Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Natura ed arte

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Giovanni Virginio Schiaparelli 9 occorrenze

E con telescopi di Campani fece Bianchini in Verona nel 1719 i primi disegni alquanto accurati delle macchie di Marte, scoprendo in esse particolari abbastanza difficili, quale per esempio la sottile penisola che nella carta annessa porta il nome di Hesperia. Verso la fine del secolo scorso Herschel e Schroeter dallo studio delle candide macchie polari del pianeta dedussero l'obliquità del suo asse di rotazione rispetto al piano dell'orbita, quell'angolo, cioè, che per la Terra costituisce l'obliquità dell'eclittica, ed è poco diverso nell'uno e nell'altro pianeta.

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Ma si osserva in questo una cosa, che certamente sulla Terra non ha luogo: i contorni delle grandi macchie possono subire cioè leggiere mutazioni, piccole rispetto alle dimensioni delle macchie stesse, ma pur tuttavia abbastanza grandi per rendersi cospicue anche a noi. Anche questi contorni non sono sempre ugualmente ben definiti. Molte minutissime particolarità si vedono meglio in certe epoche, e meno bene in certe altre; e possono da un tempo all'altro anche variar d'aspetto e di forma, senza che tuttavia si possa concepire alcun dubbio sulla loro identità. E finalmente è da notare, che Marte ha un'atmosfera abbastanza densa, ed una propria meteorologia, come sarà spiegato più innanzi. Tutte queste variazioni annunziano un sistema grandioso di processi naturali, che conferisce allo studio di Marte un interesse molto più grande di quello che deriverebbe dal semplice studio topografico di una superficie immutabile ed inerte, come sembra esser quella della Luna. Insomma il pianeta non è un deserto di arido sasso; esso vive, e la sua vita si manifesta alla superficie con un insieme molto complicato di fenomeni, ed una parte di questi fenomeni si sviluppa su scala abbastanza grande per riuscire osservabile agli abitatori della Terra. Vi è in Marte un mondo intiero di cose nuove da studiare, eminentemente proprie a destare la curiosità degli osservatori e dei filosofi, le quali daranno da lavorare a molti telescopi per molti anni, e saranno un grande impulso al perfezionamento dell'Ottica. Tale è la varietà e la complicazione dei fenomeni, che soltanto uno studio completo e paziente potrà rischiarare le leggi secondo cui quelli si producono, e condurre a conclusioni sicure e definite sulla costituzione fisica di un mondo tanto analogo al nostro sotto certi rispetti, e pur sotto altri tanto diverso.

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Alcune di tali vicende d'aspetto sono in diretta connessione collo stato meteorologico e termico, ed è possibile che vi si rendano in qualche modo visibili a noi i diversi stadi di un ciclo vegetativo, secondo un'ipotesi abbastanza probabile, studiata e propugnata principalmente dall'astronomo americano Lowell. Ma l'osservazione prolungata per molti anni ha fatto riconoscere un'altra classe di fenomeni che non sembrano dipendere dal periodo delle stagioni, e potrebbero anche essere irregolari. In certe località un dato aspetto di cose che sembrava permanente, viene a mutarsi d'un tratto per intervalli, dà luogo ad altre combinazioni, che scompajono alla loro volta, per dar luogo ad un rinnovamento più o meno esatto del primitivo stato di cose; tutto questo saltuariamente ed in modo che si potrebbe dire accidentale.

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Queste osservazioni del crescere e decrescere alterno delle nevi polari, abbastanza facili anche con cannocchiali di mediocre potenza, diventano molto più interessanti ed istruttive, quando se ne seguano assiduamente le vicende nei più minuti particolari, usando di strumenti maggiori. Si vede allora lo strato nevoso sfaldarsi successivamente agli orli; buchi neri e larghe fessure formarsi nel suo interno; grandi pezzi isolati, lunghi e larghi molte miglia staccarsi dalla massa principale, e sparire sciogliendosi poco dopo. Si vedono insomma presentarsi qui d'un colpo d'occhio quelle divisioni e quei movimenti

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In ogni clima e sotto ogni zona la sua atmosfera è quasi perpetuamente serena e trasparente abbastanza per lasciar riconoscere a qualunque momento i contorni dei mari e dei continenti, e per lo più anche le configurazioni minori. Non già che manchino vapori di un

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Alcuna di esse è abbastanza facile a vedere, e più di tutte quella che è presso l'estremo limite sinistro delle nostre carte, designata col nome di Nilosyrtis: altre invece sono estremamente difficili, e rassomigliano a tenuissimi fili di ragno tesi attraverso al disco. Quindi molto varia è altresì la loro larghezza, che può raggiungere 200 od anche 300 chilometri per la Nilosirte, mentre per altre forse non arriva a 30 chilometri.

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Ma il loro aspetto e il loro grado di visibilità sono assai variabili per tutte da un'opposizione ad un altra, anzi talvolta da una settimana all'altra; e tali variazioni non hanno luogo simultaneamente e con ugual legge per tutte, ma nel più dei casi succedono quasi a capriccio, od almeno secondo regole non abbastanza semplici per essere subito intese da noi.

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La loro conservazione o la loro prosperità richiede ad ogni costo, che siano arrestate nella maggior quantità possibile, e trattenute per tutto il tempo necessario quelle acque, prima che vadano a perdersi nel mare australe; che se ne approfitti nel modo più efficace alla coltura di aree abbastanza vaste per assicurare durante un intero anno Marziale (23 mesi nostri) l'esistenza di tutto ciò che vive sul pianeta. Problema forse non tanto facile e non tanto semplice! perché la somma di acqua disponibile è al più quella che hanno formato le nevi boreali d'una sola invernata; quantità certamente assai grande, la quale però, ripartita sopra tutti i continenti, potrebbe presto diventare insufficiente, anche non tenendo conto delle perdite inevitabili per evaporazione, filtrazione, errori di distribuzione, ecc.

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L'ipotesi più plausibile è quella di considerarle come zone di vegetazione, estese a destra e a sinistra dei veri canali, i quali esistono sì lungo le medesime linee, ma non sono abbastanza larghi da poter esser veduti dalla TerraUna striscia oscura della superficie di Marte non può esser osservabile coi presenti nostri telescopi, se non ha almeno 30 o 40 chilometri di larghezza.. Queste zone di vegetazione facilmente si distaccano sulle circostanti regioni del pianeta per un colore più cupo, dovuto, com'è da credere, al fatto stesso dell'inaffiatura (si sa che il terreno bagnato è di color più oscuro che l'asciutto e disseccato dal sole) e anche in parte senza dubbio alla presenza stessa della vegetazione; mentre per le aree aride e condannate a perpetua sterilità rimane invariato il color giallo uniforme che predomina su tutti i continenti. Questo colore dobbiamo d'or innanzi considerare come rappresentante il deserto puro ed assoluto; e pur troppo si può far stima, che i nove decimi della superficie continentale di Marte ad esso appartengano.

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