Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Fisiologia dell'uomo sulle Alpi: studii fatti sul Monte Rosa

434121
Angelo Mosso 28 occorrenze
  • 1897
  • Fratelli Treves Editori
  • Milano
  • fisiologia
  • UNIPIEMONTE
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Questa malattia abbastanza grave interruppe le ricerche e ci obbligò a partire prima del tempo, dopo una dimora di dieci giorni sulla vetta del Monte Rosa.

Si addormentò quasi subito d' un sonno normale, non soporoso, ma abbastanza profondo, malgrado la posizione incomoda e l'ostacolo che il mio peso gli faceva al respiro. Dormì quasi un'ora, e si svegliò da sè verso le 7, a giorno fatto. Ottenni che mangiasse due ova, e alle 7 30 potè mettersi in piedi e partimmo. Camminava come un ubbriaco, scivolando a tutti i passi, io stesso non ero molto franco sulle gambe, ma rapidamente col moto riprendevo elasticità e sicurezza. Alfonso invece pareva sempre sfinito, e non m'accorgevo che la temperatura mite migliorasse le sue condizioni. Dovetti concedere fermate ogni pochi minuti, e queste si allungavano sempre più, cosicchè in due ore facemmo la strada che si sarebbe percorsa normalmente in un quarto d'ora o poco più. Eravamo al piede, appena un 20 metri sotto l'ultimo spuntone che ci separava dal colle, e Alfonso era seduto da parecchi minuti, e resisteva alle mie preghiere perchè facesse un ultimo sforzo. Batteva di nuovo i denti: per un po' rispose alle mie insistenze dicendo di lasciarlo riposare ancora, poi non parlò quasi più, sebbene capisse quello che gli dicevo. Si sentiva stanco, nient'altro. Sedetti vicino a lui, e gli parlai del fratello, cercando di scuoterlo da quell'inerzia. Mi disse "quando saremo a Finero (grossa borgata di Val Cannobina), telegraferemo a Gigi e lo aspetterò per tornare a casa con lui"; frase che dice meglio di qualunque descrizione l'incoscienza completa del proprio stato. Io ero inquieto, cominciava il ritardo nelle risposte, era evidente un accasciamento fisico grave, lo vedevo così esaurito che non sapevo come avrebbe potuto resistere altre due ore. Ricominciai le insistenze per muoverlo di là e m'accorsi presto con angoscia che non lo poteva più. Non mi restava che un appiglio, farlo scivolare in basso per uno stretto camino di roccia pieno di neve con un pendìo ripidissimo, che divallava a due passi da noi. Ottenni da lui, ancora cosciente, che si trascinasse fin là, aiutato da me, e cominciai a lasciarlo scivolare seduto nella neve, dicendogli di trattenersi il più che poteva colle braccia. Quando non ebbi più corda (eravamo legati a circa cinque metri di distanza), mi misi io pure nello stretto canale. L'avevo di peso alla cintura, poichè mi occorrevano le due mani per trattenere me e lui servendomi degli appigli rocciosi, fortunatamente solidi e abbondanti delle pareti laterali del camino. Scendemmo così con precauzione un 50 metri; a un tratto io, che in quel momento scendevo di fianco, sentii mancare la tensione della corda e volgendomi vidi Alfonso carponi, quasi coricato, che annaspava colle mani nella neve. Lo chiamai senza risultato, mi slegai fissando il capo della corda a uno spuntone di roccia, e scesi rapidamente fino a lui. Era inconscio, con respiro lento, polso piccolo e rapido. Dovevano essere le 10 antimeridiane. Gli feci il massaggio con neve, mezzo istupidito dalla fatalità che s'era legata a noi. Dopo circa un'ora morì tranquillamente, senza scosse, con un rallentarsi progressivo del respiro, mentre il polso si faceva più piccolo e rapido. Mi sentivo esausto, e risalii quasi subito fino alla cresta donde in mezz'ora raggiunsi il sentiero."

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., 1888 pag. 103. attribuisce tale rigidità a una diminuzione della circolazione e dice che il sangue non lava più abbastanza attivamente la fibra muscolare quando il muscolo cessa di contrarsi.

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Ciascuno di noi dirigeva per turno la cucina: il soldato Marta e Cento sapevano cucinare abbastanza bene, tanto che io mi abituai a mangiare la carne di montone alla quale non ero assuefatto, e la digerivo, malgrado che l'odore suo non mi piacesse.

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Dalla figura riesce abbastanza evidente la costruzione della portantina Sella. I peducci sono snodati e vengono irrigiditi mediante l'asticina di ferro, pur essa snodata, che si collega al piano orizzontale. Quando la portantina non è sulle spalle, i peducci vengono ripiegati e l'arnese prende una forma abbastanza regolare, di facile trasporto, e comoda per spedirne parecchio insieme come bagaglio sulla ferrovia. La portantina completa con tutte le strisce di cuoio per legare e portarla come uno zaino, pesa 1800 grammi. I montanti sono alti 45 centimetri dal piano orizzontale, il fianco è largo 28 centimetri, il fronte 33 centimetri.

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Dalla figura riesce abbastanza evidente la costruzione della portantina Sella. I peducci sono snodati e vengono irrigiditi mediante l'asticina di ferro, pur essa snodata, che si collega al piano orizzontale. Quando la portantina non è sulle spalle, i peducci vengono ripiegati e l'arnese prende una forma abbastanza regolare, di facile trasporto, e comoda per spedirne parecchio insieme come bagaglio sulla ferrovia. La portantina completa con tutte le strisce di cuoio per legare e portarla come uno zaino, pesa 1800 grammi. I montanti sono alti 45 centimetri dal piano orizzontale, il fianco è largo 28 centimetri, il fronte 33 centimetri. Gli strumenti della nostra spedizione erano contenuti in dieci casse, ciascuna delle quali pesava circa diciotto chilogrammi e furono tutti portati sulla vetta del Monte Rosa per mezzo di portantine simili a questa e non si ruppe nulla. un peso di 40 chilogrammi. La sua temperatura interna, facendo l'esperienza al mattino, aumentò da 37°,1 a 37°,5. La temperatura dell'aria era 12°, il cielo nuvoloso, con leggero vento.

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Le esperienze devono essere semplici, i termini del raffronto costanti, e abbastanza lungo il tempo della prova.

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Discorrendo capii che egli ed i suoi colleghi sono di parere che uno il quale non sia allenato, si sente come soffocare nella fatica, perchè non può respirare abbastanza profondamente. È questa anche l'opinione degli alpinisti e di tutti quanti hanno provato che realmente in una salita fatta in fretta, come si dice, manca il fiato. Vedremo però che il fatto è diametralmente opposto. Allenandosi veniamo a respirare meno per la medesima fatica, ed anche per una fatica maggiore.

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Francioli non ha mai sofferto il male di montagna; Bizzozero lo provò abbastanza forte appena giunse alla Capanna Regina Margherita, sebbene avesse una capacità vitale maggiore del Francioli.

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Nel 1760 Saussure fece pubblicare in tutte le parrocchie della valle di Chamonix, che avrebbe dato una ricompensa abbastanza considerevole a coloro che avessero trovato una strada per giungere alla sommità del Monte Bianco. Prometteva nello stesso tempo che avrebbe pagato le giornate di lavoro anche a quelli che avessero fatto dei tentativi infruttuosi Saussure, Voyage dans les Alpes, Histoire des tentatives que l'on a faites pour pervenir à la cime du Mont-Blanc, Tome IV, p. 389..

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La marcia notturna sui muli prima che spuntasse il sole, fu abbastanza pericolosa in causa della nebbia. La maggior parte delle persone sulle quali doveva farsi l'esperienza non si accorsero del pericolo.

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Farò più tardi una critica generale degli studi sul sangue nelle ascensioni, dove mostrerò che i metodi attuali d'indagine non sono abbastanza esatti. Queste osservazioni di Egli-Sinclair sono anche meno attendibili per altre ragioni che qui è inutile riferire. Lo stato psichico di questi sperimentatori non era tale da permettere che fossero esatti i risultati delle loro osservazioni. Lo disse Egli-Sinclair stesso. "Pour compter les globules du sang, il fallait, en les examinant avec attention sous le microscope, retenir légèrement la respiration, ce qui m'était très pénible, et c'est pourquoi il est bien compréhensible et excusable que ce comptage n'ait pas atteint l'exactitude désirée."

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Mio fratello stesso dormiva così profondamente che non si accorgeva dei rumori abbastanza forti che facevansi vicino a lui: dopo svegliavasi spontaneamente, provando una certa oppressione.

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Essi dimostrarono che il metodo adoperato da Bert per le analisi del sangue, non era abbastanza esatto, e che fino alla pressione barometrica di 41 centimetri, cioè poco più in alto del Monte Bianco, il sangue contiene ancora tutto il suo ossigeno come al livello del mare A. Fraenkel und J. Geppert, Ueber die Wirkungen der verdünnten Luft auf den Organismus. Berlin 1883, pag. 112..

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L'aver dimostrato Fraenkel e Geppert che il sangue di un cane non cambia in modo apprezzabile il suo contenuto in ossigeno fino all'altezza di 4915 metri, non ha giovato molto alla fisiologia del male di montagna, perchè noi sappiamo che al disotto di questo limite molti uomini soffrono in modo abbastanza grave la rarefazione dell'aria. Fraenkel e Geppert per spiegare il male di montagna sotto ai 4900 metri ricorrono alla teoria di Dufour, il quale fa dipendere questo malessere dal lavoro eccessivo dei muscoli. Sappiamo però che non tutti guariscono del male di montagna col riposo. Nella Capanna Regina Margherita ho conosciuto parecchie persone che vomitarono tutta la notte, e anche nel giorno dopo che erano arrivati stavano male. Altri vidi dormire la notte, e vomitare il giorno dopo. Per questi casi non servono nè l'ipotesi del Dufour, nè le analisi del sangue di Fraenkel e Geppert.

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Non vi è dunque una montagna sulla terra abbastanza alta, dove l'uomo arrivandovi abbia da temere che l'emoglobina del sangue non possa più prendere dall'aria l'ossigeno che essa è capace di assorbire.

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L'azione che le tenebre esercitano sui fenomeni psichici, non fu ancora studiata abbastanza. Certo le tenebre hanno azione deprimente. Lo prova la fatica maggiore delle marcie notturne. Féré vide che gli accessi epilettici si producono per due terzi nella notte e solo un terzo di giorno Ch. Féré, Les épilepsies, 1890, pag. 313. Il nostro corpo è costituito da un sistema di forze in equilibrio instabile, e basta un'emozione per dare il tracollo in modo che la bilancia non può più riprendere l'equilibrio, malgrado ogni sforzo della volontà. Chi non ha provato la nebbia dei monti camminando tastoni, col pericolo di essere ingoiato nei crepacci o di scivolare nei precipizii, non può comprendere l'ambascia e lo sgomento che prova l'alpinista in simili circostanze. La mancanza della vista può condurre agli atti più disperati.

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Un mio collega dell'Università di Torino non può deglutire bene ad una certa altezza perchè (dice lui) le ghiandole salivari non funzionano abbastanza.

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Questo metodo che m'era sembrato abbastanza esatto per studiare la fatica dell'occhio in pianura, m'accorsi quando fui al colle dell'Olen, che non valeva egualmente bene per le montagne; perchè in alto la luce è assai più viva, così che già al Colle dell'Olen vedevo, alla distanza di due metri, più distinte tutte le gradazioni dei colori che non in basso; e quando fui sulla vetta della piramide Vincent la luce era così intensa che, malgrado il forte abbarbagliamento, distinguevo ancora meglio i colori.

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L'occhio nostro non è abbastanza sensibile per accorgersi che la luce sulle Alpi è più ricca di raggi violetti, ma ciò che non sente l'occhio lo sente la pelle, la quale infiammandosi ci avverte, nostro malgrado, che vi fu un'azione intensa dei raggi violetti nei tessuti che stanno sotto l'epidermide.

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Varie spiegazioni si possono dare di questo fatto inatteso, e disgraziatamente le mie esperienze non sono abbastanza numerose per autorizzare una discussione qualsiasi. È probabile che i vasi della pelle siano meno dilatati, e quindi meno attiva la circolazione cutanea e la secrezione del sudore. La circolazione meno attiva, elide l'influenza che esercitano i movimenti del respiro facendo diminuire l'evaporazione polmonare e cutanea. Tutte queste cause insieme, non bastano però a spiegare che in alcuni casi abbiamo trovato circa la metà meno della perdita in peso sulle Alpi, a 4560 metri, quando invece mi aspettavo di vederla cresciuta del doppio.

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Il regime mio e quello dei miei compagni, che avevo pregato di far osservazione a questa cosa, mi permettono senz'altri dati più esatti, di formulare un giudizio abbastanza sicuro. La distribuzione del vino e del caffè, la quantità di neve che dovevamo far fondere ogni giorno alla capanna Gnifetti e alla capanna Regina Margherita, rimasero sempre eguali e nessuno si è mai lamentato di aver sete.

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" La guarigione per lisi, abbastanza rara nella polmonite acuta, accenna ad un decorso anomalo, del quale dobbiamo discutere le cause. L'ipotesi che questa polmonite sia prodotta dal raffreddamento, non mi pare molto probabile; perchè in tale caso le polmoniti dovrebbero essere molto più frequenti tra gli alpinisti, mentre in generale non lo sono. Anzi per l'esperienza che ho delle Alpi, credo che le polmoniti siano nelle regioni elevate meno frequenti che nella pianura.

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Sorpresi da una nebbia densissima, la traversata del ghiacciaio riuscì abbastanza penosa. La sera alle 8.30 giungemmo così stanchi alla capanna del Teodulo, che non mi fu più possibile di fare alcuna esperienza. Un'ora dopo essere arrivati al colle del Teodulo, Mondo aveva la temperatura di 38,°7 ed io di 38°,3. La notte dormimmo poco e male. Fummo molestati tutti due da dolori intestinali ed avevamo molta sete."

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Non sto qui ad enumerare le persone sulle quali osservai questo fenomeno e mi limito a dire che si tratta di cosa abbastanza comune da 2500 a 3000 metri di altezza.

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Questi due concetti che l'aria rarefatta non dilata abbastanza i polmoni, e che le emorragie osservate nelle ascensioni e nei palloni aereostatici dipendono dalla pressione diminuita alla superficie del corpo, durarono fino ad oggi.

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A questo fenomeno delle emorragie avevano dato molto importanza gli scrittori, perchè veniva in appoggio delle vecchie dottrine intorno alla fisiologia dell'uomo sulle Alpi. In base alle mie osservazioni non posso dire che le emorragie siano più frequenti. Accenno solo il fatto e ne parlerò più a lungo in seguito. Le emorragie ricordate spesso dai viaggiatori non sono mai tanto abbondanti, quanto dovrebbero essere se fossero prodotte da una causa fisica. Esse dipendono, come disse PayotA. Payot, Du mal des montagnes. Thèse. Faculté de médecine de Paris, 1881, pag. 63., da una congestione passiva. Il color venoso della pelle dimostra che il sangue circola male, i vasi si sfiancano e possono rompersi più facilmente: ma questo è un fenomeno abbastanza raro che non dipende dalla pressione diminuita, la quale agisca localmente aspirando il sangue, e tanto meno dalla palpitazione del cuore che alcuni credono possa rompere i vasi sanguigni per mezzo di un polso troppo forte.

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"Nell'estate del 1868 cominciai, egli dice, troppo presto a fare delle gite sulle Alpi, senza essermi prima allenato abbastanza. Dopo tre giorni di lunghe passeggiate a piccole altezze, feci col signor K. l'ascensione del Galenstock e andammo nel giorno successivo all'Oberaarpass. Invece di partire dal Grimsel ci fermammo al Rhonengletscher, andammo al Grimselpass e salimmo sul Sidelhorn, prima di metterci effettivamente all'opera. Alla sera cambiammo pure un'altra volta d'itinerario e invece di scendere a Viesch, andammo in cerca d'un alloggio migliore all'Aeggischhorn. Per ciò fummo obbligati, verso la fine del giorno, a camminare con passo alquanto accelerato per raggiungere quest'alpe.

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