Cuddu guardava con terrore il sole che abbassandosi verso le rocce di rimpetto, laggiù laggiù, rendeva prossima l'ora della partenza pel paese. Un gran sgomento lo invadeva. - Non lo farò più! Non lo farò più! - ripeteva mentalmente. E si rallegrava che i palombi selvatici non si accostassero al carrubo, quasi compare Nunzio dovesse decidersi per questo a passare un'altra nottata e un'altra giornata colà. I palombi invece, tornando in denso stormo da lontano, vennero poco dopo ad abbattersi sui rami frondosi, e il fucile a due canne tonò, colpendone quattro. Caddero, spandendo molte penne per l'aria, con gran soddisfazione di compare Nunzio che li raccolse. E, pesandoli a uno a uno con la mano destra prima di metterli nella rete della carniera, egli disse a Cuddu: - Questo, il più grosso, sarà per tua madre. Su, marcia! Come se con questa parola compare Nunzio gli avesse stroncato le famose gambe! Così a stento Cuddu lo seguiva per la salita, quantunque quegli lo avesse sbarazzato della carniera e della gabbiola del furetto. Quando apparvero sul colle le prime case di Ràbbato, suonava l'avemmaria. Cuddu faceva sforzi per non mettersi a piangere.
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