Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbattere

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Nuovo galateo. Tomo II

194809
Melchiorre Gioia 2 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Non temete niente, gli disse Enrico, poiché se il re di Francia vi facesse morire, io farei abbattere la testa a molti Francesi che sono in mio potere. - Va benissimo, replicò il vescovo, ma di tutte queste teste nissuna s'adatterebbe sì bene al mio busto come quella che vi è. - Questa celia, che fece ridere Enrico, riuscì a farlo cambiare di risoluzione; senza di essa forse l' Inghilterra e la Francia conterebbero una guerra di più. Nouchirevan, re di Persia, aveva condannato a morte uno de' suoi paggi per aver questi inavvertentemente sparsa sopra dì lui della salsa servendolo a mensa: il paggio, non vedendo speranza di perdono, versò tutto il piatto sopra quell'implacabile re. Nouchirevan, più sorpreso che sdegnato, volle sapere la ragione di siffatta temerità. « Principe, gli disse il » paggio, io desidero che la mia morte non rechi » macchia alla vostra reputazione; corre voce che » voi siete il più giusto dei monarchi, ma voi perdereste » questo bel titolo, se la posterità sapesse » che per fievissima colpa condannaste a morte uno » de' vostri sudditi; perciò ho versato tutto il piatto». Nouchirevan, rientrato in si stesso, si vergognò della sua collera, e gli fece grazia. 3.° Partendo dall'idea imponente de' doveri di un ministro, della gravità de' motivi che devono determinarlo, da' danni che trae seco il demerito chiamato alle pubbliche cariche, si dura fatica a comprendere che con una celia si possa conseguire quell'impiego che ci era stato negato per demerito; e pure questa possibilità si è realizzata più volte. Il marchese di Sant'Andrea insisteva presso Louvois, ministro della guerra in Francia , onde ottenere una carica; il ministro, che aveva ricevute parecchie lagnanze contro questo officiale, gliela ricusava. S'io cominciassi a servire, so ben io ciò che farei , rispose l'officiale un po' commosso. - E che fareste voi? gli disse il ministro, con un tono risentito. - Regolerei sì bene la mia condotta, replicò l'officiate, che non vi trovereste nulla da ridire. - Il ministro sorpreso piacevolmente da questa risposta, accordò ciò che aveva negato. 4. Una celia può ottenere quel premio che non ottenne, la ragione, che non ottenne l'importunità, talvolta più valevole della ragione. Un poeta aspettava tutti i giorni Augusto a certo passaggio con un epigramma alla mano: egli sperava qualche ricompensa, ma la ricompensa non veniva mai. Un giorno l'imperatore, per divertirsi a spese del poetae trastullarlo piacevolmente, gli presentò de' versi che egli aveva composti in di lui onere. Il poeta, dopo d'averli letti tutti, trasse di tasca del danaro, e lo diede ad Augusto, dicendogli: Ciò ch'io v'offro non è degno del vostro, merito, ma io non posso fare di più. Augusto, incantato da questa risposta nuova e piccante, gli fece dare 100,000 sesterzi (circa 130,000 franchi). - Ecco una buona lezione di morale sotto il velo d'una facezia. 5.° Non v'ha cosa né più comune né più noiosa de' millantatori: mille volte udirono essi le ragioni che condannano la loro condotta, e mille volte tornano in campo colle loro millanterie. Una celia; può agevolmente ridurre a silenzio un millantatore; giacché in generale riesce più difficile il rispondere ad una celia, che ad una buona ragione. Un giovine che si vantava di sapere tutto e di averlo imparato in poco tempo, aggiungeva d'avere speso grosse somme per pagare i suoi maestri. Uno degli uditori, non potendo più contenersi a tali jattante, gli disse freddamente: Affè, se voi trovate cento scudi per tutto ciò che sapete, credetemi, non indugiate a prenderli. Il detto era eccellente, ma pungeva un po' troppo sul vivo. Uno spiantato lagnavisi in un crocchio di molte persone del guasto che la grandine aveva fatto nel suo paese, massimamente ne' suoi poderi. Un tale che a fondo conosceva quel millantatore, e che sapea quanto fosse povero in canna, non potendo più contenersi a tali, jattanze, gli mosse somigliante parlare. La colpa fu vostra, poiché se aveste avuto l'avvertenza di aprire l'ombrello quando si mise a grandinare, i vostri terreni non sarebbero stati danneggiati. Un gradasso vantavasi dinanzi a Cicerone d'essere rimasto ferito in volto nell'ultima battaglia ove avea combattuto - « Ecco ciò che succede, gli rispose » l'oratore romano, allorquando fuggendo si » guarda dietro di sè».

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Infatti abbattere le foreste, asciugare le maremme, distruggere gli animali malefici che le abitano, sono i primi oggetti che reclamano i lavori dell'uomo che vuole sottomettere la natura a' suoi bisogni. Ora tutti questi lavori erano interdetti da un'aristocrazia territoriale che reprimeva a suo piacimento i progressi dell'agricoltura, e non aveva ancora imparato a sacrificare i suoi piaceri alla sua avarizia. Quindi le più belle contrade d'Europa dal V al XIV secolo rimasero, ove più ove meno, sterili e deserte. Il selvaggiume ugualmente che i boschi custoditi da, leggi feroci fecero prevalere il principio e che per la conservazione delle foreste il re non era obbligato a rispettare le regole della giustizia. Così i divertimenti de' signori tendevano alla distruzione dello Stato, e sostituivano de' cervi agli agricoltori, come i regolamenti di Pio IV, delle mule agli artisti (pag. 23). » Oggigiorno, diceva Giovanni di Salisbury » nel XII secolo, i nobili riguardano la caccia come » l'occupazione più onorifica e il talento più desiderato. » Essi fanno più spese per disporsi a questi divertimenti, » che per prepararsi alla guerra, e inseguono » con maggior furore le bestie selvagge » che i nemici del loro paese. Abbandonandosi continuamente » a questo genere di vita, perdono a » poco a poco ogni sentimento umano, e divengono » selvaggi come gli animali che inseguono. Gli agricoltori » colle loro gregge sono cacciati da' » loro campi, prati e pascoli, acciò possa il salvaggiume » crescere ed estendersi. Se qualcuno di » questi grandi e barbari cacciatori passa dinanzi » alla vostra porta, portategli tosto tutti i rinfreschi » che avete o potete ottenere da' vostri vicini, » se non volete vedervi rovinati, ed anche » accusati dall'alto tradimento». Le abitudini selvagge s'introdussero nelle feste. Allorchè Enrico II re di Francia (XVI secolo) entrò solennemente in S. Giovanni di Maurienne, fu ricevuto da cento uomini vestiti di pelli d'orso: essi avevano esattamente l'apparenza di orsi naturali, ad eccezione d'una spada che portavano sulle spalle. Dapprima essi accompagnarono il re facendo mille salti e cavriole; e per meglio imitare gli orsi s'arrampicavano sulle muraglie delle case, sui pilastri de' mercati, e mandavano gridi simili a quelli che echeggiano ne' boschi. Finalmente diressero al principe una salva seguita da urli sì orribili, che i cavalli spaventati, rotte le redini e le cigne, si diedero alla fuga. - Non vi par egli nobile e gentile questo modo di divertirsi che fa spavento ai cavalli? Se i nobili alla corte volevano mostrare somiglianza cogli orsi, forse non recherà meraviglia se i re vollero mostrare domestichezza coi leoni. Don Giovanni re di Castiglia ricevette nel 1434 gli ambasciatori francesi seduto sopra magnifico trono, avendo a' suoi piedi un grosso Lione ch'egli aveva ammansato. I divertimenti corporei prevalenti negli scorsi secoli ci danno adunque i seguenti risultati generali: 1.° Conquiste, aggressioni, saccheggi, soperchierie proclamati come azioni onorifiche; 2.° Gli animali salvatici più apprezzati degli uomini; 3.° I grandi apparentati coi cani, coi cavalli, cogli orsi, coi lioni; 4.° Distruzione de' lavori agrari ed ostacoli ai loro progressi. Si potrebbe dire distruzione d'ogni civiltà; infatti Carlo IX re di Francia, nella seconda metà del eccolo XVI, eccessivamente passionato per la caccia, avrebbe voluto, se prestasi fede allo storico Mathieu, passare la sua vita ne' boschi, e chiamava il soggiorno nelle città il sepolcro dei viventi. Il quale sentimento non sembra discordare gran fatto dai titoli che furono dati a più sovrani: per es: troviamo come segue: X secolo, Enrico l'uccellatore, imperatore. XII - , Enrico il Lione, duca di Sassonia. XII - , Alberto l'orso, elettore di Brandeburgo. XV - , Filiberto il cacciatore, duca di Savoia, ecc. Paragonate questi titoli con quelli che i sovrani ambiscono ne' tempi, attuali, ed anche questo confronto vi dimostrerà il felice cambiamento dei costumi.

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