Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Plico del fotografo: trattato teorico-pratico di fotografia

518132
Venanzio Giuseppe Sella 50 occorrenze
  • 1863
  • Tipografia G.B. Paravia e Comp.
  • Torino
  • Fotografia
  • UNIPIEMONTE
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In questa si osservano sette striscie abbastanza distinte, coi colori violetto, indaco, blù, verde, giallo, arancio, rosso. Quella striscia colorata che venne prodotta dai raggi più rifrangibili, dalle onde luminose più corte, è quella che si trova più in alto, e si manifesta con color violetto, e quella striscia, che contiene quella parte della luce che è meno rifrangibile, che deriva dalle onde più lunghe, è la striscia rossa.

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Infatti, mescolando 22 parti di giallo di cromo con 51 parti di cinabro e 60 parti di oltremare si produce un nero abbastanza deciso, come si vede nel seguente diagramma colorato.

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Si vedrebbe che la luce, dopo di avere attraversato questi tre vetri, è tutta assorbita, che si ha il nero, se i colori dei vetri sono abbastanza intensi.

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Portiamo questa camera all’aperto ed osserviamo l'immagine che viene a prodursi nel vetro spulito, circondandolo con una tela nera per impedire la luce diffusa esterna, che renderebbe invisibile la immagine, si troverà che questa immagine è molto debole se il vetro è distante dalla piccola apertura, ma che, se il vetro spulito sarà più vicino ad esso, l’immagine è abbastanza intensa, e che si può riprodurre fotograficamente, se la luce del sole, che illumina gli oggetti, non viene direttamente a colpire di fronte la camera oscura.

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Una lente composta di una sola qualità di vetro non è capace di produrre una immagine abbastanza pura, quando viene presentata agli oggetti rischiarati dalla luce. I contorni degli oggetti, nell’immagine, appariscono terminati da aureole variamente colorate coi colori dell'iride, perchè, come sappiamo, la luce nell’attraversare la lente si decompone in modo analogo a ciò che succede in un prisma.

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. — Queste voci sono spesso usate, e noi procureremo qui di darne una nozione abbastanza chiara e dettagliata, e quel che diremo ci servirà più tardi parlando degli oggettivi fotografici.

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Il diaframma ad apertura variabile, che venne ideato dal signor Govi, professore di fisica, sarebbe da adottarsi per la facilità, che con esso si ha, di cambiare il diametro della sua apertura, se non fosse costrutto di caoutschouc vulcanizzato, sostanza alterabile, e i cui margini non sono abbastanza ben contornati, come quelli che sono di metallo, ciò che può produrre un’inflessione di luce quando si opera con apertura molta piccola.

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Una tale camera, quando viene presentata agli oggetti, accusa sul vetro spulito un’immagine abbastanza nitida ed ancora sufficientemente illuminata da dare un’impressione sopra una lastra di velro collodio-albuminato in due o tre ore di tempo. L'immagine sviluppata nel modo usato è di una nitidezza affatto uniforme, sia per oggetti vicini, sia per oggetti lontani, sia al centro, sia ai lati, e le leggi della prospettiva vi sono così esattamente osservate, che l’immagine è di un effetto sorprendente nel suo insieme, quantunque i minuti dettagli non siano ben percettibili per causa del difetto di nitidezza prodotto dalla divergenza dei pennelli luminosi.

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Con una camera oscura, che sia capace di produrre la dimensione sopra indicata, l'operatore può operare a casa e fuori, per i ritratti, e per le vedute, la dimensione di centimetri 24 per centimetri 27, essendo già abbastanza importante per casi ordinarii.

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Questi oggettivi, quando hanno un diaframma interno abbastanza piccolo, servono per le vedute egualmente bene che gli oggettivi semplici. Nei due oggettivi non conviene che sia alterata la forma delle lenti collo scopo di produrre un grande spostamento delle immagini come praticavasi in alcune camere oscure, per esempio nel così detto quinetoscopio, in cui la lente di fronte è tagliata obliquamente al suo asse in una delle sue facce, in modo da avere quasi una forma prismatica, perchè con una tale disposizione l’oggettivo non può a meno di produrre una molto forte aberrazione cromatica e sferica, per cui l’immagine risulta indistinta, e trasfigurata.

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Quest’ultimo, per la sua natura basificante poco pronunciata, essendo incapace di far prevalere la sua influenza in modo abbastanza energico, nel composto derivante dalla combinazione rimangono predominanti le proprietà acide generate, provocate dai metalloidi.

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Colla concentrazione di una soluzione di idrato di potassa cresce la sua densità, perciò da questa si ricava abbastanza approssimativamente il tenore di una soluzione di potassa.

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La seguente tavola di Davy sarà molto utile a consultare, come quella che fa conoscere questa quantità in modo abbastanza approssimativo pei casi ordinari.

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La carta nitrata non potrebbe servire per prove negative prese nella camera oscura, perchè non è abbastanza sensibile, ma vuolsi che corrisponda assai bene impiegandola per positive nella pressa a copiare, ed ha questo di vantaggioso sopra ogni altra carta resa fotogenica, cioè di dare delle positive che si lasciano fissare perfettamente con semplici lavature nell’acqua calda.

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Il solfato di protossido di ferro è facile a preparare in piccolo, ed ottenerlo abbastanza puro pegli usi, cui lo destina il fotografo.

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Quest’arte, non ancora abbastanza conosciuta nel nostro paese, mi pare che si possa ridurre a 4 operazioni principali, cioè: 1° tirare un tubo di vetro; 2° piegarlo; 3° fare una bolla; 4° saldare un tubo con un altro.

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Questi vetri sono abbastanza efficaci per trasmettere una abbondante luce gialla che non manifesti alcuna azione sulle lastre sensibili; alcuni asseriscono avere osservato delle anomalie nella efficacia dei vetri gialli, per cui questi alcune volle perdono repentinamente la loro virtù di trasmettere una luce inattiva.

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All'incontro se tu diminuisci i rapporti sopraddetti, i disegni che otterrai non saranno abbastanza vigorosi, i contrasti delle tinte non saranno abbastanza pronunciati.

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Esso impiegato nella proporzione di 1/5 del peso dell’ioduro di potassio nel preparare l’albumina mi pare essere in dose abbastanza forte.

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Il fotografo colle sue lastre sensibili può fare facilmente un esperimento empirico in modo abbastanza concludente, ma i vetri gialli si potrebbero anche provare più rigorosamente col mezzo dello spettroscopio, col quale si può riconoscere sino a qual grado questi vetri lasciano passare i raggi chimici. presso i quali l’importanza delle materie ci vieterà di arrestarci così a lungo intorno a quest’operazione.

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. — Supponendo che chi legge questa osservazione creda essere impossibile il fare delle vedute fotografiche anche a titolo di esperimento e di passatempo, senza caricarsi di una notevole spesa per comperare l’oggettivo e la camera oscura, diremo che chiunque può fare esperimenti fotografici ed ottenere risultati abbastanza perfetti senza tanto apparato.

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La prova negativa, che tu giudicherai venuta abbastanza, lavala nell’acqua per arrestare la combinata azione dell’acido gallico e del nitrato d’argento sopra di essa.

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Un aumento di peso del 25 per 100 soltanto può indicare, che l’operatore ha impiegato un acido nitro-solforico non abbastanza concentrato.

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. — Preparare il collodio con solo etere non si può, perchè la pirossilina non è abbastanza solubile in esso. L'etere comune contiene sempre una notevole quantità di alcool, da cui è difficile liberarlo, epperciò esso scioglie spesso assai bene la pirossilina.

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L’alcool, quando viene impiegato in forte eccesso, deve essere concentratissimo, al 98 per 100, affinchè il collodio possa avere la fluidità conveniente e produrre una pellicola abbastanza coerente e solida.

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La lastra collodionata non si deve lasciare seccare prima di immergerla nel bagno sensibilizzatore, ma basta che il collodio si sia rappigliato abbastanza solidamente sul vetro in modo che esso non possa più staccarsi dal vetro nell’immergerlo nel bagno, e ciò succede in pochi istanti, principalmente quando il collodio è molto etereo.

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La lastra collodionata poi, la quale nel suo sensibilizzamento si manifesta troppo tardiva a prendere una tinta lattea nel bagno sensibilizzatore, non sarà stata abbastanza presto sensibilizzata, ossia il collodio steso sopra di essa si sarà troppo fortemente essiccato. All’opposto è segno ordinario che la lastra venne troppo presto introdotta nel bagno se il collodio di essa verrà a staccarsi e mescolarsi col bagno sensibilizzatore.

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E ciò gli sarà tanto più facile, in quanto che il collodio non è propenso a solarizzarsi per una esposizione relativamente lunga, e che esso è abbastanza sensibile da non richiedere una posa così lunga che il modello non possa ancora facilmente sopportarla; infatti 15—20 secondi è lo spazio di tempo che conviene d’ordinario. Il modello sarà compensato dalla maggior fatica del posare, il suo ritratto sarà di una ammirabile precisione di dettagli, le ombre naturali, l’espressione esatta e fedele, l’insieme di un ottimo effetto.

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Il metodo seguente è più comodo, e conduce ad una esattezza di correzione ancora abbastanza grande pei casi ordinari.

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Porto questa lente tra l’occhio e l’oggetto, ed osservo così nella mia lente il monumento rovesciato, come nel vetro smerigliato della camera oscura, e dallo spazio dal monumento occupato nella lente posso conchiudere abbastanza esattamente a quale distanza debbo mettermi per riprodurre il monumento stesso in proporzioni convenienti.

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Con una minor quantità di acqua la lastra può non perdere il suo aspetto grasso, e così non essere abbastanza lavata, e liberata dai liquidi sviluppatori, i quali possono far macchiare la prova nel fissarla. La prova ben lavata si può portare alla luce diffusa del giorno per fissarla con iposolfito di soda come diremo.

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Questo secondo fissamento diviene necessario quando si vogliono tirare molte positive da un solo tipo; ma è spesso inutile quando non si vuole produrre che poche prove, principalmente se il collodio non è contrattile, ed è abbastanza tenace ed adesivo al vetro.

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L’acqua comune ed il nitrato d’argento monetario fuso sono d'ordinario abbastanza puri. Il nitrato d’argento di copella, essendo maggiormente puro del nitrato d’argento monetario, deve preferirsi. E se l'acqua comune sarà molto carica di cloruri, ti converrà impiegare acqua distillata, o quanto meno acqua di pioggia, perchè perderesti una quantità d’argento di un valore più grande che non l’acqua distillata. Generalmente vicino alle nostre alpi l’acqua è così buona e pura, che non val la pena di distillarla, o di stare a raccogliere l'acqua piovana.

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Quantunque la soluzione del cloruro di sodio sia capace di una considerevole estensione di limiti, prima di manifestare questo suo predominio sul nitrato d’argento converrà però sempre al fotografo il mantenerla piuttosto troppo debole, che troppo forte, perchè nel primo caso, mentre si ottengono ancora buoni risultati, non vi è un consumo inutile di nitrato d’argento, e lo strato sensibile essendo meno forte, le prove saranno anche più presto e più facilmente fissate dall’iposolfito di soda, che serve in appresso a togliere il cloruro d’argento non impressionato abbastanza profondamente dai raggi luminosi.

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Affinchè l’aderenza del cloruro d’argento sulle fibre della carta sia abbastanza forte, è necessario che la trasformazione del cloruro di sodio sparso sopra di esse sia istantanea, e ciò non può succedere, tranne quando il cloruro di sodio non si trova in eccesso comparativamente alla densità della soluzione di argento.

Pagina 429

Operando nel modo che diciamo, la carta non rimane abbastanza aderente alla negativa, condizione impreteribile per ottenere un'immagine nitida e senza confusioni; inoltre, non potendosi regolare la durata dell'esposizione, le prove positive quasi sempre si guastano, riescono o troppo chiare o troppo oscure, ed una buona positiva così ottenuta sarebbe un'eccezione alla regola.

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Così facendo, la pressione che si ottiene sarà abbastanza forte perchè si possano ottenere delle prove positive perfettamente nitide, e non havvi alcun pericolo di rompere la lastra dell’istrumento.

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La prova positiva, che si giudica venuta abbastanza intensa, si toglie dalla pressa, ed avendo cura di non toccarla colle dita che nei suoi margini, si porta, senza aspettare l’indomani, nei bagni fissatori. Non conviene ritardare il fissamento delle prove impressionate, perchè i bianchi di esse sono generalmente tanto più distinti, tanto più puri, quanto più breve fu il tempo tra la sensibilizzazione della carta e la fissazione dell’immagine sopra di essa ottenuta. Il signor De La Blanchère (a) propone di immergere la carta positiva impressionata in una soluzione di cloruro di sodio al 3 per 100 per convertire tutto il nitrato di argento della carta in cloruro d’argento prima di procedere alle operazioni di colorare e fissare.

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In questo stadio della riduzione del cloruro d’argento la decomposizione del sale è così avanzata, che l’iposolfito di soda non è più capace di degradare o di modificare abbastanza profondamente il coloramento acquistato dall’immagine, la prova sarebbe fallita.

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Ora l’immagine positiva, benchè molto più lenta a formarsi, riuscirà tuttavia abbastanza bene.

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Con questi sali si ottiene un buon risultato, ma i vantaggi e svantaggi del loro uso non sono ancora abbastanza studiati e provati.

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Non si potrebbe insistere abbastanza sopra di ciò.

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. — Nel fissare le prove coll’iposolfito di soda, è difficile il riconoscere colla sola osservazione quando è abbastanza compiuta l'eliminazione dei sali argentiferi alterabili dalla luce.

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Da questo fatto scaturisce la conseguenza, che se una debole luce è abbastanza innocua, noi dobbiamo però guardarci dall’operare ad una luce troppo viva, imperciocchè le prove fissate con una luce troppo intensa, non potranno avere tutta la voluta freschezza nei bianchi.

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Ciò non pertanto si possono dare regole abbastanza approssimative per operare con successo in ogni circostanza, principalmente quando non si conosce la forza del bagno fissatore.

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Queste si possono scacciare, quando si formano, comprimendo leggermente sulla carta con un'ovatta di cotone, oppure anche, se la carta è abbastanza bagnata, e se la gelatina è abbastanza tenace, sollevando la carta per uno dei suoi angoli, e lasciandola quindi ricadere con precauzione sullo strato gelatinoso. Se la carta si pone appena umida, e dopo di essere stata asciugata grossolanamente con carta sugante, essa aderisce immantinenti alla colla, epperciò si deve usare una molto maggiore attenzione nell’applicarla. Quando tu credi che l’aderenza della carta è uniforme, e che non lascia nulla a desiderare, metti il bacino a seccare appendendolo per aria in una camera discretamente calda, alla temperatura di 20 a 25 gradi centigradi. .

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Giunto che sia l'operatore a questo punto, non deve lusingarsi che la sua lamina sia brunita abbastanza bene. Per poco che egli osservi minutamente la superficie ripulita discernerà sopra di essa una folla di linee circolari che si debbono assolutamente far scomparire.

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Si può impunemente operare ad una luce ancora abbastanza forte, nell’osservare la lamina, ma sarà sempre più sicuro usare con moderazione di questa latitudine quando si desidera di ottenere la massima sensibilità.

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Se l’operazione procederà in modo regolare, e se il calore dato dalla lampada nell’essiccamento è abbastanza forte, senza essere eccessivo, si otterrà una magnifica prova, vigorosa, di un’estrema freschezza, con un insieme di tinte e di dettagli che non lascia nulla a desiderare, e non rimarrà più altro a fare che ad inquadrarla su adattata cornice (passepartout) come si usa.

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Quando l’azione si giudica abbastanza profonda, si lava la lastra, si tratta con inchiostro da stampa per tirare le prove.

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