Se entrate nella casa di un Turco per ragione di visita o per interessi, dovete pure piegarvi alle costumanze orientali; accettare la lunga pipa dal bocchino d'ambra e il caffè che subito vi sono recati, e quand' anche la positura per voi riesca incomoda, incrociare le gambe e accoccolarvi sui morbidi cuscini, ripetendo tra voi stessi, come una giaculatoria, l'antico proverbio: « Paese che vai, usanza che trovi. » Ma le consuetudini a cui l'uomo ha il diritto di non abbassarsi sono quelle che offendono il sentimento della sua dignità e che formano il corredo di un barbaro o semibarbaro dispotismo. Tali sono per recarne qualche esempio, il camminare a ritroso uscendo dalla sala di ricevimento del gran sultano di Costantinopoli; il prosternarsi ginocchioni e toccar quasi colla faccia il suolo al cospetto degli imperatori della China e del Giappone e d'altri principi dell'Asia e dell'Africa. Le relazioni coi popoli civili e le rimostranze dei potentati d'Europa hanno fatto scomparire o modificare, almeno pei loro rappresentanti, siffatti usi di un cerimoniale cortigianesco e servile che mette l'uomo a livello del bruto.
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