La pronuncia in commento evidenzia come la Corte costituzionale, discostandosi da un consolidato indirizzo della Cassazione, abbia abbandonato il criterio classico di ripartizione delle giurisdizioni, fondato sulla natura della situazione soggettiva sottoposta all'esame del giudice: non è infatti rinvenibile nel nostro ordinamento alcun principio o norma che riservi esclusivamente al giudice ordinario la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti.
Le norme sulla nomina dell'interprete e quelle sulla tutela delle "minoranze linguistiche riconosciute" attengono a due ambiti affatto distinti del generale problema delle lingue nel processo penale; quest'ultimo geograficamente circoscritto a determinate regioni ed emerso in definite contingenze storiche; l'altro, storicamente più risalente dato che se ne trovano tracce normative agli albori dell'Europa moderna, era stato già riconosciuto come funzione rilevante nel quadro delle attività di difesa tecnica fin dalla dottrina dell'Ottocento, ma poi in questa prospettiva del tutto abbandonato nella codificazione del 1913 e del 1930; perciò si è giustamente potuto parlare di "mutazione genetica", quando, con il codice vigente, l'istituto ha sempre più chiaramente assunto la configurazione di elemento essenziale nel quadro dell'esercizio di difesa nel processo penale, e quindi nel rafforzamento di garanzie costituzionalmente tutelate nei confronti di imputato alloglotta, sia esso straniero o cittadino italiano, purché sussista il presupposto essenziale della non conoscenza della lingua italiana