La sola disponibilità dei parenti entro il quarto grado a prendersi cura del minore non esclude la declaratoria dello stato di abbandono
La sentenza in commento, attraverso una precisa indagine delle circostanze di fatto, ribadisce, condivisibilmente, la centralità dell'interesse del minore nel giudizio relativo alla declaratoria dello stato di abbandono. Non è sufficiente che il minore, trascurato dai genitori, possa godere dell'apporto sostitutivo dei nonni per escludere lo stato di abbandono se quest'ultimi non siano in grado di offrire cure materiali e morali idonee ad assicurare l'interesse del bambino. La dichiarazione dello stato di adottabilità, dunque, non trova ostacolo nel riconoscimento del diritto del minore di essere educato nell'ambito della famiglia d'origine, atteso che, l'art. 1, l. n. 184 del 1983, esprime unicamente una scelta preferenziale che può essere sacrificata qualora le circostanze di fatto palesino una inadeguatezza del nucleo familiare a garantire al minore uno sviluppo armonico ed equilibrato nel suo naturale processo di crescita.
In particolare, il Tribunale per i minorenni di Roma, ritenuto che tale ipotesi di adozione prescinda dallo stato di abbandono del minore, dispone l'adozione della fanciulla in favore della convivente della madre, valutata la rispondenza di tale scelta al preminente interesse del minore. Infatti, non sussistendo certezze scientifiche sulla incapacità dei genitori omosessuali nell'accudire i minori, i giudici ritengono che la valutazione del preminente interesse del minore debba essere svolta in concreto, sulla base degli elementi di fatto attestanti i rapporti affettivi tra la minore e l'adottante e le capacità educative di quest'ultima, senza che possa avere alcun rilievo il suo orientamento sessuale.
Successivamente ad una breve analisi sugli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali circa lo "stato di abbandono", presupposto necessario ai fini della dichiarazione di adottabilità di un minore, l'A. trae spunto dalla recente decisione della Suprema Corte per esaminare il rapporto tra l'accertabilità della situazione di abbandono e la posizione dei parenti prossimi del minore, delineando quali requisiti debbano sussistere affinché il giudice debba dichiarare lo stato di adottabilità, nonostante la presenza di tali parenti e la loro disponibilità all'affidamento.
La Suprema Corte aveva rigettato la richiesta di due coniugi italiani di ottenere il riconoscimento del rapporto di filiazione con un minore, nato in Ucraina da madre surrogata, privo di qualsivoglia legame genetico con i ricorrenti, e ritenuto consequenzialmente legittima la declaratoria dello stato di abbandono nonché l'allontanamento del fanciullo dal nucleo familiare. Lo snodo fondamentale della decisione di Strasburgo consta proprio nell'aver accertato l'esistenza di una "vita familiare" "de facto", suscettibile di tutela ex art. 8 Cedu, a prescindere da qualsivoglia legame genetico tra il minore e la coppia di committenti nonché a prescindere dalla durata della convivenza: ciò che rileva è soltanto che i coniugi hanno trascorso con il minore le prime tappe importanti della sua giovane vita. In conclusione questa pronuncia si colloca nel solco di quella giurisprudenza "pionieristica" che, partendo dal dato sociale, registra un'importante trasformazione nel concetto giuridico di "vita familiare" tutelabile ex art. 8 Cedu: una nozione che si arricchisce di contenuti inediti, svincolandosi dall'indefettibilità del legame genetico tra genitori e figli.
L'altro rilevante mutamento riguarda il definitivo abbandono della potestà, sostituita dalla responsabilità genitoriale, espressione che intende sottolineare il passaggio da una prospettiva incentrata sui poteri dei genitori e sulla soggezione del figlio a quella in cui predomina il dovere di cura volto all'attuazione dell'interesse del figlio. Nonostante la recente riforma, già si affacciano nuovi scenari, specie con riferimento alla c.d. omogenitorialità, che si impone all'attenzione della giurisprudenza e del legislatore.
L'A. ritiene che la fattispecie di adozione di cui all'art. 44, lett. d) non possa prescindere dalla condizione di abbandono (o di semiabbandono) del minore, intesa come mancanza di figure genitoriali idonee. L'adottabilità del figlio minorenne da parte del partner o dell'altra persona dell'unione richiederebbe pertanto un intervento legislativo che modifichi in senso estensivo l'ipotesi di cui alla lett. b) dell'art. 44, od in alternativa l'intervento della Consulta. La modifica in tal senso della disciplina dell'adozione richiederebbe però anche un intervento del legislatore sulla disciplina della maternità surrogata,potendo talvolta l'adozione in casi particolari costituire i segmento conclusivo di un procedimento di procreazione eseguito ad opera di terza persona su ordine dell'adottante stesso e del proprio partner o coniuge.