Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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MEMORIE DEL PRESBITERIO SCENE DI PROVINCIA

679348
Praga, Emilio 1 occorrenze
  • 1881
  • F. CASANOVA. LIBRAIO - EDITORE
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Era mio padre, che abbassandomisi all'orecchio e additando il centro del corteo mi diceva: - Guarda la faccia di Tonio! E infatti, Tonio era trasfigurato. Armeggiandosi tra la folla con una destrezza che nessuno gli aveva mai riconosciuto fino a quel giorno, gli occhi dilatati, intenti, assorti nella faccia della Madonna, egli andava avanti colla processione come se non toccasse coi piedi la terra, come se un nuovo spirito di vita agitasse il meccanismo del suo carcame, e l'idea, per la prima volta, avesse susurrato chi sa quali arcane sillabe all'animo suo. Le labbra del cretino erano agitate da un tremito convulso; pareva che dietro di esse una parola bussasse disperatamente perchè le venisse aperto! ... Io ricordo quella faccia, così che potrei, dopo tant'anni, riprodurla, se fossi pittore, colla fedeltà della fotografia. La moltitudine, tutta assorta nella imponenza dello spettacolo, non aveva badato alla trasformazione del povero scemo, e forse nemmeno la sua profana presenza in mezzo a quel lusso di stole, di cappe magne, di tricorni, di fiaccole e di stendardi incedenti nella mistica nube dell'incenso e al suono cadenzato delle liturgie. Ma il segrestano, una vecchia volpe bigotta, quando il meraviglioso quadro ebbe passata la soglia della chiesa parrocchiale, vi si piantò diritto davanti coll'asta dell'elemosina adagiata orizzontalmente sull'epa, e, a nome delle autorità civili ed ecclesiastiche, intimò a tutto quel formicaio di popolo che non si facesse un passo più in là; nel tempio non c'era posto che per gli invitati; se volevano veder la madonna a suo luogo, venissero l'indomani; ordine esplicito delle autorità costituite, imbandito da quell'onorevole funzionario, or colle buone or colle brutte, a seconda del caso. Ma Tonio voleva seguire la Madonna; implorava collo sguardo e coi gesti e colle labbra balbuzienti chi sa quale parole di supplica disperata. Il segrestano lo mandò a rotoli con un ceffone, tra le risate del publico. Venuta la sera, tornati alle loro case tutti quei più o meno devoti visitatori, ridivenuto deserto e tranquillo il villaggio, coricatosi il curato contento e ben pasciuto, il segrestano aveva dato di chiavistello a tutte le porte e porticine della chiesa, ne aveva visitati tutti gli angoli, ed era a sua volta andato a dormire ben pasciuto e contento. Quale fu la sua meraviglia quando il mattino seguente, accendendo le candele per la prima messa, inciampò in un corpo disteso per terra, ai piedi della Madonna nuova, e riconobbe Tonio e constatò che era morto! Alla notizia del caso, divulgatasi nel paese in un batter d'occhio, una vecchia aveva giurato sull'anima sua di aver udito uscir dalle labbra del povero scemo, mentre egli seguiva in quel tal modo la processione - queste parole indirizzate alla Madonna: «Ti voglio ... bene!» Sarebbero state le sue prime ed ultime parole ... Don Luigi non si mostrò scandolezzato del racconto. Il dottore continuò: - Chi poteva prevedere le precauzioni di tenerezza che occorrevano a Tonio? e se si fossero potute prevedere? - chi avrebbe voluto accordargliele? Intanto la prima immagine di donna che, per esser dipinta, non stornò da lui, con ribrezzo, gli sguardi lo uccise. - Ora facciamo, dissi con nuovo coraggio, facciamo il caso opposto. - Sicuro, riprese il dottore, supponiamo un carattere nobile, elevato, un uomo superiore. Ebbene, può darsi che egli abbia un'intima inclinazione a delle sregolatezze strane. Ciò succede spesso: Rousseau ha detto che egli sentiva in sè, allo stato potenziale tutti gli istinti del più scellerato malfattore: moltissimi uomini, e dei migliori, potrebbero farvi la medesima confessione. Questi istinti non si avvertono che quando una causa morbosa sopravviene a suscitarli, cioè quando è troppo tardi per correggerli. Torniamo al nostro esempio, facciamo le migliori ipotesi, ammettiamo che quell'uomo superiore preveda il pericolo - ma sarà egli in caso di scansarlo? le funzioni, le convenienze, gli obblighi del suo stato, un insuperabile pudore gli lascieranno la libertà di scegliere i rimedi e di usarne in tempo? Qui sta il punto. Il dottore s'interruppe; e mi parve di leggere nei suoi sguardi il rincrescimento di aver detto troppo. Cambiò discorso: parlò di Beppe. Il povero uomo, a quanto gli scrivevano, aveva mostrata una grande docilicità, ma era tutt'altro che rassegnato. Si manteneva cupo, chiuso nella sua pena come al primo giorno: adempiva il compito della sua nuova condizione, ma con un fare distratto, collo stupore di chi non vi si è ancora dimesticato. Gli avevano proposto di fargli venire i figlioli, - egli ricusava sempre dicendo che sarebbe andato lui a cercarli. - «Quando sarò tranquillo» aggiungeva. Aspettavano dunque che egli fosse tranquillo. Ma quel giorno non pareva vicino. - Lo stato di quell'uomo m'inquieta, disse il curato, siete sicuro che i vostri parenti riescano a trattenerlo? - Lo spero, rispose il dottore. L'ho tanto loro raccomandato che faranno tutto il possibile. - E pensare, soggiunse, che noi ci diamo tante brighe per la sicurezza di quel cialtrone del De Boni. È vero che non si tratta solo di lui: se mai, una lezione gli starebbe bene. - Dio non voglia, sclamò don Luigi un po' sgomento. - Non ha forse permesso il peccato? Però quel disgraziato di Bebbe potrebbe perdersi: e, v'assicuro che questo sarebbe il solo mio rincrescimento. Noi eravamo frattanto tornati in paese e passavamo giusto in quella davanti alla casa del mandriano. Sulla unica finestra del piano superiore notai gli steli disseccati di un garofano che penzolavano dall'orlo di una terrina rotta; - ricordo ed immagine della felicità di un tempo. Annottava. Non so se fosse per i discorsi del dottore o per la mia naturale tendenza ad attribuire sentimenti e pensieri alle cose inanimate; mi parve di intravvedere nell'aspetto squallido di quella casa abbandonata, chiusa, silenziosa, qualcosa di simile ad una minaccia e involontariamente alzai gli occhi alla casa del sindaco che si disegnava nel fondo sopra un cielo di lucida opale. Qualche passo più in là il curato ci lasciò per la solita visita che egli soleva fare prima di cena ai malati del villaggio. Salutò il dottore che voleva ad ogni costo tornare a Zugliano ed entrò in una porta dove un vecchierello lo attendeva come il vicario visibile della provvidenza. Il signor De Emma mi accompagnò fino al Presbiterio, dove aveva lasciato la sua cavalcatura. Allo sbocco della piazzetta c'imbattemmo in un giovine che scendeva dai monti con una scure in ispalla: il quale, appena ci vide, chinò il capo e accelerò il passo come volesse schivare il nostro incontro. Il signor De Emma gli diè una voce, e lo costrinse suo malgrado a fermarsi. Allora, sotto le rustiche spoglie del boscaiuolo, ravvisai con grande sorpresa il mio amico Aminta, che, dal giorno di quel nostro colloquio alla Cascata, non avevo più riveduto. - Che significa codesta novità? domandò il dottore. - È il signor Angelo che mi manda ai Roveretti a spaccar legna, rispose con amarezza e chinando gli occhi vergognoso. - Ma perchè? ... - Mi sono arrischiato a dirgli che avrei preferito un'altra professione a quella ecclesiastica, - egli è saltato su tutte le furie, mi ha strappato la mia veste e mi ha detto che ero un villano, e che villano dovevo essere. Balbettava, tremando, e pareva fosse sulle spine. Il dottore non lo trattenne di più. Aminta ci salutò in fretta e s'allontanò di corsa. Il suo terrore non era senza motivo: s'era appena allontanato che sbucò dalla farmacia la sinistra figura del sindaco, e passandoci innanzi ci diè una breve occhiata di traverso. Il signor De Emma corrugò la fronte e mormorò: - poveretto, egli fa una dura penitenza! povera Rosilde se la lo vedesse! e non poterlo soccorrere! maledetto sistema di spiritualistiche ipocrisie! Poi, accortosi ch'io lo guardavo con curiosa ansietà di penetrare le sue parole, tacque e s'avviò a capo chino. A me rimordeva d'essere la causa di quella nova testina. E mi persuasi come, il più dei casi, i consigli sia ottima cosa tenerli per sè. Anche in agosto, la sera, in montagna, un buon fuoco è sempre una gradita compagnia. Intirizzito dalla brezza pungente che s'era levata al cadere del sole, mi recai in cucina. Mansueta seduta davanti ai tizzoni rimondava delle patate per la minestra e intanto teneva d'occhio la pentola che brontolava in mezzo al camino. Ella non mostrava la sollecitudine dell'altre volte; una delle sue bravure era quella di levare la peluria tutta intera e di farla cadere a terra a spire come la scoria di un serpentello: ma quella sera la rompeva ad ogni momento e i pezzetti saltavano nel piattello, - s'interrompeva spesso e si poneva la mano sugli occhi come per tergere qualcosa che le facesse velo alla vista. Finalmente in uno di questi intervalli la pentola levato il bollore traboccò sulle brace che crepitarono e stridettero annerandosi quasi dalla vergogna dell'inaudita trascuranza di Mansueta. La buona vecchia non resse a tanta mortificazione: l'afflizione che l'accorava irruppe. Mi contò piangendo che aveva visto il nipote. - Povero ragazzo, mi si spezza il cuore vederlo così maltrattato, lui tanto buono e sommesso! Mi provai di consolarla: le dissi che Aminta sarebbe presto liberato di quella schiavitù di cani. - E volevo accennare alla sua età e al coraggio che con essa avrebbe acquistato. La buona donna mi fraintese, e oltrepassando il significato delle mie parole mi disse con rustica franchezza: - Liberato, oh sì ci vorrà ben altro! Quell'orso ha il cuoio duro: è tomo da campar cent'anni. - Oh, soggiunsi ridendo dell'equivoco, oh! se appena gliene capita il destro, colui ci facesse la grazia di accopparsi .... l'occasione sarebbe sempre ottima per tutti di perderlo .... Ma in ogni caso vostro nipote non dovrà mica aspettare quel giorno per scuotere il giogo. - E giusto io avrei certi progetti in cui voglio sentire il parere di Don Luigi. - No, saltò su a dire la donna, no, la non gliene parli per carità, egli non può senz'accorarsi sentirne a parlare; gli vuol tanto bene che il solo pensiero delle sue sofferenze lo fa piangere. In questi giorni è già sempre tanto tristo che non ha bisogno di nuovi dispiaceri. La non gli dica nulla; ci penseremo poi al povero Aminta; ora, poichè la Madonna ce l'ha mandato, faccia di tener allegro il mio padrone, di distrarlo. La buona fantesca nella sua idolatria pel padrone sapeva far tacere anche la voce della sua tenerezza quasi materna per Aminta, l'unica creatura della sua famiglia che le restasse al mondo. Quando intesimo il passo del curato, ella si scosse, si assicurò di aver gli occhi ben asciutti, prese il suo solito fare lesto e volonteroso e per tutta quella sera io contemplai con ammirazione que' suoi occhi affaticati e quel suo volto scarno sorridere mentre avrebbe pianto tanto volentieri. Non scorderò mai quelle sue rughe venerande, in cui non dirò come il secentista, che vi s'appiattassero gli amori, ma traspariva tanta e così limpida devozione, una bontà schietta, animosa! .... E anche Don Luigi, benchè avesse tanti motivi di tristezza, più assai e più gravi di quel ch'io potessi allora immaginarmi, si faceva una gran forza e conversava e mi parlava di me, delle cose mie dimenticando, nella premura di intrattenermi piacevolmente, sè stesso e le sue pene: tutto ciò senza sforzo per una volontaria e spontanea delicatezza. Invece io, il solo senza fastidi (allora non ne avevo), io spensierato, pareva il più cruccioso di tutti. Ammiravo come ho sempre ammirato senza poterlo imitare, quell'eroismo umile di tutte le ore che piglia la vita come vien viene, come una battaglia e la combatte valorosamente ad oltranza.

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