Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbattuto

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Angiola Maria

207178
Carcano, Giulio 1 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Quant' egli fosse abbattuto, ascoltando come Maria fosse partita per sempre, e quanto ne patisse in quel momento, solo il suo cuore lo seppe. S' era fatto pallido, cupo; l'ira, l'affanno, il sospetto, gli entrarono nell' anima; ma non si scoperse, non disse parola. In quella medesima sera, suo padre gli fece dire che aveva necessità di parlargli; egli non indugiò a presentarsi a lui. Il vecchio lord gli venne incontro, lo prese per mano, e senza accennare alla più lontana idea di ciò ch'era stato, gli mise innanzi, con parole amichevoli e gravi, le nuove urgenti circostanze che lo consigliavano a tornare in Inghilterra, senza por tempo in mezzo; gli spiegò sot- t' occhio lettere d'uomini potenti, che gli avevano disegnato l'andar delle cose, la gravezza del momento; gli parlò poi del debito di non tradir l' avvenire, i proprii diritti, la parte alla quale s' era legato; della necessità in fine di giovarsi di quella congiuntura, per non essere avvantaggiato da altri, e racquistare almeno in parte ciò che prima aveva perduto. Arnoldo rimase confuso, annientato quasi dalle parole paterne. Il vecchio non imponeva, ma cercava consiglio, pregava; ond' egli, che dapprima era stato pensoso, irresoluto, rompendo alla fine il silenzio, uscì a proporre al padre, come unico partito da seguitare, quello d'un sollecito ritorno alla loro contea. L'accorto sguardo del lord aveva indovinata la via per arrivare al cuor generoso del figlio; la sua fina politica famigliare aveva trionfato. Il giovino però sentiva il peso di codesto dovere penoso, sulle prime accettato con volontà sincera. Accondisceso ch'egli ebbe, il pensiero di perder Maria gli tornò in cuore, gli parve insopportabile; voleva parlare di nuovo a suo padre, svelargli ogni cosa; poi riflettendoci, conobbe che sarebbe stato come guastar tutto. E intanto sorse a consolarlo un' altra speranza, che forse, cedendo da principio, gli sarebbe stato poi agevole, passato qualche tempo, di preparare l'animo paterno a non porre più altro contrasto alla sua volontà; e, vinto così l' antico pregiudizio dell'orgoglio domestico, sarebbe stato padrone della propria mente e del proprio cuore. Allora, per non saper trovare altra uscita, abbracciò il più facile consiglio a cui, per la fiducia del meglio, assai di sovente si appigliano gli animi incerti e miti, quello di tacere e di aspettare. Nondimeno, era torbido e travagliato. Non poteva spiegare a sè stesso la causa di quell'improvvisa fuga della fanciulla, dopo tutto ciò ch'era stato; nè comprendere come il vicecurato fosse venuto e partito, senza cercar di lui, senza aspettare di vederlo. Ben gli nacque in mente il dubbio, che Maria avesse confessato al fratello la segreta affezione che li univa; ma per ciò appunto si corrucciava di più, e pensava al basso e falso concetto che l' amico doveva farsi di lui, non conoscendo ancora la purezza del suo proposito, il mutamento dell'anima sua. E desiderava di rivedere, innanzi partire, la giovinetta; voleva parlarle almeno una volta, accertarla del suo ritorno dopo breve tempo, ripeterle la fatta promessa. Allora, dopo ch'ebbe inutilmente tentato più d' una via per trovare in città chi gli desse contezza del luogo in cui il vicecurato potesse aver fermato dimora, dopo ch' ebbe risoluto di trasferirsi segretamente, prima al paesello del lago, poi all' alpestre villaggio di Valtellina; pentito dell' uno e dell' altro disegno, s' abbandonò all' inutile rim- pianto, all'inquietudine, a divisamenti cupi e sdegnosi. Pensò anche di palesare la difficile situazione in cui era a quel saggio uomo che aveva avuto tanto potere su la sua vita, e ch' egli venerava come secondo padre, perchè almeno lo sovvenisse di consiglio: pure, sul punto di farlo, non ardì aprirgli l' animo, o temè forse il giudizio del semplice ed austero vecchio. Intanto il dì della partenza venne. Tutto quello ch'egli potè fare fu di scrivere una lunga lettera al vicecurato, e ve n' acchiuse un' altra indirizzata a Maria; le mandò alla posta, e pregò il cielo che arrivassero al più presto al loro destino. Dov' era allora la nostra fanciulla? In certe povere stanzette, confinate nella soffitta de- serta d' un antico palazzo, che appartenne un tempo alla famiglia del conte Francesco ***, viveva ancora la vedova del vecchio maggiordomo di quella casa. Morti gli ultimi padroni, il palazzo era stato venduto, spogliato delle sue tappezzerie di damasco e delle dorate suppellettili che l'adornavano da forse un secolo: un negoziante, arricchito di fresco e non ancora ritirato dagli affari, l' aveva acquistato e fatto restaurar tutto alle foggie del gusto moderno, con le sue sete, con lucidi arredi parigini, e coi molli tappeti turchi. Quella vedova era una buona vecchietta, servizievole, cicalona, tutt' amore del prossimo e de' poverelli, lodatrice eterna de' tempi suoi e degli ottimi suoi padroni, massimamente della defunta signora contessa; la quale non s'era di lei dimenticata nel testamento, avendole lasciato una provvisioncella, vita sua durante, un trenta soldi al giorno e l' abitazione: era tutto quel che la povera donna possedeva quaggiù. Pure viveva contenta, e con un sordo sogghignare, diceva spesso: Chi molto abbraccia, nulla stringe; ma chi sa contentarsi del poco, campa un pezzo e col cuor largo. - Quel negoziante, al quale certi lontani parenti della contessa, appena ne furono gli eredi, avevano venduto il palazzo, dovette accettare tra gli altri patti anche la noia di tenersi in casa la vecchia vedova. E questa poi fu sempre ostinata a non voler abbandònare la dimora dov' era vissuta per trent' anni; di modo che il nuovo padrone mise giù il pensiero di farla sloggiare con le buone, come aveva stimato facile, nella fiducia che la vecchia sarebbe presto ita a cercar posto nell' altro mondo. A quest' antica conoscente, alla signora Giuditta, come in tutto il quartiere era chiamata, affidò dunque il vicecurato la sua afflitta sorella. Essa li aveva tante volte portati su le sue braccia l' uno e l' altra in giorni più lieti, quand' erano ancora ragazzetti, che non se n' era punto dimenticata; ma, da tanto tempo non avendoli veduti, quasi non lo credè vero, quando le si fecero conoscere. Pure li ricevette a braccia aperte, e domandò loro del buon Andrea, della comare Caterina, del palazzo, di cent' altre cose e perfino del vecchio bracco Azor; rammaricandosi di tutto quello che non era più, e benedicendo il cielo che la buona Caterina del fattore vecchio si ricordasse ancora di lei. Nell'ignota dimora della vedova Giuditta, don Carlo dunque pensò di nascondere Maria dalle ricerche e dalla persecuzione dell' uomo ch' egli credeva suo seduttore; giacché aveva mente di fermarsi ancora per qualche giorno a Milano, e di ricondurre poi egli stesso la fanciulla alla madre. Maria, ne' primi dì, non seppe accomodarsi alla nuova solitudine. Ignara di quanto fosse avvenuto, dopo che aveva abbandonato la casa de' Leslie, di quel che potesse fare Arnoldo per ritrovarla, e forse sedotta ancora da una lontana idea di rivederlo, di separarsi in pace da lui, idea che la sua virtù e l' affetto le richiamavano sempre, non come una colpa, ma come unica consolazione, passava le ore in una dolorosa rassegnazione. Non piangeva più, ma faceva ogni sforzo per ritornare il più che potesse alla memoria di sua madre: solo qualche volta, in segreto, ripeteva ancora il nome di colui che per il primo aveva occupato il suo cuore, sentendo ch' essa non avrebbe più potuto voler bene a nessuno, come n' aveva voluto a lui. Ella non usciva mai, e stava sempre in compagnia della vedova, la quale non sapeva immaginare perchè una creatura, giovine e bella come Maria, fosse così tacita e mesta. Intanto il fratello suo passò que' pochi giorni visitando gli amici che gli restavano; antichi compagni di scuola, alcuni de' quali erano a quel tempo parrochi nella città, altri procacciavan di guadagnarsi, con la penna e con gli studi, una vita stentata, ma libera e onesta. E nel rinnovarsi di conoscenze che avevano messa profonda radice ne' cuori, per quella corrispondenza di sentimenti e di simpatie, ch' è sì bella quando la sorgente n' è virtuosa e schietta, e fedele la ricordanza, come gli parve di ringiovenire, di ritornare a quell' età d' affetto e di desiderio, quando si crede che la buona volontà sia tutto, e nulla la difficoltà delle opinioni e del potere altrui; quando è certa e giusta l' aspettativa, e santa l' energia della fede e del contraccambio!... Con quali sinceri trasporti gli amici si rividero, s' abbracciarono! con che fratellanza di gioia e di dolore rinnovellarono le memorie della giovinezza! Come lagrimarono i compagni che non erano più, ch' eran mancati nell' ora migliore! come compiansero a quelli che avevano tradito le speranze di loro concette, un bell' avvenire, la vita intera!... E le promesse di star sempre uniti col cuore, se con le persone non potevano, d' adempiere insieme all' eterno dovere di render migliori gli altri, di non cader mai d'animo, nè per la tirannia de' pregiudizi e del tempo, nè per la cieca guerra delle passioni, e di servire liberamente alla causa della verità, preparando d'accordo, per quanta forza e per quanto cuore in essi era, il bene e la giustizia a pro di tutti; queste altissime promesse si ripeterono, più d'una volta, ne'loro ragionari dolci e solenni; e furono santificate da' voti e dalle preghiere di que' giusti e generosi che amavano e che soffrivano. Così alcuni di que' dì felici, che il buon prete non credeva di trovare più su la terra, e dietro a' quali ' animo suo aveva ben sovente sospirato nelle solitudini della campagna, in mezzo alla povertà e alla dura vita del contadino, o sotto gli umili archi della chiesa del suo villaggio, alcuni di que' dì felici sorgevano ancora per lui; e lo consolavano nel momento che, ferito nella più viva parte del cuore, s' era umiliato innanzi alla superbia degli uomini, all' ingiustizia delle cose. Di che egli si rallegrava con sè medesimo, chè da gran tempo aveva rinunciato all' allegrezza: nè alcun funesto presentimento venne, a turbar la purità di quell' affetto antico e santo, e il felice presagio di un' età migliore.... Ma troppo spesso le nostre più vive speranze son le più vane. Un giorno - non eran passate più di due settimane dacchè Maria stava in casa della vedova - le due donne avevano apprestato un desinare assai modesto, e aspettavano il vicecurato. È passato il mezzodì passano una, due, tre ore, ed esse attendono ancora, e il vicecurato non comparisce. Su le prime, non si danno pensiero del tardare, rassicurandosi nell' idea che forse qualche impreveduta circostanza ne lo trattenga. Ma poi, all' abbassar del giorno, quando l' una e l' altra ebbero finito di ripetere le usate scuse che si van cercando per ingannar l'angustia dell'aspettare, allora, con quel senso di tristezza che desta il veder farsi sera, cresce in loro il dubbio e l' inquietudine: e taciturne entrambe, si pongono a sedere presso una delle finestre che dà sul cortile, s' interrogano a vicenda con gli occhi, guardano ogni momento verso il cancello del palazzo, in attenzione curiosa, d' ognuno ch' entri o passi. Da quella finestra vedevasi, per il vano del portone, lungo tratto della frequentata corsia. Si fece notte, le campane delle chiese erano già silenziose per tutta la città, e le donne aspettavano ancora. In ogni passeggiero che attraversasse quel breve spazio, pareva loro di riconoscere il prete; ma nessuno mai s' arrestava, nessuno svoltava in quella porta. Maria ben voleva persuadersi che nulla ci fosse di più naturale di quell' assenza, ma invano; un interno timore la vinceva, andava immaginando qualche cosa di funesto; un pericolo, un tradimento, una sciagura improvvisa; e già, come una spina, le stava fitta in cuore l' angustia che il suo Carlo non avesse a ritornare mai più! La vedova, indispettita alla fine di quel lungo tedio, cominciò a sfogarsi, a brontolare fra sè e sè: « Vedete mo,

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