Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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UGO. SCENE DEL SECOLO X - PARTE PRIMA

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Bazzero, Ambrogio 1 occorrenze

Dal di della caccia fino a quello dell'armeggiamento era scorso un anno senza più che l'uno si abbattesse nell'altra: nulla ella sapeva di lui, neppure il nome: nè mai il padre parlò. Sapeva che per lui, più notti, il cuore le si era scosso nei tumulti febbrili! Poi si sentì spossata! Nei sogni l'immagine di Adalberto veniva, ma coi mesi e coi mesi sempre più sfumata... Ed era vestito di bianco e per lei sorrideva e piangeva (Adalberto!): ma non aveva profilo; le linee si perdevano nell'espressione; era una gioia, un dolore carissimo. E Guidinga sempre più diveniva ansiosa di fantasìe, e spandeva l'anima sua nella immensità dei cieli, ponendo negli azzurri l'ideale della vita poeticissima, e là sfavillava di tutte le luci il suo desiderio, e là la gioia e il dolore avevano tanta voluttà di dolcezza, quanto mistero l'infinito!... Svegliata dal suo delirio abituale, nella vita di quaggiù più non trovava cose degne di lei, provava la noia del cammino dopo lo slancio placidissimo del volo! Svegliata, più non chiamava lo sposo! Quando il padre Eude le disse: - Sposerai Oldrado-ella rispose: - Sì - perché certo pensava: - È lui!... - Ma se è lui... perché sciupare colla realtà l'ideale affascinantissimo che io ho nell'orizzonte tutto mio? E se non è lui... perché vivere, se questa è vita d'anni e quella sognata è eterna e sempre inebbriata d'amore? - e disse all'ancella che più non amava le armonie: la musica è divina e dell'anime blandite dalle lusinghe dell'ignoto... Richiamata alle scosse della esistenza giornaliera, la sua indole fece sì ch'ella dinnanzi agli occhi portasse sempre un lembo di nebbia iridescente, la nebbia dai vortici pieni di sogni, la quale, posandosi sugli oggetti veduti o intraveduti, li rendeva circonfusi di luci mitissime, li tuffava come nel crepuscolo dileguante di una visione. Così l'ideale si sfumava col reale: e il volto del padre cavaliere divenne buono e tutto per lei, la imagine della madre sepolta si presentava alla culla, o quella dello sposo veniva, veniva, come nei primi giorni... Che? il viso di messere Adalberto. Guidinga domandava: - Dov'è lo sposo? - e poi sorrise. - Sarà per me: o lui, o il monistero! E se nell'armeggiamento egli restasse vinto? - E tacque, fidentissima, con Eude. - Messer Adalberto sapeva di struggersi, non sapeva d'essere amato. Per furore di gelosia giurò (perchè non voleva scoprirsi a lei se non con atto tale che facesse parlare tutti i cavalieri) giurò di uccidere me Oldrado e di vituperarmi, insomma in modo che ella fosse non mia, come l'ebbi richiesta! E che non fosse nemmanco del monistero lascia fare a lui! Era prontissimo ad ogni sacrilegio. Così si presentò al giuoco, comperò il mio scudiere, per far credere lo sposo dal cavallo bianco autore di tante prodezze, mentre poi alla fìne Oldrado doveva esser trovato morto, e lui colmo di tutto l'onore! E Guidinga... Oh! fu aiutato dalla fortuna più che non credesse: la decisione del re d'armi lo ammise al bacio della dama! Si levò l'elmo..; O Signore! Guidinga guardò il suo volto e il mio!... Guidinga bestemmiò a me condannato il corpo di lei, ad Adalberto benedettamente dedicava tutta l'anima!.. Ci sposammo, ma, se a vece della ciarpa a toccare il petto dalla parte del cuore, a vece della corona di fiori d'arancio sul capo, ella avesse dato a me tante stoccate, io a lei una corona di spini, noi avremmo offerto a Dio la espiazione delle nostre peccata! Guidinga da angiolo divenne, dimonio! Dopo nove mesi ella portava sozzamente nelle viscere il beffardo frutto dell'odiatissimo nostro connubio, e giurava e spergiurava che perdere madre e figliuolo sarebbe stato opera meritoria. Io la facevo di continuo guardare. Un giorno ella era presa da strazianti dolori; io origliavo all'uscio attendendo... A un tratto di fuori al castello odo un suono di trombe, poi un paggio mi strappa la veste, gridando: - Messere! messere! i nemici! - Chi è? - Adalberto! O Signore! nel castello so che eravamo male apparecchiati, scarsi d'uomini e scarsissimi di vettovaglie. Che fare? Oh che tormento fu quello! Resistere? Il sommo pericolo! Arrenderci? Il vitupero di mia schiatta!... Guidinga udì quel nome, e nel delirio proruppe: - Adalberto! tu vieni a togliermi da questo inferno! - Invocava il nimico, ed io aspettavo da lei uscisse o un bambino un dì destinato ad ascoltare il testamento del padre, o una bambina che avesse a dare ai figli col latte il veleno dell'odio! Ringhiavano le trombe al di fuori. Io mi precipitai dalle scale, ed ecco occorrermi il mio fedele Aimone. - Messere, siamo perduti! - Per Dio! ditemi! fate qualcosa! E quegli dubitava: - Ricorrere alle armi... - Ricorriamo al tradimento! E che fece egli con me? Per Dio! - e mi accordai con lui, e conclusi: - Dammi un pugnale avvelenato, e tu a tempo sbatti la porticina nel corritoio. - Messere sì! - Dammi un pugnale avvelenato: e lascia a me la cura di sgozzare Adalberto! In cima allo scalone ascoltai un grido così feroce che mi rivolsi e temetti di avere alle terga il nominato: guardai e vidi madonna che, nuda, oscenissima e sanguinante, si rotolava giù di gradino in gradino... Accorsi, più che per odio a lei, per amore furioso della creatura che si teneva in seno!... forse già schiacciata per le violenti percosse! Accorsi e la avvinghiai, ed ella con affanno straziantissimo, supplicandomi ed imprecandomi: - Messere, salvate Adalberto! Non fate tradimento! Non fate, per pietà dei sette dolori santissimi! Ed io: - Datemi la mia creatura! - Sì! - Datemela! - Salvatelo! Che vi ha fatto! V'ha fatto troppo! Ma era destino così! Perdo le viscere! - Datemi la mia creatura! - Si, vi giuro! Giurate voi di non fare tradimento! - Lasciatemi! - Ho giurato! E voi siete così sleale! Voi siete cavaliero? Ah so! non giurate perchè siete dannato nell'altra vita! Non credete in Dio! - Madonna! vi giuro! - Vieni, o mio Adalberto! Egli non ti uccide! - rincominciò ella nel delirio, ed io balzai dalla scala!... No! ritornai, e la trasportai nel suo letto, nel nostro talamo! E stetti al suo fianco, attendendo l'istante... Oh quelle tre ore!... Nacque il bambino: - sei tu! Entrò Adalberto nel castello, io gli prestai l'omaggio nella chiesetta. Quando gli dissi ch'ero disarmato e mi dichiaravo vassallo suo, gittai il pugnale, perchè avevo giurato a lei! Poi feci aprire la porticina del corritoio e tutte l'altre delle camere, indovinando il tristo pensiero di Adalberto. Quando il signore, correndo per il castello, venne al letto di Guidinga, trovò una morta, senza lume accanto, senza frate, senza croce fra le mani! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Così rompeva messer Oldrado il suo racconto. E fremeva: - Però nessuna occasione fu da me trascurata! Chiamo in testimonio il bianco spettro di tua madre! Ho ribellato Lamberto, mancai all'omaggio, comparvi al convito colla spada, feci percuotere l'araldo! Combattei! Ma non ebbi mai completa ventura, per maledetta condanna! Figliuolo, sei cavaliero: eccoti gli speroni: figliuolo, sei erede di tutto. Ecco il mio testamento!

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