Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Le Fate d'Oro

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Perodi, Emma 1 occorrenze

Egli stava seduto sulla rena, accanto ad una piccola gora d'acqua, sperando di ottener soccorso dai viaggiatori che erano costretti a fermarsi in quel punto per abbeverare i cammelli. - Oh! - esclamava - se potessi an- dare alla Mecca, avrebbero termine i miei tormenti; laggiù potrei trovare da impie- garmi e non mi mancherebbe il pane. - Le lacrime scendevano copiose lungo le guance di Saaud, perchè aveva fame e non aveva nulla da mangiare. Mentre stava disteso, immergendo le dita nell'ac- qua, sentì un rumore di sonagli che fen- deva l'aria, e intese una voce, che gli diceva: - Alla Mecca presto vai, Consolato tu sarai! - Saaud tirò un profondo sospiro: non era facile andare alla Mecca; bisognava potersi unire ad una carovana.... e come fare? Era titubante; ma essendogli venuto fatto di bere una sorsata d'acqua, si sentì su- bito nell'anima una buona dose di coraggio, e udì di nuovo il rumore dei sonagli in di- stanza. Questa volta erano davvero le so- nagliere dei cammelli, e una comitiva di arabi si avvicinava. Saaud sperò in loro e li attese con ansietà. Dopo poco, cammelli e uomini erano riuniti intorno alla gora, tutti intenti a dis- setarsi, poiché venivano di lontano e l'ac- qua era mancata loro durante il viaggio. Un arabo guardò Saaud e la cintura dalla fibbia lucente, che gli aveva colpito l'immaginazione. - La zia ha bisogno di una fibbia come questa; dammela - disse l'arabo che voleva portarla a sua moglie. Saaud provò dispiacere, ma non osò di opporsi a quell'uomo dalla brutta grinta. - La zia ha bisogno di questo ricamo per il suo giubbetto, - disse un secondo arabo, togliendo il colletto a Saaud. Fortunatamente la camicia del ragazzo era troppo stracciata per tentare la cupidi- gia dei viaggiatori, e così non gliela tolsero. Gli arabi partirono, lasciando Saaud ancora disteso in riva alla gora. Egli non ebbe il coraggio di doman- dar loro se erano diretti alla Mecca. Saaud era disperato e credeva di do- ver morire di fame, quando sentì di nuovo un rumore di sonagli e una voce che gli diceva: - Alla Mecca presto vai, Consolato tu sarai! - Il ragazzo si alzò e vide poco lungi da sè alcuni rimasugli di cibo. Egli si mise a mangiare di quegli avanzi, ma pensò di non finirli tutti e di serbare qualche cosa per il giorno dopo; poi fece alcuni passi, senza sapere da qual parte dirigersi, e fu ben lieto di scorgere tre uomini vestiti alla foggia dei pellegrini, i quali, benché fos- sero uno cieco, l'altro sordo e il terzo stor- pio, si figurò che andassero alla Mecca a ba- ciar la sacra pietra. Per questo s'inchinò dinanzi a loro, ma essi tennero alta la testa, perché erano compresi della santa missione che stavano per compiere e non volevano aver nulla di comune con un ragazzetto come Saaud. Il cieco, che lo sentì raccomandarsi di far la strada in loro compagnia, gli disse: - Vattene. - Il sordo, che non poteva udirlo ma che vide il suo gesto supplichevole, gli mostrò il bordone, senza profferir parola. Lo storpio fece finta di non accor- gersi di lui, e tutti e tre andarono avanti per la loro via. Saaud stava per scoppiare in pianto, quando sentì la stessa voce accompagnata dal rumore dei sonagli, che gli diceva: - Alla Mecca presto vai, Consolato tu sarai! - E allora, invece di buttarsi in terra e piangere sconsolato, seguì i pellegrini a una certa distanza. Quando essi fecero sosta per riposare durante la notte, egli si fermò pure, ac- canto al fuoco che i pellegrini avevano acceso per tenere a distanza le bestie fe- roci. Saaud, sdraiatesi in terra, si addormentò e dormì così profondamente che al suo de- starsi i pellegrini non c'erano più. Egli trovò per terra alcune pagnotte di pane duro e un secchio che conteneva un po' di latte inacidito. Mangiò il pane, bevve il latte e si ripose in cammino per ritrovare le tracce dei pellegrini. Lo accompagnava sempre il rumor dei sonagli e la voce squillante che ripeteva: - Alla Mecca presto vai, Consolato tu sarai! - Egli seguì la voce squillante, poiché non aveva altra guida nello sterminato de- serto di sabbia. Cammina, cammina, egli giunse a una prateria ove alcuni pastori facevano pasco- lare il gregge. Essi lo rifocillarono con cibo e bevande, ma quando chiese loro dov'era la Mecca, gl'indicarono vagamente un punto verso oriente. E Saaud camminò ancora, finchè una sera stanco, rifinito si gettò a dormire so- pra alcune rocce. Allorché si destò la mat- tina, il sole illuminava una città, che gli parve tutta adorna di giardini e di palazzi; e vedendo una moschea maestosa, che s'er- geva nel centro di essa, esclamò, guardan- dosi la camicia strappata: - Questo non è posto per me! Tor- nerò dai buoni pastori e li pregherò di farmi guardare il gregge. - E subito volse le spalle alla città, che aveva vista risplendere ai primi raggi del sole nascente. In quel momento sentì la voce dell'Imamm che, dall'alto della mo- schea, chiamava i fedeli alla preghiera, e gli parve che quella voce dicesse: - Saaud, torna indietro! - Saaud si fermò, e la voce ripetè: - Saaud, torna indietro! - E la terza volta sentì dire distinta- mente: - Saaud, torna indietro. - E Saaud obbedì e si diresse verso la città, anzi verso la moschea, e s'inginoc- chiò e baciò il Hadji, col cuore pieno di speranza. Ma la sua qualità di Hadji non gli dava nè vesti nè pane. Per questo egli andava vagando tutto afflitto, quando sentì un uomo che diceva: - Reggimi il cavallo, debbo andare alla bottega del sarto. - Tutti i ragazzi arabi sanno reggere un cavallo; così Saaud prese per la bri- glia il destriero, che era della razza di Ko- chlani e contava duemil'anni di esistenza. - Tesoro mio!. Gioia mia! Come sei bello, come hai il piede agile! - escla- mò Saaud. - Ti voglio bene, o destriero, benché tu non mi appartenga, e vorrei strigliarti, abbeverarti, prepararti un mor- bido letto. - Il padrone del cavallo era uscito di bottega e ascoltava le parole del ragazzo. - Come sai che è un buon cavallo? - gli domandò. - Mio padre ne possedeva molti come questo; - rispose Saaud - ma egli è morto e non ho nessuno che pensi a me. Se al- meno trovassi lavoro! - T'impiegherò nelle mie scuderie, se vuoi, - disse Abdelazis, così chiamavasi il proprietario del cavallo. - Seguimi! - Com'era contento Saaud in mezzo a quei bei cavalli arabi, ai quali dava da mangiare, accarezzandoli come se fossero fratelli suoi! Ed essi lo capivano e gli ri- spondevano nel loro linguaggio. Saaud era davvero tanto contento che aveva dimen- ticato i sonagli, la voce misteriosa e il grido dell'Imamm. Un giorno un povero puledro cadde malamente e doveva essere ammazzato. Saaud a quel pensiero piangeva a calde la- crime, e Abdelazis, che lo vide, gli disse: - Vorresti che te lo regalassi? - Se fosse possibile! - disse Saaud tremante dalla gioia. - Prendilo - disse Abdelazis. Quella povera bestia pareva a Saaud una creatura di paradiso, più bella di tutti i Kochlani, più nobile dei discendenti del cavallo di Salomone. Bisogna dire che era un nobile animale, e Saaud seppe curarlo così bene che le gambe riacquistarono la perduta agilità; le ferite si rimarginarono, e la coda e il pelo divennero morbidi come seta, e lucenti come cristallo. Saaud era altero del suo puledro, cui pose nome Fior della Mecca. In quel tempo una carovana di mer- canti, diretta verso l'estremo Oriente, passò per la città. I mercanti andavano a scam- biare la loro merce con le stoffe e le gemme della Persia e dell'Indostan. Essi erano amici di Abdelazis e videro il ca- vallo di Saaud. - Prendetelo e vendetelo vantaggio- samente, - disse il padrone narrando che Saaud non possedeva altro che quel pu- ledro. In quel momento a Saaud parve che l'aria fosse piena di suoni e una voce gli ripetesse: - Consolato tu sarai! - E il ragazzo cinse con le braccia il collo del cavallo, piangendo: tuttavia il padrone aveva ordinato che lo lasciasse andar via, e Saaud ubbidì; ma prima di separarsi da Fior della Mecca gli fece mille carezze. In quel momento echeggiò la voce dell'Imamm, chiamando i fedeli alla pre- ghiera, e il fanciullo sentì dire: - Consolato tu sarai! - Saaud pensava sempre al suo cavallo e non sapeva consolarsi di averlo perduto. Dopo un certo tempo i mercanti tornarono. Saaud li interrogò timidamente sulla sorte del suo cavallo. - Esso è piaciuto al sovrano della Persia, che lo ha pagato una bella somma, e ora è nelle stalle imperiali ornato d'oro, di frange di seta e di perle, - gli dissero. - Ma il cavallo non vuol lasciarsi mon- tare da nessuno e neppure accostare. Per- chè lo hai così mal domato? - Egli è docile come un agnello; - disse Saaud - basta che senta la mia voce perchè obbedisca. - Il sovrano di Persia voleva assoluta- mente che il bel cavallo fosse domato, e aveva ordinato ai mercanti che gl'invias- sero chi poteva domarlo. - Ci vuoi andar tu? - domandò il padrone a Saaud. Questi baciò la veste del padrone. - Fior della Mecca, - rispose - è un Kochlani e non ubbidisce altro che a me. - Saaud partì, ma Saaud ora era ricco. Aveva un lungo seguito di cammelli, e ve- stiva di seta; portava una camicia di fi- nissimo lino; mangiava Kora-Kausch e be- veva Kusha. Dopo un lungo e felice viaggio giunse a Ispahan, che gli parve bellissima con i molti palazzi, i giardini fioriti e i canali rigonfi di acque. Quando giunse alle scuderie imperiali il cuore di Saaud batteva forte. Le porte si spalancarono e si trovò davanti al suo cavallo, che nitriva e raspava il terreno. - Mia bellezza! Mio tesoro! - escla- mava Saaud; e Fior della Mecca saltava dalla gioia, udendo la voce del padrone. Il puledro posò la testa sulla spalla di Saaud e poi gli s'inginocchiò davanti, e questi lo sciolse, gli saltò in groppa e il cavallo si mise a galoppare così veloce- mente che non pareva toccasse il terreno. Traversò Chaur Bang e andò a fermarsi vicino al sovrano di Persia, che colà pas- seggiava. Saaud prese il cavallo per la briglia e lo portò ai piedi del sovrano. - Che abile cavaliere tu sei! - disse questi. - Voglio che tu entri al mio ser- vizio e tu educhi questo cavallo a ub- bidirmi come ubbidisce a te. - Saaud fece un profondo inchino e non si separò più dal suo Fior della Mecca. Gli fu assegnato un palazzo e visse felice e contento come un re. Nel giardino del palazzo c'era una fontana, ed ogni sera egli udiva un rumore di sonagli e una voce ben nota che pareva l'eco dei tempi passati. Una sera di lume di luna vide sorgere dalla colonna d’acqua della fontana una strana figura, che gli stendeva la mano. Era la sua Fata protettrice: era la Fata dell’acqua.

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