Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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LE DUE MARIANNE - I CONIUGI SPAZZOLETTI

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De Marchi, Emilio 1 occorrenze

Poiché la sera era mite e chiara, Margherita uscì e si lasciò condurre da un vialetto bruno, che luccicava alla luna, fino ad una fontanella zampillante da una grotta di tufo, da dove si poteva vedere tutta la facciata della casa imbiancata e abbellita da tutti gl'incanti, che le ombre portate dalle gronde e quelle tremolanti delle piante fanno sopra gli edifici e sulle anime poetiche. Nell'angolo più remoto del giardino nereggiava un boschetto di alte conifere, pieno di segreti e di malinconie. Che volete? a Margherita balenò in cuore la immagine chiara di quella casetta, di quel paradiso tante volte sognato a braccio di Leopoldo. Addentrarsi alcun poco sotto gli alberi alla ventura di quel sentieruzzo di ghiaia, che saliva una montagnola, le parve di sentire intorno a sé quel fremito di soavissime passioni, che egli le aveva tante volte promesse. Quanto sarebbe stato bello di tornare a passeggiare, come una volta, sotto quel tempio di sempreverdi lumeggiati qua e là dal raggio piovente della luna vagolante, tutta appoggiata al braccio dell'uomo che ci ama! Perché Poldo non l'amava più? perché non era più per lui la sua Margherita? Se egli fosse uscito di dietro a quel tronco, oh! come l'avrebbe abbracciato stretto per non perderlo più! gli occhi le si riempivano di pianto e il cuore di amarezza. Quando rientrò in casa trovò il suo gentilissimo ospite, che dopo aver cambiato gli abiti, l'aspettava presso una tavola piena di biccchierini, di tondi, di biscotti, di fiori e d'altre galanterie. - Intanto che ci scaldano un caffè, o un brodo, possiamo sedere a far quattro chiacchiere in compagnia. Tanto, è troppo presto di andare a dormire e quattro chiacchiere preparano il sonno. Se pur io potrò dormire, senza la mia dolce metà. Margherita, dopo essersi levati il cappello e il dolman, andò a sedere in una poltroncina che il sor Claudio accostò alla tavola. Nell'avvicinarsele si trovò in piedi dietro di lei seduta e poté contemplare la ricchezza de' suoi capelli color del miele di Bormio, intrecciati con una semplicità di cui la sora Ballanzini non aveva idea. Parimenti ebbe occasione di osservare la malizia delle milanesi di indossare certi vestiti che stringono, con risparmio di stoffa e con vantaggio di chi li porta. Qui è il caso di dire che chi meno spende guadagna di più. A Margherita toccò d'obbedire e d'accettare ciò che l'ospite le offriva con tanta cortesia. Già si erano detti scambievolmente i loro nomi e cognomi: il cavaliere Spazzoletti non era ignoto a Musocco. Quasi quasi si trovavano parenti. Anch'essa si chiamava Margherita? Che combinazioni si dànno, e che differenze! Al sor Claudio piaceva e lo spirito e i modi distinti, e la flessuosità aristocratica della signora e più di tutto quell'aguzzare delle labbra, sorseggiando il caffè, e quell'incurvare del mignolo in un certo archetto nel tener la chicchera, che a non baciarlo quel mignolo ci voleva tutta la soggezione che imponevano quegli occhi. Di discorso in discorso si tornò a parlare della povera Cecilia, morta già da dieci anni. Se ci fosse stata poteva avere giusta l'età di Margherita. Sia che quella festa di eleganza, e quella giovinezza sorridente lo ammaliassero, sia che il pensiero e l'immagine di Cecilia si confondessero in quella personcina graziosa che gli stava davanti, a poco a poco il sor Claudio divenne malinconico. - Chi suona il piano? - domandò la signora. - L'avevamo comperato per Cecilia, che già sapeva suonarci su qualche cosa. Lo conserviamo per memoria. - Qui c'è della musica. - Erano cosette che la bambina stava studiando quando morì. - Permette che dia loro una scorsa? - Anzi, mi farà piacere. Margherita si mise al piano, aprì la musica e cominciò a suonare le "Violette", una mazurca semplice e graziosa. Al risentire quelle note che da forse dieci anni (cioè dal giorno che Cecilia s'era sentita male su quello sgabello) parevano morte con lei, al risentirle evocate dolcemente nel gran silenzio della notte, mentre dal giardino entrava il profumo dei fiori, il sor Claudio, sprofondato in una poltrona, chiuse gli occhi e giunse le mani in atto di preghiera. Così a occhi chiusi rievocava l'immagine di Cecilia, la ingrandiva, e aprendo gli occhi si compiaceva di vederla seduta davanti. - Ancora - disse quando ella ebbe finito. Quella musica che aleggiava sopra le aiuole del giardino e per gli atrii della casa non parlava solamente della povera Cecilia, ma di tutto un mondo invisibile di cose belle e gentili, che egli non aveva conosciute, ma delle quali gli pareva di avere i germi nel cuore. - Mi pare, - disse aprendo le mani- mi pare di sentire a volar gli angeli sopra il tetto. Poi volle che suonasse dell'altra musica, e che gustasse un altro bicchieruccio di Cipro... Finché scoccarono, fra ciarle e complimenti, le undici al campanile di Musocco. Poiché parve l'ora di ritirarsi, il sor Claudio offrì di nuovo il suo braccio e preceduto dalla Savina, che portava i lumi, accompagnò il suo "angiolino" fin sulla soglia della cameretta destinata, messa in bianco come la stanza d'una fanciulla. Quivi, volendo lasciarla con qualche barzelletta allegra, pentito di averle parlato di morti e di malinconie, s'inchinò, tenendosi una manina di lei nelle sue, vi posò rispettosamente le labbra e con una voce, in cui si sentiva una profonda commozione, soggiunse: - Badi a non cadere, perché io dormo di sotto. E ridendo e piangendo, il sor Claudio un quarto d'ora dopo soffiava il lume. Se quella notte chiuse gli occhi fu per vedere una farfalla bianca che passava e ripassava svolazzando intorno al letto.

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