Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonate

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

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Come devo comportarmi?

172129
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Le signorine di adesso sono, in generale, abbandonate al loro buon senso. Per certo il buon senso delle nostre signorine, si è ora sviluppato e educato in ragione diretta delle esigenze e dei desideri della attuale società. Con tante scuole, tanti studi e conferenze e libri fatti a posta per esse, c' è da essere sicuri, che almeno il buon senso abbia acquistato una certa finezza. E il buon senso è come il direttore di tutte le facoltà morali; le quali se si lasciano da esso guidare e dirigere, rigano diritto senza manco una piccola deviazione. Cosi questo bravo direttore, che ha, prima di tutto, imparato a regolare sè stesso, suggerisce alla signorina, il tempo opportuno e il modo conveniente di muoversi, di parlare, tacere, far mostra di non aver capito, capire a volo : di essere contegnosa con gli uni e abbandonarsi con altri a gentile confidenza. Le sussurra i suoi avvisi, i suoi consigli. Oh se le signorine ascoltassero sempre gli avvisi e i consigli del buon senso!... quante delusioni, quante amarezze e mortificazioni e rimproveri eviterebbero! Non vedrebbero nei complimenti diretti alla loro bellezza, al loro spirito, che una cortesia raffinata, quasi gentile menzogna; non crederebbero con cieca fidanza alla sincerità di certe occhiate, di certe strette di mano, di certe paroline armoniose come una musica soave; non intascherebbero come moneta sonante gli applausi fatti alla loro abilità come pianiste, mandoliniste, cantanti, declamatrici, ecc.; non commetterebbero certe mancanze, in urto con la civiltà pia elementare e qualche volta anche con il rispetto e la pietà.

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Io so d'una giovane istitutrice chiamata ad educare una fanciulla del numero di quelle, che non sanno, nè possono, nè vogliono volere; che sono abbandonate, senza difesa all'impeto delle passioni. Povere creature di cui la volontà è sempre vacillante, e instabile lo stato d'equilibrio; incostanti, mutevoli nei desideri, nelle idee, nelle affezioni. La grande mobilità dello spirito e delle disposizioni affettive, instabilità del carattere e delle idee, erano la ragione dell'impossibilità in cui si trovava la piccola allieva della istitutrice che io conosco, di fermare per qualche tempo l'attenzione su una letterina, uno studio, un lavoro qualunque. La povera piccina, non avendo alcuna forza di resistenza contro sè stessa, faceva subito seguire azione all'impulso. E da qui gli improvvisi scatti di sdegno e di collera, gli entusiasmi spiensierati, il subito abbandonarsi alla disperazione od alla pazza gioia, gli inconsiderati slanci d'affetto, le commozioni rapide, i bruschi trasporti, che le facevano pestare i piedi per terra, spezzare oggetti, battere perfino le persone, quando poteva. La fanciullina, passava da un giorno all' altro, anzi da un ora all'altra, anzi da un minuto all'altro con incredibile rapidità, dalla gioia alla tristezza, dal riso al pianto; in certi momenti ciarlava e blaterava da intontire; in certi altri si chiudeva in un mutismo uggioso; un momento era amabile, gaia, gentile; il momento dopo, di un umore pessimo, irascibile, prendeva tutto a traverso, brontolava, si annoiava e annoiava. Spesso prendeva in uggia le persone cui il dì prima aveva dimostrata una simpatia chiassosa e adorava altre che prima sfuggiva. La sua sensibilità si esaltava per i più futili motivi, non si scuoteva alle dolci emozioni; era qualche volta impassibile al racconto di disgrazie lagrimevoli, e piangeva e si disperava per un nonnulla. A un rimprovero severo stava indifferente, e si rabbruscava per una semplice parola male interpretata e mutava in offesa il più semplice scherzo. Il compito della povera istitutrice non era punto facile e se in esso perseverava, è che per davvero era buona e forte. E per vero, prese a voler bene alla povera fanciullina stenta e gracilina, si interessò di lei e trovò che il suo cuore non era punto punto cattivo. Pensò che con una intelligente cura igienica, rafforzando in essa il fisico, sarebbe riuscita a rinvigorirle le facoltà morali, a renderla capace di volere, a educare la sua volontà. E, prima di pensare a renderla buona, lei, che aveva buon senso, si accinse a curarla pazientemente per rinvigorirla; aveva la convinzione, che una volta sana e robusta, sarebbe diventata una fanciulla a modo. Per prima cosa cercò di guadagnarsi l'affetto della piccina insieme con la sua confidenza, senza i quali non avrebbe in nessun modo potuto esercitare la sua influenza morale, nè guidar l'allieva a sua guisa, con l' autorità, che la gentilezza e affettuosità celano, ma non diminuiscono. Forte ne' suoi propositi, ella pensava, che è da tutti, educare una bambina sana e buona; ma che è solo delle nature energiche e generose, il rafforzare e correggere una povera creatura malaticcia, debole e viziata.

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