Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

475259
Angelo Secchi 19 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Esso è con ciò messo abbastanza sul limitare di questa vastissima scienza e ne avrà già da sè rilevata l’immensa portata, tutta nuova ed inaspettata.

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Lo spettro di questa stella pare a zone, ma non è stato ancora studiato abbastanza.

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Si è cercata da Meldrum nella frequenza delle burrasche cicloniche dell’Equatore, ma essa pure non è abbastanza sicura. Essendo ben dimostrato che le periodicità delle macchie vanno d’accordo con quella del magnetismo terrestre, e questo parendo dipendente dalle vicende termiche del globo, è chiaro che anche il Sole nella sua luce e calore deve esser variabile. Talchè una variabilità qualsiasi è certa, ma il dimostrarla direttamente è difficile. Soltanto si può assicurare che il color gialliccio della zona perimetrale del Sole dovuto all’assorbimento della sua atmosfera, sembra maggiore nelle epoche di poche macchie. Ma anche su di ciò mancano misure precise. L’enorme intensità stessa della sua luce è un ostacolo alle misure e la superficie delle macchie non essendo che piccolissime in confronto del resto del disco essa può avere poca influenza. Ilsig. Langley crede che essa non possa esser più di 29 centesimi di un grado centigrado pel nostro globo. Quantità affatto impossibile a riconoscersi coi nostri mezzi attuali meteorologici.

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L’idea che ivi manchi la nebbia, perchè si sarebbe condensata in istelle, non è ancora abbastanza solida. Una stella molto viva, ecclissando la Nebulosa, la fa sparire: così accadeva alla Nebulosa di Argo quando la stella η (eta) era di prima grandezza; ora che è divenuta di quarta la nebulosità vi è marcatissima. Si è detto avere la Nebulosa d’Orione subíto cambiamenti, ma finora tutto essendo basato sulle osservazioni fatte cogli strumenti antichi, assai imperfetti, nulla è sicuro. I più forti rendono visibili diverse parti che sfuggono nei più deboli, e per tal modo può spiegarsi tutto. Anche ai tempi nostri i disegni pubblicati da Lord Rosse e da Struve, appena rassomigliano al nostro ed a quello di Herschel e di Bond; molto più poi ne differiscono quelli di Ugenio che la scoprì il primo, e di Devico. Tuttavia l’Holden crede reali alcuni cambiamenti.

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Benchè queste ricerche non siano finite, possiamo però assicurare di essere stati condotti alla conclusione, che molte di queste deviazioni possono essere vero difetto degli strumenti, e che per ora anche prescindendo dal dubbio che regna sul principio teorico Vedi la nota precedente , noi manchiamo di un mezzo pratico abbastanza sicuro per determinare tale elemento. Dopo queste nostre riflessioni ilsig. Christie a Greenwich ha ripetuto le osservazioni, e sarebbesi adesso trovato d’accordo colsig. Huggins. Il sig. Langley avrebbe trovato la conferma della teoria nella rotazione del sole, da noi pure già indicata. Ma malgrado tutti questi risultati tutti i dubbi non sono ancora dissipati trattandosi di quantità estremamente piccole. Inoltre è da avvertire che il risultato sperimentale non basterebbe a risolvere il dubbio teorico, giacchè le variazioni spettrali dipender potrebbero solo dal moto vero della terra che si allontanerebbe o accosterebbe alla stella, e non dalla stella che si moverebbe realmente nello spazio. Facciamo questa dichiarazione con tanto maggior franchezza, in quanto noi siamo stati i primi forse ad attirare l’attenzione dei dotti su questo soggetto. Vedasi il Bull. Meteorolog. dell’Osservatorio del Collegio Romano 1863, numeri 15, 16, 17, anche i Comptes Rendusde l’Accad. di Parigi. Marzo 1863. Tuttavia se queste difficoltà pratiche potranno superarsi, e se sarà messa fuor di dubbio la teoria, noi potremo per tal mezzo arrivare ad esplorare il moto proprio anche nella direzione del raggio visuale, e componendolo col moto laterale dato dalle osservazioni meridiane, si potrà determinare la risultante complessiva almeno per approssimazione. Ma per ora la piccolezza della deviazione, congiunta coi dubbi teorici, e colla difficoltà degli sperimenti, non inspira per questo metodo la medesima fiducia che pel comune.

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La supposizione di due osservatori sotto lo stesso meridiano Fig. 59 e che facciano le osservazioni contemporanee, non fu possibile ridursi ad effetto che nei tempi moderni, perciò negli antichi tempi fu supplita con un’altra combinazione abbastanza esatta. Supponiamo che l’osservatore in A fig. 59) osservi un astro L, distante dal suo Zenit, e posto a Levante nel primo suo verticale. Egli lo vedrà necessariamente abbassato in n, e la parallasse sarà m Ln ossia ALC: similmente ripetendo le osservazioni in simile posizione a Ponente avrà l’abbassamento q L' p = AL'C; sicchè la somma delle distanze zenitali che vedute dal centro sarebbero LCZ + ZCL, vedute alla superficie della Terra saranno L'AZ + ZAL' e perciò maggiori del vero della somma delle parallassi AL'C + ALC. Se dunque si conosca da un calcolo teorico preventivo quale dovrebbe esser l’angolo vero al centro tra le due osservazioni dell’astro in L e L' il suo confronto coll’angolo osservato farà conoscere le parallassi. Se l’astro L fosse immobile in cielo, l’angolo LCL' potrebbe facilmente dedursi dalla porzione della rotazione diurna fatta dalla Terra nell’intervallo delle osservazioni, se poi l’astro è mobile, bisognerà aggiungere a questo la quantità di cui esso si è spostato nell’intervallo. Se l’astro fosse fuori del primo verticale, si dovrà calcolare con apposite formole la componente della parallasse nell’angolo orario. È manifesto che può farsi il calcolo considerando l’angolo dipendente dalla parallasse da un solo lato, comep.es. ZAL come usarono per lo più gli antichi. Così un solo osservatore può bastare per trovare la parallasse di un astro, ma il metodo di due osservatori è molto più sicuro. Basti questo cenno per dare una idea delle operazioni da farsi per riuscire a trovare la distanza degli astri, ben inteso che abbiamo tralasciato molte minute particolarità, delle quali si deve tener conto nell’atto pratico del calcolo e della osservazione. Tale è sopratutto l’influenza delle refrazioni che alterano notabilmente e rovesciano anche l’effetto delle parallassi quando si voglia far uso delle distanze zenitali assolute. Cassini fu il primo che adoprò pei pianeti tal metodo. Avendo trovato le regole con cui correggere le refrazioni, lo applicò alle comete, e confermo che esse erano corpi assai più lontani che non si credeva, come già aveva indicato Ticone e altri astronomi anteriori. L’applicò pure al pianeta Marte come vedremo per cavarne la distanza del Sole.

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In questi ultimi tempi la fisica perfezionata riuscì a trovare mezzi abbastanza delicati e indipendenti dalla distanza solare per definire la velocità della luce, e allora dalla cognizione di questa si potè argomentare la distanza del Sole mediante il tempo impiegato a percorrerla; vediamo di far comprendere quanto è possibile questi delicati procedimenti.

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Le scoperte sue sui satelliti di Giove: le ricerche sull’orbita del Sole, la teorica delle comete, inesatta, è vero, ma primo tentativo geometrico del loro corso; la teorica delle refrazioni, la misura delle parallassi, ecc. erano titoli abbastanza serii. Se concesse qualche cosa alla corte, con ciò stesso fu benemerito della scienza positiva, e non deve rimproverarsi per ciò, poichè senza tali concessioni moltissime spese fatte per la scienza vera, non sarebbesi fatte. Ogni tempo ha il suo andazzo, e Keplero diceva che la figlia pazza (l’astrologia), manteneva la madre seria (l’astronomia). Cosa ben un poco più grave. È facile sputar sentenze dopo due secoli di progresso: ma allora!

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Le scoperte sue sui satelliti di Giove: le ricerche sull’orbita del Sole, la teorica delle comete, inesatta, è vero, ma primo tentativo geometrico del loro corso; la teorica delle refrazioni, la misura delle parallassi, ecc. erano titoli abbastanza serii. Se concesse qualche cosa alla corte, con ciò stesso fu benemerito della scienza positiva, e non deve rimproverarsi per ciò, poichè senza tali concessioni moltissime spese fatte per la scienza vera, non sarebbesi fatte. Ogni tempo ha il suo andazzo, e Keplero diceva che la figlia pazza (l’astrologia), manteneva la madre seria (l’astronomia). Cosa ben un poco più grave. È facile sputar sentenze dopo due secoli di progresso: ma allora! , vi sono le tavole dei satelliti di Giove, da lui fatte prima di stabilirsi in Francia. Queste tavole erano le migliori che allora si possedessero, e per verificare la loro esattezza, egli fece e da sè e per mezzo dei suoi allievi in Francia moltissime osservazioni. Da queste risultò che le tavole erano esattissime quando la Terra stava nelle quadrature rapporto a Giove come in P e Q fig. 73) Fig. 73 ma che l’ecclisse accelerava se la terra stava in T tra il Sole e Giove, e ritardava se essa stava in R, cioè al di là del Sole rapporto a Giove; e la somma dei ritardi e delle accelerazioni arrivava a circa un quarto d’ora cioè 16m26s. Cassini, all’uso degli antichi astronomi, si contentò di aggiungerealle sue tavole una correzione empirica dipendente dalla posizione relativa della Terra con Giove.

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Tuttavia le conclusioni sono abbastanza concordi con quelle di Herschel.

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Alcune sono fornite di uno o più satelliti luminosi, altre di satelliti oscuri, la cui esistenza è abbastanza provata dai fenomeni che presentano le loro fasi di luce e i loro movimenti.

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Nel polo propriamente non è veruna stella, e per i movimenti generali della sfera conosciuti sotto il nome di precessione, se vi fosse non vi resterebbe ferma Supponiamo il lettore abbastanza pratico delle nozioni di sfera e basti aver accennato qui queste cose. . Dal lato opposto al Carro ed a egual distanza dall’asse celeste si trova un altro gruppo non meno bello in forma di M allungato detto Cassiopea. In mezzo a queste la bella croce tracciata sul latteo chiarore del fondo del cielo invita a darle la denominazione del Cigno; altrove il gruppo delle Iadi rappresenta naturalmente la testa di un vigoroso animale, il Toro; un piccolo gruppo non lontano ricorda la Chioccetta col suo grazioso contorno, e un enorme e splendido ammasso ricorda un sublime gigante, Orione.

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Il lettore che ama avere una guida abbastanza sicura sul valore praticamente adottato dagli astronomi per le stelle maggiori, può valersi delle grandezze indicate nel Catalogo delle stelle fondamentali di Greenwich dato nel capitolo precedente, pagina 17 e segg. I rimandi si riferiscono alle pagine dell'edizione cartacea nota per l'edizione elettronica Manuzio. . In quanto alle altre ricorra alle uranometrie di Argelander o di Heis: queste sono autorità riconosciute come competenti: ma siccome lo splendore di molte non è costante così è facile trovare molto differenze.

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Supponiamo il lettore abbastanza pratico delle nozioni di sfera e basti aver accennato qui queste cose.

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I prischi osservatori benchè sprovveduti d’ogni strumento di precisione, pure mediante il mezzo semplicissimo degli allineamenti presi o ad occhio semplice o traguardando col mezzo di un filo, stabilirono in modo abbastanza concludente la gran legge della loro invariabilità di posto; e riconobbero che solo alcune poche fra le più brillanti non erano fisse, onde dal loro errare furono dette pianeti. Queste furono studiate a parte e si fissarono le leggi le più elementari dei loro movimenti. Le tavole I, II, indicano in piccola scala i gruppi principali e più famosi stabiliti dall’antica convenzione; per uno studio più minuto si esigono carte maggiori. Il lettore potrà per tal uso consultare gli Atlanti di Bode, l’Uranometria di Argelander, l’atlante di Heis, le carte di Dorna, e le carte di Dien, ed altri autori.

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Sestini cercò di fissare e stabilire dietro apposite ricerche lo stato attuale del cielo sotto questo rispetto, e le sue classificazioni serviranno ai posteri di un termine di confronto abbastanza sicuro. Egli si servì di un prisma per rilevare le differenze della composizione della loro luce. Egli ripetè le sue osservazioni in America collo stesso strumento e concluse che il clima ha pochissima influenza sul risultato.

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Lo strumento da lui usato fu dapprima un teodolite con cannocchiale di sole 13 linee di apertura avanti al cui obiettivo era collocato un prisma di ottima qualità, e guardando con questo direttamente gli astri coll’aiuto della lente cilindrica, avea l’immagine abbastanza dilatata per distinguere anche qui le righe trasversali. Da esperienze fatte da noi con simile apparecchio risulta che il semplice prisma anche senza lente cilindrica dà già allo spettro una dilatazione sufficiente purchè il suo angolo refringente sia assai grande e vicino a 60°.

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Le tradizioni delle nazioni più remote nulla ci hanno conservato di queste origini, ma alcuni monumenti indicano abbastanza chiaro questi mutamenti. Così per esempio la grande piramide di Gizeh costruita ai tempi di Cheops circa 2170 anni avanti l’era volgare ha due canali o tubi che dalla camera centrale vanno alle pareti esterne dal lato del Sud e da quello del Nord. Il primo mira ad un punto del cielo ove ora non passa nessun astro importante, ma potevano passarvi le Pleiadi all’epoca della sua costruzione; l’altro non ha relazione con alcuna stella ai tempi presenti, ma per esso passar dovea la stella polare di quel tempo che era l’α (alfa) del Dragone. Ora questi canali sono ostruiti, ma erano ancora aperti nel XIII secolo come ce ne assicura Abdallatif, dotto medico arabo che visitò la piramide a quell’epoca. La direzione di queste visuali, racchiude indubitatamente un secreto astronomico, e questo non potrebbe esser altro che la suddetta posizione all’Equinozio presso le Pleiadi. V. Smyth La Grande Piramide, ecc. La divisione dello Zodiaco in 12 parti, si trova anche presso i Cinesi; ed essa è una cosa molto naturale per lo stretto rapporto che passa tra il giro del Sole, e quello della Luna, ma i nomi dati alle costellazioni sono affatto diversi nell’antica astronomia cinese, quale si avea prima dell’arrivo colà dei Missionari. I nomi cinesi moderni sono una mera traduzione dei nomi europei fatta dagli stessi Missionari Vedi John Williams, Observations of Comets in China 1871 pag. XXIII, e seg. ed anche Gaubil, et Biot Études d’Astronomie Indienne et Chinoise, Paris 1862..

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È bene avvertire che in parecchie di questo tipo, come in Procione, α Aquila, α Vergine ecc. si scorgono molte righe fine abbastanza ben visibili, ai luoghi stessi dove appena si scorge traccia nelle altre: talchè queste sembrano esser casi di transizione da questo tipo al seguente, ma si sa che queste stelle sono leggermente variabili, e per ciò anche il tipo non ha sempre la stessa purezza.

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