Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'angelo in famiglia

182590
Albini Crosta Maddalena 3 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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il cristiano è un navigante ben fortunato, poichè se il polo non sa indicare al marinajo i banchi d'arena, e gli scogli, e le correnti sottomarine, e gl'innumerabili pericoli che lo possono sorprendere e farlo perire; il polo del cristiano, non è solo una lucerna fissa, costante che gli addita il porto, che lo illumina; ma è altresì una voce amica che lo consiglia in ogni dubbiezza, lo rincora in ogni abbattimento, gli fa sentire quella potente parola che lo rianima, lo elettrizza, lo rende capace di quanto colle sole sue forte non avrebbe mai osato sognare. E dovrò io dirti, sorella mia, che quel polo, quella mano, quella voce non è altro che Dio? Ed a qual pro tel direi, dappoichè tu lo sai per prova, e non vuoi, non hai, non ami altro indirizzo fuorchè quello che ti segna l'Onnipotente? Lo so, tu sei buona, credente, e sei anche attaccata alla tua cara fede ed alle pratiche 14 ch'essa ti insegna; ma non per fare oltraggio alla saldezza ed alla delicatezza dei tuoi sentimenti, sibbene perchè mai non te ne distacchi, sento forte il dovere di prescriverti quanto ti può ajutare, e intingendo la penna piuttosto nel cuore che nella testa, cerco alla Stella del mare, alla protettrice dei naviganti, Maria, i lumi e il potere di radicar sempre più potentemente la tua fede, ed in conseguenza di rendere più attiva la tua carità. Vi sono deformità che noi dobbiamo compatire, ma vi sono alcune deformità che noi non possiamo nè dobbiamo tollerare mai e poi mai. Certo, la carità cristiana ci obbliga a tollerare non solo in noi, ma più ancora negli altri, le deformità corporali, perchè sono involontarie, e perchè spesse volte in un corpo deforme è serrata un'anima perfetta; su di ciò ragioneremo altra volta; ma la carità cristiana quanto alle deformità morali ci obbliga a tollerarle negli altri solo quando non sia in nostro potere correggerle; in quanto a quelle che macchiano l'anima nostra, anzichè tolleranza ci comanda violenza, ferro e fuoco. Egli il nostro Salvatore ci ha offerto in sè stesso il balsamo infallibile per sanare ogni nostra piaga, per raddrizzare ogni stortura; perchè adunque non ci rivolgeremo a lui con animo grato e confidente? Tenere un giusto equilibrio nelle proprie facoltà, ed operare sempre secondo i dettami di coscienza dev'essere lo studio incessante e faticoso d'ogni buon cristiano, ma non si riesce ad ottenere questo, se non con grande fatica. Or bene, io direi che la radice, anzi il cardine su cui si muove tutto l'edificio della spiritual perfezione, non è altro che la retta intenzione, la quale guarda sempre ed unicamente Dio come il mezzo e la meta, cui deve mirare. Non è forse vero, le mille volte sentito e provato, che nostro unico fine è Dio, che l'unico mezzo per giungere a Lui è quello da Lui suggerito, d'osservare cioè la sua santa legge? Allora sarà provato una volta di più che il cardine, sul quale deve poggiare e muoversi l'edificio della nostra perfezione, è una intenzione retta di servire Dio solo, di piacere a Dio solo. Noi dobbiamo tutti gl'istanti della nostra vita a Colui che ce l'ha data, ce la conserva, ed Egli potrebbe pretendere da noi che mai un solo momento distaccassimo il nostro occhio dalla contemplazione dei suoi perfettissimi ed infiniti attributi, e che il nostro cuore fosse immerso in una profonda, incessante meditazione della sua infinita Maestà, Potenza e Misericordia. Ma il Signore il quale ci ha creati, ci conosce, ci ama e si contenta di molto meno. Egli permette che noi ci occupiamo nei molteplici ufficj cui ci obbligano il nostro stato, il nostro bisogno, e perfino la convenienza; ma ce lo permette a questo patto: che come il navigante ha sempre attento l'occhio al polo, così noi miriamo unicamente a Lui, fine unico della nostra esistenza. Questa direzione, questo indirizzo che noi dobbiamo avere, si dice ed è propriamente la retta intenzione, la quale ci deve animare a fare in tutto la sua santa volontà. Ora questa intenzione non basta formarla una sola volta, ma dobbiamo rinnovarla tratto tratto per rendere meritorie le nostre azioni anche indifferenti, perchè tutte quante le opere nostre (quando, s'intende, non sieno cattive), tutte possono diventar grate a Dio e glorificarlo, ove noi le rivolgiamo a questo fine. Tel dicevo pure io:Il giogo del Signore è soave, e leggiero il suo peso, ed ora tel ripeto, e tu converrai meco, quando ti accennerò in quanti modi possiamo fargli piacere. Se io facessi opere di carità eroica, ma le facessi solo per mio gusto o per soddisfare il mio amor proprio col plauso del mondo o dei mondani; quando il mondo ed i mondani mi avranno lodato poco, sarà tutto finito, ed io non avrò più premio alcuno da attendere, poichè il mio salario l'ho già ricevuto. Che se io invece donerò un solo bicchier d'acqua per amor di Dio, so per fede essermi riserbata ricompensa eterna. E questo ti provi ancor una volta che è la retta intenzione che dà o toglie il merito soprannaturale alle azioni nostre, e che è lo spirito, che è il cuore ciò che vuole il Signore, quel Signore il quale ha dettodi voler essere adorato in ispirito e verità. Il Signore non ha bisogno di noi; ma noi abbiamo bisogno di Lui, e per questo il nostro interesse richiede che noi stiamo sempre a Lui uniti in tutte le opere nostre, almeno colla volontà e col cuore. Ti diceva poc'anzi che con poco o nulla ci possiamo acquistare meriti per il Cielo, e te lo provo. Le occasioni di far del bene non sono frequentissime, e meno frequente è ancora il caso che noi ne possiamo profittare, perchè ce ne mancano sovente i mezzi, o ci fa difetto la salute, ovvero manchiamo del necessario, oppure siamo vincolati da occupazioni obbligatorie, o cento altre circostanze vi si oppongono. Non possiamo prestare continuamente servigi al prossimo, nè continuamente essere promulgatori della gloria di Dio; ma continuamente possiamo rendere gloria a Dio ed acquistarci dei meriti, se questo è il fine principale ed il movente vero di tutte le nostre azioni. Potrei aggiungere che questo fine e questo movente ci presentano una grandissima utilità anche perchè, finchè siamo inspirati da essi, siamo in certo qual modo impossibilitati a fare il male: quando io sto per commettere un peccato, la stessa abitudine di riferire a Dio ogni mia operazione mi farà avvertita che quella che sto per fare è cattiva, e mi distorrà quindi dal farla. Ma senza dilungarmi in questo, almeno pel momento, ti faccio osservare che perfino il riposo, il sonno, il divertimento, possono divenire per te occasione di merito, se hai la retta intenzione di piacere a Dio solo. Egli è buon pagatore sai, e non guarda alla grandezza del dono, sibbene al cuore con cui gliel'offri, benchè piccolo e di niun conto. Io vorrei che ogni giorno, almeno la mattina durante la meditazione, che non lascerai mai e poi mai, non colle parole che io scrivo, ma con quelle che ti detterà il cuore, ordinate o no, intere od interrotte, in una lingua o nell'altra, a voce alta o senza muovere le labbra, ma con profondo sentimento, io vorrei che tu dicessi a Dio:Signore, tutto quanto io faccio di buono o d'indifferente, di obbligatorio o di volontario, io tutto lo offro e lo dedico a Voi, affinchè spruzzato dai meriti vostri il mio operare sia retto e si attiri la vostra benedizione. Tutto per Voi, tutto per Voi, niente per me, niente pel mondo, nè pel demonio, nè per la carne. Questa che ti ho indicata è, mi pare, una specie di economia spirituale, pel cui mezzo possiamo farci dei meriti con poca o niuna fatica, e procurarci una salvaguardia per non cadere abitualmente in peccato; ma vi hanno altri casi in cui la retta intenzione ci è più che mai indispensabile ed urgente per tenerci sulla via della virtù e della giustizia. Il nostro corpo e l'anima nostra sono opera delle mani stesse di Dio e del suo fiato poichè il nostro corpo non lo fece come quello delle altre creature con un atto solo della sua volontà, ma lo plasmò Egli stesso colle sue mani; indi a questo corpo, fattura di un Dio, inspirò un alito vivificatore, e quest' alito metteva in lui la vita, e colla vita lo dotava di un'anima ragionevole e suscettibile di tutte le virtù, perchè foggiata a sembianza e similitudine del suo Creatore. Non ci rechi adunque meraviglia se con un corpo ed un'anima fatti a somiglianza di Dio, noi troviamo talvolta e sempre in noi medesimi alcunchè meritevole di lode, e non poche disposizioni virtuose. Ma qui appunto sta, io credo, un grande pericolo, in cui l'ignoranza troppo universale di quasi tutte le persone, anche d'altronde più colte, non manca di cadere. Taluno si crede in obbligo, sotto pena d'orgoglio, di negare le proprie buone qualità, e così non di rado si trova in aperta e dichiarata opposizione al vero. Ciò accade, per esempio, quando taluno essendo e riconoscendosi tenero ed affettuoso di cuore, si dichiara duro ed insensibile; donando tutto il suo ai poverelli, si dice attaccato di avarizia; avendo ricca la mente di svariate ed utili cognizioni, si protesta idiota; e così si dica delle molteplici menzogne e vere finzioni che una malintesa umiltà ci fa commettere, a vero sfregio della verità e della giustizia. Lo stesso potremmo dire delle doti esteriori della persona, della nascita, del grado e così di seguito degli innumerabili doni della Provvidenza alla quale dobbiamo esserne grati. No, la colpa non istà nel conoscere i beni da noi posseduti, nè senza colpa e rimorso possiamo ripetere coll'Uomo del Monti: ... - Io, son io, v'è sculto Delle create cose la più bella. - La colpa, o dirò meglio il pericolo, sta nell'attribuire a noi anzichè a Dio i beni che possediamo, per cui aveva ragione il vescovo di Ginevra di dire che chi si gonfia di quanto possiede, ed è dono di Dio, è simile al ciuco che crede suoi i tesori del suo padrone perchè li porta in groppa, e la cui valdrappa dorata ricopre la naturale bruttezza. Tu, figlia mia, se ti senti pungere il cuore da vanità perchè havvi chi trova il tuo viso grazioso e il tuo portamento leggiadro, ringraziane iddio; tutto e anche la naturale bellezza è un dono suo; ma in pari tempo forma l'intenzione di non adoperar mai a mal uso questa grazia, bensì di servirtene a gloria sua, cercando che la bellezza interiore non solo la uguagli, ma di gran lunga la superi. E quanto io dico di questo, si dica di tutti i vantaggi della intelligenza, dello spirito e del cuore, ed ogni cosa riconoscendo dalla liberalità divina, cerchiamo di non rendercene indegni e di porvi ostacolo colla nostra poca o cattiva corrispondenza. Mi pare così ovvia, così evidente la verità accennata, essere cioè vanità vanissima quella d'insuperbirci di ciò che non è nostro, ma abbiamo ricevuto senza alcun nostro merito, come dono puramente gratuito, che penso di lasciare alla tua meditazione sviluppare meglio l'argomento, sicura che il buon Dio agli altri doni vorrà aggiungere questo d'infonderti una salutar confusione per la tua nullità, pensando come tutto e fino questo sentimento ti viene da Lui. Un pericolo più grande per la nostra perfezione, il quale tenta deviare il merito delle nostre buone opere, si è lo spirito di proprio contentamento, di vanità, d'orgoglio, d'interesse; e spesso uno spirito complessivo di queste grame qualità, o doti, o tentazioni come le vogliamo chiamare, guasta ogni nostra buona azione. Poniamo che io mi metta a fare una carità grande, di' pure quella, per esempio, di salvare dall'inopia un'intera famiglia, e toglierla così ancora all'imminente pericolo di peccare. Se io, secondando, se vuoi, anche una felice tendenza dell'animo mio, intendo con ciò di dar lode al Signore, Egli me lo attribuirà a merito grande, e nel giorno del gran rendiconto troverò che il Signore mi cancellerà i debiti miei per l'opera buona che avrò fatto: se invece io nel fare la mia carità, anzichè pensare a soccorrere nell'uomo la creatura figlia di Dio, penso a secondare unicamente l'impulso del cuore, o ad ottenere lodi o ringraziamenti, te l'ho già detto, io non posso attendere dal Signore alcuna mercede. Ma talvolta s'incomincia con buona intenzione, poi alla buona intenzione subentra l'intenzione difettosa o cattiva o pessima, secondo che siamo più o meno trascurati a tenere di vista il nostro fine unico. Insomma tutto si riassume in ciò: non facciamo nulla per contentamento del nostro amor proprio, o della carne, o delle passioni; ma in tutto teniamo fissa la retta intenzione. Questa sia il timone, la calamita, il polo, che guida il nocchiero alla sua meta; se il nocchiero trascura questi mezzi non potrà mai salvarsi dalle procellose onde del mare infido, senza una straordinaria grazia di Dio, vorrei quasi dire senza un miracolo. Mia dolce sorella, mia tenera figlia, se tu avrai sempre in mente di mirare a Dio solo, la tua vita correrà serena, e sul tuo capo si accumulerà un tesoro di meriti e di benedizioni. Oh! sì, io ti auguro col cuore che tu possa raggiungere un grado elevato di virtù e di santità in questo mondo, e una bella corona in quell'altro mondo, il quale non come questo è pianeta e satellite; ma immensamente e incomparabilmente grande e beato non andrà come questo soggetto a leggi fisse, indeclinabili e penose, nè ad alcuna vicenda. Ti potrà ben accadere alcune fiate che colla miglior intenzione tu non riesca a quanto avevi desiderato e fors'anche iniziato, e per cui avevi fatto dei grandi sacrificj: forse il mondo se se n'accorge ti deriderà, o ti darà quell'amaro compatimento che più ferisce dello stesso biasimo; ma se la tua intenzione sarà stata unicamente di piacere al Signore, Egli che non ha bisogno dell'opera tua, ma desidera solo il tuo cuore, sarà contento del tuo buon volere, e ti preparerà in Paradiso un seggio più luminoso anche per la negazione che hai avuto di ogni soddisfazione umana. Voglio provarti quanto dico con un confronto. Una bambina all'avvicinarsi della festa della sua cara mamma, volge in cuor suo un tenero e delicato progetto che tutti assorbe i suoi pensieri ed interessa il suo cuore. Ella vuol far festa alla cara genitrice; trova modo d'incominciare un lavoro da offrirle, e si bea pensando alla buona accoglienza ed il piacere col quale verrà ricevuto. Essa, la fanciulla, lavora lavora; il suo ricamo è finito,è ben riuscito, e la domane appena il sole comparirà sull'orizzonte, essa lo presenterà alla cara mamma e ne riceverà cento baci. Una combinazione qualunque, una mano indegna ha sciupato quel lavoro o lo ha rapito, e la fanciulla dopo tanta fatica si trova la domane senza nulla avere da presentare alla diletta sua. È mortificata la piccina, si vergogna, si desola; la madre però ha saputo, od almeno ha indovinato tutto, perchè ha visto il pianto della figliuola, ne ha indagato la ragione, l'ha trovata. Corre essa medesima in camera della figlia che se ne sta in pianti, l'abbraccia, la colma di carezze, e piange essa pure di dolce commozione... Aveva bisogno la madre di quel lavorino, di quel ricamo? No, essa voleva il cuore della figliuola, essa si è trovata in possesso di quel cuore; è contenta, è soddisfatta, non cerca di più. Non ravvisi tu, amica mia, l'amor tenerissimo del tuo Dio, nelle tenerezze matterne di colei di cui t'ho parlato? Non ravvisi tu nella sua soddisfazione quella del tuo stesso Signore, quando, benchè non riuscita un'opera, tu l'hai pensata, iniziata, condotta con o senza esito, ma col solo intendimento di fargli piacere? Su, coraggio, figliuola; disprezza le tentazioni che il nemico ti crea all'intorno affine di persuaderti che agisci per lui e non per Iddio. Leva alto il tuo cuore, e quando ti ondeggia l'animo e temi e tremi di essere mossa da un interesse tuo particolare, o dal desiderio del plauso, o da qualunque altro fine terreno, leva alto il tuo cuore, e ripeti a te stessa: per Iddio, per Iddio, e la medesima tua lotta diventerà per te preziosa occasione di merito. Se il mondo ti troverà affettata perchè non comprenderà l'eroismo che non divide, tu lo sopporterai volontieri, poichè è ben giusto tu paghi con qualche sagrificio la immensa soddisfazione che t'inonderà l'animo quando avrai coscienza di aver fatto il dover tuo. Mia dolcissima amica, ricordati di non fare mai, mai nulla che tu non possa offerire a Dio, onde non aggravare la tua coscienza e fare cosa a Dio discara. Non fare mai un'azione qualunque buona od indifferente, senza formare l'intenzione di servire Colui, al quale tu devi tutta te stessa e tutte le opere tue, ed ogni volta ti accorgi che lavori per te stessa o per gli altri, raddrizza il tuo timone, guarda il Cielo, e ti sentirai forte e vigorosa a condurre felicemente a termine ciò che fai se è cosa penosa, ed a godere con animo lieto quanto di buono ti si presenta nella vita. Io credo di sì grande rilievo questo punto della retta intenzione, che non finirò mai di raccomandartela, poichè se essa si troverà in te, tu sarai sicura che credi in Dio, che speri in Lui solo, che lo ami davvero. Lo dico un'altra volta; l'occasione di fare azioni grandi e generose si presenta rare volte, e resta poi anche a vedere se allorchè si presenterà noi avremo l'eroismo di profittarne; mentre nell'operare rettamente le azioni più comuni della vita consiste il vero merito di noi, che meschine, non sappiamo nè possiamo aspirare a servir Dio con opere straordinarie ed eroiche. 15

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Ma vi era una vecchia madre trascurata, sprezzata, alla quale quasi per elemosina si gettava un pezzo di pane ed una scarsa borsa che, se bastava appena a toglierla dall'indigenza, era ben lungi dal toglierla dal suo abbattimento, dall'avvicinarla, e dal comunicarle il benessere e la gioja comune. Io ero allora fanciulla, ed allorchè quella vecchia signora sfogava il suo cuore colla mia mamma, ed io sentiva il racconto delle sue pene, provavo una venerazione per la povera vecchia, ed un'indignazione pei giovani suoi figli, una specie di paura che non avesse a piombare sovra essi un tremendo gastigo. Un giorno la campana dà i mesti tocchi dell'agonia; un altro giorno una povera bara seguíta da pochi è portata al Cimitero; un altro giorno della vecchia si parla da pochi, poi non se ne parla più, non si ricorda nemmeno!... Quella famiglia quasi priva da un onere, continua a vieppiù prosperare, i figli si fanno essi pure un ridente ed agiatissimo stato... ma un giorno di morte repentina muore il capo di casa... un altro dì uno di quegli individui che incorniciati dal credito e dal buon nome pajono lanciati dal demonio nella società per sfasciarla, per annichilarla, quell'individuo fa morire di dolore una figlia, getta quasi nella miseria gli altri due; uno di questi ripristina la propria fortuna, ma a spese della pace e forse dell'onestà: l'altro maledice la madre, la quale se ne rimane così isolata nel mondo, abbandonata, infelice! Il mondo se degna di uno sguardo quelle membra staccate che formavano già un corpo solo, o non le cura o le disprezza; ma chi conosce quella storia oscura, non può a meno di ritornar con amarezza al pensiero una voce fioca ma concitata; una cuffia bianca ed un crine canuto su cui sdegnava posarsi la mano filiale... Buon Dio! perdona, perdona a tutti i loro errori; perdona a quel figlio forse più debole e sventurato che colpevole, perdona le sue colpe. Da quella famiglia dove tu sei sbandito, dove è sbandita fino l'immagine tua, leva i flagelli; ritorna tu colla tua presenza, porta la tua fede, la tua speranza, la tua carità, e quando tu avrai fatto ritorno in quella casa, tornerà il sereno, tornerà la calma, cesseranno le ire, cresceranno i figliuoletti nella tua legge, ed al fuoco delle passioni subentrerà il fuoco dell'amor tuo verace! Ma più frequenti, molto più frequenti io amo credere i casi in cui, non una prosperità fittizia, ma una prosperità vera, è il premio da Dio accordato a coloro i quali devoti al comandamento onorerai il padre e la madre tua venerano i cadenti genitori, o gli avi che la Provvidenza ha loro conservato per moltissimi anni. E se tu hai la grande ventura di avere ancora i tuoi nonni, ricordati di venerarne la canizie, perchè quella canizie riflette qualche cosa della maestà stessa dell'Onnipotente, perchè a quella canizie vanno attaccate le benedizioni del Signore. Te beata, se nel sentiero spinoso della vita avrai il conforto di non aver conturbato i vecchi anni degli avi tuoi! Te beata se, vecchia tu pure un giorno, potrai ricordare con compiacenza e con commozione che un dì sulla tua testa s'è posata una mano tremola e scarna, che una voce conosciuta presso a spegnersi per sempre, ha fatto un ultimo sforzo per benedirti... Oh! quella benedizione Iddio l'ha confermata, la conferma ogni giorno in cielo, e sarà feconda d'ogni bene al tuo corpo e all'anima tua!

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