La tendenza ineliminabile a rimettere continuamente in discussione i traguardi rischia di riportare in auge modelli a buona ragione abbandonati. Dobbiamo piuttosto chiederci se verso i dirigenti valgano ancora le ragioni di diffidenza come negli anni Ottanta. Se appaiono rari i casi di gestione scarsamente indipendente o opaca, sono molto concreti i rischi derivanti da gestione inefficace e da inadeguatezza culturale dei dirigenti. Mentre la struttura giudiziaria presenta molte soluzioni felici sul piano della scienza dell'organizzazione, la modestia dei risultati dipende da molti fattori, tra cui il basso livello di coordinamento, la ridotta partecipazione, la tendenza di troppi a "autorganizzarsi", l'idea che tutti sono intercambiabili, quella che si oppone ad ogni seria valutazione, la inadeguata valorizzazione delle figure semidirettive. Migliorare i criteri in sede di nomina, non attendere il quadriennio per una prima valutazione del dirigente e non considerare un secondo incarico in sede diversa come un ritorno alla "carriera" sono altri aspetti centrali.
Il presente lavoro cerca di individuarle e di analizzarle in riferimento alla contravvenzione di inottemperanza ad un ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati, per proporre soluzioni non solamente teoriche, ma soprattutto operative, alla luce della giurisprudenza penale (intervenuta sulla questione generale dei poteri del giudice rilevanti nell'accertamento del reato) ed anche della giurisprudenza amministrativa (che ha definito specificamente i confini di legittimità dell'ordinanza di cui all'art. 255.3 c. amb.).