Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbeverarsi

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Galateo per tutte le occasioni

188081
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
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Gli sportivi - anche se i più eleganti, ovvero i tennisti degli anni Settanta, usavano il bicchiere - sono esentati solo perché sono gli unici ad abbeverarsi da quelle micidiali bottigliette colorate (che poi, vai a saperlo cosa c'è davvero dentro...).

Pagina 247

Nuovo galateo

189920
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
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Ovidio, volendo far conoscere che la poesia d'Omero fecondò l'immaginazione de'poeti, posteriori, ci pinge il cantor dell'Iliade e dell'Odissea sotto l'immagine d'una fonte, cui vanno ad abbeverarsi i poeti;

Pagina 163

Il libro della terza classe elementare

211104
Deledda, Grazia 1 occorrenze
  • 1930
  • La Libreria dello Stato
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
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Il torrente là balza fra i sassi giù per la valle; qui precipita da un gran sasso, da una rupe, in una cascata (fig. 17): là rallenta e si allarga in un piccolo lago nel quale si specchia l'azzurro del cielo e nel quale vanno ad abbeverarsi le mandrie di pecore e di mucche, che d'estate alpeggiano sui pascoli (fig. 18). Il torrente, che scende

Pagina 355

I miei amici di Villa Castelli

214452
Ciarlantini, Franco 1 occorrenze
  • 1929
  • Fr. Bemporad & F.°- Editori
  • Firenze
  • Paraletteratura - Ragazzi
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Guardate come buoi, i cavalli e le pecore ricordano il luogo dove vanno ad abbeverarsi. Appena l'animale si sente liberato dalla catena che lo legava alla mangiatoia, si avvia alla gora dove troverà la fresca bevanda, e il suo custode non deve incitarlo a camminare. Le galline, i piccioni, i passerini s'accontentano delle pozze d'acqua che la pioggia lascia nel cortile; ma le anitre e le oche preferiscono vivere accanto ad un corso d'acqua o ad uno stagno. Le piante soffrono, anzi muoiono se manca loro il liquido benefico. Se sopravviene la siccità, le foglie delle piante incominciano ad accartocciarsi, ingiallire, poi cadono; così cadono i frutti che stanno maturando. Se la siccità continua il raccolto va perduto. Per gli uomini però l'acqua da bere deve essere pura. I bambini che, quando sono accaldati, berrebbero qualsiasi liquido, devono ricordarsi che le acque dei fossati, dei casali, delle rogge sono impure e quindi non si debbono bene. Devono pensare che l'acqua del ruscello che essi bevono facendo conca dalle mani, è spesso ancor quella in cui, poco più su, una massaia sciacquava i suoi panni non puliti ad accanto a cui era deposto il letame dei campi. Anche l'acqua del pozzo di casa può essere pericolosa, infatti il secchio e la corda o la catena che vi si immergono venti, trena volte se si lavano in essa, vi portano fango od immondizie, possono quindi introdurvi i germi di gravi malattie. Purtroppo, in più di un cortile rustico, si vede la corda del pozzo pestata, coi piedi e insudiciata come un rifiuto; eppure quella corda ritornerà poi nel pozzo! Che tristezza fa quello spettacolo quando si pensa a tutte le malattie che possono derivarne e a tutte le sventure che possono seguirne!

Pagina 102

Caracciolo De' Principi di Fiorino, Enrichetta

222794
Misteri del chiostro napoletano 1 occorrenze
  • 1864
  • G. Barbèra
  • Firenze
  • Paraletteratura - Romanzi
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"Dite piuttosto, come disse all'agnello il lupo, che ho turbato l'acqua dove i vostri maggiori solevano abbeverarsi!.... Eh, cardinale, quando col segno della redenzione in mano calpestavate un'orfana ed inerme donzella, pensaste mai all'ora supreme, della morte, al giorno del giudizio?" "Non parliamo del passato; posso aver peccato per cattivi consigli, o per debolezza, ma in fede mia, neppur voi siete immune da torti: voi, che sotto il velo di monaca, voleste nascondere infami trame di demagoghi e repubblicani.... Ma, ripeto, deponiamo i vicendevoli rancori; vi userò da ora in poi la più inalterabile carità." "Eminenza, vi ho conosciuto per lunga esperienza e durissima.... In avvenire vi bacierò anch'io la mano, se vorrete, ma non permetterò che in ricompensa mi regaliate un morso!" Quell'archetipo di simulazione sarebbe, credo, rimasto impassibile al più grave oltraggio, purchè avesse potuto accalappiarmi di nuovo. - Propose di scegliermi un altro chiostro, incompatabilmente più comodo che non era il presente: di accordarmi il permesso d'uscire ogni giorno: di procacciarmi un nuovo e più largo assegnamento. Gli troncai le parole in bocca dicendo: "No, no, buon padre; voi qua, io là.... Ognuno al suo posto. Determiniamo chiaramente fin da questa conferenza, che sarà l’ultima, il posto che a ciascheduno di noi conviene.... Patti chiari, amicizia lunga." "Verrò di tanto in tanto a visitarvi..... lo permetterete?" "Non lo sperate!" dissi in tuono fermo; ed alzatami per uscire, con un'aria di sovrana, che avrebbe ricordato Elisabetta nell'atto di congedare sdegnosa l'arcivescovo di Cantorbery: "Troppo lunga durò, troppo oppressiva mi tornò la vostra tutela. Vorrebbero ch'io vi chiedessi conto del passato: non lo farò. Ma è tempo ormai che, ritornato in pace alla vostra sede, vi prendiate cura della propria salute ben altrimenti che non avete fatto per la salute della vostra pupilla! Se non volete esser incolpato di snaturatezza, se all'onore che vi è dovuto credete necessari il rispetto mio e il rispetto del pubblico; tornate, monsignore, tornate tosto alla vostra sede, e in avvenire liberatevi da quella smania d'intrigo e di prepotenza che, mettendo a repentaglio la vostra riputazione, distrugge di giorno in giorno la vostra autorità!" Il cardinale, accortosi oramai che, per accalappiarmi e tenermi, troppo vecchie e sdruscite erano le sue reti, mi prese pel lembo dello scapolare, dicendo: "Un'ultima parola! Spero che a Castellamare abiterete in un ritiro." "Farò come al mio nuovo vescovo piacerà." "Spero che terrete il volto coperto con un velo nero....." "Il bruno non è ancora finito: lo porterò." Si alzò allora anch'egli, e al suo passare le monache tutte si gettarono a terra genuflesse; questa, per devozione, palpava la falda della sua porpora, quella coll'estremità delle dita gli toccava la mano, indi si baciava la propria: non una che non gareggiasse per ricevere prima dell'altra la sua benedizione. Disceso all'ultimo scalino, si volse addiettro per dare alle monache l'ultima benedizione. Ravvisatami nella prima fila di esse

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