Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbellito

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il tesoro

181952
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Tanto il ritratto che veniva fatto di lei o di lui assomigliava poco alla realtà; tanto esso era esageratamente abbellito. Quanto sarebbe più ragionevole e più prudente al tempo stesso, cercare nella persona amata, non un angelo, non un essere perfetto, immaginario, ma semplicemente l'uomo o la donna. L'uomo con le sue qualità e i suoi difetti, la donna con le sue virtù e le sue inevitabili debolezze. Poi giudicare se le qualità sono tali da far sopportare i difetti, se le debolezze siano di quelle che si possono e si debbono perdonare. E una volta che la ricerca e lo studio, fatti coscienziosamente, una volta che la questione posta fosse risolutamente e nettamente decisa, allora sì, non si avrebbero più a temere le dolorose e amare delusioni del dopo. Chi non ha qualche difetto? Chi è uguale alla perfezione? Nessuno. Chi non si sente la forza e la virtù di sopportare i difetti dell'uomo o della donna dopo le nozze non sarà mai una buona moglie o un buon marito. Non si pretende, chè sarebbe ingiusto, che un essere dal carattere formato, anche se giovane, dalle abitudini contratte mentre era libero di sè, cambi e si modifichi interamente dopo il matrimonio. Non v'illudete che la compiacenza e la sopportazione rivelate nel periodo del fidanzamento possano durare a lungo anche dopo. Senza premeditazione, senza quasi che uno se ne accorga, a poco a poco, si ridiventa ciò che si era; i difetti rifanno capolino, le passate abitudini ripigliano il sopravvento. Ma se ognuno avrà ben studiato prima del matrimonio il futuro compagno, ciò non potrà sorprendere nè sgomentare e si sarà tolleranti, senza che perciò i meriti reali del marito o della moglie scompaiano o si offuschino, senza che l'affezione e la felicità d'entrambi venga alterata.

Pagina 614

L'angelo in famiglia

183146
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Quel pranzo per me è quasi un ritratto di famiglia che amo conservato tal quale, non abbellito o adorno con fronzoli o con frange. Ho insistito molto sul bisogno della semplicità, della sobrietà e della misura, e più ancora sulla bellezza della conservazione dei tradizionali costumi nei pranzi di famiglia, perchè essi sono l'espressione e quasi lo specchio del principio che li muove, l'amor vicendevole. Fra l'agape fraterna ed il greco simposio non c'è che un passo facile a valicare e pericoloso, il quale dalla purissima e santa gioja del trovarsi tutti riuniti i membri di una famiglia intorno al desco paterno, fa passare alla prosastica e bassa gioja (se pure è gioia) di gustare cibi prelibati, di empirsi il corpo, di inebriarsi la testa; e l'idea principale, l'idea madre va perduta insieme alla semplicità, all'affetto... Vedo che dovrò ancora intrattenermi teco in proposito, affinchè non s'infiltri in te pure lo spirito di tutto materializzare, di tutto ridurre alla macchina, al numero, al piacere. La materia c'è, lo sappiamo tutti: la materia costituisce il nostro stesso essere, od almeno la sua parte inferiore, il corpo; la la materia ci circonda, ci nutre, ci minaccia; ma che la materia prenda il posto dello spirito, od a lui si pareggi, la è questa una cosa che nessun'anima ben nata può tollerare; ora tu sta ben all'erta, veglia attenta, affinchè non s'introduca dentro di te, intorno a te, neppur uno di quei principj che la potrebbero generare... La materia è serva e lo spirito è padrone, Iddio ha posto la distanza tra servo e padrone, noi la dobbiamo mantenere, ed a questo riguardo incomparabilmente più che in qualunque altro. Colui che mi presta il suo servigio è un uomo della mia stessa natura il quale a sua volta può diventar mio padrone; ma la materia è di natura più bassa ed infinitamente inferiore alla mia, alla tua anima, creata ad immagine e somiglianza di Dio! Tieni serva la materia, padrone sempre sempre lo spirito.

Pagina 689

Le buone usanze

195686
Gina Sobrero 1 occorrenze
  • 1912
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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I capelli falsi sono una cosa brutta ed inutile; si riconoscono a prima vista, e non hanno mai abbellito nessuno. Una signora d'età darà prova di eleganza, coprendo i suoi capelli di una trina. Per la nettezza della testa vi sono tante ricette quasi, quante persone; adesso la più in voga è il così detto shampooing di cui uso ci è venuto dall'Inghilterra. Si prepara anche in casa facilmente; in un litro d'acqua si fondono trenta grammi di bicarbonato di soda, quindici di sapone di Marsiglia, poi vi si versano alcune goccie di essenza, e trenta grammi di spirito di vino finissimo; lavati ben bene i capelli e la testa con questo miscuglio, si risciacquano nell'acqua tiepida, e poi si asciugano con biancheria calda. Prima di pettinarsi bisogna aspettare due o tre ore, per evitare che i capelli prendano quell'odore d'umido assai sgradito. Le bionde fanno meglio evitando le lavature all'acqua, che alterano sempre un poco la tinta loro delicata, e supplendovi col lavarsi con farina di meliga spazzolando quindi ben bene la chioma. Questa della spazzola è un'ottima abitudine, quando si sa servirsene bene; il leggero massaggio facilita la crescita dei capelli, e inoltre toglie le pellicole che dànno tanta apparenza di trascuratezza alla più bella testa. L'arrestare la caduta dei capelli non è più ufficio del galateo; bisogna però, in questo, ricorrere al medico e non fidarsi delle quarte pagine dei giornali. È pessima educazione grattarsi colle unghie il capo, il che inoltre stacca i capelli e facilmente ferisce la cute; nè mi pare migliore l'abitudine che hanno certi uomini, di passarsi continuamente le mani in testa con quel gesto ispirato, che, in certi casi, è proprio fuor di posto. Veramente ogni parte del nostro corpo richiederebbe consigli speciali, per conservarlo in quello stato di salute e di nettezza che forma la vera bellezza; mi limiterò peraltro a dire che sarebbe necessario introdurre in Italia, come in tutte le nazioni civili, l'uso del bagno completo quotidiano. L'acqua non manca certo nella nostra penisola; ma sui trentadue milioni di sudditi di sua maestà Vittorio Emanuele III, sono sicura che nemmeno centomila hanno questa abitudine. Non arrivo al punto di dire che la civiltà di un popolo sia in ragione diretta del suo amore alla pulizia, ma è certo che questa, forma un gran contingente di benessere, e dinota un grado elevato di educazione. Vorrei che nelle case di mediocre ricchezza si trascurasse un po' più il salotto, ma non si mancasse della stanza da bagno; che la padrona di casa avesse una veste di seta di meno, il padrone rinunziasse a qualche costoso capriccio, ma che entrambi pagassero la leggera sopratassa che permetterebbe di aver acqua sufficiente per le complete e giornaliere abluzioni di tutta la famiglia. Costano così poca fatica, e accrescerebbero tanto la salute e la bellezza! Chi non può avere una vasca in marmo, si contenti di quelle di zinco, di un recipiente rotondo per le spugnature; ma acqua, acqua, io grido, con tutto l'entusiasmo con cui gridava Pietro l'eremita famoso: Dio lo vuole! perchè questa, in favore dell'uso dell'acqua e della pulizia, è una vera e santa crociata. I denti vanno lavati almeno due volte al giorno, la mattina e la sera; è bene sciacquarsi la bocca ogni volta che si mangia; l'alito cattivo è una delle cose più disgustose immaginabili, e, quando non proviene da una malattia dello stomaco o dei denti, può evitarsi con una grande nettezza della bocca. I denti allora si conservano sani e bianchi; il che non è da disprezzare, giacchè il più bel voto non può parer tale, quando nel sorriso scopre due file di denti di dubbia nettezza. Si devono prendere sin da fanciulli queste abitudini, se non vogliamo aumentare le ricchezze di tutti i dentisti americani e tedeschi, che invadono l'Italia fidandosi appunto sulla nostra trascuratezza in questo ramo della toeletta personale. Mordere le labbra, bagnarle continuamente colla lingua è cattiva educazione e ne sciupa la freschezza, rendendole facili all'azione dell'aria fredda; non mi pare necessario di dire che non bisogna mettersi le dita in bocca, nel naso, nelle orecchie; è vero che monsignor Della Casa vi accenna nel suo famoso galateo, ma forse allora egli sentiva il bisogno di questi consigli ai suoi contemporanei, mentre ai nostri tempi oso qnasi supporre che nemmeno un bambino lattante abbia di questi volgari difetti. È meglio non portar mai le mani sulla faccia: le pelli delicate conservano subito l'impronta delle dita, e una bella carnagione è certo uno dei migliori pregi del volto. Anche le unghie richiedono una cura incessante; alcuni pretendono che non bisogna mai tagliarle ma limarle: io sono di parere che le due operazioni sono ugualmente necessarie; in ogni caso poi vanno tenute molto nette, e di giusta lunghezza se non si vuol farle sembrare artigli; tagliarle col temperino è cattiva educazione e si sciupano; occuparsi delle nostre dita è una funzione che bisogna fare nel proprio camerino da toeletta, mai in pubblico; le unghie si lucidano con un pezzetto di pelle scamosciata; vi sono polveri a posta per dar loro lucentezza e tinta rosea, ma in fondo io le credo inutili; una buona salute e molta pulizia sono i migliori rimedii. Quelli che hanno il brutto vezzo di rosicchiarle, non tardano ad essere puniti della loro sconvenienza; una volta presa la brutta abitudine, difficilmente, anche perdendola, torneranno ad avere unghie belle e lucenti. La signora cui sta maggiormente a cuore la bellezza delle proprie mani, non ha bisogno di rimanere oziosa per conservarla; adoperando larghi guanti vecchi riuscirà ad evitare il danno della polvere e a conciliare le occupazioni di una buona massaia con la cura di conservarsi le mani morbide e le unghie bianche. Del resto un po' di sugo di limone è ottimo per lavarsi le mani dopo aver terminato le mille piccole faccende domestiche. Per togliere le macchie d'inchiostro si usi la pietra pomice, oppure il limone, il latte, il sugo di un pomodoro, ecc. Il più grande scrittore, il più laborioso impiegato non vanno esenti dall'obbligo di conservarsi persone educate; e mostrarsi colle mani sporche d'inchiostro, è una cosa indecente e imperdonabile. Oltre questi brevi precetti di nettezza per conservarsi belli e attraenti il più lungamente possibile, l'igiene consiglia una quantità di ricette che mi porterebbe troppo in lungo l'accennare e che sarebbero fuori posto in questo libro. Le passeggiate regolari, la ginnastica moderata impediscono d'ingrassare; un cibo sano, semplice e nutriente, le veglie non troppo prolungate, la moderazione nei sentimenti, nelle passioni di qualunque genere, sono tutte buone abitudini che conservano il corpo sano e che noi non dobbiamo affatto trascurare, se vogliamo conservare la bellezza sortita da natura, e così adempiere un vero dovere, che, come ho già detto, ci incombe e verso noi e verso il prossimo.

Pagina 132

Galateo morale

196348
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
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Risponde il messere bruscamente a ogni domanda che gli venga fatta: il suo, se pure può chiamarsi discorso, è di quando in quando abbellito da sconcie invettive, da luridi intercalari: nel volto acceso, nel concitato linguaggio tu andresti invano cercando quell'affabile sorriso, quel melato accento che ti avevano così favorevolmente disposto a giudicarlo nei pubblici convegni, ne'crocchi degli amici. Tu lo vedi, l'uomo che ti parve già sì affabile e gentile, impazientarsi per ogni menomo ritardo del pranzo o della cena: irritarsi d'ogni contrattempo, d'ogni minuzia urlare tu lo senti contro la moglie, contro i figli, contro i servitori che egli mette nella sua collera allo stesso livello, e guai che uno ardisca frammettere la più piccola osservazione ai suoi, non sempre giusti, rimproveri, o cercar di scusarsi di qualche leggerissimo fallo. Egli ha il diritto, come capo di casa, di non aver mai il torto dalla sua parte: così voglio così comando, la mia volontà deve tener luogo della ragione. In casa sua tutto deve camminare in fil di ruota...per lui. Se no guai! E mostra intanto alla cara famigliola la bella coppia di pugni che ebbe in regalo dalla natura. Costui, come vedete, non avrebbe ragione di chiamarsi gentile. La sua gentilezza nelle altrui case, in ufficio, al banco, in piazza è una gentilezza d'accatto che indossa e si mette a seconda delle circostanze come un abito da commedia. «Aspettare, dice il buon Pellico, l'istante in cui esce di casa per mostrarsi osservante delle regole di gentilezza, mancando colla più schifosa indifferenza ai riguardi dovuti ai parenti e più che una pazzia, è una colpa».

Pagina 37

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