Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Parassiti. Commedia in tre atti

231743
Antona-Traversi, Camillo 1 occorrenze
  • 1900
  • Remo Sandron editore
  • Milano, Napoli, Palermo
  • teatro - commedia
  • UNICT
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La favola di Parassiti è sottilissima, l'azione non procede di gran che dal primo alzarsi all'ultimo abbassarsi del sipario. È una commedia di caratteri, la vera commedia di caratteri, dove la psicologia spicciola non aggiunge nessun fastidioso frastaglio; la vera commedia di caratteri dove l'azione non ingombra mai lo sviluppo di quei caratteri, anzi la seconda. L'autore dei Parassiti, accingendosi a scrivere quei quattro atti, si è ben reso conto che, per riuscire nell'intento, erano necessarie quattro qualità eminentissime: un raro dono di osservazione acuta e sincera, un'ironia sostenuta e piena di arguzia e di bonomia, una satira non sguaiata ma energica, una semplicità piena di festevolezza e di verità. Queste infatti sono le principali doti dei Parassiti. La commedia non mette in scena che un losco tipo di affarista, il comm. Gaudenzi, un suo luogotenente e il figlio, tre tipi perfetti per cui il parassitismo è l'unico mezzo di vita e di salute. Il piccolo imbroglio si svolge tra queste persone con una economia drammatica di divagazioni e di particolari quale è oramai sempre più raro ritrovare nelle commedie d'oggigiorno, fatte con la famosa ricetta: prendete un buco e arzigogolateci alla meglio o alla peggio. Non vi potete imaginare, non avendo intesa la commedia, di quanta osservazione essa sia piena: a ogni cinque minuti, voi date un balzo su la vostra poltrona, poichè avete conosciuto persone simili a quelle che si muovono su la scena e le vedeste agire cosi, le udiste parlare così, imaginaste che pensassero così. A ogni momento, il dialogo festevole e scorrevolissimo vi fa udire di quelle frasi che tante volte avete udito nella vita, di quelle frasi che sono dette sempre, perchè in quei casi solo quelle si possono dire. Tutto questo condito da un'ironia sempre presente, mascherata abilmente da una certa aria di bonomia, una certa aria di sorriso e di perdono che accompagna il colpo di scudiscio vibrato in pieno volto. Ma in certi punti la bonomia scompare, il sorriso diventa una smorfia o un sogghigno, l'ironia divien satira. E la satira è violenta, efficace , arditissima. Quella società del secondo atto, quel ricevimento in casa del commendator Gaudenzi, quelle ragazze che si lascian portar via dai Naldini nell'ebrietà sottile dello sciampagna, quei critici esteti e quelle cantanti americane, tutta quella società varia, mescolata, ibrida, nella satira trova la più terribile sferza. Non sempre , è vero , queste intenzioni satiriche sono completamente riuscite. Qualche volta la satira resta bassina, lo scrittore non ha la forza di levare la sferza e si contenta della caricatura. Ma per ben poco. La commedia riprende il suo corso. Ritorniamo all'ironia, alla festevole semplicità, per giungere a quella fine veramente classica; una di quelle fini che - ultima linea decisiva di un carattere - erano il segreto ineffabile di Molière e di Goldoni. Dopo anni e anni d'imbrogli e di parassitismo, il commendatore avvocato don Gennaro Gaudenzi - che non è commendatore e non è avvocato - quando sua figlia, a causa degli imbrogli e del parassitismo di lui, ha dovuto rinunziare al matrimonio con l'uomo che ama e decidersi ad accompagnare in una tournée artistica per l'Europa un celebre violinista polacco, quando vede sfuggirsi tutte le sue risorse, i suoi redditi, i suoi rampini per gl'imbrogli e i pretesti alle sue furfanterie, quando questa ultima débacle può dirsi imminente, allora il commendatore Gaudenzi, il parassita, non si rassegnerà a una vita nuova, morigerata e modesta; ma, come il lupo, con quel che segue - e specialmente i lupi di quel genere! - così egli andrà con sua figlia e col violinista, egli sarà il loro impresario: egli - naturalmente - li imbroglierà: egli classicamente - dopo essere stato il parassita di grandi e di meschini, di amici e di conoscenti, di parenti e di ignoti, sarà il parassita di sua figlia, di quella povera figliuola la cui felicità egli distrusse e rese impossibile con le losche mene delle sue geniali canaglierie! Questo - lo ripeto - mi pare un epilogo classico e da grande commedia. Camillo Antona-Traversi, con un ultimo andace e vigoroso colpo di stecca, mette in piedi, completa, la statua del parassita. Alcuni hanno trovato troppo scarsi gli esemplari di Parassiti che Camillo Antona-Traversi ci presenta. Costoro avrebbero ragione se l'autore della Rozeno avesse, con un semplice articolo, generalizzato l'intento della sua commedia. Se non che non I parassiti s'intitolano i quattro atti, ma semplicemente Parassiti. Come vedete, non esigua è la differenza. Non tutti i parassiti egli volle rappresentare ; ma solamente alcuni tipi di quella innumerevole razza. Non ripeterò ancora quanto egli sia riuscito nel suo scopo. Il commendator Gaudenzi è un carattere. Si potrà, dire - e non sembri esagerazione la mia - si potrà dire un Gaudenzi, come si dice un Mercadet, un Rabagas, un Desjenais, o un Monsieur Alphonse. Io credo che consentirete nel dire che, per un autore, questo è un invidiabile risultato. Gli attori diedero tutto il sussidio della loro arte alla bellissima commedia. Il magnifico Calabresi fu vero collaboratore di Camillo Antona-Traversi, interpretando perfettamente il perfetto personaggio, prestandogli quella vena di umorismo e di genialità che deve renderlo simpatico pur tra le sue birbonate. Claudio Leigheb fu un irresistibile Naldini, segretario particolare e ajutante di campo del Gaudenzi. Luigi Carini fu, secondo il solito, misurato, elegante, efficace, spontaneo. La signora Carini piena di passione o di ardore. E tutti, tutti quanti - meno, naturalmente, la signora Virginia Reiter che volle ostinatamente rifiutare alla commedia dell'esule amico nostro il sussidio della sua arte e del suo nome, non ritenendo forse degna la parte della sua interpretazione, accampandosi dietro il pretesto di quel phisique du rôle di cui, malauguratamente, gli attori non tengono alcun conto in altri casi, quando fa comodo a loro. Ma, del resto, la commedia di Camillo Antona-Traversi trionfa da sola delle ostilità grandi e piccole. Si svolse, s'impose, trionfò. Essa è il più recente frutto di un autore drammatico di altissimo ingegno, che molte opere di gran valore, come questa, dovrà dare al teatro italiano per molti anni ancora. Questo significavano a Camillo Antona-Traversi, lontano, le acclamazioni del pubblico di Roma , così restio all'applauso in generale. In una sua recentissima lettera, Camillo Antona-Traversi mi scriveva: «Tu non puoi imaginare quale raggio splendente di luce dopo tanta notte sia stato per me il successo: tu non puoi imaginare come ciò mi riconduca e mi risospinga, alla speranza, alla vita e al lavoro!». Con tutta l'anima, io auguro al lontano che questa speranza si realizzi, che la vita abbia ancora rose per lui e il lavoro frutti ancora opere d'arte come i Parassiti per il nostro orgoglio letterario e per il successo e la gioja del forte e irrequieto scrittore. LUCIO D'AMBRA .Gazzetta Letteraria, an. XXIII , n. 32 ; Milano-Torino , 12 agosto 1899.

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