Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbattuta

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IL BENEFATTORE

662569
Capuana, Luigi 1 occorrenze
  • 1901
  • CARLO LIPRANDI EDITORE
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Di cima al Muraglione, i galantuomini del Casino andavano ad osservare, due, tre volte al giorno, i lavori delle squadre di uomini che laggiù abbattevano siepi di fichi d'India, ammonticchiavano sassi per costruire il gran muro di cinta lungo lo stradone, appianavano rialzi di terreno, sgombravano la linea, tracciata dall'ingegnere, che dal posto dove dovea sorgere il cancello saliva a zigzag fino alla casetta rurale dei Laureano già abbattuta dalle fondamenta per far luogo al Cottèg , come avevano sentito dire che sarebbe chiamata la villa. E di lassù si distingueva benissimo l' inglese che andava qua e là, dando ordini, sotto l'ombrello cenericcio sempre aperto contro il sole, e sollecitava e dirigeva, instancabile. Poi, verso sera, gli vedevano riprendere la via del paese, cavalcando alla testa dei suoi uomini, al pari di un generale, com'era partito la mattina, all'alba, dopo averli rassegnati (erano quasi un centinaio) e averli disposti in squadre, secondo i diversi lavori a cui venivano addetti. Gli uomini partivano cantando in coro, con gli strumenti del lavoro in ispalla, marciando alla soldatesca. E come i soldati pel loro capitano, si sarebbero fatti ammazzare per quel padrone che li pagava bene, puntualmente; che li ristorava con buone minestre, con ottimo vino; che li faceva riposare un paio d'ore, quando il sole saettava dal meriggio; non rifiutando mai una persona che gli si fosse presentata per chiedere lavoro; pagando il medico e le medicine, se qualcuno di loro si ammalava. Nei primi mesi, i galantuomini sorridevano di compassione, crollavano la testa, pensando che la cosa era troppo bella da poter durare. Convenivano però che l' inglese si rivelava più furbo di quel che non sembrasse. Facendo a quel modo, otteneva che i contadini e gli operai lavorassero il doppio quasi senza accorgersi di lavorare. Infatti in meno di due mesi, le grillaie di Tirantello e del Cucchiaio erano quasi irriconoscibili; il muro di cinta, terminato; lo stradone serpeggiava fino a piè della collina; e si vedevano già i fossati delle fondamenta che tracciavano lo scheletro del Cottage . - E poi? - domandava il canonico Medulla. - Dice che vuol piantare un vigneto da una parte - rispondeva il sindaco - e un giardino di agrumi dall'altra. - E l'acqua? D'onde la caverà l'acqua per inaffiare il giardino? - Ha già fatto cominciare gli scavi. Intanto ha quella del mulino dal Cucchiaio . - Due gocce! È pazzo da catena costui. Un giorno, abbandonerà baracca e burattini e scapperà coi debiti che ha fatto nelle Banche di Catania; lasciatevelo dire da me! - Ma sono quattrini suoi quelli che prende dalle banche, quattrini depositati, messi a frutto. - Fandonie! - Costui ci darà una bella lezione, signor canonico! - La lezione la riceverà lui, e di che sorta! Andare ad affacciarsi dal Muraglione per osservare i lavori dell' inglese , laggiù, era diventato l'occupazione giornaliera dei galantuomini che ordinariamente ozieggiavano in Casino, dicendo male di questo e di quello, ammazzando il tempo con interminabili partite a tarocchi o al bigliardo, o sbadigliando seduti in circolo, su la terrazza che dominava il Largo della Matrice e quasi segregava il Casino dal contatto della gente radunata davanti a la chiesa, le domeniche; contadini la più parte. Le gite al Muraglione formavano un diversivo, davano pretesto a discussioni, a malignità anche; perchè quando noi vediamo fatto da altri quel che, con nostro profitto, avremmo potuto fare e non abbiamo voluto o saputo fare, l'attività altrui ci insinua nell'animo un rancore chiuso; ci sentiamo quasi frodati di quel che ci sarebbe stato facile possedere e che scorgiamo intanto in mano di uno che ci apparisce ora un intruso e fino a ieri compiangevamo o disprezzavamo come illuso o pazzo da legare. Chi di quei galantuomini si sarebbe mai immaginato che Tirantello , Cucchiaio , Pennino e Santa Barbara , avessero potuto divenire un gran podere modello, trasformati dall'attività di un sol uomo; e coprirsi di vigneti, di giardini di agrumi, con polle di acqua fatte scaturire quasi miracolosamente dalle viscere della terra; con un vasto casamento, con stalle, comode abitazioni pei contadini; con una vita rigogliosa, fiorentissima, regolata come un orologio dall'intelligenza direttrice che aveva saputo operare tale trasformazione, da rendere impossibile a qualunque immaginazione il ricostruirsi la visione di quell'aggregato di grillaie dove poco addietro le capre, i buoi trovavano a stento un po' di erba da brucare? E c'era voluto meno di tre anni, perchè i viaggiatori che passavano con la vettura postale per lo stradone, mentre davanti la rimessa avveniva il ricambio dei cavalli, si accostassero al cancello meravigliati di scorgere una scena così ridente colà, dove prima non si vedeva altro che miseria e desolazione!

CONTRO IL FATO

682557
Steno, Flavia 1 occorrenze

Era tanto bella così, un po' pallida, un po' abbattuta, con quell'aria di preghiera negli occhi buoni, che il duca l'abbracciò quasi teneramente. - Perdonami, sai che scherzo e che ho molta stima di te: sei la duchessa d'Eboli, e ciò mi basta per esser sicuro che non mancherai mai al tuo nome.... D'altronde mi devi perdonare se scherzo un po' sul tuo ex spasimante..., Sai che sono curioso, come v'incontrerete? - Partiamo - diss'ella a un tratto. - Partire? perché egli lo sappia e rida di noi?... Tu hai dunque paura? Essa tacque un momento. - Hai paura? - ripetè il duca, corrugando la fronte. - No, no, - s'affrettò a rispondere Sarah, guardandolo franca coi suoi grandi occhi puri - non ho paura. - E hai tutto quanto il tempo per prepararti; il signor Rook non è all'albergo, mi ha detto stamane il dottore. Egli è a Madrid da due giorni e non tornerà che alla fine della settimana, se pur tornerà. – Sarah non potè a meno di gettare un sospiro di sollievo. - Vedi che eri impensierita? - osservò lui un po' imquieto in fondo in fondo, ma sicuro di sua moglie che lo adorava, e un po' ferito nel suo amor proprio dall'idea che un altr'uomo potesse occuparla così, fosse pure per un sentimento d'odio e di paura!... Dopo tutto, quell'uomo, un giorno, era pure stato amato, e aveva avuto il primo palpito di quel cuore vergine e intatto. - Lo hai amato molto? - le chiese per la prima volta. Sarah sussultò colpita da quella strana domanda, ancor più strana sulla bocca di lui, che non si era mai degnato di chiederle nulla del suo passato. - Ma che! - protestò - se l'avessi amato, non avrei sposato te! non sarei neppure partita di laggiù, credo!... - Ma credevi d'amarlo, non è vero? - Che ne sapevo allora dell'amore? - sussurrò lei pensosa, commossa da quelle ricordanze soavi, e forse per la prima volta conscia di quanto aveva fatto.... Il duca sorrise, orgoglioso di quella risposta. Non era tributo ed omaggio a lui? Non aveva aperto egli stesso la mente di lei, candida e ignorante? Non l'aveva conosciuto per lui l'amore? Ah, lo Yankee con molti milioni, che credeva d'essere anche il re di cuori!... Venisse pure, non lo temeva certo! Lo Yankee arrivò infatti molto prima di quanto si credeva; Sarah ch'era rimasta fuori tutto il pomeriggio per una lunga passeggiata lungo la costa colla baronessa Gleunitz, rientrava lentamente, tranquilla e lieta, quando due vetture dell'albergo le passarono accanto al trotto, scomparendo nel lungo viale che saliva alla collina. La piccola Solange che camminava un po' avanti con miss Lucy, si fermò, e volgendosi verso sua madre: - Quante scatole! - esclamò, indicando la seconda delle vetture tutta piena di pacchi e d'involti. Poi aprì la sua rete per mettervi altre due piccole conchiglie rosee raccolte allora allora, e raggiunse un po' di corsa miss Lucy che aveva continuato la strada leggendo il Times spiegato come un immenso lenzuolo. - Ancora forestieri! - disse la baronessa. - Sì, - confermò Sarah, ben lontana dall’immaginare che quel forestiero così equipaggiato fosse il temuto signor Rook. Dieci minuti dopo, mentre saliva lo scalone per recarsi in camera, lo incontrò proprio sul pianerottolo del primo piano. Ah, l'ora temuta!... Entrambi si fermarono come immobilizzati, fissandosi un istante. Essa frenò a stento un grido di sorpresa e quasi di terrore davanti a quella figura che le parve smisuratamente alta e maestosa, sotto quegli occhi verdi fosforescenti.....E negli sguardi di William passò rapida tutta una tempesta terribile: lampi d'odio e di vendetta, subito vinti dai ricordi e dall'impressione dolorosissima che gli produceva la presenza dell'amatissima.... Ah, che istante! nessuno dei due doveva dimenticar mai più quell'attimo, foriero di tante ed immense sciagure!... Ma fu un lampo; in lui, la fibra potente, ed atta a dominare gli impeti del cuore, prese subito il sopravvento; l'antico innamorato scomparve, e senza proferir parola, il signor Rook s'inchinò profondamente alla duchessa d'Eboli e continuò a scendere, lasciandola immobile e come istupidita sul pianerottolo. Finalmente anch'essa si riebbe; salì rapida le scale, quasi temendo il riapparire di quella visione, chiuse l’uscio della sua camera e si lasciò cadere affranta e commossa sul piccolo divano accanto al balcone difaccia al mare. William!... era il William di dieci anni prima quello!... il bel giovane bruno e forte, sempre timido e sottomesso come un bimbo davanti a lei.... ma il suo Willy d'un tempo non aveva quegli strani occhi di fuoco intraveduti in un lampo, non aveva quelle rughe profonde tra le sopracciglia e la piega d'ironia sanguinosa all'angolo delle labbra sottili.... eppure quello era Willy!... anche lui l'aveva riconosciuta subito.... come mai nessun insulto, nessun rimprovero, nessun accento era uscito da quella bocca? Ah, egli non l'aveva dimenticata! Essa era la duchessa d'Eboli. E quasi quasi la prendeva un intimo rimpianto per tutto il passato perduto, irreparabilmente, perduto senza più nessuna speranza, e senza ritorno.... Tutta una visione di altri lidi, di altre fisonomie, di altri giorni, suscitata da quel volto temuto, che tante volte ella aveva visto illuminarsi al raggio dei suoi occhi infantili, e arrossire di desiderio e di passione per una sua tenue carezza. Ah! il passato! Le pareva di essere ancora la Sarita d'un giorno, la piccola bimba dello Skating, colla pelliccia e il manicotto bianchi, la piccola allieva di miss Violet, che rubava nel giardino i più bei fiori per Willy e lo veniva ad aspettare la sera e gli diceva tante paroline tenere, sempre tremando d'essere scoperta e ritenendosi un'eroina d'amore per l'enorme pericolo che affrontava, d'essere sgridata dal babbo. Proprio quel Willy che ella aveva creduto d'amar tanto, che l'aveva adorata davvero con tutta la passione d'una natura primitiva e non completamente ancora civilizzata, stava ora a due passi da lei.... l'aveva veduto.... Oh Dio! come mutato! Ma essa non era più la piccola Sarita! ora non c'era più a sgridarla il vecchio babbo buono e un po' cieco, c'era invece un altr'uomo ch'ella conosceva assai poco, ma che amava assai.... e che non la sgridava, ma la guardava con due occhi tanto cupi e bui, così freddi e pungenti a volte, ch'essa li sentiva scendere fin in fondo al cuore con un brivido impercettibile. E c'era ancora un amore di bimba, un'altra piccola Sarita, che sarebbe cresciuta, certo, o forse avrebbe essa pure amato un altro Willy.... Ma perchè sempre Willy? Non era morto laggiù sulla pianura verde dove pascolavano le giumenta bianche e correva selvaggio il bufalo crudele? Qui non esisteva che il signor Rook, come non c'era che la duchessa d'Eboli.... E il signor Rook non rammentava più nulla certo! Era sceso tranquillo, quasi sprezzante, deridendo forse lo stupore di lei.... Perché dunque tanta inquietudine? Perché non essere come lui franca e sorridente? La vita era bella, e il mondo abbastanza largo per entrambi!... Ognuno per sé e il sole per tutti! A che dar tanta importanza a una storia d'amore infantile? A malgrado di tutti questi ragionamenti non volle scendere la sera a pranzo; e al duca, che aveva indovinato le sue paure e ne rideva, accusò invece un fortissimo mal di capo. Tenne con sé la bimba e miss Lucy, mentre Luciano scendeva col principe Belitzine.... Il pranzo fu triste assai nel salottino, tutto aperto verso il mare, dove alcuni piccoli canotti a vela si cullavano pigramente presso la spiaggia tranquilla e bianca. E il sole moriva nel sangue, laggiù nell'Atlantico azzurro. Cosa strana: contrariamente alle sue abitudini, anche il signor Rook quella sera mangiò di sopra, e Lovere non mancò di notare la coincidenza. - C’è del torbido.... - pensò, stuzzicato nella sua curiosità d'elegante sfaccendato un po' pettegolo. E si promise di non perdere nulla del dramma che si annunciava. Se sarebbe stato dramma o commedia, egli però non poteva saperlo, e invano si sarebbe lambiccato il cervello per indovinarlo. Intanto, completamente solo nel suo salotto orientale, William, poiché esisteva pur sempre un William dentro il miliardaio signor Rook, stava riflettendo all’impensato incontro di pochi momenti prima. Era caduta la maschera d'indifferenza che lo aveva sostenuto, lasciando ora scorgere chiaramente sul viso tutta la tempesta dell'anima, una vera tempesta, perchè dentro cozzavano furiosamente la sua fierezza offesa e la voce del cuore risorto. A malgrado dell'odio terribile che da tanto tempo gli faceva maledire la diletta, non poteva esimersi da un senso vivo d'ammirazione verso la splendida creatura riveduta. Infame, sì, e spergiura; vana e frivola, sì, ma pur bella!... Ancora essa era viva, viva nella sua mente, e socchiudeva gli occhi per rivederla, così tutta stupita e immobile, coi grandi occhi sbarrati di sorpresa e di paura, pallida come una morta, con la bocca schiusa a un grido, chissà se di meraviglia o di timore?... Era pur bella la splendida figura modellata dal vestito nero a grandi mazzi di mammole, le spalle bianchissime, nude, sotto le trine sottili, la breve cintura stretta tanto da potersi prendere colle dita. Così,... così egli l'aveva immaginata la sua Sarah d'un tempo, proprio così; essa era viva e desiderata nei suoi sogni pieni di lei. Aveva pensato di partir subito la sera stessa, per resistere all'impeto di rabbia che lo spingeva a spezzarla come un giocattolo, per rifarsi di tanto strazio sofferto; ma ora sentiva che non sarebbe potuto partire, no, prima d'averla riveduta.... Ne aveva bene il diritto!... Chi mai l'aveva amata quanto lui?... Oh, non certo quel duca d'Eboli, che aveva dorato a nuovo il suo stemma sbiadito coi dollari del vecchio Gould.... Ah, quel marito!... No, assolutamente bisognava ch'egli rimanesse; voleva ad ogni costo riveder Sarah, magari per odiarla ancor di più, per maledirla un'altra volta, se proprio quel cuore era tutto dell'altro! Chissà!... Sarah era rimasta troppo commossa e troppo stupita, per aver dimenticato interamente il passato. Ad ogni modo voleva sapere.... No, non sarebbe più partito: il giuoco era pericoloso e terribile, le sorti diverse assai, ma valeva ben la pena d'arrischiare il tutto pel tutto! Sonava l'ora della rivincita contro il destino.... Che cos'avrebbe fatto? In verità non sapeva: ma ad ogni modo non sarebbe partito. Anzitutto, riveder Sarah, avvicinarla, parlarle, leggere dentro e fuori la sua vita e la sua anima. Ma per avvicinar Sarah bisognava farsi amico del duca. Era facile la cosa. Nel pomeriggio aveva scorto Luciano in compagnia di Belitzine. Belitzine era un amico comune, dunque, comodissimo. Avrebbe parlato a Belitzine. Dov'era ora il principe? In giardino certo, con Sarah forse, anzi, sicuramente con Sarah. Bisognava scendere. Fece le scale con un'impazienza che smentiva stranamente la sua calma proverbiale. - L'americano ha un diavolo per capello - disse a un cameriere un giovinetto che oziava sul pianerottolo spiando. Ma l'americano era già nel giardino. Era triste quella sera: pareva che tutta la gaiezza fosse fuggita dall'Hôtel Regina. Lovere, afflitto per l'assenza di Solange, sua piccola amica, si dondolava pigramente su una sedia a sdraio, fumando una sigaretta egiziana, affatto indifferente e insensibile alle manovre di miss Cora, che approfittava dell'assenza della nuova rivale per riprendersi i suoi adoratori e cominciava collo stendere un vero stato d'assedio in tutte le regole a quel povero marchese annoiato!... D'Ostrog e von Yglau obbligati vicini alla baronessa per dovere di cortesia, nascondevano di tanto in tanto qualche sbadiglio poco lusinghiero per la povera signora, che invano si sforzava di rendersi interessante coi suoi discorsi serî, troppo assolutamente pesanti per un'ora di siesta. Gleunitz faceva invece una partita all'écarté col direttore del Casino, e nei crocchi delle signore la conversazione languiva assai. Fin la musica pareva influenzata dalla tristezza generale; anche il direttore del concerto era stato infelicissimo quella sera nella compilazione del programma, e dalle corde dei violini le note uscivano lunghe e roche come gemiti. La venuta del signor Rook portò una nota nuova, una distrazione almeno tra tutti quegli ammalati di spleen. spleen.Il miliardaio destava sempre la curiosità d'una persona nuova; le sue continue corse attraverso le capitali d'Europa, la facilità con cui profondeva il suo oro, il suo modo particolare di avvicinare tutti senza mai stringere amicizia con nessuno, gli avevano creato intorno una leggenda di stranezze e di follìe, che interessava specialmente le signore.... Ah, che cosa avrebbe dato miss Cora, Clara Berth e la contessa d'Ostrog e Lalla d'Egmont per riuscirgli simpatiche!... Ma il signor Rook era purtroppo tetragono a tutte le seduzioni femminili, come se in quella robusta e maschia figura non battesse un cuore e non si destassero mai i sensi. Egli s'intratteneva volentieri con tutte quelle che avessero un po' di spirito e una vernice di coltura mondana, ascoltava anche cortesemente i mille pettegolezzi femminili, il racconto noioso degli infiniti disturbi di quelle eleganti nevrotiche, sorridendo di tutto, senza interrompere mai per non dover sostenere la conversazione, in particolar modo per evitare tutto ciò che lo riguardasse. Anche ora il signor Rook s'avvicinò al gruppo dove era la baronessa Gleunitz e fu subito accolto con premura e cortesia, tanto da quella quanto dagli uomini. - Ben tornato, signor Rook, non v'attendevamo oggi.... - Perchè? - chiese lui, distratto. Intanto osservava intorno, cercando fra le signore la figura alta e snella di Sarah e i suoi biondi capelli. Fu meravigliato assai di non vederla. Lo pungeva un acuto desiderio di avvicinarla, di contemplare quella donna non sua, per comprendere quanto vi fosse ancora in lei della bambina adorata un tempo. Provava una smania strana, come una voluttà d'odio e di dolore insieme, una voglia terribile di tormentarsi e di tormentarla. Narrò distrattamente alla baronessa il suo breve viaggio, poi, abilmente manovrando, andò vicino al duca d'Eboli, il quale sedeva accanto a Belitzine, in modo d'essere da questi veduto. - Il signor Rook! - disse forte infatti il principe, tenerissimo per quel miliardaio, anche se senza quarti di nobiltà. - Come, già tornato? E rivolgendosi a d'Eboli: - Il re delle miniere - sussurrò. D'Eboli accennò di conoscerlo, mentre William s'avvicinava sorridendo al principe. - Non vorrei disturbare.... - disse cortesemente, inchinandosi al duca. E non volendo essere da meno in gentilezza, il duca si degnò: - Onoratissimo.... Belitzine fece la presentazione reciproca, e cinque minuti dopo, i due uomini tanto profondamente ed intimamente nemici, ebbri d'odio l'uno per l'altro, sedevano di fronte allo stesso tavolino e si guardavano sorridendo, versandosi reciprocamente una bionda chartreuse, mentre intorno nell'aria della sera, acremente profumata dal mare, vibravano le ultime note d'una ballata spagnuola, che rievocava le leggende di Siviglia e di Granata. Ma dei due, il più sereno era d'Eboli. Per lui, quell'uomo favolosamente ricco e onnipotente che gli sedeva vicino e che si era lasciato rapire la fidanzata da lui, duca d'Eboli senza uno scudo, era semplicemente uno scornato. La cosa gli destava un po' d'ilarità, e si divertiva assai osservandolo e immaginando ciò che doveva passare dietro quella fronte cupa; per conto suo era tranquillo e calmo, troppo sicuro di sua moglie per darsene un pensiero al mondo, troppo fiducioso nel rispetto che il suo titolo doveva incutere a tutti, per supporre che il signor Rook volesse arrischiarsi a combattere con lui.... Ma negli occhi di William passavano ogni tanto certi lampi così feroci, così intensi d'odio, così pieni di volontà indomita e quasi selvaggia, che avrebbero dovuto impensierirlo un po'! Mentre il duca osservava curiosamente lo Yankee con un lieve sorriso canzonatorio sotto i baffi biondi, questi pensava invece all'uomo visto quattr'anni prima in una sala dell'Anglo-American Club a Parigi, e sul quale si sarebbe allora gettato tanto volentieri per strappargli la maschera di gentiluomo e mettere a nudo tutta la sua ipocrisia. Ecco, quello stesso uomo gli stava ora davanti, e mentre su dal cuore gli venivano bollenti le ingiurie più sanguinose per lui, doveva contenersi e mostrarsi sereno, stringergli la mano e sorridergli toccando insieme i piccoli calici iridescenti. Ah, ma si sarebbe vendicato d'entrambi! Avrebbe fatto loro scontare i lunghi anni di sofferenza atroce, nascosta sotto l'apparenza d'una attività febbrile che non era valso mai a guarirlo, mentre essi si godevano insieme la vita e le gioie d'una gioventù beata! Certo bisognava aspettare; esser calmi e sereni in apparenza per assaporare meglio la vendetta, essere prudente e tranquillo come se il passato doloroso non fosse mai esistito. Intanto Belitzine faceva le spese d'una conversazione che nessuno dei due udiva, e che non interessava certo. Finalmente rivolgendosi al signor Rook interrogò: - Sapete, signor Rook, che la duchessa d'Eboli è americana? - Sì, principe; - rispose William sorridendo - ho avuto l'onore di conoscere il padre di miss Gould, ora duchessa d'Eboli - soggiunse, inchinandosi al duca. Questi restò assai sorpreso della perfetta imperturbabilità dell'americano. O sapeva molto ben fingere, o l'episodio della sua passione giovanile doveva essersi cancellato da molto tempo da quella mente assorbita tutta dagli affari. - Ad ogni modo, - pensò - Sarah avrebbe potuto risparmiarsi il sacrificio di non scendere per quest'orso. Già le donne sono tutte esagerate, e credono che l'uomo debba morire od ucciderle perché non amato da esse. Quasi quasi gli piacque quel tipo d'uomo tutto dedito ai suoi affari, innamorato solo dei suoi sacchi d'oro. Perchè fare delle tragedie, in questo mondo? È assai meglio divertirsi, cogliendo l'amore quando sboccia sui nostri passi, senza crearsi catene nè legami, che diventano sempre ferrei, procurando solo di formarci intorno tutto il benessere possibile, come un nido morbido, tiepido e profumato. Già egli, d'altronde, aveva sempre avuto una grande simpatia por la razza americana, in generale tutta positiva, sprezzante di sentimentalismi e di idillî poetici. vera figlia del secolo, vera padrona dell'avvenire. Dopotutto, il signor Rook non doveva essere un imbecille se era riuscito a farsi una fortuna così colossale. Oh, quella Sarah che s'immaginava di vederlo svenire s'ella si fosse presentata a tavola, e di essere fulminata da quegli occhi verdi, che parevano fosforescenti e luminosi, a forza d'avere guardato l'oro!... Così il duca d'Eboli andò a dormire pieno d'ammirazione per quello strano americano, figlio della fortuna; ma prima di chiudersi in camera, andò a rassicurare sua moglie. - Sai? mi sono fatto amico del signor Rook. - Tu? - chiese essa sgomenta. - Io. E ti so dire che è il miglior uomo del mondo, e che non pensa menomamente nè a morire per te, nè a trucidarti per gelosia. Sai, ha troppi quattrini e deve trovare la vita molto bella, troppo bella per guastarla con delle tragedie. Sarah era rimasta a sentire un po' stupita, certo meravigliata, da quella conclusione, ma lieta, in fondo, che le cose stessero così. Sospirò profondamente, sorridendo a suo marito, e gli porse a baciare la bianca fronte, pura e serena, sotto i riccioli biondi leggerissimi. - Buona notte, Luciano. - Addio.

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