Il progressivo abbandono della rigida impostazione regressiva nei confronti del consumo di alcol contenuta in alcune norme del Testo unico di pubblica sicurezza, ha spinto sempre più lo sviluppo del settore nell'alveo della disciplina commerciale. Da qualche tempo a questa parte, con l'aumento dell'attenzione sulla sicurezza stradale e sulla tutela della salute, il legislatore è tornato a privilegiare scelte atte a scoraggiare l'abuso di alcolici, anche se in questo percorso, come si vedrà nell'analisi delle disposizioni contenute nella Legge comunitaria 2008, non sono mancate deviazioni e retromarce.
Il contributo è volto a valutare se la società di trasformazione urbana possa essere lo strumento giuridico idoneo a valorizzare peculiari aree territoriali, rappresentate dagli antichi borghi, tipici dell'entroterra di molte realtà regionali, nei quali il degrado è soprattutto ingenerato dall'alto tasso di abbandono da parte degli stessi proprietari. Si sono intese, inoltre, approfondire le interrelazioni tra la disciplina speciale, afferente la società di trasformazione, e la problematica più generale dell'affidamento di contratti pubblici alle società miste, stante la recente evoluzione che sta investendo quest'ultimo istituto.
La decisione segna in tal modo il definitivo - e "storico" - abbandono del vecchio criterio del luogo di diffusione della notizia diffamatoria, dettando un criterio unitario assai più idoneo ad assicurare anche sul piano processuale la tutela del diffamato "soggetto debole".
Stato di abbandono del minore: una nozione da rimeditare?
., prendendo spunto dalla sentenza della Suprema Corte che analizza il profilo della idoneità dei parenti tenuti a prendersi cura del minore ai sensi dell'art. 8 l. 184/1983 modificato dalla l. 149/2001, approfondisce anche altre tematiche quale quella dei presupposti oggettivi e soggettivi per la dichiarazione di stato di abbandono e quella molto attuale del semiabbandono permanente e altre situazioni incerte.
Attraverso tale circolare, infatti, l'Agenzia ha invitato gli uffici periferici a riesaminare, in virtù del nuovo quadro normativo, il contenzioso pendente in materia e, se del caso, a provvedere al relativo abbandono. Trova, dunque, conferma l'indirizzo interpretativo che si era andato sviluppando nella giurisprudenza di merito e in dottrina, basato sulla particolare natura giuridica dell'autorità portuale come ente pubblico non economico e sul carattere pubblicistico dell'atto di concessione demaniale.
Abbandono di rifiuti e responsabilità del proprietario
In tema di responsabilità del proprietario per abbandono di rifiuti permane il contrasto tra l'orientamento consolidato della giurisprudenza e l'esperienza applicativa della P.A. Una sia pur non esaustiva rassegna della giurisprudenza in tema di individuazione del destinatario degli obblighi di rimozione e ripristino, conseguenti alla violazione del divieto di abbandono di rifiuti, ha evidenziato alcuni spunti ricostruttivi della posizione, in termini di responsabilità, del proprietario (ovvero del titolare di diritti reali o personali di godimento) rispetto alla violazione del divieto di cui all'art. 192 del d.lgs. n. 152/2006.
In particolare, ci si sofferma sulla condizione di coloro che si trovano in stato vegetativo; sempre attraverso l'analisi dei documenti si mostra come, a partire dallo SV, si stia eliminando proprio il parametro oggettivo della proporzionalità a favore di criteri soggettivi che, progressivamente, aprono ad un abbandono terapeutico ed assistenziale anche di molte persone con patologie neurodegenerative o psicologiche. L'articolo si conclude mostrando come, dietro l'apparente privatezza di alcune decisioni, si celi invece una profonda questione di giustizia messa alla prova proprio dalle situazioni di disabilità più estrema.
Premesso brevemente il quadro normativo di riferimento, anche attraverso il raffronto tra la disciplina vigente e quella abrogata, il commento analizza la pronuncia con cui i Giudici di Palazzo Spada - mediante un'attenta ricostruzione esegetica della normativa, finalizzata a chiarire l'intento del legislatore - negano la possibilità di configurare una responsabilità di tipo oggettivo in capo al proprietario del fondo, sulla base della mera titolarità del diritto. Si osserva, infatti, come la responsabilità del proprietario, o comunque del soggetto che ha la disponibilità materiale del terreno, non possa sorgere da un'obbligazione propter rem, legata alla sua qualità di proprietario, ma debba basarsi necessariamente sull'accertamento dell'elemento soggettivo della fattispecie, la cui sussistenza va dimostrata dall'Amministrazione procedente sulla base di un'accurata istruttoria. Come si avrà modo di sottolineare, il legislatore ha voluto seguire tale impostazione in ossequio al principio comunitario "chi inquina paga", posto alla base non solo della normativa in tema di rifiuti, ma più in generale dell'intera disciplina in materia di tutela ambientale, salva la previsione di deroghe eccezionali, opportunamente individuate e confinate entro limiti ben precisi. Al contrario, nonostante l'orientamento prevalente della giurisprudenza neghi la configurabilità di una responsabilità oggettiva per fatto altrui, troppo frequentemente le amministrazioni locali rivolgono l'ordine di sgombero indiscriminatamente al proprietario del fondo, quando non sia possibile identificare l'autore materiale dell'illecito, laddove sarebbe invece necessario condurre un'adeguata indagine sulla sussistenza di elementi validi a fungere da parametri per accertare il dolo o quantomeno la colpa del proprietario, il quale altrimenti viene di fatto onerato ingiustamente degli obblighi di sgombero e smaltimento dei rifiuti che ignoti hanno abbandonato sul suo terreno.
La privatizzazione va, quindi, correttamente intesa non come abbandono del settore da parte del c.d. pubblico, bensì come statuizione per quest'ultimo dell'obbligo di indire le gare. Il principale motivo di preoccupazione in ordine al nuovo assetto va rinvenuto nella debolezza della regolazione, che appare più concentrata sulla fase ex ante, che non sulle possibili vicende degli affidamenti. In conclusione, i recenti interventi del legislatore sembrano caratterizzarsi come l'ennesima tappa di un percorso normativo che rimane confuso, ed incapace di affrontare e risolvere i veri problemi che affliggono il settore e che frenano lo sviluppo.
Sulla base di questo principio, dopo una sintetica premessa sul concetto di frazione, l'articolo analizza il problema delle località abitate montane in relazione alla legislazione statale e regionale nel quale emerge, a fronte di uno sviluppo demografico dei centri abitati più importanti, un rilevante fenomeno di abbandono dei nuclei abitati e dei centri abitati più piccoli. L'analisi pone degli interrogativi sulle strategie di intervento a favore delle aree montane che possano considerare i fenomeni di abbandono di queste piccole località montane abitate.