Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abbastanza

Numero di risultati: 22 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Storia sentimentale dell'astronomia

535709
Piero Bianucci 22 occorrenze

Nella fovea, la zona della retina a più alta risoluzione, mancano i coni blu perché questa luce non viene ben focalizzata (il cristallino non è abbastanza acromatico). Lateralmente la nitidezza cala rapidamente. Eppure per vedere meglio le nebulose, che anche al telescopio appaiono come chiarori debolissimi, i dilettanti di astronomia praticano l’astuzia della “visione distolta”, cioè guardano nell’oculare con la coda dell’occhio. La visione laterale, benché meno nitida, è più sensibile perché i bastoncelli, capaci di percepire anche oggetti di minima luminosità, coprono la parte periferica della retina.

Pagina 10

Questo modello riusciva a descrivere abbastanza bene i moti dei pianeti e del Sole, e in mancanza di prove definitive poteva essere considerato equivalente, da un punto di vista teorico e sperimentale, a quello copernicano. Per decidere quale dei due sistemi fosse corretto sarebbero state necessarie misure più precise del moto apparente del Sole e dei pianeti. Si conosceva, per la verità, una certa “inuguaglianza” nel moto annuo del Sole, ma anche qui - con le misure approssimate dell’epoca - due spiegazioni erano possibili: nel sistema di Tycho Brahe si poteva supporre una eccentricità dell’orbita del Sole intorno alla Terra, in quello copernicano si poteva supporre una eccentricità minore e una disuniformità del moto orbitale della Terra (cioè in quello apparente del Sole), che dipende dalla seconda legge di Keplero.

Pagina 134

Con immensa pazienza, lavorando per l’intera notte anche a 10 gradi sotto zero, conteggiò 50 mila stelle e giunse a stabilire che la Via Lattea doveva avere la forma di una “macina da mulino”, un grande disco appiattito, conclusione abbastanza vicina alla realtà. Sbagliò invece nel ritenere che il Sole fosse presso il centro di questo sistema stellare che rappresentava, per le conoscenze dell’epoca, l’intero universo. In ogni caso rimase insoddisfatto del proprio lavoro: nel 1784 pubblicò un catalogo di 434 nuove stelle doppie, e poiché molte erano di luminosità assai diversa pur trovandosi alla stessa distanza, aveva capito quanto fosse inaffidabile l’ipotesi alla base dei suoi scandagli celesti.

Pagina 151

Selezionò un gruppo di stelle delle quali Maskelyne aveva determinato abbastanza bene il moto proprio: Sirio, Arturo, Capella, Vega, Aldebaran, Rigel, Spica e Procione. Tracciato in un grafico il moto proprio di queste stelle e la direzione del loro moto apparente, risultò che Rigel e Spica si spostano lentamente in una certa direzione, mentre altre, come Procione e Sirio, si spostano nella direzione opposta. Ne dedusse che il Sole corre verso un punto della volta celeste che si trova approssimativamente nella costellazione di Ercole. La scoperta fu poi confermata da osservazioni basate su un’ampia statistica (più stelle si prendono in esame, maggiore è la precisione) e oggi sappiamo che il Sole orbita intorno al baricentro della Via Lattea alla velocità di 220 chilometri al secondo, percorrendo un giro completo in 250 milioni di anni. Ma l’importanza del lavoro di Hershel era soprattutto concettuale perché esso dimostrava come tutto nell’universo si muovesse. La visione copernicana faceva un altro passo: neppure il Sole godeva del privilegio dell’immobilità.

Pagina 152

La compagna, Sirio B, fu effettivamente avvistata da Alvan Clark diciotto anni dopo, quando fu disponibile un telescopio abbastanza potente e di alta qualità ottica. Era il prototipo delle “nane bianche”, il destino finale delle stelle simili al nostro Sole dopo l’esaurimento del combustibile nucleare.

Pagina 171

Nell’Essai philosophique sur les probabilités scrisse: “Una Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i moti dei più grandi corpi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi” .

Pagina 177

Per l’astronomo francese è il trionfo, per Adams la delusione più amara, per Challis e Airy uno smacco abbastanza meritato.

Pagina 183

Ma il fatto che anche Adams sia giunto a indicare coordinate celesti abbastanza vicine a quelle di Le Verrier dimostra che il genio fu più importante della fortuna.

Pagina 185

Ne veniva fuori una velocità della luce di 315.300 chilometri al secondo, risultato ancora abbastanza lontano dal vero. Le Verrier chiese a Foucault di migliorare quel dato perché gli interessava mettere a confronto la sua misura della velocità della luce ottenuta con un metodo prettamente astronomico e indiretto con un’altra misura ottenuta invece in modo prettamente fisico e diretto.

Pagina 188

Le eclissi stavano a mezza via tra le due astronomie: gli specialisti del calendario dovevano cercare di prevederle, il che era abbastanza facile per le eclissi di Luna ma quasi impossibile per le eclissi di Sole. Il compito quindi passava ai loro colleghi specialisti in fenomeni improvvisi ed effimeri.

Pagina 19

All’inizio del Novecento si conosceva abbastanza bene la distanza di un centinaio di stelle nei dintorni del Sole. Molto vaghe rimanevano le idee sulla collocazione delle stelle più deboli, delle nebulose, degli ammassi globulari e di altri oggetti che, nonostante gli sforzi di Lord Rosse e telescopi sempre più potenti, rimanevano di natura incerta: semplici nubi di gas o lontanissimi sistemi stellari simili alla Via Lattea?

Pagina 228

Un’altra spiegazione consiste nella vita relativamente breve delle stelle: semplicemente le stelle non brillano abbastanza a lungo per riempire l’universo con la loro radiazione.

Pagina 248

Tombaugh, che aveva compiuto l’impresa della sua vita all’età di 24 anni subito dopo l’assunzione al Lowell Observatory di Flagstaff (Arizona), visse abbastanza a lungo per assistere con dolore e rabbia alla retrocessione dell’oggetto celeste che aveva scoperto. Morì a novant’anni il 17 gennaio 1997. Non più terzo uomo e unico americano ad aver scovato un nuovo pianeta, ma scopritore del primo di una famiglia di migliaia di modesti oggetti trans-nettuniani oggi noti come appartenenti alla “Fascia di Kuiper”.

Pagina 259

Come poteva un effimero nucleo di berillio vivere abbastanza a lungo da assorbire un altro nucleo di elio per trasformarsi in carbonio? Hoyle trovò la soluzione nel 1953 mentre si trovava al California Institute of Technology. Il carbonio poteva formarsi a patto che il suo nucleo esistesse in un particolare stato eccitato, una “risonanza”, come dicono i fisici, esattamente all’energia di 7,65 milioni di elettronvolt (MeV) sopra il suo stato fondamentale. Nessuno fino ad allora aveva mai osservato questa risonanza. Hoyle chiese a Fowler di verificarne l’esistenza con un apposito esperimento. Benché scettico, Fowler lo accontentò, più che altro per convincerlo che stava sbagliando. Invece la risonanza c’era, esattamente all’energia prevista da Hoyle. Un berillio appena più stabile o appena un po’ meno stabile sarebbe esiziale per la vita delle stelle. Inoltre, se questa risonanza avesse una energia leggermente più alta, il poco carbonio prodotto si convertirebbe totalmente in ossigeno e non esisterebbe carbonio.

Pagina 267

C’era, sembrava una stella ed era anche abbastanza brillante: magnitudine 13. Schmidt ne ricavò lo spettro: con sorpresa si accorse lo spostamento verso il rosso era così forte da collocarlo di gran lunga fuori della Via Lattea, alla distanza di un miliardo di anni luce (la stima attuale è 3 miliardi). Doveva quindi essere un oggetto dalla luminosità intrinseca enorme.

Pagina 277

Dunque: Tolomeo conosceva abbastanza bene il raggio della Terra, che Eratostene aveva misurato in circa 6 000 km, e la distanza della Luna, stimata in 60 raggi terrestri. Già con il Sole le cose vanno male: per Tolomeo distava 1210 raggi terrestri (sempre meglio di Anassagora, che nel 450 a.C. lo collocava ad appena 20 mila km – il viaggio dall’Italia all’Australia – e lo faceva grande come il Peloponneso). Bisogna aspettare fino al 1770 per avere un dato accettabile: 25 mila raggi terrestri.

Pagina 29

Già così è una faccenda abbastanza strana. Ma questo è niente. In ogni istante della nostra vita, ogni centimetro quadrato del nostro corpo è attraversato da 60 miliardi di neutrini senza che possano neppure farci il solletico. Il tre per cento dell’energia del Sole, infatti, non viene emesso sotto forma di luce ma di neutrini, e poiché questi elusivi mattoncini dell’universo attraversano indisturbati la Terra, il Sole ci illumina di neutrini giorno e notte: l’unica differenza è che dal tramonto all’alba la luce di neutrini ci arriva dal sottosuolo anziché dal cielo.

Pagina 294

O forse noi non siamo abbastanza bravi nell’origliare?

Pagina 298

Otto lasciò Tyge al fratello perché la famiglia era già abbastanza numerosa: Beate gli diede cinque femmine e cinque maschi, tutti in buona salute. Sofia, nata dieci anni dopo Tyge, fu anche lei studiosa di scienza: diventò assistente del fratello astronomo, alchimista, produttrice di medicamenti. Rimasta vedova a 28 anni, la rovinò l’amore per un uomo ricco e colto, Erik Lange, lui pure cultore dell’alchimia ma scialacquone, che sposò nel 1502 dopo dodici anni di fidanzamento e cercò invano di riportare sulla retta via. Dopo la morte di Erik nel 1613, Sofia si interessò alla storia, alla genealogia e – nessuno è perfetto – alla lettura della mano o chiromanzia. La sua “linea della vita” doveva essere notevole: si spense nel 1643 all’età di 87 anni.

Pagina 51

Alla prova di osservazioni precise, il gioco di scatole cinesi fatto con i solidi platonici non funziona, ma ha il pregio di mettere i pianeti nell’ordine esatto rispetto al Sole e di rappresentarne abbastanza bene le distanze. L’idea più innovativa è che il Sole sia la causa del moto orbitale dei pianeti e che per questo la loro velocità diminuisce con il quadrato della distanza dalla stella, come succede per l’intensità luminosa. È il primo barlume di astronomia fisica, o astrofisica, scienza che non si accontenta di descrivere ciò che si vede in cielo ma vuole capirne le cause. Nel quadrato delle distanze c’è persino un sentore della legge di gravitazione universale di Newton. La ricerca di una causa del moto planetario era così importante per Keplero che quando poté osservare la rotazione del Sole resa percepibile dalle macchie, pare abbia esclamato un ”Evviva!”.

Pagina 66

E prima di tutto mi preparai un tubo di piombo, alle cui estremità applicai due lenti, ambedue piane da una parte, dall’altra invece una convessa e una concava; accostando poi l’occhio alla concava, scorsi gli oggetti abbastanza grandi e vicini, poiché apparivano tre volte più vicini e nove volte più grandi di quando si guardavano con la sola vista naturale. Dopo me ne preparai un altro più esatto, che rappresentava gli oggetti più di sessanta volte maggiori. Finalmente, non risparmiando fatica né spesa alcuna, sono giunto a tanto, da costruirmi uno strumento così eccellente che le cose vedute per mezzo di esso appariscano quasi mille volte più grandi e più di trenta volte più vicine che se si guardino con la sola facoltà naturale. Quanti e quali siano i vantaggi di questo strumento, così per terra come per mare, sarebbe del tutto superfluo enumerare. Ma io, lasciando le cose terrene, mi rivolsi alla speculazione delle celesti...”. Il “nobile Francese” che gli diede la conferma dell’invenzione del cannocchiale è il parigino Jacques Badouvère, vissuto tra il 1570 e il 1620 e residente a Venezia tra il 1607 e il 1609. Badouvère era stato suo allievo e intratteneva rapporti con padre Paolo Sarpi, il teologo, astronomo, anatomista e letterato veneziano (1552-1623) considerato eretico dal Vaticano. Di opinioni instabili, Badouvère aveva lasciato la fede cattolica per la protestante, salvo poi tornare al cattolicesimo sotto le pressioni dei gesuiti, dei quali pare sia poi diventato una spia.

Pagina 80

Tramite il canonico padovano Lorenzo Pignoria, Marina continuerà comunque a ricevere gli alimenti per Vincenzio fino a quando questi diventerà abbastanza grande per raggiungere il padre nel Granducato di Toscana. Pare che Galileo stesso l’abbia aiutata ad accasarsi con un certo Giovanni Bartoluzzi, faccendiere che curava gli affari dei nobili Dolfin. I tre mantennero rapporti cordiali. Era gente di mondo.

Pagina 94

Cerca

Modifica ricerca