Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonava

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Angiola Maria

206983
Carcano, Giulio 6 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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E Maria anch' essa, direi quasi, consapevole appena della vita, s' abbandonava alla malia di un sentimento che presto c' incatena, quando ci vediamo accarezzati, amati. Ma il soggiorno della città e le abitudini del mondo signorile dovevano presto rivelarle il vero, e farle sentire il molto amaro ond' era mista la poca gioia da lei gustata per breve stagione. Non andò gran tempo che gl' inviti a splendidi festini, a nobili brigate, le visite fatte e ricevute, secondo la legge d' una schizzinosa cerimonia, e i circoli de' forestieri divezzarono lord Leslie dalla solitudine a cui pareva essersi condannato. Le buone novelle politiche, venute dallo straniero, l' avevano riconciliato con le speranze d'una volta; frequentava le più illustri case, conduceva sempre con sè le figliuole, e voleva che Arnoldo le accompagnasse. Nel cuore dell' inverno, le armonie de' nostri teatri e l' allegria delle veglie e de' balli chiamarono ad altri pensieri, ad altre premure le due giovinette; le quali prima avevano menata vita troppo modesta e casalinga per non piacersi, come suole avvenire, di que' variati sollazzi che per esse avevano ancora la seducente lusinga della novità. Intanto Maria, in tutto quel tempo, e furono due lunghi mesi, visse quasi sempre abbandonata e solitaria, in mezze al tumulto della città, fra il continuo udir ricordare le feste del dì passato e il vedere gli altri apparecchiarsi a' piaceri del domani, feste e piaceri che non erano per lei! E quante volte desiderò di trovarsi a casa sua, al fianco di sua madre, accanto al suo arcolaio; e sentiva un accoramento di vedersi così negletta, e divorava in segreto le lagrime dell'amore e dell' abbandono! Quando rimaneva in casa, in quelle lunghe sere invernali che sembrano eterne a chi, nella solitudine, ha de' dolori a cui meditare; quando altro non le giungeva all' orecchio fuor del lontano mormorare, ch'è l' indizio della vita notturna d' una città, e pensava che nessuno poneva mente allo sfogo del suo dolore; allora, dopo aver tentato inutilmente d' occuparsi in una o in altra cosa, per disviar gli assidui pensieri che aveva in cuore, rimembrava la pace che non doveva trovar mai più, cercava di persuadersi della stoltezza di quell' amore che l'aveva fatta smarrire, e degli anni inutili, desolati, che ormai le restavano a passare. Nelle prove del dolore la sua anima confidente e pura aveva trovato la forza di conoscer In vita e la funesta sua realtà; poichè pare, pur troppo, che la conquista d'una ferma ragione debba valere il prezzo dell' innocenza e del disinganno : così bisogna che l' albero perda i suoi fiori, perché si fecondi il frutto. Maria, la quale non aveva veduto il mondo, non aveva trovato sul suo cammino se non persone amiche e liete di poterla amare, Maria, in quell' ore di solitaria tristezza, divenne una creatura nuova. Allora la vita, che un tempo si dipingeva dinanzi a lei così serena e bella, spogliavasi di tutta la sua magia; anch' essa la timida fanciulla provava in cuore una pena ignota, muta, indistinta, poi la puntura segreta del primo rimorso; anch' essa aveva una parola, un' acerba parola per domandare al Signore con che ragione l' avesse resa infelice! E non le parevano più cosa impossibile la malizia degli uomini e la fortuna de' cattivi; per la prima volta, l'amaro sorriso dell' odio aveva sfiorato la sua bocca; ella pure sentiva dentro di sè una forza intima, potente, la forza di disprezzare chi le aveva fatto del male. In que' momenti angosciosi, si metteva a scrivere al fratello lunghe lettere, nelle quali versava tutta l' amarezza dell' anima e il compianto del suo misero destino: erano fogli sparsi più di lagrime che di parole; era la pietosa 'onfessione d' un cuore che non sa reggere al primo colpo del dolore. E poi lacerava, bruciava ciò che aveva scritto; si sforzava d' essere tranquilla; e raccolti i pensieri, ponevasi a leggere con voce commossa í suo libro di preghiere, Così passarono per lei giorni e settimane di quel tristissimo inverno. Ben vide che sarebbe stato una follia il domandare alle amiche, perchè non la conducessero con loro, dopo ch' ella stessa s' era tante volte mostrata ritrosa d'accompagnarle; nè le fanciulle ebbero più cuore di pregarnela, quando si accòrsero che il padre repuguava all'intima confidenza da loro messa in Maria. La giovinetta, dunque, soffocava il suo affanno, e tremando sempre che una, parola, un gesto, un' occhiata potesse tradire quel segreto, il primo ch' ella avesse avuto, e che avrebbe voluto nascondere anche a sè medesima, cercava d' ingannar chiunque appena le volgesse uno sguardo; cercava di parer lieta, quando il suo cuore non era pieno che d'una sola malinconica idea. Era pur doloroso il veder sempre un mesto pallore sulla sua fronte, e un sorriso di gioia sulle sue labbra Ma, in quel tempo, il segreto turbamento d' altri e più gravi pensieri agitava la mente di Arnoldo. La quiete della meditazione, che fa nascere la necessità di conoscere e di sapere; la libertà dell' anima, che conduce allo studio di quanto v' è di più riposto nelle cose, e ché in mezzo al tumulto degli uomini è così facilmente dimenticato e perduto; la volontà, non più tentata da esterne apparenze e scevra d' ira o di timore, avevano fatto maturo l' intelletto del giovine a uno studio nuovo e più severo della vita. Troppo spesso la sana mente e la fredda ragione sono umiliate da una specie di vago abbattimento, da un amaro disgusto di tutto, perchè possano essere capaci di grandi e virtuose risoluzioni. La coscienza del dovere, senza l' alito segreto dell' affetto, non è virtù; perchè la virtù viva nel cuore, non basta la persuasione indotta dalla chiara evidenza del fatto; è forza che al fatto si trovi una spiegazione, un principio sovrano, il misterioso legame dell' anima con la vita. Arnoldo aveva conosciuto nella nostra città uno di quegli uomini di semplici costumi e d'animo incorrotto, i quali, in mezzo al mondo, seguono con passo sicuro una via negletta e taciturna, la via dell'onesta saggezza. Gli applausi e la gloria non sono per loro, anime grandi e oscure; ma sono per loro la tranquillità dell' uomo modesto e la forza del giusto: vengono sulla terra ignoti, passano dimenticati, e se ne vanno del pari; ma il frutto delle parole e dell'esempio loro sopravvive, nè può andar perduto. Quest' uomo, del quale non dirò il nome, perchè i buoni non cercano quaggiù lode nè invidia, paghi dell'amore de' pochi, nel piccolo cerchio di coloro che si ricordano del bene ricevuto; quest' uomo, colla dolcezza dei consigli e con la forza mite d' un senno angelico e consapevole del cuore umano, indirizzò e sostenne i pensieri di Arnoldo a quel fine a cui l'anima sua da tanto tempo anelava. Egli lo preparava a' gravi studi, lo nutriva di ferventi meditazioni e di calda volontà, ne accendeva il coraggio, e rinfrancava la vigilanza; gli prometteva la vittoria dopo la battaglia, e dopo la fatica il sospirato riposo. Alle severe lezioni di lui Arnoldo consacrava allora la maggior parte del suo tempo; ond' avveniva che si rimanesse, talvolta anche per interi giorni, lontano dalla suo casa e dall' amata giovinetta. E poi, al ritornarvi, quasi sempre lo videro mesto, chiuso ne' suoi pensieri; non parlava, e passava lunghe ore intento a nuove e severe letture, coll' animo combattuto da strane e inquiete fantasie. Nondimeno, con gran cautela, tenne nascosta a tutti la ragione di quelle sue assenze quotidiane, di quell' assidua e muta preoccupazione. Maria sola se n' era accorta, ma taceva; e per il suo cuore era un tormento di più. Pure, in mezzo a quest' ignota cura d' Arnoldo, vi era de' giorni ne' quali l'amore, quasi divenuto in lui una quieta abitudine, si faceva più forte del suo proposito, più grande della sua virtù. Allora egli s'abbandonava a' suoi sogni antichi, a quei fallaci disegni che fa sempre l' incauta giovinezza, persuasa la scusa dell' amore rendere tutto facile e giusto. Allora la leggiadra immagine di Maria non rallegrava più, come prima, tutti i suoi pensieri; il suo cuore era ardente, gravato; cercava spesso di lei; ma poi venutole vicino, sentiva conturbarsi; voleva parlarle, spiegarle l'amor suo, nè sapeva con che parole. E se mai avvenisse che i timidi occhi della fanciulla s'incontrassero per un momento ne' suoi, ella era colta da un terrore nascosto, non mai provato. Una mattina - era in febbraio - le due sorelle e Maria sedevano silenziose presso un tavolino di lavoro, non lontano dalla finestra, dalla quale penetrava una luce fosca attraverso i cristalli, dalla gelata nebbia notturna infiorati coi più bizzarri rabeschi. Arnoldo, appoggiato alla spalla del camino, volgeva distratto le pagine d'un volume che teneva fra mano. Poco di poi, essendo annunziata una mercantessa di mode, le due sorelle uscirono; e Arnoldo rimase solo con la fanciulla. Tacevano entrambi, e Maria non osava levar gli occhi dal lavoro, al quale pareva intenta. Arnoldo aveva posto giù il libro, e la rimirava, tutt'occupato in quella idea d'amore. Alla fine se le avvicinò, e con voce concitata e commossa, « Maria! » le disse « è tanto tempo che devo parlarvi, e voi.... » Maria taceva; ma il suo cuore era tremante, batteva rapido e forte.

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Un' ora di poi, essa abbandonava la casupola ospitale, seguita dalla sincera compassione, dagli augurii di quelle due buone creature; e persuasa che il Signore, il quale l'aveva prima fatta incontrare coli' onesto cavallaro, e poi condotta alla casa del contadino dabbene, l'avrebbe accom-pagnata nel resto della via. E ben s'era anche il buon cala pagnuolo profferto di venirle dietro, per un tratto di cammino; ma essa, che già non sapeva come dimostrargli la sua riconoscenza, non volle a qualunque modo ssentire, e si rimise sola per il suo sentiero. Pure, appena uscita, vide che il vecchio cane del casolare l'aveva preceduta; e giunta poi dove la strada faceva svolta al basso, lo scorse ancora sopra un'altra ripa, ov'erasi fermato, e donde la seguì per gran tempo cogli occhi, finehè si fu dilungata. La via s'avvallava, facendosi di tratto in tratto più lubrica e difficile: fuor dalle gole dell' alture vicine soffiava cruda e sottile la tramontana; pure, alla fanciulla, quell'aria spirava benedetta e salutare, perchè veniva dalla sua terra natale, e pareva dirle che dietro alle folte nebbie di che essa vedevasi circondata, erano le creste delle sue montagne, le care acque nelle quali si specchiava il suo paesello. Al piede di quella scesa, attraversava un rustico ponte gittato a cavallo d'un torrente, che coll'onda grossa e limacciosa rodeva i margini della riva: un uomo era seduto a un capo del ponte, sur un masso di tufo, che forse l'urto delle piene estive aveva roveschiato. Era un vecchio mendicante, con la bisaccia vuota in collo e un giubbone di lana rattoppato, alla foggia dei montanari; stringendo a due mani un nodoso bastone, se lo teneva piantato dinanzi e appoggiava al vertice di quello la testa contornata di radi e canuti capegli e di una barba grigia e irta. La fanciulla s' arrestò in faccia del vecchio, e con un senso di profonda compassione tolse fuori una moneta d'argento, unica a lei rimasta, che appena sarebbe bastata a procacciarle qualche soccorso lungo la via; e la lasciò cadere nella palma callosa e tremante che in quel momento il povero le tese. Egli fissò gli occhi con meraviglia su la moneta, poi li levò con espressione indicibile sul volto della fanciulla, confuso e in atto di dubbio e d'inchiesta. « Ditemi, buon vecchio, » gli domandò allora Maria, « è questa a mancina la buona strada per Como? » « Sì, tenete per di là; dopo un duecento passi vi troverete sulla strada maestra, poco lontana dalla Camerlata.... Ma dite, la mia buona giovine, non avete paura d' andar sola a quest' ora, in una stagione così fatta? » « No! mi son messa alla volontà del cielo; e pregatelo anche, voi per me.... » « Oh pensate! anzi, se non fossi vecchio e stracco come sono, vorrei farvi compagnia; sono incamminato anch' io verso Como; ma fiacco e malato qual mi vedete, dopo aver fatte venti lunghe miglia sotto la neve, appena potrò prima di notte tirar innanzi fino a quella cascina ch' è laggiù. » « Vi ringrazio della buona intenzione; ma devo andarne ancor molto lontano, e si fa tardi. Addio! » Ripigliò il cammino, e ben tosto trovossi all' imboccar della strada maestra. A mano a mano che progrediva, il nebbione si levava più denso e cupo, stillando umidi e crassi vapori nell'aere gelato. Già non era più di due miglia lontano della città; e qualche viandante, povero coni' essa, e alcune carrette e calessi tenevano quella via. Sicchè ella si sentiva battere il cuore più sicuro di prima, quando camminava sola per la strada di traverso. Passò davanti al portone d'una vecchia taverna dalle muraglie sgretolate e tutte nere di fumo che spiccavano sotto le tettoje biancastre per la neve caduta: il carro d'un mulattiere era sotto il portone, e dalle grate di legno delle finestre usciva a lampi il chiarore d'una gran fiamma rossiccia. S' udiva, ora distinto, ora confuso, uno strepito di voci, un alto e sonoro scrosciar di risa: la fanciulla tremava di freddo e continuava la via, seguendo intanto con l'anima la storia de' suoi mesti pensieri. Non molto dipoi, il suo orecchio fu percosso da un rumore di ruote e di cavalli; e quel carro, da lei veduto sotto la porta dell'osteria, le passò vicino: lo conducevano due giovani e robusti mulattieri; uno de' quali, seduto di traverso su la schiena d'un vigoroso mulo, cantava a piena gola, sur una rauca e strana solfa; l'altro camminava a fianco del carico, traendo spesse boccate di fumo da una corta pipa di gesso che teneva inchiodata in un angolo delle labbra, e facendo agli orecchi delle bestie chioccare a grandi scoppi la grossa scuriada. Quando i due ebbero adocchiata la fanciulla, cominciarono fra loro a parlarsi in un rozzo gergo, alternando certe risa sguajate e certi atti misteriosi, che la giovinetta ne raccapricciò tutta, e più stretto si chiuse sul viso e sul seno il rozzo panno che la copriva, rallentando i passi per rimanere indietro. Ma un d'essi, mettendo fuori un aspro gorgheggio che somigliava all'urlo d'un mastino, attraversò d'un salto il fossatello che lo divideva dal sentiero dov'era Maria, e le si piantò dinanzi, ficcandole nella faccia gli occhi arditi e travolti. La fanciulla gelò, arretrandosi con involontario ribrezzo, chinò la testa e si nascose il volto con le mani; l'altro allora, al quale era cosa nuova quella paurosa modestia, le si fece incontro più audace, e con un motto vergognoso, che ripetè per la buona intenzione di calmare gli scrupoli della giovinetta, le profferse di far la strada in compagnia. Ella non rispose; ma d'improvviso, volte le spalle allo sfacciato, cercò di salvarsi dalle sue mani fuggendo: il terrore le dava l'ale, ma il giovane la seguiva, la incalzava; e l' altro mulattiero, veduta la scena, balzò dalla groppa della sua cavalcatura, e correva anch' esso in ajuto del compagno. Maria ansante, affannosa, fuggendo, guatava per ogni parte se alcuno giungesse: e nessuno si vedeva. Già i due le stavano sopra, e con avide braccia, come una colomba che due falchi si contendano, già l'abbrancavano; quand'ecco un uomo sbucar fuori da una viuzza della campagna: era il vecchio mendicante da Maria incontrato al ponticello del torrente. Costui la vide, corse, gettossi tra la fuggitiva e i due inseguenti, e strinse al suo seno la sbigottita fanciulla, con un braccio che l' ira fece ancor forte, nel tempo stesso che levò l'altro arwaio del nodoso bastone, minacciando di rompere fossa al primo che si fosse avvicinato: tutto fu un istante. I due compagni, sorpresi dall' imbarazzo, si guardarono in faccia un l'altro; ma il vecchio, con ferma voce, gridò: « Non fate un passo, birboni, e tornate per la vostra strada! Io non ho paura di voi; voi accopperete me, vecchio come sono, prima di toccare a questa fanciulla la punta d'un dito! » « Cos' ha mai questo demonio di vecchio? » disse uno allora; e l'altro: « Malann' aggia il dannato che guasta il fàtto nostro! Come c'entri tu, vecchia tramoggia dismessa? Va al diavolo, che t'aspetta, o t'avrai a pentire! » E tutt' e due intanto fecero per iscagliarsi sul mendicante, e strappargli di mano il bastone, ch' egli teneva ancora sollevato in atto di minaccia su le loro teste. La giovinetta aveva gettato le braccia al collo del suo difensore, e a lui si teneva stretta, avvinghiata. « Lasciatela stare, per Dio! » il vecchio riprese con accento disperato; « lasciatela stare.... È mia figlia!... » Queste parole fecero uno strano effetto sulle anime rozze ma schiette de' due garzonacci: l'accorta menzogna, che la stretta del pericolo suggerì al pover uomo, fu quella che salvò la fanciulla dallo scellerato insulto. « È mia figlia! » rèplicò l' animoso vecchio, e la sua nuda fronte si corrugava, ardevano gli occhi, e tutte le sue membra per lo sdegno tremavano. I due giovani si trassero indietro, celti da un cotale istinto di vergogna che non sapevano spiegare a sè stessi; su que' volti foschi, e fortemente scolpiti, lo sfacciato ardimento aveva ceduto il luogo a un insolito senso di compassione che li faceva stupidi e muti. Alla fine: « Andiamo, Anselmo! » disse uno: « questo non è pane per i nostri denti; e voi, galantuomo, perché non l'avete detto alla prima, ch'era vostra figlia?... Non avete a far, con degli assassini; vi sareste risparmiato a voi l'incomodo d'alzare il bastone, a noi il rischio di rompervi le corna. » Ciò detto, voltaron le spalle; e, pigliatosi a braccio un l'altro, se n'andarono zufolando di concerto, per tener dietro a' muli che avevano perduto di vista. « Sia ringraziato il Signore! » disse il mendicante, appena si furono allontanati, « che m'abbia mandato l' inspirazione di continuare la strada; io son vecchio, è vero, ma mi ricordo d'altri anni, d' altri tempi.... e, per l'anima! vi giuro, che, a costo di questi quattro dì che mi restano di vita, quegl'infami non avrebbero ardito non solo di torcervi un capello, ma nemmeno di dirvi una parola di più.... Or via! andiamo, io mi sento bene; la mia forza antica mi è tornata in corpo, e voglio venire con voi, fino laggiù alla città. » La fanciulla lo guardava con una tenerezza soave, dalla quale traspariva tutta la gratitudine d'un' anima pura, che non sa trovar parole per esprimere quello che prova. « Creatura del cielo! » continuava il mendicante, « voi avete stesa la mano al povero vecchio, voi avete spartito con lui forse l'ultimo vostro pane. Poco fa, quando là sul ponticello vi siete fermata dinanzi a me, e con atto di compassione m'avete guardato, io ho veduto spuntare una la- grima su' vostri occhi; era tanto tempo che non incontravo una faccia pietosa!... Adesso, sono un povero diavolo; ma anch' io sono stato un uomo, e ho vissuto giorni ben diversi.... Oh! ma allora, in vece di questo giubbone, io portava la divisa gloriosa del soldato, e aveva veduto più di trenta battaglie, io odorava con gioia il fumo del cannone; e queste mani, che adesso vedete tremare, hanno piantato una delle bandiere di Napoleone, là sui tetti delle case di Smolensko, in mezzo ai ghiacci della Russia!... Ma oramai tutto è finito da tanto tempo, e nessuno sa più nemmanco chi io mi sia.... Voi sola m'avete consolato con un'occhiata d'amore; siate dunque benedetta! » Maria s' era appoggiata al braccio del vecchio; e alternando parole di conforto al racconto delle loro vicende cosl diverse, ma dolorose del paro, continuarono a camminare in compagnia, fino a che giunsero presso alla città. Qui si fermarono, si separarono: Maria, con un senso di riverenza e d'affetto, strinse la mano della sua guida, quella mano arsa e callosa che poco prima s'era levata in sua difesa, e a malincuore si congedò dal vecchio mendicante, che più non doveva rivedere. Battevano le quattr'ore di sera sulla torre d'una chiesa del sobborgo di Sant'Agostino, quando la giovinetta, sola un'altra volta e sostenuta dal suo cuore, l'unico amico fedele che rimanga agl' infelici, prendeva la via della montagna; sperando pur di potere almeno arrivare presso al suo paese, prima che la notte fosse venuta. Pensava che le sarebbe stato impossibile trovare in quell'ora una barca che ve la tragittasse, tanto più che non le era nemmeno avanzato di che pagarne il nolo; e poi, il timore d'esser conosciuta, e la ripugnanza che sentiva a mettersi di nuovo in mezzo alla gente per le vie oscure ed anguste della città, le accrescevano la sicurezza di poter giungere egualmente dalla parte di terra al termine del suo viaggio: era quella la strada del suo terreno nativo, e l'aveva trascorsa più d'una volta, fin da fanciulla, in compagnia del padre suo. L'alpestre cammino era disagiato e rotto, ma i passi della fanciulla eran rapidi e sicuri; un segreto coraggio la sosteneva, dicendole che dopo un' ora di via sarebbe finalmente giunta al luogo della sua pace, a quel ricovero così sospirato e pianto, dove oramai aveva poste le sue poche speranze, tutta la sua vita. La poveretta si pasceva, camminando, di queste pure idee consolatrici; e mentre continuava a salire su per la difficile erta, pareva che la ricordanza de' suoi mali recenti andasse dietro a lei fuggendo, svanendo a poco a poco, come l'angustia di un pericolo già passato. Domandava a sè medesima, se la vecchia Marta fosse ancor viva, se l'aspettasse ancora, se l'avrebbe stretta nelle sue braccia, se le avrebbe perdonato e tenuto luogo di madre. In mezzo a queste immagini, la cui amarezza era temperata dalla fiducia, Maria non s'accorgeva dell'asprezza della strada, e le sue gracili membra portavano con alacrità l'insolita fatica. Di poche e rade traccie umane eran tocche le nevi di quelle dirupate rive; il fianco della montagna, tagliato a mezzo della via che conduce da uno all'altro di que' sette miserabili e oscuri villaggi, i quali si chiamano con superbo nome le sette città di Blevio, presentava in tutta la sua nudità lo squallor dell'inverno, che aveva fatto quasi impraticabili i sentieri e le coste. Macigni rovinati di recente, e ricoperti tutti dallo stesso manto di neve; alberi conquassati dagli eterni rovaj, minaccianti di rovesciar su la strada, co' rami più annosi squarciati, che crepitavano al più leg- giero soffiare del vento; e gore d'acqua putrida, ghiacciata, ov' era rotta o fessa la terra; e giù giù, per il dosso della montagna, boscaglie nude, stecchite, e rigagnoli di nevi squagliate: vecchi torrenti che trascinavansi dietro ceppaje sbarbicate e lembi di terreno lacerati dall' impeto del gorgo, poi con impeto si dividevano, si moltiplicavano, saltando per le rapide balze e rovinando per entro le scoscenditure e le frane con uno scrosciare dirotto, solo strepito che sturbasse la sepolta natura; e al basso, in fondo, spiccante col suo cupo colore, sotto il cielo torbido, bruno, e sotto ai monti tutti bianchi, la verde e muta acqua del lago. Intanto era sopraggiunta la notte; e, dopo molti pericoli e molto terrore, Maria aveva attraversato l'ultimo di que' sette villaggi. Passando, non vide che il riflesso di qualche tardo lume, dietro il pertugio ingraticolato d'una casipola; non aveva incontrato che due o tre montanari, i quali, senza badare a lei, s'erano perduti per le tenebrose callaje del paese. Cominciava a spirar di nuovo la tramontana, a fioccar più larga e più folta la neve, sbattuta dal vento, che fischiava rompendosi contro ai dirupi e sollevava nei suoi vortici quella già caduta. Più d'una volta la fanciulla, la quale infiacchita, affranta dal crudele viaggio, reggevasi a stento, sentì mancarsi sotto i piedi il terreno, e alzò uno strido di spavento, uno strido che l' orrida solitudine lasciava senza risposta; più d'una volta con disperato sforzo si mise a correre a tutta lena su la perigliosa via, a fianco de' precipizii, sul margine de' sdrucciolevoli massi, come per salvarsi dal turbine che pareva inseguirla; e poi af'annosa, anelante e credendo veramente di morire, s'avvinghiava con le deboli braccia al tronco d' un albero, alle punte d' uno scoglio. E il vento quasi si facesse giuoco della misera creatura, come di gracile canna, or la incalzava e or la respingeva imperversando: nella foga del correre contro la furia dell'uragano, essa aveva perduto la mantellina che la copriva: e, a ogni buffa del vento, le sue trecce sciolte le sferzavano sul candido collo e sul viso livido, agghiacciato. Poi tornava a camminare, e sollevando di sopra il capo le mani strettamente intrecciate, sembrava tra l'orror della paura e il gemere della preghiera domandasse al cielo la morte come una grazia; stanca la vista le si appannava, le si confondevano nella mente gli stessi pensieri di terrore, e già più non sapeva dove ella fosse. Alla fine, il sentiero cominciava a calar al basso, e in mezzo al fosco della notte e allo smorto biancheggiar delle nevi, parve a Maria di vedere un filare d' alberi, un muro, una casa.... A tentone seguiva la guida di quel muro, e trovavasi in faccia d'un cancello chiuso fra due cadenti pilastri. Appoggiò la fronte alle fredde aste del cancello.... e riconobbe il campo santo del suo paese; credè perfino discernere il mucchio di terra dov' era sepolto suo padre e la croce coperta di neve che lo proteggeva. Allora si mise devotamente inginocchioni su l' entrata del sacro terreno; e da quella scena di morte richiamata d' improvviso ai pensieri della vita, pregò, pregò a lungo.... Ma il disagio patito, la dolorosa via, l'angoscia e il rimorso le piombarono in quel punto su l'anima, la quale forse più non era attaccata che per un filo all' esistenza. Ella abbrividiva, si sentiva sfinire, ardeva, gelava nei momento stesso.... Non ebbe più forza di tenersi al cancello che aveva abbracciato, e lasciandosi cader giù lentamente su l'agghiacciato terreno, giacque come morta. Un' ora di poi lo scalpitare d'un cavallo turbava il silenzio mortale di quella desolata riva. La notte era già alta; l'uragano cessato; solo testimonio di vita era il fremito indistinto del lago, che si rompeva alla sponda col monotono spumeggiar del fiotto. Il giovine cavaliero, ravvolto in un corto mantello, pareva disprezzare tutto il rigore della stagione, consolarsi quasi nel respirare l'aria asprissima della montagna. Egli aveva abbandonato le redini sul collo del cavallo, che con passo lento e stanco discendeva per la china. Allorchè giunse vicino al campo santo, il suo sguardo cadde a caso sopra qualche cosa d'opaco che spiccava sul bianco terreno. Raccolte le briglie, fè volgere il cavallo a quella parte, e curvandosi sulla sella vide, al debole chiaror della neve onde appariva coperta ogni cosa all' intorno, una misera creatura la quale pareva svenuta o estinta; pensò che fosse colà venuta dal paese a pregare per i suoi morti, e che la crudezza del freddo o l' imperversar dell' uragano l'avessero ridotta a quegli estremi. Il cuore gli tremava forte; fermò il cavallo, scese di sella; poi, chinatosi sul terreno presso quella salma assiderata, riconobbe ch'era una povera giovinetta: sorreggen- dola sulle braccia egli la sollevò alquanto, e la sostenne inginocchiato com'era, sì che la testa grave e cadente dell'estinta si rovesciò su la sua spalla. Allora avvicinò il suo volto alla bocca dell' infelice, per conoscere se un alito leggiero di vita scaldasse ancora quelle membra immobili; fissò gli occhi sovr' essa; ma al primo guardare nulla vide, nulla distinse, quasichè l'anima sua non avesse più senso.... Tornò a fissar quella fronte, que' labbri, que' cigli, ogni fattezza.... Un brivido gli corse per tutte le vene, e si sentì trapassar il cuore come dalla fredda lama d'un pugnale.... Arnoldo l' aveva riconosciuta.

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Era passato più d'un mese dal giorno che Arnoldo abbandonava Milano, per venire in traccia della perduta Ma- ria. Se vi ricorda, appena seppe ch' essa non era più nella bottega della crestaja, nè potè averne in altra guisa novella alcuna, si mise in mente che la si fosse ricoverata al suo paese, presso qualche parente; e partì con questa certezza. Venuto fino a ***, prese a pigione una parte dell' antico palazzotto, ove suo padre aveva dimorato; ma quant' egli fece per trovar traccia della giovine orfana, fu tutto vano. Queste ricerche replicate, e sempre perdute, gli facevano scorrere nell' affanno e nel dubbio i tristi giorni dell' inverno; e un mese così passò. C' eran pure alcuni dì, ne' quali sentiva ancora di vivere: erano quelli in cui, salito in sella d'un giovine cavallo, che aveva da un pacifico Comasco comprato in quel torno, s'arrischiava su per le rotte strade delle montagne, sfidando l'aspreggiare della stagione e la traversia de' venti. Quelle corse selvagge lungo i margini dell'acque, e sopra i fianchi de' dirupi, gli ricordavano la sua patria, il suo cielo, le nebbie del mare, il castello del buon zio, la combattuta sua giovinezza; tutta la prima, la vera poesia dell'anima vergine e ardente. Ma poi succedevano de' giorni, ne' quali tornavagli incresciosa la vita; gli pareva che al suo soffrire non restasse altro conforto che un novello soffrire. Allora se ne stava, le ore intere, appoggiato alla finestra della sua stanza, guardando il lago, e si sprofondava nella meditazione e nel passato: un volume, suo. fedele amico, un bello Shakespeare, datogli per ricordanza dal cugino Randale, dal compagno de' suoi prim' anni, gli stava aperto dinanzi; e gli uomini disegnati da quel gran pittore dell'anima e della vita prendevano agli occhi suoi figura e movimento. Mirava sè stesso nello sfortunato Edgardo, il figliuolo di Glocester; piangeva al sublime delirio, alle cocenti lagrime di Lear; fremeva a' soliloquii di Macbetto, e pensava a suo padre; per lui, la tenera Cordelia, l'innamorata Desdémona, la dolente Caterina, eran sempre Maria. Altre volte, e il più sovente, camminava di buon mattino fino alla casetta d'Andrea, dove la vecchia Marta abitava ancora, quanto solitaria e grama, lo pensate! E vi restava per tutta la giornata, seduto in un canto del focolare, poco lontano dalla vecchierella; la quale non rifiniva di parlargli di quella cara tosa. Era la meschina dimora unico avanzo del bene della fanciulla; e senza il buon signor Gaspero, il quale aveva salvato per miracolo dagli artigli dell' esattore comunale la casa e la vigna, tutto sarebbe stato perduto. Egli poi lo fece perchè, a dirvela in confidenza, sentiva ancora un po' di batticuore per la giovinetta, che si ricordava d'aver tante volte fatto ballonzare piccina su le ginocchia. Arnoldo dunque contemplando, coll' animo tremante e con lo sguardo fisso, atterrito, immobile, la faccia della fanciulla, spiava se in mezzo a' tormenti, con che il dottore e lo speziale straziavano quella bianca e dilicata creatura, il cuore e le labbra di lei si riaprissero al gemito dell'esistenza. Con ambe le mani le strinse la destra agghiacciata, e appressandovi le labbra, con un affetto che solo poteva essere consacrato dalla terribile idea della morte, v' impresse un lungo ardente bacio, delirando quasi che con quel bacio dovesse restituirle la vita; come Romeo, quando venne alla tomba di Giulietta. Baciatala appena, la riguardò ancora.... soprastette.... E poi, balzando d' improvviso, con un accento soffocato da un impeto di gioja, proruppe: « Ella vive ancora!... » Non era vana illusione; quella fredda mano aveva risposto al premer delle sue, con un tremito leggero, fuggitivo. Era il tornar della vita; egli allora, tutto agitato da speranza e da terrore, le posò la destra sopra il seno, e quel leggiero risalto si ripetè: il cuore ripigliava il suo palpitare. Nè molto andò ch' essa riaperse e lasciò errar debilmente all'intorno gli occhi estatici e muti; poi fece come uno sforzo per sollevare la testa; ma gli occhi le si richiusero, e la testa ricadde. Arnoldo sentì di nuovo la crudele stretta dell'angoscia, e il suo volto si ricoperse di mortale pallidezza. Afferrò per un braccio lo scompigliato dottore, che gli era vicino, e fortemente scuotendolo: « Mi rispondete voi della sua vita?» domandava con alto sgomento. E quegli, sotto la tortura di così valide stratte, balbettava: « Rispondo, rispondo io.... non tema; mi lasci, mi lasci andare!... » « Ma questo Ietargo mi spaventa! » replicava il giovine, dando un altro e più fiero squasso al braccio del povero dottore. « Non tema, » questi rispondeva, « è un semplice sopore, cosa naturale.... Io me l'aspettavo..., bisogna che sia così! » Ma lo speziale, veduta cotesta gagliarda dimostrazione, rinunziava a tentar altri specifici, alla speranza del pingue regalo; e cautamente, come capitano che preveda a tempo il pericolo, ritiravasi dietro la trincea del suo banco. Intanto bisognava pensare a collocar la malata in altra parte, dove potesse trovar riposo, meglio che in quel duro seggiolone del curato; bisognava procurarle una camera, un letto: lo speziale era nel cimento d'offrire il suo per quella notte, e Arnoldo già aveva risoluto di farla trasportar nella villa; quando il signor Gaspero venne fuori col consiglio migliore: e fu, che si mandasse a chiamar la Marta, e trasportassero la fanciulla nella sua propria casa, che non era lontana; così almeno la poveretta, al risvegliarsi, si sarebbe trovata sotto un tetto conosciuto, tra le braccia d'una persona amica, Mandarono dunque per la Marta; e come la buona donna si rimanesse consolata insieme e sbigottita, tra la contentezza di riveder la sua Maria, e il dolore di vederla in quello stato, può credersi appena. Ma Arnoldo e il dottore pressavano, sicchè ben presto portarono la giovinetta, tutta ravviluppata nelle coltri, a casa sua; dove giunti, la deposero in quella camera, da lei un tempo occupata, nel suo letticciolo, ch' era ancor rifatto. Ell' era tuttavia immersa in un sopore profondo. Arnoldo, che l'aveva sostenuta tra le sue braccia, con quella cura attenta, gelosa di cui solo l'amore è capace, si trattenne per lunga pezza appiè del letto; e, seduto su d'uno sgabello, col capo chino su le ginocchia, s' abbandonò a profondi e crucciosi pensieri. Poi, avendo il medico raccomandato sopratutto silenzio e quiete, acconsentì a ritirarsi nel piccolo andito vicino, e si gettò sopra una seggiola, presso la porta socchiusa della cameretta: donde gli giungeva all'orecchio l'affannoso e grave respirar di Maria, la quale, riavuta alfine dal suo lungo svenimento, s'era addormentata profondamente. Marta stette a vegliare tutta notte presso il capezzale della fanciulla. La mattina seguente, sul primo albore, vedevasi il cielo sgomberato del tutto dalle nuvole della bufera notturna, e risplendeva uno di que' dolci soli d' inverno, che consolano il cuore degli uomini e la malinconia della natura: uno di que' soli che, dopo l' imperversare del cattivo tempo, non sono radi in quella beata parte di terra. - Maria si riscosse dal profondo suo sonno, e sollevandosi lentamente su la persona, alzò gli occhi, e vide il primo raggio di quel sole, smorto ma pur limpido, che penetrava per la finestra e cadeva sul suo letto. Guardò trasognata all'intorno, ravvisò la figura amorevole e serena della Marta; la quale, seduta da un canto, stava a mirava tra confortata e pietosa, senza poter dire una parola. Riebbe allora la conoscenza, tornò a cercar con gli occhi per ogni parte, chè non sapeva dove fosse. Era pur quella la sua cameretta, un tempo così cara, il soggiorno d'un'età più felice; era il raggio del suo sole che la salutava, era la casa di suo padre e di sua madre. E già non si ricordava più d'aver pianto e patito.... era ancora là, erano tornati i giorni della sua fanciullezza.... tutto era stato un sogno, un lungo e terribile sogno! Ma rivolse il capo dall'altro canto, e gli occhi suoi s'incontrarono in quelli d'un giovine di nobile aspetto, con incrociate sul petto le braccia, che la contemplava silenzioso, ma sorridente. Lo guardava essa, e coli' incertezza dello sguardo pareva domandar chi fosse. Allora tutti i pensieri le si sollevarono nella mente, si confusero, le ripiombarono in un punto sul cuore; la speranza che ogni cosa fosse stato un sogno era svanita.... Distolse gli occhi da lui, gittò le braccia al collo della Marta, che a lei stava vicina, e tutto nascondendo il viso in quell'amplesso, si mise a piangere, come si piange quando con le lagrime si può sfogare un dolore raggruppato per tanto tempo nel cuore. « Oh! cosa le avete voi fatto, signor Arnoldo?... » domandò la Marta, posando in atto di compassione la destra sul capo chino della giovinetta. Io l'ho amata!... » rispos' egli. ln quel mezzo, il medico comparve su l' entrata della camera. Maria era ricaduta sui cuscini del letto, in un nuovo spossamento di tutte le forze. Il dottore le si avvicinò, studiò con attenzione il suo volto colorato allora d'un leggier vermiglio, e gli occhi incavati e morti; le toccò i polsi, che rispondevano con ardenti e ineguali bàttiti febbrili, e conobbe che il male era più serio che prima non avesse pensato. Ma, benchè in cuore lo sentisse, pure tacque al giovine forestiero il fatale sospetto; si limitò a ordinare alcune pozioni, e a prescrivere nuovamente che lasciassero l'ammalata nel più assoluto riposo, procurando di risparmiarle la menoma sensazione di piacere e di dolore: poi si volse ad Arnoldo, e, fattosi un po' d'animo, gli comandò d'allontanarsi da quel luogo, se pur voleva che la vita dell'ammalata fosse salva. Arnoldo obbedì a malincuore, ma obbedì. Uscito in compagnia del dottore, appena furono nell' andito, si fermò, e lo prese per la destra, dicendo: « Giuratemi ch' ella vivrà! » con un accento che fece tremare il pover uomo; il quale lo guardò, e balbettando rispose: « Oh! oh! oh! tutto sta nelle mani di Colui ch' è lassù!... » Chi amò veramente, chi pianse al terribile dubbio di dover perdere per sempre l'amor suo, immagini l'angoscia dell' innamorato giovine. Alla vita di quella creatura era allora attaccata la vita della sua fede, il coraggio dell'anima sua, tutta la sua speranza terrena. Prima d'allora, egli non aveva pensato mai che fosse così dura la solitudine a un'anima bisognevole d'amore e d'esempio; e quando ritrovò quella fanciulla di pura bellezza, che nella sua mente egli aveva rivestita dei più ideali colori della virtù, confidò finalmente che il cielo si fosse riaperto per lui. Il solo pensiero di dover perderla ancora gli appariva troppo tremenda e incomportabil cosa. Egli non aveva creduto prima d'allora d'amarla tanto! Il dì seguente, il medico dovette pur troppo confermarsi nel concepito sospetto: gl'indizii d'una lenta febbre di consunzione si manifestarono nell' ammalata: la notte l'aveva passata senza sonno; al letargo del giorno innanzi eran succeduti turbamento, delirio, e l'obblio del passato e il vago presentimento d' un termine vicino; a tutto ciò ben presto s'aggiunsero una tosserella acre, muta, e un assiduo languore. L'infelice si lamentava spesso d' atroci punture al cuore, d'un sordo tintinnio negli orecchi, d'improvvise fiamme che le ardevano il sangue, le oscuravano gli occhi e la mente; e allora, le coltri le pesavano sul seno, tutto le dava tedio; e, con un fievole gemito, diceva di non poter respirar l'aria che la circondava. Poi seguiva una lunga spossatezza, e pareva che la sua vita andasse mancando, come raggio che si dilegui; pareva che ogni ora dovesse esser l'ultima per lei. La buona Marta stava sempre al fianco di quel letto; la sorreggeva, apprestava le medicine dal dottore ordinate; e benchè nel suo cuore molto patisse, aveva forza di non piangere, e trovava sempre qualche pietosa parola per sostenerla. Ma quando l'ammalata s' acquietava, e ch' ella sedeva sola a' piedi del letto, lasciava allora tacitamente scorrere le sue lagrime; e nell'anima semplice e fedele pregava, ma sempre in segreto, la Madonna. Talvolta, nel cuor della notte, Maria a un tratto balzava esagitata, in mezzo a que' sonni leggieri, se pur sonni potevano dirsi gli sfuggevoli riposi che il dolore, stanco quasi di tormentarla, le concedeva; balzava a sedere sul letto, e cacciandosi indietro con le mani tremule e scarne i lunghi capegli, che umidi di febbrile madore le si stendevano sul viso, spingeva gli occhi attoniti fra l' ombre della camera, poi levava la destra convulsa per additar le immagini sinistre che l' assediavano, o le persone amiche con le quali immaginavasi di parlare e di piangere. Allora i suoi pensieri vagavano nelle torbide memorie del passato; la sua innocenza, l'amor suo, i pericoli corsi, le disgrazie, e quanti l'avevano avuta cara, e quanti le avevano fatto del male, tutto le si affacciava, in un punto, all'anima oppressa; e le sue interrotte parole erano piene di pietà e di dolore. La sola Marta era testimonio di codesti solitarii e compassionevoli lamenti. - Perchè mai mi lascian tutti così sola, sola, dopo che fui sempre perseguitata?... Oh Dio! che ho fatto di male? O mia madre, io pensava sempre a voi, quand' ero lontana; ma questo povero cuore.... questo cuore non era mio! C'è qui dentro un segreto, che non devo scoprire a nessuno, neppure a lui, a lui che.... ah il suo nome non potrò dirlo mai!... Perdonatemi, o mia buona mamma! Dio m' ha castigata.... perdonatemi voi!... S'egli mi parla di qui innanzi, tacerò, farò la sorda, fuggirò via.... Ahimè! dove sono?... questa è la chiesa ov' egli m' aspetta, questo è l' altare - Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te.... - Forse non verrà.... ah no! eccolo, è lui.... Perdono, o Signore! io ascoltai la sua promessa, perdono! - E ricadeva illanguidita, senza movimento, per sollevarsi ancora, dopo pochi istanti, rapita dall' impeto di nuove immagini: - Egli tornerà, il suo cuore è buono; le sue parole son vere, come la virtù; con quel suo sguardo è impossibile non dire la verità!... Oh caro! io l'avrò convertito, egli crederà nella nostra santa fede, verrà a pregare il Signore con me.... lo sono pallida, lo so; ho patito tanto, e sto ancora assai male.... Guardatemi, ditemi; è possibile che non mi riconosca più, che più non sappia chi sono?... No, non è vero! esso era pur qui, l' ho veduto; e' m' ha ravvisata, m' ha sorriso come una volta.... se non fossi bella come prima, avrebb' egli sorriso ?... - E anch' essa, la povera giovinetta, come se contemplasse un' ombra presente, sorrideva così da strappar le lagrime chiunque fosse stato presente al suo mesto delirio. Dopo un altro istante di riposo, risorgeva ancora lentamente, giacchè invano la desolata Marta tentava con amorose e ripetute preghiere di far ch'ella si caricasse più tranquilla. E giungendo le mani, e scotendo il capo, in atto di chi racconta lunghi travagli sostenuti, ripigliava: - Io non ho amato altri che te, e non te l'ho detto mai.... ma, per amor del cielo, non ne parlare con persona viva.... Vedi! mia madre è morta, mio fratello, mio padre, tutti son morti!... io sono sola a questo mondo.... e tu, tu mi puoi dare il paradiso o l'inferno.... Io vorrei esser tua; ma temo che lassù in cielo non sia scritto così! Vieni, vedi, questa è quella Madonna a' piè della quale giurasti di volermi sempre bene.... T' avvicina, pigliami per mano! Dio ne benedirà! Ma, chi è mai quel prete? lo vedi? io lo riconosco.... è lui, è mio fratello, è il tuo amico.... Oh Dio! Dio eterno! fuggiamo, lasciami.... non vedi che leva la destra in atto terribile di minaccia? non senti ch' egli ne maledice tutt' e due?... - Ma il cielo pietoso, dopo quelle notti d'angoscia, dopo quelle visioni di sgomento, le concedeva almeno lunghe ore di calma benefica e sollevatrice, interi giorni di pace e di rassegnazione; nel volger de' quali, dolci le tornavano lo sfogo del pianto, il conforto d'una calda preghiera, e soave perfino il ricordarsi del dolore sofferto, il pensare a quello che ancor le restava a soffrire. In quel tempo però ella poco parlava, e pareva quasi straniera a ogni affetto che la riavvicinasse alla vita: l' avresti quasi creduta una di quelle sante giovinette martiri della prima età cristiana, le quali, in mezzo a' tormenti, contemplavano estatiche la corona celestiale. Io non dirò tutto il patire di quella meschina, che già questa semplice narrazione è troppo compassionevole e piena di pianto. La malattia della povera Maria fu lenta, sorda, penosa; più d'una volta essa toccò a quel tremendo punto, in cui la sola speranza che rimanga è un domani nel cielo; più d'una volta fece temere di vederla finire, dopo alcuno di quegli impeti di tosse convulsiva che di frequente l'assalivano. Eppure il dottore, sia che non fosse troppo sapiente, sia che vedesse più in là che non sembrava, ebbe segreta speranza di salvarla ancora; e nelle cure assidue che le prodigava, non tardò ad accorgersi non avere il male soggiogato del tutto quella debole complessione, e anzi a poco a poco rimettere di sua crudeltà; onde fu persuaso che se alla fanciulla non erano quaggiù promessi lunghi anni, le sarebbe stato conceduto almeno di veder più d'una primavera, e forse di respirar novella vita ne' balsami dell' aria nativa. Egli non s' ingannò. Venne la primavera, e ben presto la gracile salute della nostra giovinetta cominciò a rifiorire. Il silenzio dell'anima e la pace di natura poterono più che gli sforzi dell'arte; ma per non far ingiustizia a quel dabben dottore, bisogna dire che la paziente attenzione e lo studio che pose a risparmiare alla sua ammalata ogni più leggera commozione, e più di tutto ogni memoria della sua vita passata, fanno fede ch' era miglior medico ch' egli medesimò non si credesse: un medico filosofo, voglio dire, come pretendono d' essere tutti i nostri medicuzzi d' ieri. Non permise ad Arnoldo di visitar Maria che una sola, o al più due volte la settimana; e sempre in compagnia di lui, per due eccellenti ragioni: una, perché il mondo non ci avesse a ridire; l'altra, perché un solo colloquio che fosse finito con far piangere l' ammalata, avrebbe potuto rovinare il sistema della sua cura. Dunque, in tutto quel tempo, Arnoldo era stato quasi straniero per Maria; essa non osava dimandar di lui, neppure alla Marta; ed egli, temendo sempre che il cielo non gli rapisse quel fiore s adorato, si tenne in una mesta e contegnosa lontananza. La Marta poi, la quale dapprima, finché durò il male di quella sua diletta, aveva saputo soffocare le lagrime, allora piangeva; ma piangeva di consolazione. Era un mattino, un bellissimo mattino, al principio d'aprile. Maria sedeva al raggio di quel puro sole, nel cortiletto che si specchiava al lago; sedeva tranquilla presso il muricciolo, su cui erano ancora i suoi vasi di fiori, quantunque inferme e cadenti ne fossero le odorose pianticelle. Essa respirava l' aria imbalsamata dai profumi della mattina; e il suo viso, alquanto pallido ancora, mostrava quel gracile incanto di bellezza, che tocca assai di più, quando riveli il segreto d' un' anima memore de' suoi dolori. Un sorriso ineffabile, misto d' una dolcissima malinconia, errava sulle sue labbra ancora smunte; e la lieve tinta rosata onde le si coloravano le gote, faceva spiccar di più la muta candidezza del bel volto e del sottile suo collo. Arnoldo entrò nel quieto recinto, nè Maria, assorta ne' suoi pensieri, s'avvide di lui. Egli le si avvicinò lentamente: la fanciulla alzò allora gli occhi, e la fronte le si velò d'un vivo rossore, che subito disparve. Da prima, Maria non trovò parola, poi balbettò come un saluto; e il giovine, fattosi a sederle d' accanto, si rimase lungo tempo a guardarla, incerto, pensieroso. Ed essa, inchinate le pupille a terra, taceva. « O Maria! » diss' egli finalmente, « io benedico quest'aria così serena e in pace, questa gioia di tutta la natura, questa divina bellezza della terra e del cielo che vi restituiscono la vita, che sembrano sorridervi per consolarvi di quello ch' è passato!... Voi siete nata in un paese beato; questi monti e quest'acque sono la più bella contrada del mondo.... Oh vi fossi nato anch' io, oh fossi anch' io Italiano!... Ma voi lo sapete, Maria, io ho risoluto di non abbandonarli più questi luoghi. Ora sono solo su la terra, costretto a fuggire dalla casa de' miei padri, a portare un nome non mio.... Una volta io era potente, adulato, cercato; ora mi respingono tutti. Ma voi non mi respingete, no; non posso più offrirvi, è vero, che un' umile sorte e l'esilio; ma voi siete buona, e manterrete la vostra promessa.... Ditelo, Maria, ditelo adesso ch' è tempo. Fra voi e me non c'è più distanza; una vita anche povera, ma beata con voi, è la sola felicità alla quale io voglia, alla quale mi sia concesso aspirare. » « Lei è buono, e de' cuori come il suo ce n' è pochi. Ma io cerco inutilmente di esprimere quello che sento.... Pure, se le mie parole hanno qualche valore agli occhi suoi, m' ascolti, signor Arnoldo!... E così Dio mi mandi forza di parlarle come devo, in questo momento che deciderà della mia vita! » « Dite, Maria! Il farmi felice o infelice per sempre sta in voi.... a voi lascio la mia sorte! Ho saputo rispettare fin adesso ogni vostro desiderio, non v' ho mai ricordata una promessa.... perchè il vostro dolore, le vostre disgrazie.... » « Per carità, signor Arnoldo, non parliam più di me. È di lei che mi preme, della sua felicità, del sacrifizio che vorrebbe fare. Ritorni per un momento alla sua vita passata; pensi a lei, come deve fare un uomo, e poi decida. » « Come, Maria, sarebbe possibile che ricusaste d'unire la vostra sorte alla mia? dopo tutto quello ch' è stato, dopo tanto amore?... Oh io vi amo ancora, Maria, v' amo come la prima volta che vi ho veduta, come quel giorno.... » « Non mi dica così, signor Arnoldo, ne la prego col mio cuore, con le mie lagrime!... se ha ancora della stima per me, parliamo come fossimo stranieri uno all'altro. Non è vero che lei non abbia più nessuno a cui pensare.... Suo padre soffre certamente, per la sua lontananza, sospira di rivederla prima di morire, di lasciarle il suo nome e l'onor della famiglia.... E le buone sue sorelle?... e il suo paese che lo chiama, l'aspetta, che ha bisogno di lei?... queste cose, appena lo capisco come sieno, ma pur sento che sono vere. Non posso crederlo che suo padre l' abbia maledetto, non è vero che più nessuno si ricordi di lei! E se anche, al primo momento, lo sdegno l'avesse fatto ingiusto, si sarà pentito poi; perchè padri e madre posson perdere tutto, non i figliuoli.... E se un tempo, per l' onore, ha creduto bene d'abbandonare chi lo disprezzava, adesso è il momento di far vedere a quegli stessi, che la persuasione e non il capriccio l' hanno consigliato, e che ha ancora, lasci ch' io lo dica, lo stesso cuore e la stessa virtù! » « Buon Dio! siete voi che mi parlate così? Chi vi disse tutte queste cose? chi ve le inspira? Io, sì, lo sento il cruccio di star lontano da' miei.... so che le mie povere sorelle piangono e m'aspettano; ma, per me, il domandar perdono sarebbe come rinnegare la verità che ho abbracciata! Nè per questo ho fatto sacrifizio d' ogni cosa; l' ho fatto per ciò che tutti calpestano, per fede e coscienza. Maria, lo vedo, voi non mi amate più! » « Ah! signor Arnoldo, non dica, non pensi così. Io era già morta, e lei mi salvò! La riconoscenza ch'io ne sento basterà oramai essa sola ad occupare tutta la mia vita!... » « Voi parlate .di riconoscenza, ed è amore ch'io vi do- mando. E che? se dovessi anche tornarvi, là nella mia patria, se l'onore mi richiamasse, non andrei superbo di mostrare a tutti qual tesoro io possegga? non benedirei sempre il cielo di poter mettervi a parte d' ogni contentezza della vita, di farvi grande, come siete degna d'essere, più d'ogni altra donna? » « Il suo cuore è giusto e generoso; ma io, quantunque nulla sappia in confronto di lei, sento che questa è un' illusione. Noi so da vero, perché mai abbia preso a voler bene a una poveretta come me; ma so ch' io non lo meritava, e che non ero nata per questa fortuna. Oh non mi guardi così! se ascoltassi soltanto il mio cuore, una cosa così amara non potrei dirla.... E insieme, capisco ch' io le parlo troppo male; pure, al momento in che siamo, bisogna dir tutto com' è. » « Cielo! oltre al non amarmi più, potreste pensare, Maria, che verrebbe tempo ch' io avessi a mancare alla mia fede, all'amore?... » « No! vedo pur troppo che non so spiegarmi, o che lei non m' intende!... E questi suoi rimproveri mi fanno piangere. Ma.... non voglio dire di lei.... Tutti l' hanno amato, e l' ameranno sempre: e come noi dovrebbero, nessuno ardirà disprezzare la fortunata che porti il suo nome. Ma per questa donna felice, se mai fosse d'una condizione diversa dalla sua, una meschina come son io, non ci sarebbe una continua rampogna, un tormento segreto, eterno?... Potrebbe mai credere ad onori che non sono per lei, non arrossire di trovarsi con quelli che mentono con Ia bocca e disprezzano nel cuore, con quelli che tacciono per compassione?... Oh! gli occhi di chi ha molto sofferto leggono in fondo ai cuori, da cui non sono amati, abbastanza per poter piangere ancora. E poi, viene il tempo il più amaro. L'uomo che prima era l' amico, il fratello, il padre suo, il suo tutto, non la guarda più come in quel giorno, in quel giorno felice che nasce una volta sola, e non torna più; non le chiede più di quelle parole che, un tempo, facevano la sua gioia, il suo conforto. Egli è un uomo fatto, un cittadino; ha la gloria che lo chiama, la vita che gli comanda, la società che l'accarezza, il mondo che lo guarda.... Egli non è più solo, come in quel giorno così bello! « Maria, Maria, che cosa dite mai? » « Ah! lasci ch' io sfoghi tante cose che da gran tempo porto nel cuore! Quella poveretta che sente non essergli più necessaria, quella, che quasi un fiore per un giorno gli piacque, non è più la medesima.... Ella tace sempre, piange spesso; ed egli volge indietro la testa, cerca altri fiori più freschi, più belli, perché l'uomo ha sempre bisogno della bellezza.... Oh mio Dio! quest'angoscia non basta sola a farla morire di dolore? E il dubbio che l'accompagna sempre, e il timore di proferire una parola sola che lui dispiaccia, l'affanno segreto di sentirsi così piccola cosa a paragone di lui, e fin la grandezza dell' amore che gli porta, di un amore ch' egli con un solo pensiero può maledir per sempre.... » « Non più, Maria, non più!... Ecco, era una speranza del tutto vana la mia, e voi spezzate quasi l' ultimo anello di mia vita.... Tu, o Maria?.., tu, la più bella, la più santa creatura del Signore, l'unica luce ch' io avessi ancora, puoi abbandonarmi? Abbandonarmi, quand' io, per amarti, ho dimenticato patria, parenti, nome, tutto?... Cielo! dunque la virtù ch' io cercai, altro non era che un delirio, la poesia de' vent' anni, l'incanto d'una primavera? Bisogna che sia così. E ora che farò?... Tornar nei mondo, gettarmi in questo vortice di cose, nell'ebbrezza della passione, nella vita del momento; sì, ridere delle lagrime che si versano da per tutto, e di quelle che farò versare anch' io; e a quanti mi rinfacceranno di non creder più a nulla, nemmeno alla virtù dire: Gli uomini m'han voluto così! peggio per loro. » Maria raccapricciò a codeste strane parole, chinò la fronte e impallidì. Arnoldo la guardava quasi sdegnoso, e levandosi a un tratto, mosse per allontanarsi. « Si fermi, signor Arnoldo, » proruppe la sbigottita fanciulla, « e non mi lasci in questo modo.... Io le ho parlato come una povera giovine onesta, ho fatto il mio dovere. Lei non sa, non vede il mio dolore, ma soffrirei ben di più se non avessi coraggio di parlarle col cuore in mano. La grandezza, la felicità che mi vuol dare, non sono fatte per me: questi due anni della mia vita non saranno stati altro che un sogno, ma il più bello di tutt' i miei sogni!.. Quando penso a queste quattro mura, dove sono nata, dove per tanto tempo sono stata felice anch' io.... quando penso a mio padre, a mia madre, a mio fratello.... Oh se vivessero ancora.... non mi avrebbero certamente benedetta! » « Se que' buoni vivessero ancora, vorrei metter la nostra sorte nelle loro mani. E anche lui, vostro fratello.... » « Il povero Carlo!... Ah se sapesse com'egli pensava e

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Il seguente mattino, Arnoldo abbandonava quelle rive, abbandonava l'Italia. Tornato alla villa dopo il colloquio avuto con Maria, vi aveva trovato alcune lettere d' Inghilterra, fra le quali una di Elisa sua sorella, che dipingendogli il misero stato di salute del padre, il terrore o l' abbandono in cui essa e Vittorina vivevano, lo scongiurava a non perder nemmeno un' ora, a ritornar subito, a ricordarsi del nome che portava, e del dovere di figlio e d' Inglese, che lo richiamavano in patria. Questa lettera finì di persuadere Arnoldo. Bisognava dunque partire, senza rivedere Maria; tutto glielo comandava: e chi sa anche se avrebbe potuto ancora arrivare a tempo per ricevere la benedizione del padre suo? Egli dunque partì. Maria, che in tutta quella notte non aveva mai potuto chiuder occhio, s' era levata col sole, e se ne stava appoggiata al davanzale dell'aperta sua finestra, contemplar di lontano la villa *** dov' egli abitava. I balconi del terrazzo erano spalancati; quella parte della casa aveva l'aspetto d'un luogo abbandonato di recente. Quel pianerottolo deserto, quell'alto terrazzo, quelle vate finestre, le mettevano nell'anima un' involontaria tristezza. I suoi sguardi calarono lenti e distratti allungo della riva.... Nello stesso momento vide una barchetta staccarsi dal piccolo porto che si apriva al piede della villa. Un uomo, avvolto nel suo mantello, era nella barca, la quale ben presto pigliò il largo; il barcajuolo faceva forza di remi contro il vento che increspava tutta la superficie del lago. Un grido doloroso, invano trattenuto, le scoppiò dal più profondo del cuore.... Allora, quasi fosse stato scosso da quel grido, Arnoldo levò il capo, e di lontano la riconobbe. Si alzò, stese la mano verso di lei in atto d'un ultimo saluto; poi, quasi oppresso da forza prepotente, s'abbandonò di nuovo su la prora della barca: la quale fuggendo via via si dilungò rapidamente, finché non apparve più che come un punto nero, nell' iride dell' acque che riflettevano il sole nascente. Ma quand' ebbe perduta di vista quella barchetta, la povera Maria sentì mancarsi il cuore: uno schianto improvviso la soffocò; proruppe in lagrime d'amarissimo cordoglio, in quel piangere caldo e dirotto di chi non ha più speranza. Ella pensava che tutto era finito, che non l'avrebbe riveduto mai più. Angiola Maria visse ancora un anno, nella solitaria casetta, in compagnia della sua vecchia amica, che le era prodiga delle cure le più amorevoli, e che si ricordava così spesso di lui. Aveva raccolte sei o sette povere fanciulle del contado, tutte da quattro a cinque anni, belle creaturine dai capegli d'oro e dai visetti color di rosa, innocenti anime che l'amavano come madre. Insegnava loro a leggere, a dire quelle prime orazioni del fanciullo, che sono il più soave profumo che si innalzi ne' cieli; si deliziava di vederle folleggiare, quelle piccine, per le ajuole del suo cortile; e tutte le metteva a parte di quel poco ben di Dio che a lei era avanzato. Cosi si sentiva abbastanza felice, perchè persuasa e contenta d'aver compito il suo dovere. Innocente e sublime creatura! Essa aveva compito il suo sacrifizio. Al cominciar dell'altro inverno, que' fatali indizii d'una lenta consunzione, sopita per poco tempo ma non vinta, tornarono a spiegarsi; e il dottore, che di quando in quando capitava a visitarla, s' era subito accorto della funesta verità. Pure Maria trascinò i suoi giorni per tutta l' invernata. A poco a poco, ella si consumava, finiva, senza temere di nulla, senza patire. Dio è sempre pietoso, e volle risparmiarle l'ultima angoscia. Le fanciullette sue amiche venivano ancora quasi ogni dì a tenerle compagnia; qualche tolta, alcuna d'esse, la più grandicella, le domandava perchè fosse cosi pallida e dimagrita, e nel domandare pian- geva.... Ma ell'era rassegnata; nè fu udita mai pronunziare un solo lamento; chè anzi, assorta talora in dolce meditazione, le sue labbra s' aprivano a un tranquillo e celeste sorriso. Tornò la primavera, tornò il bel sole, tornarono i fiori; ma il cielo non fu più sereno, nè l'aria ebbe più balsamo per lei. Oramai, ella non sorgeva più dal suo letticciuolo. Al principio dell' aprile, in quel giorno stesso che, un anno prima, aveva veduto partire Arnoldo, ella restituì l'anima pura al Creatore. E le fanciulle da lei tanto accarezzate, e la Marta, alla quale lasciò la sua casetta, e quel buon galantuomo del signor Gaspero, che sempre le aveva voluto bene, furono i soli che l'accompagnarono l'ultima volta fin al luogo del suo riposo. Ella è sepolta presso a suo padre; e quelle due zolle sono protette da un' unica croce. Alcune settimane dopo la morte di Maria, il signor Gaspero stava leggendo agli amici le novità della gazzetta: sedevano a circolo su l' entrata della bottega di Samuele; poichè, al venir della state, l'aristocrazia del paese, come i capi delle tribù indiane, soleva tener consiglio a cielo sereno. Dunque, fra le altre novelle, sotto la data di Londra, egli lesse questa: « - Sir Arnoldo, figlio di lord Leslie, quello stesso la cui conversione alla religione cattolica menò gran rumore l'anno passato nel bel mondo, fu eletto membro del parlamento pel borgo di ***. Si pretende che l'onorevole baronetto deva condurre in isposa una sua cugina, la bella e ricca erede di lord S.... miss Elena Davison. » Il buon vecchiotto continuò a leggere; nè a lui, nè al dottore (il quale però conservava ancora, come reliquie, certe tre quadruple di Spagna lasciategli in dono dal giovine inglese), nè al curato, nè allo speziale, cadde in pensiero che quell'onorevole baronetto fosse appunto il bel forestiero da tutti loro già conosciuto. Non vi fu che il deputato politico, il signor Mauro, se pur vi ricordate di lui, il quale susurrò a mezza voce: « Quel nome non m' è nuovo.... Ma via, a noi cos' importa?... » Bisogna dire, peraltro, che di Maria non si dimenticarono. Il signor Gaspero raccontò più d'una volta la storia della povera fanciulla; e n' era sempre commosso, e conchiudeva seriamente: « Il mondo è una scala, e ciascuno deve starsene al suo scalino. La Provvidenza non ha creato per niente i signori e i poveri diavoli. Dunque rimani contento nella condizione in che essa t' ha collocato, nè voler sollevarti da quella per non perdere pace, libertà e salute.... » Ma, dopo un momento, scrollava il capo, e con un sogghigno di compiacenza, soggiungeva: « Questo è vero! Eppure io sono la prova del contrario. Se fossi sempre stato quel baggeo ch'io m' era da fanciullo, la mia fortuna a quest'ora sarebbe di menar la barca fino a Domaso e di pescare agoni laggiù sotto la riva; ma perchè, in que' bei tempi, non me ne stetti con le mani nel giubbone, da povero merciajuolo son diventato quello che sono, ho veduto quel che so io; almeno ho casa e tetto, e posso fare e disfare anch'io la mia parte; nè mi manca nulla, fuorchè la consolazione d' un' anima bella, come fu Angiola Maria. Ma! un' altra come lei non la troverò più, campassi anche gli anni di Noè. »

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Arnoldo abbandonava a malincuore, e colla fidanza di rivederle, le bellissime spiaggie di Mergellina, di Pozzuoli e di Baja, ove trovavasi allora; abbandonava la delizia di quel mare e di quel cielo veramente, italiani, per ritornarsene, ignaro della domestica fortuna che l' aspettava, nel seno della superba Londra. Qui vide suo padre, acceso più che mai di volontà d'onori e di ricchezze, attorniato di favoreggiatori e di nuovi amici; i quali vivevano tutti del suo credito e de' suoi conviti, e vendevansi a gara alla sua potenza. Il giovane amava le solenni memorie domestiche, e l'antica grandezza di sua famiglia così severa, veneranda e tranquilla, della quale il pensiero de' suoi primi anni gli risvegliava le poetiche ricordanze. Ma allora il suo cuore non era più il cuore del fanciullo; Arnoldo non era più quel di prima. Educato dall'esperienza de' viaggi, dallo spettacolo di tanti e variati costumi, dagli avvenimenti che dovunque parevano incalzarlo, dagli stessi suoi pensieri che si maturavano a volontà più tenace e a più costanti proponimenti, il giovine si persuadeva che il tumulto della vita civile non era per l'uomo che sortì da natura affetti generosi ma tranquilli, non era per lui. Egli era entrato nell'onesta casa del cittadino di Parigi, e nella soffitta del povero operaio di Lione; stanco dalla lunga via sotto gli ardori del sole d' estate, s' era riposato all'ombra d'una vecchia quercia spagnuola, in mezzo a una banda di guerrilleros, che dormivano d' intorno a lui sicuri e spensierati, sul nudo terreno, co' fidi loro moschetti a lato; aveva durato molte notti sotto il tetto d' un casolare svizzero, in cima delle Alpi, alla vista delle eterne ghiacciaie e del paese povero e libero; s'era adagiato nella barca del gondoliere veneziano, e aveva vogato nel navicello del pescatore di Napoli. Allora, aveva sentita più fortemente nel cuore la voce misteriosa della verità e della bellezza, che spiegano allo sguardo sempre e da per tutto una poesia potente e divina, nello spettacolo della natura e nelle vicissitudini del cielo e del mare, nella religione della povertà e nell'entusiasmo degli, umani sacrifizii: allora, meditando a sè stesso, egli aveva conosciuto che ben poca cosa diventano, in faccia d'una provvidenza così grande, le glorie storiche e l'orgoglio d'una famiglia che conta i nomi degli avi e de' redati poderi, nè si giova delle larghe fortune, che per fare nuova grandezza e per ambizioni maggiori. Il cuore d'Arnoldo era buono e mite; generoso, com' il giovine a vent'anni, ardente di trovare nella vita la bellezza e l'amore, come il poeta nelle sue prime inspirazioni, egli avrebbe fatto rinunzia del proprio avvenire e forse di sua stessa fortuna, preparata con sì lunga solerzia, per una vita oscura e modesta, ma consolata dalla benevolenza, dall' amore, dalla semplice e tranquilla amicizia. L' arte della vita per lui altro non era ancora che il bel sogno della virtù. Una sera, lord Leslie, all' uscir della Camera de' Pari, chiamò con gran mistero il figlio nel suo gabinetto. E con insolita amorevolezza, e con la fronte serena, egli ch' era sempre accigliato e di scarse parole, s' aperse con lui: gli disse d'avere spesa tutta la vita per lui solo; gli ragionò della grandezza della famiglia, dell' onoranza degli avi; e conchiuse col proporgli un illustre matrimonio, che doveva ristorar la sua ricchezza, crescere il favore del suo nome, e anche a lui aprire la luminosa via degli onori. In sulle prime, il giovine ristette unitolo e scontento, ma poi non potè rifiutare a suo padre di conoscere almeno la damigella che doveva essergli promessa sposa: la cosa stette intanto segreta. La vide dunque, la conobbe: era bella, orgogliosa e leggiera; era fatta per i piccoli trionfi del gran mondo, non per vivere nel cuore d'un uomo. Arnoldo sentì subito che non avrebbe potuto amarla mai; vide che, insieme alla fanciulla, gli era necessario sposare anche la causa de' parenti di lei; gli parve quasi d' essere venduto, e a questo repugnava. Disse aperta la sua risoluzione al padre, che impaziente aspettava, e lo scongiurò di comandargli qualunque sacrifizio, fuor quello del suo cuore. Levò la testa il lord in atto di maraviglia, impallidì alla negativa improvvisa; e congedò, senza dir nulla, ma in superbo atto, il ribelle figliuolo. Lord Leslie aveva impegnata la sua parola a' genitori della fanciulla: quello strano rifiuto d'Arnoldo rovesciava tutto l'edificio delle sue speranze. Poichè invano ebbe intromessi i consigli d' alcuni autorevoli parenti per vincere l'ostinata ripulsa del figliuolo, risolvè di lasciar l'Inghilterra, e se ne venne con rapido viaggio in Italia, insieme con Elisa e Vittorina. Arnoldo, ignaro affatto di questa subitanea partenza, e dolente dell'ingiusto sdegno del padre, ascoltò il buon pensiero di seguitarlo, per tornar più presto che potesse in pace con lui. Parti non molto dipoi, e lo raggiunse ch' egli era di fresco arrivato. Non dirò come il padre e il figlio s'incontrassero sul terrazzo della villa di***, nè dirò le lagrime e le preghiere delle due giovinette, che tentarono invano di mitigare la cupa collera del vecchio sdegnato. « Io sono figlio vostro » aveva detto Arnoldo supplichevole « e voglio starmi con voi! se voi non mi perdonate ancora, aspetterò che il tempo e la conoscenza delle mie virtuose intenzioni mi tornino in grazia vostra. Sì, avrò pazienza, finché voi non pronunziate sul mio capo la maledizione!... » Lord Leslie parve commosso; ma non cedette, nè rispose che questo: « Andatevene, sconsigliato! Io non vi rivedrò finché non abbiate fatto miglior senno. » - E ogni ragione fu inutile. Ma Arnoldo non rinunciò alla sua affettuosa speranza. Prese a pigione una piccola casa, che non era a più d'un miglio di quella villa; abbastanza contento, se gli avvenisse d'incontrare le sue buone sorelle o sul lago, o sui sentieri della montagna. Con loro, egli ingannava molte ore, ragionando di tante cose, di tante memorie che portava nel cuore. La storia di codesta vicenda famigliare potrà, cred'io, spiegare la sdegnosa tristezza del lord, e l'amorevole preghiera delle due fanciulle, in quella mattina.

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I miei amici di Villa Castelli

214301
Ciarlantini, Franco 1 occorrenze
  • 1929
  • Fr. Bemporad & F.°- Editori
  • Firenze
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
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Solo al tramonto del sole Ella abbandonava la casuccia, e saliva il monte Calvario, lentamente, come aveva fatto Gesù sotto il peso della croce. Intanto scendevano dal cielo a gruppi gli angioli e baciavano la terra ancora sparsa del sangue del Redentore. In cima al Calvario la Madonna, contornata dagli angioli, si fermava ed abbracciava piangendo la Croce nuda. Le lagrime che Ella spargeva intorno si cambiavano in perle bianche. Nei libri dei botanici si chiamano vischio bianco, ma il popolo le chiama «le lacrime della Madonna».

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