Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Malombra

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Fogazzaro, Antonio 1 occorrenze

Non abbassa la fiamma della vita? Ella mi darebbe dei cordiali se mi sentisse il sangue scorrer più lento; qualche sinistro alcool mascherato. Ma se io prendo invece gli spiriti vitali dei fiori, l'aria pura, la conversazione degli uomini sereni come il nostro amico Vezza, degli uomini esperti del dolore come Lei, chi vorrà cens urarmi? Ecco sciolto, signori, l'enigma di questo pranzo, e pranziamo. Lei qua, Vezza, presso a me; e Lei, dottore, lì, alla mia destra." Il pranzo incominciò. I commensali di donna Marina tacevano, gustavano appena delle vivande. Il commendatore deplorava in cuor suo che il pranzo finissimo, servito con eleganza squisita, tra i fiori, da una giovane e bella donna, gli fosse capitato in un momento disadatto e in circostanze tali da non poterlo affatto gustare né con il palato né con lo spirito. E accarezzava la sola idea piacevole che gli sorridesse in mente: raccontar la scena nei salotti di Milano, con arte, a cuore placido. Si guardava cautamente attorno, impar ava a memoria le dracene e le azalee, le cascate di cinerarie e di calceolarie, sbirciava il moire della sua vicina, e per quanto poteva, il giglio bianco nello scudo di velluto. Ma gli occhi curiosi dei fiori schierati sulle gradinate come in un teatro, gli dicevano che lo spettacolo non era finito. Il dottore studiava continuamente Marina, temendo qualche accesso come quello della sera precedente o della notte in cui era entrata la prima volta dal conte. Si teneva pronto, spiava, senza parere, ogni movimento di lei. Egli comprendeva solo adesso l'importanza attribuita da Marina a questo pranzo e si rimproverava di avervi acconsentito. Non poteva difendersi da tristi presentimenti. Il luogo così aperto sul cortile e sul lago gli metteva paura. E gli metteva paura il contegno sempre più inquieto di Mari na, che dopo un cucchiaio di zuppa non aveva mangiato punto. "Che silenzio" diss'ella finalmente. "Mi par d'essere fra le ombre. Somiglio a Proserpina?" "Oh!" rispose il commendatore storditamente. "Lei farebbe risuscitare i morti." Subito gli venne in mente l'uomo sfigurato che giaceva sotto un lenzuolo a pochi passi dalla loggia; gli corse un brivido nelle ossa. "Pure" replicò Marina "i miei ospiti sono lugubri come giudici infernali. Versatemi del Bordeaux" diss'ella al vecchio cameriere che serviva solo, più lugubre ancora dei convitati. "Anche a questi signori." Il cameriere obbedì. Devoto al povero conte da lui servito per ventidue anni, gli pareva d'essere alla tortura. Versava con mano tremante, facendo tintinnare il collo della bottiglia sull'orlo dei calici. "Vi prego di assaggiar questo vino" disse Marina. "Pensatelo, adesso. Non vi trovate un lontano sapore d'Acheronte?" Il commendatore alzò il calice, lo sperò, vi posò ancora le labbra e disse: "Ha qualche cosa d'insolito." "Supponga dunque, commendatore Radamanto" disse Marina con voce commossa, contraendo nervosamente gli angoli della bocca "che per certe mie ragioni io abbia pensato..." Si lasciò cadere sulla spalliera della poltrona, porgendo le labbra, facendo con la mano l'atto di chi butta via sdegnosamente una cosa spregevole. "Sa" diss'ella "questa vita è così vile! Supponga dunque ch'io abbia pensato di aprir la porta e uscire quando muore il sole, in mezzo ai fiori, portando meco alcuni amici di spirito pel caso che il viaggio fosse troppo lungo. Supponga che in quel Bordeaux..." Il Vezza trasalì, guardò il cameriere ritto presso la porta di sinistra, impassibile. "Oh!" esclamò Marina "come mi crede subito!" Si fe' versare dell'altro vino e si recò il calice alla bocca. "Sapore insolito?" diss'ella. "Se è puro, questo Bordeaux, come un'Ave Maria! È stato uno scherzo di Proserpina. - Bevete" proseguì concitata "cavalieri dalla triste figura. Provvedetevi di cuore e di spirito" Il dottore non bevve. Sentiva venire una tempesta. Il Vezza si accostò invece al consiglio di donna Marina e vuotò il suo bicchiere. "Bravo!" diss'ella facendosi pallida. "Si ispiri per una risposta difficile." "Di Proserpina in Sfinge, marchesina?" "In Sfinge, sì, e vicina a diventar di pietra o più fredda ancora! Ma che prima parlerà, dirà tutto. Dunque..." Ell'era andata diventando sempre più pallida. A questo punto un tremito di tutta la persona le spezzò la voce. I due uomini si alzarono in piedi. Ella strinse il coltello, ne ficcò rabbiosamente la punta nel tavolo. "Quieta, quieta" disse il medico pigliandole una mano gelata, piegandosi sopra di lei. Ella si era già vinta, respinse la mano del medico e si alzò. "Aria!" diss'ella. Passò con impeto fra il tavolo suo e quello del dottore, e si slanciò alla balaustrata verso il lago. Il dottore le fu addosso d'un salto per afferrarla, trattenerla. Ma ella si era già voltata e piantava in viso al Vezza due occhi scintillanti. "Dunque" esclamò affrettandosi di parlare, di far dimenticare un momento di debolezza "crede Lei che un'anima umana possa vivere sulla terra più di una volta?" E perché il Vezza, smarrito, sgomento, taceva, gli gridò: "Risponda!" "Ma no, ma no!" diss'egli. "Sì, invece! Lo può!" Nessuno fiatò. Il giardiniere, il cuoco, Fanny, avvertiti dal cameriere, salirono frettolosi le scale per venire ad origliare, a spiare. Il vento era caduto; le onde lente sussurravano a piè dei muri: "Udite! udite!". E nel silenzio vibrò da capo la voce di Marina. "Sessant'anni or sono, il padre di quel morto là" (ell'appuntò l'indice all'ala del Palazzo) "ha chiuso qui dentro come un lupo idrofobo la sua prima moglie, l'ha fatta morire fibra a fibra. Questa donna è tornata dal sepolcro a vendicarsi della maledetta razza che ha comandato qui fino a stanotte!" Teneva gli occhi fissi sulla porta a destra, ch'era aperta perché avean disposto la credenza nella sala vicina. "Marchesina!" le disse il dottore con accento di blando rimprovero. "Ma no! Perché dice queste cose?" In pari tempo le pigliò il braccio sinistro con la sua mano di ferro. "Là c'è gente!" gridò Marina. "Avanti, avanti tutti." Fanny e gli altri fuggirono, per tornar poi subito in punta di piedi a spiare, nascondendosi da lei. Silla venne sulla porla del salotto. Di là non poteva veder Marina, ma la intendeva benissimo. Adesso diceva: "Avanti! egli non viene perché la sa la storia. Ma non la sa tutta, non la sa tutta; bisogna che gli racconti la fine. Tornata dal sepolcro, e questo è il mio banchetto di vittoria!" La voce, subitamente, le si affiochì. Ell'abbracciò la colonna presso cui stava, vi appoggiò la fronte scotendola con veemenza come se volesse cacciarvela dentro, mise un lungo gemito rauco, appassionato, da far gelare il sangue a chi l'udiva. "L'infermiera, la donna di stanotte!" disse forte il medico verso la porta, e si voltò poi a Marina, di cui teneva sempre il braccio. "Andiamo, marchesina" diss'egli dolcemente "ha ragione, ma sia buona, venga via, non dica queste cose che le fanno male." Ell'alzò il viso, si ravviò con la destra i capelli arruffati sulla fronte, trapassando ancora con l'occhio avido la porta e la sala semioscura. Sul suo petto ansante il giglio scendeva e saliva, pareva lottar per aprirsi. La moglie del giardiniere si affacciò alla porta. Ella le accennò violentemente, con il braccio libero, di farsi da banda, e disse al medico parlando più con un gesto che con la voce: "Sì, andiamo via, andiamo nel salotto." "E nella Sua camera non sarebbe meglio?" "No, no, nel salotto. Ma mi lasci!" Ella disse quest'ultime parole in atto così dignitoso e fiero che il dottore obbedì, e si accontentò di seguirla. A lui premeva sopra tutto, in quel momento, allontanarla dalla balaustrata. Marina s'incamminò lentamente, tenendo la mano destra nella tasca dell'abito. Il Vezza e il cameriere la guardarono passare, allibiti. Il dottore che la seguiva, si fermò un momento per dar un ordine all'infermiera. Intanto Marina arrivò alla porta. Fanny, il cuoco e il giardiniere s'erano tirati da banda per lasciarla passare senza esserne visti. In sala le imposte erano chiuse a mezzo e le tende calate. Silla stava sulla soglia del salotto. Vide Marina venire ed ebbe un momento d'incertezza. Non sapeva se farsi avanti o da parte o ritirarsi nel salotto. Ella fece due passi rapidi verso di lui, disse "Oh, buon viaggio" e alzò la mano destra. Un colpo di pistola brillò e tuonò. Silla cadde. Fanny scappò urlando, il dottore saltò in sala, gridò agli uomini - tenerla! - e si precipitò sul caduto. Il Vezza, il cameriere, l'altra donna corsero dentro gridando a veder chi fosse. Il giardiniere e il cuoco vocifera vano, si eccitavano l'un l'altro a trattener Marina, che voltasi indietro, passò in mezzo a tutti, con la pistola fumante in pugno, senza che alcuno osasse toccarle un dito, attraversò la loggia, ne uscì per la porta opposta, la chiuse a chiave dietro di sé. Tutto questo accadde in meno di due minuti. Il giardiniere e il cameriere, vergognandosi di sé irruppero sulla porta, la sfondarono a colpi di spalla. Il corridoio era vuoto. Si fermarono incerti, aspettando un colpo, una palla nel petto, forse. "Avanti, vili!" urlò il dottore slanciandosi in mezzo ad essi. Si fermò nel corridoio, stette in orecchi. Nessun rumore. "Fermi lì, voi" diss'egli e saltò nella camera del conte. Vuota. Le candele vi ardevano quiete. Entrarono, egli nella camera da letto, gli altri due in quella dello stipo. Vuote. Il dottore si cacciò le mani nei capelli, esclamò rabbiosamente: "Maledetti vili!" "In biblioteca!" disse il giardiniere. Saltarono giù per le scale, il dottore primo. Toccato il corridoio, udì un urlìo, distinse la voce del commendatore che gridava: "La barca! la barca!" Corse in loggia, s'affacciò al lago. Marina, sola nella lancia, passava lì sotto, pigliava il lago piegando a levante. Sul sedile di poppa si vedeva la pistola. "Al battello!" disse il dottore. Il Vezza gli gridò dietro: "Per la scaletta segreta!" Scesero per la scaletta segreta. Il dottore cadde e ruzzolò sino al fondo; ma fu tosto in piedi, a tempo di udire una imprecazione del giardiniere che si fermò di botto sulla scala. "Il battello non c'è" diss'egli. "L'ha mandato via col Rico prima di pranzo." "Sarà tornato!" disse il dottore e spinse palpitando l'uscio della darsena. Vuota. Le catene del battello e della lancia pendevano sull'acqua. Fu per stramazzare a terra. Lì vicino, lo sapeva bene, non vi erano altre barche. "Giardiniere!" diss'egli. "Al paese! Una barca e degli uomini." Il giardiniere sparve per la porticina del cortile. "Dio, Dio, Dio!" esclamò il dottore alzando le braccia. Gli altri continuavano a gridare dalla loggia "Presto! Presto!" Ed ecco il giardiniere tornare di corsa. "Occorre anche il prete?" diss'egli. Il dottore gli mise i pugni al viso. "Stupido, non vedi che sono venuto via io?" Colui non capì bene, ma tornò via, e il dottore corse di sopra. Una finestra dell'ultimo piano si aperse, una voce debole domandò: "Cosa c'è? Cos'è accaduto?" Era la Giovanna. Qualcuno rispose dal cortile: "È succeduto che hanno ammazzato il signor Silla." "Oh Madonna Santa!" diss'ella. Si udì il giardiniere gridare da lontano. Altre voci gli rispondevano. Il passo d'un contadino che scendeva a salti suonò sulla scalinata; lo seguì un altro. Venivan curiosi, avvertiti da una scintilla elettrica. Il padrone era morto; entrarono in casa arditamente. De' ragazzi passarono il cancello del cortile, scivolarono in casa essi pure, saliron le scale. Volevano entrare nel salotto, sapevano che l'uomo era là. Ne uscì il dottore entratovi un momento prima. "Via" diss'egli con voce terribile. I ragazzi fuggirono. Quegli parlò a qualcuno ch'era rimasto dentro. "Fino a che non venga il pretore, nessuno!" Poi chiuse l'uscio. Il Vezza e gli altri si strinsero attorno affannati. "Euh?" diss'egli. "Non ve l'ho detto prima? Passato il cuore." Una finestra della sala era stata spalancata. Egli vi accorse e dietro a lui, in silenzio angoscioso, tutti: il Vezza, la gente di servizio, i due contadini. Fu aperta anche l'altra finestra. Saetta era già lontana a capo d'una lunga scia obliqua sul lago quasi tranquillo. Marina si vedeva bene, si vedeva l'interrotto luccicar dei remi. Il Vezza, ch'era miope, disse: "È ferma." Intatti non pareva avanzasse. "No, no" risposero gli altri. Uno dei contadini, soldato in congedo, ch'era salito sopra una sedia per veder meglio, disse: "Con una carabina la butterei giù." Fanny andò via singhiozzando, poi tornò a guardare. "Ma, per Dio, dove va?" esclamò il dottore. Nessuno rispose. Un minuto dopo, il contadino ch'era in piedi sulla sedia, disse: "Va in Val Malombra. È dritta in mira alla valle." Fanny ricominciò a strillare. Il dottore l'abbrancò per un braccio, la trascinò via e le impose di star zitta. "Perché in Val Malombra?" diss'egli. "C'è un sentiero che passa la montagna" rispose l'altro "e mena poi giù sulla strada grossa." "Non si può prenderlo quel sentiero dalla riva di Val Malombra" osservò il secondo contadino. "Si può sì. Basta andar su al Pozzo dell'Acquafonda. È un affare di cinque minuti." "Eccoli!" gridò la moglie del giardiniere. Un battello a quattro remi usciva rapidamente dal seno di R... per gettarsi di fianco sulla lancia. Il dottore si accostò le palme alla bocca, urlò a quella volta: "Presto!" "La prenderanno?" chiese il commendatore. "In acqua, no" si rispose. "La lancia in quattro colpi è a terra: per quelli là ci vogliono dieci minuti." Saetta si avvicinava al piccolo golfo scuro di Val Malombra. Il battello era in faccia al Palazzo. Ad un tratto due uomini lasciarono i remi e saltarono di prora gridando, non s'intendeva che. "Una barca!" esclamò il dottore. "Ferma!" urlò con quanto fiato aveva. "Ferma la lancia!" Poi si volse ai due contadini. "È il pretore. In fondo al giardino voialtri! E gridate!" Urlò ancora, spiccando le sillabe: "Assassinio! Ferma la lancia!" Infatti un'altra barca veniva da levante verso il Palazzo, passava allora a un tiro di fucile da Saetta. Malgrado il vociar disperato dal battello e dal Palazzo, quella barca seguiva sempre, tranquillamente, la sua via. "Non sentono" disse il dottore. "Gridate tutti, per Dio!" Egli stesso fece uno sforzo supremo. Il Vezza, i domestici, le donne gridarono con voce strozzata, impotente: "Ferma la lancia!" La barca veniva sempre avanti. Saetta scomparve.

LEGGENDE NAPOLETANE

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Serao, Matilde 1 occorrenze

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