Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

675985
Garibaldi, Giuseppe 2 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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L’ordine dato da Orazio alla sua gente era di non tirare da lontano, aspettare il nemico a bruciapelo ed allora dovesse ciascuno col suo tiro abbattere il suo uomo. E così si fece. Gli assalitori avanzavano con passo ardito verso il castello, e già la catena di tiratori era giunta a toccare quasi il peristilio dell’edilizio, quando una scarica generale di quei di dentro distese sul terreno tanti papalini quanti furono i tiri. Quell’improvvisa scarica scosse alquanto i primi arrivati. Vi furono alcuni che vedendo i compagni caduti volgevano indietro per fuggire ma il Principe, alla testa della sua colonna, veniva sui talloni dei tiratori e giunse infatti al castello poco dopo loro. Orazio, da capitano avveduto, avea fatto preparare cariche quante armi si trovavano nel castello ed alle donne, aveva lasciata la cura di ricaricarle insieme ad alcuni domestici, a misura che si sparavano. John avea sdegnato rimanere colle donne come volea lasciarlo il suo protettore, impugnò la sua brava carabina, si pose a fianco d’Orazio e lo seguì durante il combattimento come fosse la sua ombra. Giunto il Principe al coperto della barricata del peristilio e vedendo la strage che s’era fatta della sua gente in poco tempo capì con che nemici avea da fare, vide dipinto sulla fisionomia dei suoi il timore. Ma poiché la ritirata era morte sicura, dovendo percorrere di nuovo lo spazio avanzato sotto il fuoco micidiale di tali tiratori com’eran quei di dentro e pungendolo di più la vergogna di una ritirata che avrebbe somigliato a una fuga risolvette di tentare l’assalto della barricata. Passò l’ordine ai migliori ufficiali che gli stavano vicini diede comando alle trombe di suonar la carica, saltò per il primo sull’orlo della barricata, superolla e si lanciò fra i pochi difensori di quella, menando sciabolate da disperato. Uno dei difensori all’aspetto del Principe rimase immobile e come di sasso. Era Orazio! Egli aveva ravvisato sulla maschia fisionomia del nemico le care sembianze della sua Irene. Orazio aveva una canna della sua carabina carica e poteva ammazzarlo ma non si mosse. John all’incontro senz’altre cerimonie spianò la sua arma al petto del nemico e lasciò andare il colpo ma il braccio robusto di Orazio deviò l’arma, che andò a ferire uno degli assalitori che varcava allora la barricata. Pochi furono i seguaci del Principe che gli tenner dietro e quei pochi o sulla barricata o già dentro furono spacciati dai valorosi campioni della libertà di Roma. Finalmente, una circostanza inaspettata liberò del tutto il castello dai suoi assalitori, che sparvero in tutte le direzioni come la nebbia al vento. Dalla parte orientale del bosco mentre la truppa era tutta raccolta sotto le barricate e gli officiali la incoraggiavano a seguire il Principe s’udì un grido spaventoso d’una decina d’armati e si videro questi dieci leoni (che potevano esser cento, pensarono i soldati) precipitarsi sul fianco destro della truppa e sbaragliarla e disperderla come fosse stato un branco di pecore. Da prima i soldati li avevan creduti dei loro e rimanevano in osservazione, quando però alla foggia del vestire ed alle busse che menavano riconobbero essere i liberali, colla paura che già avevan nelle ossa pel numero degli uccisi a gambe se la diedero e lasciarono il campo di battaglia interamente in potere dei coraggiosi che gli avevano assaliti. Il Principe, rimasto solo, avendo notato l’atto generoso del suo nemico, pensò esser oramai inutile il combattere e rimise la sua spada ad Orazio. Questi la ricevè e vedendo che ormai non v’eran più nemici, condusse il suo prigioniero ad Irene.

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