Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbarbaglianti

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Contessa Lara (Evelina Cattermole)

219870
Storie d'amore e di dolore 1 occorrenze
  • 1893
  • Casa editrice Galli
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Erano ormai parecchi giorni da che suor Istituta vegliava a quel capezzale, udendo a tratto a tratto la bella voce vibrata e profonda dell'ufficiale favellar di cose a lei affatto sconosciute: certe cose che le mettevano strani fremiti nelle membra verginali e abbarbaglianti miraggi negli occhi bassi. Remoti orizzonti le si schiudevan dinanzi nelle frasi sconnesse, ma singolarmente colorite di lui, dalle cui labbra ella pendeva a un tempo estatica e sgomenta. Egli ricordava dèi d'oro e d'argento con lunghe corna e innumerevoli braccia; giardini dove le piante avean forme di belve dagli occhi di porcellana enormi e rotondi: gli occhi di queste bestie vegetali buttavan fuoco; le braccia di questi spaventevoli idoli s'agitavano minacciose nel vuoto; e femmine vestite di bianco e di scarlatto, e sacerdoti gialli, con abiti disegnati a draghi, con lunghi i capelli come code di cavalli, danzavan lenti, al ritmo di musiche vaghe, tristi, insistenti, un ballo grave e monotono.... Chi potevano essere quegli dèi? Spiriti infernali, di sicuro; e suor Istituta, vie più stringeva fra le dita convulse gli acini della sua corona, con un senso di superstiziosa paura, affrettandosi a balbettar avemarie, quasi scongiuri contro il demonio, che parea la tentasse; e si raccomandava, si raccomandava a tutti i santi piu potenti del paradiso cristiano, a fine d'esser liberata dalle immagini mostruose e curiose che ormai le s'affacciavano notte e giorno al pensiero. Viveva così tranquilla prima, nella cerchia semplice e ristretta delle idee e de' sentimenti che l'avevan consacrata a Dio! Rivolta in disparte, per non farsi vedere, si faceva ogni momento de' piccoli e rapidi segni di croce, per cacciare via le visioni malsane. Invano! E più d'ogni immagine favolosa e ignota, s'affacciava al pensiero della suora la fìgura d'una donna, giovane al pari di lei, ma da lei quanto dissimile! Quella era elegante e bionda, ora tutta sorriso, ora tutta fierezza; il suo corpo carnoso, ma snello, modellavasi come in un guanto nel bruno abito d'amazzone, o s'avvolgeva tra stoffe vaporose, scintillanti di gioielli, in una regale acconciatura da festa. È vero che in realtà la seducente forma muliebre, ritratta con le piu poetiche tinte dall'appassionato delirante, non aveva mai posato il piccolo piede entro quella misera camera ingombra di medicinali e di perfidi miasmi; ma in tanto la monaca sentiva quegli occhi d'una tinta ignota frugar lì dentro in ogni angolo, veder tutto, vegliar lui, accarezzarlo... Accanto alla finestra che metteva su 'l giardino, dinanzi allo specchio dell'armadio, su la stessa poltrona bassa e nascosta dov'ella pregava e sognava, dovunque; ma, più che in ogni altro luogo, a quel capezzale, la bella figura delineavasi svelta, nitida, corporea, sa Dio solo se diabolica o celestiale; s'affacciava, si sedeva, ammicava, imponevasi, impossibile a eliminarsi, a scacciarsi: come la fatalità. Una notte la febbre ascese a quarantun grado. Il medico se n'era andato scrollando il capo, come chi ormai si rassegna a non più lottare con una forza invincibile; e uscendo aveva pronunziata la solita frase sacramentale, il più oscuro de' responsi sfingeschi della scienza: — Fin che c'è fiato, c'è speranza — la qual cosa vale a significare, per le persone assistenti un malato grave, che in vece non c'è proprio più nè speranza, nè fiato. Il paziente giaceva supino, immobile, come nello stupore della morte. La cornice nerastra degli occhi e della bocca gli s'era ancora allargata, prendendo una tinta intensa di fumo; non si lagnava più, tanta era la forza depressiva del male, nè più inghiottiva: e ogni cucchiaio di liquido ghiaccio o di vin generoso, messogli fra le labbra dall'ordinanza, gli colava da un angolo della bocca su la guancia, e andava giù a bagnar il cuscino. Ritta in mezzo alla camera, con le mani giunte e le dita intrecciate, suor Istituta era rimasta come pietrificata. Dal piccolo giardino veniva per la finestra socchiusa un'aria afosa e snervante; s'udiva a tratti un lieve rumore indistinto fra i rami: una voce incolta, ma penetrante, di donna canticchiava in un casamento vicino una nannananna con note lente e tenute. Suor Istituta si scosse, come còlta da una ispirazione. - Facciamogli fare un bagno! - diss'ella al soldato. Il marinaro la fissò con l'incertezza d'un fanciullo che non sa s'ei faccia bene o male a dir di sì. Ella riprese: - Forse si potrà salvarlo. Allora tutti e due corsero di là dalla signora Carmela, a prendere una grande tinozza di zinco, in disuso da un pezzo, e la trascinarono nella stanza del malato, senza che questi mostrasse d'avvedersi di nulla; poi, mentre un immenso paiuolo d'acqua si scaldava al camino, que' due cominciarono un rapido andirivieni in punta de' piedi, per trasportare dalla cucina alla camera l'acqua fresca che bisognava aggiungere all'acqua bollente, in secchie, in brocche, in pentole, in quanti recipienti, anche più piccoli, venivan loro sotto le mani. Per quanto suor Istituta abbadasse a versarsi a dosso meno acqua che poteva, a poco a poco la sua gonnelluccia azzurro cupa fu intrisa, e le s'appiccicava dinanzi modellandole le curve delle gambe sotto le fitte pieghe della cotonina, come si modellano perfettamente, anche sotto il soverchio drappeggio, le forme di certe statue della decadenza romana. Ma ella non sentiva nè impaccio delle sottane fradice, nè il brivido che mette nelle ossa l'umidità dei panni. Quando il bagno fu pronto, la suora e l'ordinanza sollevarono adagio adagio dal letto, dove giaceva sprofondato, il povero ufficiale che, quasi fuori de' sensi, abbandonavasi, dinoccolato e plumbeo come un cadavere. Era interamente nudo. Le linee di quel corpo, mirabili quando era sano e nella sua piena vigoria giovenile, s'erano a punti smarrite, per lo smagrimento cagionato dalle sofferenze; le clavicole, le costole, i fianchi, le tibie emergevano disegnando l'ossatura sotto l'epidermide d'un candor giallognolo di cera, picchiolata qua e là di chiazzette rosse; ma l'emaciata bellezza di quelle forme ricordava qualche stupendo crocifisso d'avorio del cinquecento. Suor Istituta, come inconscia delle nudità virili che stringeva fra le braccia, sforzando i propri muscoli quasi che fossero d'acciaio, giunse, col valido aiuto del soldato, cui dava ogni tanto un ordine breve, un consiglio sottovoce, a deporre l'infermo nell'acqua; e soltanto quando gli ebbe adagiata la testa cadente sur un cuscino appeso da capo alla tinozza, pensò a tirare a sè un asciugamano buttato lì accosto sopra una sedia e, pudicamente, come una delle tre donne del Calvario, l'appuntò sui fianchi del giovane; poi s'inginocchiò vicino a lui, e tenendo la propria mano nel bagno, ne regolava i gradi del calore. Egli, appena immerso lì dentro, si sentì correre un fremito dai capelli ai piedi; aprì gli occhi semispenti, già vischiosi, e guardò attorno come trasognato. — Si sente meglio? — chiese la monaca, piegandosi verso di lui con pietosa sollecitudine. L'ombra d'un sorriso parve sfiorar le labbra nere dell'infelice; un «sì» più debole d'un respiro gli alitò su la bocca.... In tanto, la febbre era scemata come per incantesimo, e anche un po' di forza sembrava tornar nelle membra all'infermo, avvivato da sempre piu frequenti sorsi di marsala. Quando di lì a due ore il medico, tolto di sotto l'ascella il termometro, constatò ch'esso segnava appena 38 gradi, stropicciò con un lembo del fazzoletto il vetro dello strumento, poi il vetro degli occhiali, perchè il brav'uomo non credeva a sè stesso. Allora suor Istituta, con la sua vocina da preghiera, tranquilla e cadenzata, raccontò per filo e per segno l'operazione del bagno al professore, concludendo col dire: — È stato un miracolo. — L'uomo della scienza tornò a esaminare l'epidermide dell'ufficiale; ascoltò la respirazione di lui, un po' grossa, ma regolare; e dopo ch'ebbe scritta qualche altra ricetta, che l'ordinanza corse subito a spedire in farmacia, sentenziò: — L'avevo detto... Fin che c'è fIato c'è speranza. Non sarà male ripetere qualche bagno... Sì, sì, lo ripetano pure... —

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