Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Collected Papers (Note e memorie)

429263
Enrico Fermi 1 occorrenze
  • 1923
  • The University of Chicago Press e Accademia Nazionale dei Lincei
  • Chicago e Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Valga un esempio: un corpo lungo un metro che si muovesse con la velocità, abbastanza rispettabile, di 30 km al minuto secondo (eguale press'a poco alla velocità del moto della terra attraverso gli spazii) apparirebbe sempre lungo un metro ad un osservatore trascinato dal suo moto, mentre ad un osservatore fermo apparirebbe lungo un metro meno cinque milionesimi di millimetro; come si vede il risultato, per strano e paradossale che possa parere, è tuttavia molto piccolo, ed è da ritenere che i due osservatori non si metteranno a litigare per così poco. La relazione tra massa ed energia ci porta senz' altro a delle cifre grandiose. Ad esempio se si riuscisse a mettere in libertà l'energia contenuta in un grammo di materia si otterrebbe un'energia maggiore di quella sviluppata in tre anni di lavoro ininterrotto da un motore di mille cavalli (inutili i commenti!). Si dirà con ragione che non appare possibile che, almeno in un prossimo avvenire, si trovi il modo di mettere in libertà queste spaventose quantità di energia, cosa del resto che non si può che augurarsi, perché l'esplosione di una così spaventosa quantità di energia avrebbe come primo effetto di ridurre in pezzi il fisico che avesse la disgrazia di trovar il modo di produrla.

Lezioni di meccanica razionale. Volume primo

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Tullio Levi Civita - Ugo Amaldi 36 occorrenze

Essendo dalle relazioni precedenti si desume che la traiettoria del punto I ha per tangente in tal punto la retta Ωη; e che, dando a dt valori di segno diverso abbastanza vicini a zero, l'ordinata η non cambia di segno. Ciò significa appunto che la retta Ωη è una tangente cuspidale.

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Ogni qualvolta il carico e di conseguenza l’attrito sieno abbastanza rilevanti, si determina un puro rotolamento fra zattera e rulli e fra rulli e terreno. Mostrare che l’avanzamento della zattera è doppio di quello dei rulli (più precisamente dell’asse di ciascun rullo).

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Ora ad eliminare siffatta molteplicità di circostanze complicatrici, converrà riferirsi a corpi di dimensioni abbastanza piccole (rispetto a quelle del campo in cui si svolge il moto) perché la loro posizione si possa ritener individuata, senza errore sensibile, da un punto geometrico. Ogni corpo così considerato si dirà un punto materiale.

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Si suppone bene inteso che il corpo sia abbastanza piccolo perché si possa parlare di velocità, senza bisogno di distinguere da punto a punto. Lo sforzo muscolare che determina la velocità non è evidentemente una forza costante in grandezza e direzione, ma si può supporre approssimativamente tale se supponiamo brevissimo l'intervallo di tempo Δt, durante il quale esso si esercita.

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Un campo di forza si dice uniforme se la rispettiva forza è costante (di direzione e di intensità) da punto a punto, come p. es. accade sensibilmente per la forza di gravità, quando si considera una regione terrestre abbastanza ristretta perché siano trascurabili le variazioni della direzione verticale.

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Codesti organi corrispondenti di Ω ed ω, come geometricamente simili e aventi la stessa struttura materiale, hanno pesi proporzionali ai rispettivi volumi, che stanno fra loro nel rapporto λ3; e poiché l'accelerazione g della gravità non varia da Ω ed ω (in quanto possiamo immaginare di eseguir le prove in una regione terrestre abbastanza ristretta) è pur eguale a λ3 il rapporto μ di similitudine fra le masse. Se, come accade nella maggior parte dei casi concreti, non si può prescindere, nei riguardi del funzionamento della macchina e del suo modello, dall’influenza del peso delle singole loro parti, bisogna considerare codesti pesi fra le forze agenti su Ω ed ω; e, poiché per i pesi omologhi le ipotesi poste impongono già il rapporto λ3 , non si potrà aver similitudine meccanica tra Ω, ed ω se non a condizione che anche tutte le altre forze omologhe, che entrano in giuoco, stiano fra loro nel medesimo rapporto λ3.

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Se si cerca di spostare il grave P sul piano, sottoponendolo ad una trazione orizzontale in una data direzione, vediamo che per sforzi di trazione abbastanza piccoli il punto continua a mantenersi in quiete; soltanto quando la trazione orizzontale abbia superato una certa intensità, P comincia a muoversi. Dicesi trazione (orizzontale) limite la massima intensità τ0 di una forza orizzontale che, applicata in P, lo lascia in quiete; mentre ogni forza di intensità maggiore di τ0, anche di pochissimo, lo mette in moto.

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Queste definizioni presuppongono la conoscenza d’ogni forza F, non solo in corrispondenza alla data posizione di equilibrio M, ma anche in ogni altra posizione M', abbastanza vicina e compatibile coi vincoli.

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Ora, nel primo caso, accade che ogni punto M' di σ abbastanza vicino ad M, sta al di sopra di M. Ne viene che in ogni spostamento M' M compatibile coi legami, la forza attiva (peso di P)fa lavoro essenzialmente positivo. Si ha quindi uno stato di equilibrio stabile.

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Affinché l'equilibrio in M sia stabile, si richiede, a norma della nostra definizione, che il lavoro effettuato dalla forza, tra ogni M' (abbastanza vicino ad M) ed M, riesca positivo; si richiede quindi che sia:

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Diviso S in parti ΔS abbastanza piccole, ad ognuna fa riscontro un punto materiale secondo le regole testé convenute.

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Se, per fissare le idee, si tratta di un campo S a tre dimensioni, si immagini entro S e intorno a P un piccolo campo γ, p. es. una sfera di centro P e raggio δ abbastanza piccolo e si consideri il campo S*,che si ottiene da S , togliendone γ. Entro S* la f (Q) si mantiene finita e continua, talché risulta determinato e finito l’integrale di campo

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Se rinchiudiamo P in un piccolo volume γ interno alla regione spaziale S occupata da C, p. es. in una sferetta (o parte di sfera) di centro P e raggio δ abbastanza piccolo, e indichiamo con C* il corpo che si otterrebbe asportando da C la porzioncella γ, e che perciò occupa il campo S* = S - γ, l’attrazione esercitata da C* su P ha pel n. 7 le componenti

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In realtà, tutti i corpi materiali, quando siano sottoposti a pressioni o trazioni abbastanza energiche, si deformano;ma quei corpi, che anche volgarmente si chiamano solidi, son dotati di una particolare refrattarietà alle deformazioni, talché, anche sotto l'azione di pressioni o trazioni, relativamente notevoli, non presentano variazioni sensibili di forma.

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Questo perché si potrà, in generale, equilibrare Σ' con reazioni applicate negli appoggi e abbastanza prossime a quelle (normali), che equilibrano Σ, cioè appunto contenute, come è necessario e sufficiente, nelle falde esterne dei coni d’attrito.

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Ma basta allargare un poco il campo delle nostre osservazioni sperimentali per riconoscere come la suindicata ipotesi sia insufficiente, in casi ancora abbastanza ovvi, a render ragione del reale andamento del fenomeno.

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Posto infatti che nel cilindro (o nel suolo o in entrambi) intervenga una qualche deformazione, sì che il contatto abbia luogo non secondo una sola retta g, ma in tutta u’area (una sottile strisciolina comprendente g), non è più vero che si annulli necessariamente il momento delle reazioni rispetto a g, anzi esse possono benissimo esplicarsi (colle solite leggi dell’attrito radente) in modo da equilibrare il peso e una trazione abbastanza piccola.

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Tuttavia i principi dianzi stabiliti rispondono abbastanza bene ai fatti osservati e conducono a formulare leggi generali sull’attrito volvente, che bastano per i bisogni della tecnica.

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., se in un punto generico della superficie della sfera, si fa agire una forza orizzontale F, comunque orientata, purché abbastanza piccola, l'equilibrio seguiterà a sussistere; e lo stesso più generalmente avverrà sotto una sollecitazione qualsiasi fino ad un certo grado di intensità. Ciò vuoi direche dall’appoggio P si desta, non solo una forza, ma anche un momento reattivo Γ, atto ad equilibrare il momento rispetto a P (in generale non nullo) della sollecitazione esterna. Al momento Γ si dà il nome di attrito volvente; per caratterizzarlo giova considerare i suoi due componenti tangenziale e normale Γ τ e Γ n, detti rispettivamente attrito di rotolamento (o di seconda specie) e attrito di giro o d’imperniamento (o di terza specie).

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Con ciò infatti si vengono a trascurare delle azioni, che possono destarsi soltanto in senso favorevole all’equilibrio e sarebbero capaci di assicurarlo anche se la sollecitazione effettiva, senza soddisfare esattamente alle condizioni di equilibrio in assenza d’attrito, se ne discostasse abbastanza poco.

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Da questa formula o, più semplicemente, dalla (25) si può trarre una espressione approssimata di l, valida ogni qualvolta (rapporto fra il carico totale sopportato dal filo e la componente orizzontale φ della tensione, che non è se non la componente orizzontale della forza che lo tende agli estremi), sia abbastanza piccolo; tale per es. che se ne possa sensibilmente trascurare la quarta potenza, come avviene, in generale, nei problemi tecnici.

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Più precisamente supporremo che il rapporto (dove a designa la portata, cioè la proiezione orizzontale della funicolare che si considera) sia abbastanza piccolo, perché la sua quarta potenza riesca trascurabile di fronte all’unità. È appena necessario osservare che, essendo in ogni caso a ≤ l, l’accennata condizione è senz’altro verificata, ove si ritenga trascurabile Comunque, ci proponiamo di mostrare come basti poter trascurare perché la funicolare divenga assimilabile ad un arco di parabola.

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. - Applichiamo le equazioni intrinseche (36) allo studio della configurazione di equilibrio di un filo adagiato su di una superficie sotto l’azione di forze che lo tendano (abbastanza fortemente) agli estremi. Qui la sollecitazione continua lungo il filo si riduce alla reazione di appoggio se, come noi supporremo, si può prescindere dal peso, cioè se il peso (complessivo) si può ritener trascurabile rispetto alle tensioni esercitate agli estremi.

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.; per f qualsiasi codesta condizione di equilibrio esprime che la tensione, pur potendo variare, deve variare abbastanza poco, e, a parità di altre condizioni, tanto meno quanto più piccolo è f.

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In realtà codesta sollecitazione sarà costituita da forze applicate nei vari punti Q della porzione elementare di linea materiale considerata; e in taluni casi, pur essendo le dimensioni trasversali abbastanza piccole perché nei riguardi geometrici il corpo si possa assimilare ad una linea, può non essere fisicamente legittimo, nei riguardi degli effetti delle forze, l’identificare tutti i punti Q della considerata porzione elementare con P, cioè più precisamente, il trascurare i vari momenti rispetto a P (e con essi il momento risultante) delle forze applicate nei diversi punti Q.

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Poiché si è supposto h abbastanza piccolo da poter esser riguardato dell’ordine di ds, si conclude che M è dell’ordine di ds,ossia in base alla (40) dell’ordine del d Φ . Ammesso, come è nella natura delle cose, che la variazione elementare dello sforzo Φ nello spessore ds di una fetta generica, cioè il d Φ , e per esso la sua intensità, sia trascurabile di fronte all’intensità Φ dello sforzo stesso potremo, in ultima analisi, considerar M (che è dell’ordine del d Φ ) trascurabile rispetto a t Λ Φ (che è dell’ordine di Φ ). Si è così condotti a porre nelle (41) M = 0; onde le equazioni dell’equilibrio delle verghe si riducono alla forma

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Poiché è infinitesimo assieme a Δs, per Δs abbastanza piccolo, l'unità prepondera certamente sul prodotto ε x n, onde il secondo membro risulta positivo, qualunque sia il segno di Δs.

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Per provarlo, basta evidentemente constatare che, per P, abbastanza vicino a P, il vettore P l - P forma un angolo acuto con n, ossia che è positivo il prodotto scalare (P l - P) x n. Ora dalla (41) si ha

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Lasciando da parte i sistemi a legami unilaterali (il che si fa abbastanza spesso anche senza esplicita menzione), non si hanno a considerare che spostamenti reversibili e il principio dei lavori virtuali richiede che si annulli il lavoro delle reazioni per ogni spostamento conciliabile coi legami, e perciò si traduce nell’equazione

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Qualora le Fi non fossero fra loro commensurabili, si potrebbe sempre scegliere un τ abbastanza piccolo, perché esse fossero rappresentabili sotto la forma (2) con una qualsiasi approssimazione prefissata.

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In tal caso si può infatti asserire che, per ogni spostamento abbastanza piccolo del sistema, compatibile coi vincoli, il baricentro si innalza. Ne consegue che, nel tornare alla posizione di equilibrio, le forze attive (che qui si riducono al peso dei singoli elementi) fanno complessivamente lavoro positivo.

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Con ciò, il termine cτ: certo prepondera, per Δs abbastanza piccolo, sul prodotto infinitesimo ε x b, e il segno di (P 1 - P) x b è quello del prodotto

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e può assimilarsi ad r pf (f coefficiente d’attrito dinamico), se è abbastanza piccolo.

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Per ψ = 0, essa si riduce a -ρ sinφ ed è quindi negativa; è invece positiva e grande a piacere per ψ abbastanza prossimo a π/2; ciò si rende manifesto, immaginando di scrivere Ψ(ψ) sotto la forma:

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Va rilevato che l’angolo ζ, (rigorosamente eguale a π, quando si ha un avvolgimento diretto fra due pulegge eguali) è in ogni caso abbastanza prossimo a π; un po’ più piccolo nel caso di avvolgirnenti diretti, un po’ più grande negli incroci.

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Secondo che nell’istante t la velocità è positiva o negativa, la s(t) è, nell’intorno di t, crescente o decrescente, cioè in ogni intervallo di tempo abbastanza piccolo che segua o preceda l’istante t il moto è progressivo o retrogrado.

Pagina 88

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