli e qualunque altro comodo. In tal modo il peso sull’arcata, oltre all’essere equilibrato sarà ridotto a terza o quarta parte; ond’è che l'arco non può spingere il muro di facciata. Il risparmio di materiale è molto considerevole, e si avranno molte comodità nell’interno delle case ad uso di stiponi o armadii, di scrittoi, librerie, comodi a sedere ecc.; il tutto chiuso dentro la spessezza de’ muri, lo che potrà bandire nelle camere l’ingombro di casse, comò ecc. Se tali pilastri invece che sugli archi, potranno poggiare a terra, essi allora saranno più fermi perchè il muro di facciata non avrà la minima spinta; ed in questo caso ch’essi poggino a terra, i medesimi potranno farsi tubolari col vano che vada a sfondare il tetto. E a tal tubo si lasceranno delle valvole ove occorrano affinchè entro tai tubi si possano riporre carni, pesci ed avanzi di tavola, le quali robe si conserveranno a lungo dalla corrente dell’aria dentro il tubo, il quale potrà servire ancora a rinfrescare nella state le camere superiori chiamandovi l’aria del pian terreno o del sotterraneo. Un avvertimento occorre soltanto nell’elevarsi detti pilastrini che debbono essere puntellati orizzontalmente fra loro stessi ad ogni tratto di altezza finchè essi non sieno caricati del peso del tetto, come, io feci nella gran fabbrica di sopra cennata del signor D. Giuseppe-Antonio Rulli lunga palmi 150, larga 56 ad uso di molti trappeti al pian terreno, e di grandi fondaci nel piano superiore fuori Portanova in Vasto; e così feci pure nell’altra di lui fabbrica che è la chiesa di S. Domenico sostenuta da picciole colonne. L’altro avvertimento ovvio è che tali pilastrini sieno di più larga base nel pian terreno, con lasciarvi una piccola risega onde impostarvi la volta di copertura al piano terreno. Una colonnetta simile in casa Conti-Ciccarone, con sul capitello due archetti, sorregge due piani superiori di questa palazzina; colonnetta che così puntellata, venivano tutti a vedere e ne presagivano la ruina; ma impostovi prima il carico e dopo due o tre mesi toltivi gli spadacchi, la ruina svanì.

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Fra delli archetti paralleli fra loro ed al muro di facciata si costruiranno tre quasi piattabande o volticine di pochissimo sesto ed ecco così formata la contignazione del piano superiore, con isfogo o aria molto maggiore del pian terreno, senza che il muro di facciata abbia la minima spinta. Così per la copertura della camera superiore si farà la volta a mezza botte che poggia sopra i fianchi, e non sulla facciata; ond’è che questa non avrà alcuna spinta dalle costruzioni interne, talchè queste resteranno ancora salde abbattuta che fosse la facciata. Per fare infine che detta volta superiore sia a cielo e non a botte, si costruiranno con l’istesso sesto della curva i due quadranti alle teste della botte istessa, l’uno verso il muro di facciata, e l’altro verso il muro opposto, ove si potrà portare anche dal principio la volta corrispondente; e così non resterebbe a farsi che la sola quarta parte di volta sul muro di facciata per fare che la volta comparisca al di sotto interamente a cielo.

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Per esempio ad un riempimento di 20 palmi di altezza io crederei di sufficiente resistenza un muraglione che abbia 5 palmi di scarpa alla faccia esterna, e 2 palmi di strapiombo nella faccia interna; e per impedire che tal muraglione si sdrai o caschi internamente, nella sua faccia interna distribuirei di dieci in dieci palmi un pilastrino portato in costruzione col muraglione istesso, pilastrino che avrebbe la sua testa o faccia interna a piombo onde resistere alla pendenza interna del muraglione istcsso. Tal muraglione potrebbe avere la spessezza di palmi 5 alla base, 2 alla cresta, vai quanto dire che sarebbe della spessezza media di palmi 3 Invece di tal muraglione rettilineo, potrebbe adoprarscnc altro conformato a tanti nicchioni esternamente, come superiormente a Torricella un miglio distante dal Vasto vedesi opera simile antichissima, forse de’ Romani, reggere finora in perfetto stato. In tal modo la massa delle fabbriche sarebbe anchc risparmiata, pcrchèle curve de’ nicchioni con poca spessezza di muro resisterebbero più del muraglione rettilineo. Qualunque sistema però sia adoperato in tali costruzioni, non dee lasciarsi mai l’avvedutezza di farsi una gittata di ciotoli da cima a fondo sulla faccia interna del muro per quanto esso è allo, meno 2 ovvero 3 palmi superiormente con lasciare delle sferratole o fori di tanto in tanto al piede del muraglione. Tale muriccia porterà lo scarico pronto delle piovane di cui s’iinbeve il terrapieno, senza clic esse possano mollefare la calcina della costruzione inconveniente che non si evita senza tale muriccia, e perciò i muraglioni presto sono urlati e rovesciati. Così io praticai, come ho detto, nel muraglione a Felice di Lello sotto Porta S. Maria in Vasto, costruzione che feci d’inverno, e di più vi ha sulla cresta una cateratta di scolo alle acque collettizie della città; e quivi pure feci orizzontale la soglia di cateratta, invece che a bacino come solea praticarsi. Tale opera consolidata dopo 20 anni, certamente reggerà ferma per molti secoli.

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Soltanto se il muro dee costruirsi novellamente bisognerà informarlo su tali due curve che saranno sostenute da 2 centine, i materiali però saranno adoperati tutti orizzontalmente fino a combaciare colle centine, ed ecco un vano arcato senza che abbia materiali messi in costruzione come cunei tendenti ad un centro. Voglio significare con ciò che ad archi molto acuti non vi sia bisogno di materiali a cunei secondo la curvatura dell’arco.

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E perchè non arzigogolare una nuova forma, come sarebbe un arco che abbia del gotico e che muova dal piano della campagna senza bisogno de’ piedritti, arco cui basterebbe la metà del suddetto materiale, risparmiando così la metà della spesa e conseguendosi in tal modo una resistenza maggiore a qualunque carico soprastante? Ed in tal modo ancora si darebbe vano maggiore al corso delle acque.

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Per fare che il rosone acquisti prima la sua velocità e poi vada ad urtare la ruota orizzontale, questa esser deve sollevata dalla sua giacitura, per fare che i suoi denti non sieno urtati da quelli del rotone verticale, finchè questo abbia concepita tutta la sua velocità. Acquistata tale velocità, si lascerebbe calare in un attimo la ruota orizzontale, e così si metterebbe in movimento tutta la macchina.

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