Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonate

Numero di risultati: 27 in 1 pagine

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Come devo comportarmi?

172129
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Le signorine di adesso sono, in generale, abbandonate al loro buon senso. Per certo il buon senso delle nostre signorine, si è ora sviluppato e educato in ragione diretta delle esigenze e dei desideri della attuale società. Con tante scuole, tanti studi e conferenze e libri fatti a posta per esse, c' è da essere sicuri, che almeno il buon senso abbia acquistato una certa finezza. E il buon senso è come il direttore di tutte le facoltà morali; le quali se si lasciano da esso guidare e dirigere, rigano diritto senza manco una piccola deviazione. Cosi questo bravo direttore, che ha, prima di tutto, imparato a regolare sè stesso, suggerisce alla signorina, il tempo opportuno e il modo conveniente di muoversi, di parlare, tacere, far mostra di non aver capito, capire a volo : di essere contegnosa con gli uni e abbandonarsi con altri a gentile confidenza. Le sussurra i suoi avvisi, i suoi consigli. Oh se le signorine ascoltassero sempre gli avvisi e i consigli del buon senso!... quante delusioni, quante amarezze e mortificazioni e rimproveri eviterebbero! Non vedrebbero nei complimenti diretti alla loro bellezza, al loro spirito, che una cortesia raffinata, quasi gentile menzogna; non crederebbero con cieca fidanza alla sincerità di certe occhiate, di certe strette di mano, di certe paroline armoniose come una musica soave; non intascherebbero come moneta sonante gli applausi fatti alla loro abilità come pianiste, mandoliniste, cantanti, declamatrici, ecc.; non commetterebbero certe mancanze, in urto con la civiltà pia elementare e qualche volta anche con il rispetto e la pietà.

Pagina 132

Io so d'una giovane istitutrice chiamata ad educare una fanciulla del numero di quelle, che non sanno, nè possono, nè vogliono volere; che sono abbandonate, senza difesa all'impeto delle passioni. Povere creature di cui la volontà è sempre vacillante, e instabile lo stato d'equilibrio; incostanti, mutevoli nei desideri, nelle idee, nelle affezioni. La grande mobilità dello spirito e delle disposizioni affettive, instabilità del carattere e delle idee, erano la ragione dell'impossibilità in cui si trovava la piccola allieva della istitutrice che io conosco, di fermare per qualche tempo l'attenzione su una letterina, uno studio, un lavoro qualunque. La povera piccina, non avendo alcuna forza di resistenza contro sè stessa, faceva subito seguire azione all'impulso. E da qui gli improvvisi scatti di sdegno e di collera, gli entusiasmi spiensierati, il subito abbandonarsi alla disperazione od alla pazza gioia, gli inconsiderati slanci d'affetto, le commozioni rapide, i bruschi trasporti, che le facevano pestare i piedi per terra, spezzare oggetti, battere perfino le persone, quando poteva. La fanciullina, passava da un giorno all' altro, anzi da un ora all'altra, anzi da un minuto all'altro con incredibile rapidità, dalla gioia alla tristezza, dal riso al pianto; in certi momenti ciarlava e blaterava da intontire; in certi altri si chiudeva in un mutismo uggioso; un momento era amabile, gaia, gentile; il momento dopo, di un umore pessimo, irascibile, prendeva tutto a traverso, brontolava, si annoiava e annoiava. Spesso prendeva in uggia le persone cui il dì prima aveva dimostrata una simpatia chiassosa e adorava altre che prima sfuggiva. La sua sensibilità si esaltava per i più futili motivi, non si scuoteva alle dolci emozioni; era qualche volta impassibile al racconto di disgrazie lagrimevoli, e piangeva e si disperava per un nonnulla. A un rimprovero severo stava indifferente, e si rabbruscava per una semplice parola male interpretata e mutava in offesa il più semplice scherzo. Il compito della povera istitutrice non era punto facile e se in esso perseverava, è che per davvero era buona e forte. E per vero, prese a voler bene alla povera fanciullina stenta e gracilina, si interessò di lei e trovò che il suo cuore non era punto punto cattivo. Pensò che con una intelligente cura igienica, rafforzando in essa il fisico, sarebbe riuscita a rinvigorirle le facoltà morali, a renderla capace di volere, a educare la sua volontà. E, prima di pensare a renderla buona, lei, che aveva buon senso, si accinse a curarla pazientemente per rinvigorirla; aveva la convinzione, che una volta sana e robusta, sarebbe diventata una fanciulla a modo. Per prima cosa cercò di guadagnarsi l'affetto della piccina insieme con la sua confidenza, senza i quali non avrebbe in nessun modo potuto esercitare la sua influenza morale, nè guidar l'allieva a sua guisa, con l' autorità, che la gentilezza e affettuosità celano, ma non diminuiscono. Forte ne' suoi propositi, ella pensava, che è da tutti, educare una bambina sana e buona; ma che è solo delle nature energiche e generose, il rafforzare e correggere una povera creatura malaticcia, debole e viziata.

Pagina 406

Enrichetto. Ossia il galateo del fanciullo

179186
Costantino Rodella 3 occorrenze
  • 1871
  • G.B. PARAVIA E COMP.
  • Roma, Firenze, Torino, Milano
  • paraletteratura-galateo
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Non abbandonate la tavola mai senza una conveniente ragione e dimandate il permesso quando lo dovete fare. Fino il pranzo aspettate ad alzarvi che n’abbia fatto cenno il capo della tavola. 21. è pur lodevole costume di chiedere a’commensali se han pranzato bene. Questi consigli non eran mai dimenticati da Enrichetto e più scrupolosamente poi eran praticati quando v’erano forestieri a pranzo, oppure quando andava egli a pranzo in casa altrui.

Pagina 35

Famiglie cariche di ragazzi viventi sulle braccia del padre o della madre; infermi senza modo di sussistenza; donne abbandonate senza pane da' mariti giuocatori e scioperati! eran lacrime in tutte quelle case! Ma la Bettina s'adoperava per renderle meno amare; teneva d'occhio i ragazzi di questa, che andava a opera tutta la giornata; portava un po' di brodo a quella, una minestra a quest'altra, e per tutto una parola di conforto; pareva l'angelo tutelare di quelle soffitte. Quando, poveretta, cadde essa malata! Era sola, nessuno poteva badare a lei, nessuno accenderle un po' di fuoco; onde voleva farsi portare all'ospedale. Ma i vicini: o che! Noi non siam buoni da nulla noi? O sì che vogliamo veder questa, lasciarci portar via di qui il nostro buon genio! Che volete andar a confondervi in un ospizio? là in mezzo a tutti quei letti siete di nessuno! E tutta quella buona gente si divise le cure e non le si lasciò mancar nulla. Era cosa che consolava l'animo veder quella donna, che non aveva più nessuno al mondo, fatta oggetto di tante premure! Enrichetto, chè egli era il medico fatto chiamare, in quella soffitta si sentiva come in un ambiente caldo di amore, e n'era riconfortato. Ogni volta che volgeva qualche parola di lode alle assistenti, si sentiva rispondere: o che, la Bettina faceva ben più per noi; se non fosse di lei tanti e tanti non potrebbero più tirar innanzi; la si pensi che ella era capace di passare le intere notti a' nostri letti; e i suoi guadagni dove se ne andavano? Essa avrebbe potuto far la signora, e ora non ha manco un soldo; tutto consumato in queste soffitte a nostro vantaggio. Proprio sotto la stanza di Bettina, come se Dio avesse voluto mettere a riscontro il buono e il cattivo cuore, cadde malato, quasi nello stesso tempo, un uomo, conosciuto col nomignolo di Raffa. Posto sotto la cura de' poveri, Enrichetto l'andò a visitare. Che differenza dalla ordinata, pulita e tiepida cameretta della Bettina! Una stanzaccia senza mobili, da una tavola sdruscita in fuori e un lettuccio di legno tarlato; le pareti nude e sgretolate, senza fuoco acceso e senza legna per accenderlo; si sentiva un ambiente freddo, uggioso, opprimente. Il medico s' accostò al letto, e sur un guanciale sudicio e mal disposto vide una testa calva, del color dell'avorio ingiallito dal tempo, due occhietti grigiognoli, spenti, sprofondati in occhiaie cave del color del piombo; i zigomi sporgenti davano una conformità alla faccia come se l'avarizia vi avesse impresso su il suo ritratto; e veramente del color del rame ne era la pelle tirata sugli ossi, che si potevan contare. Nessuno intorno al letto, la portinaia che l'aveva accompagnato era subito scomparsa; onde Enrichetto, mosso a pietà, veniva interrogando l'infermo, il quale con voce fioca e stenta esclamava: brutta cosa la miseria; tutti s'allontanano! Il medico lo confortò, e visto che il male non era prodotto che da mancamento di cibo e da prostrazione di forze, gli fece coraggio e cercò di aiutarlo come meglio sapeva. Andò di sopra e si volse ad una di quelle donne che vide tanto caritatevole verso la Bettina, e la pregò a voler anche dar un'occhiata a quell'infelice di Raffa. — A chi, rispose quella con sdegno mal represso, a quel brutto mostro d'usuraio, che, ricco sfondato, lascia morir di fame i suoi parenti, nè farebbe limosina d'un soldo se fosse per morire? A queste parole restò meravigliato Enrichetto, e più ancora quando venne a sapere come quel miserabile dal nulla, a forza di usure e di ruberie, fosse venuto ad ammassare un ricchissimo capitale. — E con tanti denari, continuava la donna, cada il mondo, non spende un soldo; vive di radiche d'erbe e pan muffito. Aveva preso con sè una nipotina perchè gli governasse la casa, ma perché mangiava troppo, subito la rimandò. Non vuol veder nessuno intorno a sè, sospettoso, malfidente se v'e n'è uno. La Bettina quanto aveva era nostro, seguitava essa, ci aiutava, ci vuol un bene a tutti.... è giusto che non la dimentichiamo nemmeno lei, ma quello lì non che aiutarci,ci avrebbe spogliato di questi pochi cenci che abbiamo attorno! È malato, nessuno l'accudisce? Dio è giusto, viva nel deserto che s' è fatto intorno a sè. Che ne seguì? Bettina dopo poco fu pienamente ristabilita in salute; Raffa, a cui nulla potevano giovare le prescrizioni del medico, perchè per non spendere non n'eseguiva alcuna, poco appresso morì. Nessuno lo pianse, nessuno ebbe una parola di compassione per lui. I denari, gli osservava Enrichetto per spingerlo a servirsene, non sono beni, ma solo rappresentanti de' beni, sono non il fine, ma il mezzo e lo stromento per soddisfare a' nostri bisogni; ma era un dir a sordo. I nipoti colla più schietta allegria, ne fecero i funerali, e l'oro con tanti stenti accumulato, in breve sfumò. È il caso di riferire il detto del Vangelo: male parta male dilabuntur; che si può tradurre nel volgare proverbio:La farina del diavolo va tutta in crusca, od anche in quest'altro: Quel che vien di ruffa raffa, se ne va di buffa in baffa.

Pagina 81

Voi dite che gli altri pagan di più e fan lavorar meno; bene, abbandonate questa fabbrica, e andate là. Questo è mezzo legale: e quando il vostro padrone vedrà disertare la sua manifattorìa, penserà meglio a' casi suoi. — Ma il nostro principale, saltò su il primo, ha fatto i milioni col nostro lavoro; è una solenne ingiustizia lui in feste, e noi mancar fin di polenta. — Ebbene, di ripicco Enrichetto, seguite pure nello sciopero, che pro ne avrete? Il vostro principale cercherà altri operai, e ce n'è a iosa, e voi resterete sul lastrico con un palmo di naso, e colle vostre grida in gola, e dopo una settimana andrete di nuovo a domandare per carità, che vi si accetti a qualsiasi condizione. E poi, quanto tempo è che lavorate a tali patti? Siete sempre stati contenti, e ora..... Sapete perchè v'inalberate? Perchè qualcheduno, cui torna a conto che si facciano scandali, vi venne a sobillare; e voi siete ciechi stromenti di non so qual ambizione. Ragioniamo qui alla grossa fra noi, col semplice buon senso. Ora voi avete disertata la fabbrica, e continuerete così una settimana. Voi siete ben lungi dal calcolare i danni che portate a voi e all'industria nazionale. Le macchine non vanno più, il lavoro non si finisce,il fabbricante compera tanto di meno di seta, di lana e via; le materie prime perdono un tanto di valore, e il povero contadino, il bracciante s'affatica invano. Oltreciò l' opera mancata fa sì che il consumatore si volga altrove e anche a fabbricanti stranieri, e quindi minore ricchezza e minore prosperità nella nazione. — Ma intanto, interruppero gli operai, mettiamo in impaccio il fabbricante, e avrà somma grazia di far buon viso alle nostre domande. — Adagio, miei cari. E se il vostro fabbricante, stizzito dalle vostre pretese, si appagasse della già fatta fortuna, e chiudesse la sua fabbrica, e vendesse le macchine?.... Ma facciamo che questo non accada, il vostro principale però sapete che è ricco, che ha scorte; può dunque aspettare. Ma voi, voi non avete scorte, perdete una settimana, son nove lire di meno, che entrano nella vostra case, mentre dovete pur mangiare e quindi consumare senza produzione; anzi stando in ozio e in isciopero, consumate ancora di più, le taverne se ne consolano. Ora mettiamo pure che il vostro principale faccia ragione alle vostre domande, e paghi dieci centesimi in più le vostre giornate, sapete quanti giorni dovete lavorare per compensare il perduto? Tre mesi, capite? Dunque conchiudiamo, invece di dar retta alle subornazioni, che vi han posti sulla mala via, dovevate venir a questo partito: eleggere tre o quattro fra i vostri compagni, quelli che hanno una certa autorità per condotta e per intelligenza, mandarli al padrone ad esporre le vostre ragioni con dignità e con calma. I padroni, se sono prudenti, e vedono una domanda equa, la prenderanno in esame, è del loro interesse accondiscendervi. In questo modo voi senza perdere tempo, senza fare uno scandalo, senza dare cattivi esempi a' vostri figli venivate nel vostro intento. — Ma se il padrone avesse fatto orecchie da mercante? Obbiettarono gli altri. — Allora pazienza, riprese Enrichetto; ciascheduno di voi doveva aspettare il suo bello, continuare a lavorar in pace, e nello stesso tempo cercare dove le paghe fosser maggiori, e appena venuto il colpo piantarlo lì. — Lei, signor dottore, parla bene; ma intanto le par giusto che noi ci leviam la pelle dalle mani per ingrassare il nostro padrone? Perchè sono i nostri sudori che fan crescer le casse del principale; senza di noi non potrebbe far nulla; e noi siam nella miseria, fino agli occhi,e lui va in carrozza. Bella giustizia! le son cose che urtano il senso comune. Al diavolo lui e tutti i fabbricanti del mondo. — Acquietatevi, voi vi lasciate ingannare dalle apparenze. Ma se non vi fossero i fabbricanti, se non vi fossero i ricchi, chi farebbe lavorare i poveri, chi li pagherebbe? — Oh, è qui che lo vogliamo, risposero con aria di trionfo gli operai, se non ci fossero ricchi, non ci sarebbero più poveri; tutto quel danaro, tutte quelle proprietà che hanno usurpato a danno degli altri si distribuirebbero ugualmente fra tutti; chè tutti in fin de' fini siamo uguali. E da quand'in qua due o tre dovranno essere felici e tutti gli altri diseredati? Abbiamo sentito ripetere da quei che sanno, che il guadagno, che i padroni fanno sul nostro lavoro, a buona giustizia dovrebbe essere spartito fra noi operai... — Già, i padroni dovrebbero star paghi di procurare a voi lavoro senza punto di lucro per sè; loro deve bastar la gloria! — Ma lei non bada che se si spartissero le ricchezze non vi sarebbero più padroni. — E allora come fondar laboratorii, come comprar macchine senza capitale?... — Il capitale è il nostro lavoro. — Sentite qui: voi, da quel che intendo, vi siete lasciati imbeccherare da qualche cervello balzano, che ha studiato il diritto commerciale e le dottrine sociali alla carlona per confondere le teste che non han studiato. Ora, sapete voi che cos'è il capitale? È il risparmio sul guadagno del proprio lavoro, e non il lavoro, come voi dite. Ora ascoltatemi bene, il vostro padrone, ad esempio, come venne ricco? Trent'anni fa, me lo disse egli stesso più volte, era semplice operaio, come voi adesso; ma lavorando con buona volontà e non sciupando il danaro, come tanti che conosco io, nelle taverne a ubbriacarsi, fece qualche risparmio, e in questo modo incominciò a raccozzare un po' di capitale, che investì nella fabbrica. Appresso il padrone suo, per premiare e l'intelligenza e lo zelo suo nell' adempiere al proprio dovere, lo fece direttore della fabbrica. Quando poi quegli volle ritirarsi dall'industria, il vostro principale aveva già tanto di capitale, che acquistò egli la fabbrica. Dunque vedete, che se ora egli è ricco è una ricchezza procacciata col santo sudore, della sua fronte. E adesso voi vorreste senza fatica di sorta andar a dividere con lui i suoi risparmi? Ditemi se la è giustizia! — Lei ha ragione, risposero un po' confusi i due lavoranti; ma chi nasce ricco senza punto aver faticato? — Costui, interruppe Enrichetto, eredita il risparmio de' guadagni del lavoro di suo padre e de' suoi maggiori. — E questa cosa par giusta a lei? Passi che uno goda i suoi guadagni, ma chi non ebbe altro merito che di nascere, pare... — Ah, ora siete proprio fuor di cervello, scappò fuori con impazienza il dottore. E per chi lavora il padre se non per la famiglia, per lasciar un po' d'agiatezza a' suoi figliuoli? Voi avete figli tutt'e due; e se ora col lavoro poteste far risparmio d'una trentina di mille lire, vorreste voi risparmiarle per i figliuoli degli altri? I figli nostri sono una continuazione di noi, sono noi, sangue nostro. I due operai si guardarono in faccia e si dissero: pare che il dottore dica bene. Ma poi stati lì ancora un poco pensosi, scossero finalmente il capo e proruppero: ora che lo sciopero è incominciato si debbe tirar innanzi. E fuggirono di lì senza dar tempo ad Enrichetto, che stava per offrirsi conciliatore tra gli scioperanti e il padrone; onde non potè che stringersi nelle spalle e profferir tra i denti:

Pagina 89

Le belle maniere

179980
Francesca Fiorentina 2 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Pagina 116

Pagina 128

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180583
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La maggioranza dei nostri «peccati» si consuma però nelle soste: auto abbandonate in doppia fila «per una commissione velocissima» o arrampicate sul marciapiede davanti alla scuola per non far fare al pargolo neppure un passo, o che ostruiscono quasi del tutto un passo carraio (mentre fingiamo di credere che «c'è ancora un sacco di spazio per passare»); oppure quando occupiamo, arrivando da dietro, il posto che un altro automobilista stava pazientemente aspettando, con tanto di freccia: un «furto con destrezza» di cui alcune signore sono vere specialiste, con I'istinto tipico del cuculo. Ultimo baluardo del galateo tradizionale delle quattro ruote è la sistemazione dei posti auto: alla persona più importante dovrebbe essere riservato il sedile accanto a chi guida, a meno che non preferisca sedere dietro. Se una coppia ospita in auto una signora, tocca alla moglie sedere dietro; ma se è lei che guida, il marito siederà dietro. E se l'ospite è un uomo? Il galateo direbbe di non cedergli il posto d'onore, ma secondo me è meglio decidere di volta in volta.

Pagina 140

Il Galateo

181067
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
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. - Non abbandonate l'ospite a se stesso («io sto fuori tutto il giorno, fa quel che ti pare, ciao») ma non assillatelo con le premure: «Cosa vuoi fare? Stai comodo? Vuoi più luce? Ti metto una coperta sulle ginocchia? Sei certo di star bene? A cosa pensi? Hai l'aria stanca, come mai?» Come potrebbe non avere l'aria stanca con un trattamento del genere? - E infine non assumete, neanche se l'ospite è un ragazzo, un piglio militaresco («Svegliarsi! Alzarsi! Si va a tavola! Si esce! Si va a letto!»). L'ospite non è una recluta, e non è un bambino bisognoso di cure. È un amico che passa qualche giorno in casa vostra: lasciate che si senta libero (di sedersi, di alzarsi, di uscire, di dormire, di tacere). Non libero di fare i propri comodi infischiandosene delle esigenze di chi lo ospita: c'è sempre un modo (magari scherzoso, sempre amichevole) di far capire a un ospite indiscreto che la nostra casa non è un albergo e noi non siamo elettrodomestici.

Pagina 78

Il tesoro

181916
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La sua vita ha preso un altro indirizzo e le abitudini goderecce vanno abbandonate. Per contro anche il fidanzato è tenuto a dimostrare alla sua fidanzata quell'attaccamento che lo ha indotto a presceglierla fra tutte.

Pagina 597

Il saper vivere

186165
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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I gomiti devono essere sempre accostati al corpo e le mani, nei momenti in cui non sono "occupate" con le posate, non vanno mai abbandonate in grembo, cosa che invece avviene normalmente nei Paesi anglo-sassoni. Non agitatele sotto al naso del vicino di tavola, nel corso di una discussione, e non invadete la sua zona con gesti bruschi e sgraziati che possano disturbarlo mentre mangia.

Pagina 112

Galateo per tutte le occasioni

188060
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Se avete intenzione di educare fin da piccoli i vostri bimbi al piacere della spesa sono vostre scelte, ma almeno rendetevi conto di quanto fastidio possono creare a chi già fatica a muoversi nella normale ressa di adulti distratti; ✓ se la persona che vi precede in fila in pescheria ha dimenticato o non si è accorta di dover prendere il biglietto, non fate finta di nulla per fregarla, ma avvisatela o lasciatela comunque fare i suoi acquisti prima di voi; ✓ non abbandonate in giro cibi freschi se avete cambiato idea. Si guastano: lo spreco incide sui costi dei prodotti e sull'economia biologica del pianeta; ✓ quando siete alla cassa, interrompete la confezione dei sacchetti per pagare, quindi spostatevi di lato per proseguire, in modo da non ostacolare il pagamento del cliente successivo; ✓ i carrelli non sono cestini della spazzatura. I guanti per raccogliere frutta e verdura, le liste e altri rifiuti vari non vanno abbandonati lì dentro ma gettati negli appositi contenitori; ✓ le persone che lavorano nei supermercati non sono trasparenti. Salutarle, magari con un sorriso, è doveroso; ✓ infine una attenzione generale: se si ha tempo, perché in pensione o con orari di lavoro diversi dalla maggioranza, è bene cercare di evitare i momenti di maggiore affollamento del supermercato (dopo le cinque e il sabato). Non si tratta solo di una cortesia, ma di un banale accorgimento che potrebbe agevolare tutti. Perché in tanti paiono dimenticarsene?

Pagina 239

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188469
Pietro Touhar 2 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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Procurate dunque di non distrarvi; non rivolgete la parola a chi vi sta accanto, non fate gesti che possano parere indizi d'impazienza, non tossite, non vi abbandonate insomma ad alcun atto che possa smentire quella premura che aver dovete per la buona accoglienza della lettura che vi vien fatta. Potete peraltro addimostrare la vostra approvazione, se vi sembra opportuno, ma coi debiti riguardi; chè se vi faceste a interrompere troppo spesso il lettore, potrebbe parere che andaste cercando una distrazione nella prodigalità degli applausi. Fareste eziandio cattivo servigio al lettore, se il vostro plaudire lo interrompesse in mezzo a un periodo di maggiore effetto e sul quale fondato avesse le sue più lusinghiere speranze. Non importerà avvertire quanto starebbe male che alcuni si ponessero a far crocchio da sè prima che una lettura sia giunta al suo termine. Le serate musicali presentano pressochè i medesimi inconvenienti, e richiedono le stesse cautele e non meno benevola attenzione. Vi avverrà talora di dover udire un pezzo di musica stentato, eseguito senza grazia, senza armonia; le vostre orecchie non devono mostrarsi infastidite dalle stonature; nè dovete far mostra di volervi astenere dai consueti elogi che peraltro nulla significano. Anche la civiltà ha certi obblighi talora gravosi, ai quali ciascuno, senza bisogno di mostrarsi servile o piaggiatore, deve per benignità e gentilezza d'animo sottoporsi. Il vestiario, per chi vuole debitamente fare onore alla comitiva, è cosa da farne conto; e soprattutto le donne devono saperlo adattare alla circostanza, e perfino alla forma dell'invito. Fuggano sempre ogni sorta di esagerazioni, ma non affettino trascuranza o dispregio delle più ragionevoli consuetudini. Se la grazia è necessaria per sapere assistere ad una riunione festiva, la modestia è ornamento ben più d'ogni altro pregevole. Non saranno mai troppe le cautele delle fanciulle in questo punto, e massime al loro primo comparire nella società. Sfuggano eziandio la estrema vivezza dei modi, l'arditezza degli sguardi, le risa smoderate, i sorrisi maliziosi, tutto ciò insomma che richiamar potrebbe attenzione sopra di loro. Siano disinvolte con naturalezza e con grazia; modeste senza affettazione di eccessiva ritrosia, ingenue, dignitose, prudenti; e si ricordino che spesso dal loro contegno, nei primi passi che faranno in mezzo alla società, può dipendere la futura riputazione in questa parte della umana convivenza. Dobbiamo: Porgere attenzione alla lettura di un componimento a cui abbiamo consentito di assistere; applaudire con opportunità e moderazione; mostrarci benevoli verso chiunque si cimenta nelle ricreazioni musicali: osservare le usanze relative al vestiario da conversazione; essere cautelate in ogni incontro. Non dobbiamo: Assentarci o tirarci in disparte prima che sia posto fine ad una lettura nelle riunioni letterarie; interrompere una lettura o pezzo di musica con applausi fuor di luogo.

Pagina 118

Che se ciò a voi avvenisse, non vi lasciate indurre ad operare contro civiltà; non vi abbandonate a inutili lagnanze ed ingiusti rimproveri. Anzitutto convien sapere esporre con chiarezza e con precisione il fatto vostro; poi non lo dovete impacciare con inutili perditempi; e saria indizio di goffaggine incolparlo della cattiva riuscita della causa, subito che avendolo scelto a vostro difensore l'avete giudicato meritevole della vostra fiducia. V'è da osservare qualche cosa anche intorno alle persone che stanno alla mercatura, professione onorata al pari d'ogni altra. Talchè sarebbe atto di biasimevole orgoglio il non fare buon viso alle garbatezze che vi dimostrano. Quanto più sono costrette a soddisfare alle richieste spesso indiscrete dei compratori, tanto più dovete con urbanità corrispondere alle loro premure, mostrando che fate conto della pazienza da esse usata. Non dovete pagar loro il tempo e la fatica necessari alla scelta che far volete con ogni ponderazione, ed è giusto che ringraziate chiunque s'è mostrato cortese nel dar pascolo alla vostra curiosità. Questo capitolo potrebbe certamente comprendere molte altre avvertenze, ed estendersi a più minute ricerche; ma il già detto deve bastare per far conoscere la necessità della buona creanza in ogni parte del civile consorzio. Dobbiamo: usare moderazione nei rimproveri ancorchè siano giusti e spetti a noi il farli al nostro simile; discretezza nelle amichevoli corrispondenze; cortesia verso chiunque, in particolare molta gentilezza d'animo verso chi ci dà l'opera sua, il suo ingegno, il suo tempo. Non dobbiamo: Mostrare troppa dimestichezza coi superiori, nè tampoco servilità; non albagia con gli eguali o con gl'inferiori; nè fare sfoggio d'ingegno o di sapere studiandoci d'offuscare o di umiliare gli altri; nè fare onta alla fiducia da noi riposta in chi la merita.

Pagina 44

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190486
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
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Ecco, allentate le cravatte, abbandonate i bicchieri di cristallo, ogni tanto fatevi un bagno nell'istinto puro e selvaggio e sarà ancora più bello farlo con la compagna o il compagno di sempre. Parlate con la bocca piena, mugolate e date nomignoli rubati al lessico dei ricettari, sono tanto apprezzabili in privato quanto insopportabili in pubblico. Alessandra Graziottin, medico ed esperta in sessuologia, lo consiglia vivamente: «Questa società sta diventando frigida. Il sesso si fa virtuale, il cibo diventa fiction: tutta scena. Basti pensare ai nomi stupendi che tanti ristoranti coniano per cibi che poi risultano insipidi, o alla cura maniacale che si mette nella preparazione della tavola: in fondo tradisce un rapporto cerebrale con il piacere. Io, alle pazienti con problemi sessuali, prescrivo anche di mangiare con le mani. Se gusti la vita gusti anche il cibo». Imboccate, sporcatevi, trangugiate, centellinate, sbrodolatevi, mordicchiate: insomma, nell'intimità trasgredite anche le regole del buon comportamento a tavola. Proprio quelle che sono elencate in questo libro.

Pagina 12

Donnine a modo

193988
Camilla Buffoni Zappa 3 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Trevisini - Editore
  • Milano
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Evitate sempre di trovarvi nella folla, ma se involontariamente vi capitaste, se appena appena sapete di un'altra via che potete percorrere abbandonate quella ove tanta gente si è radunata, se ciò è impossibile aspettate tranquillamente che quell'onda umana si diradi, e non fate, per carità, a gomiti per passare. 34. Certo qualche volta avrete occasione di andare in un cimitero; qualunque sia la ragione che vi guida ricordatevi che è un luogo sacro; quindi è assolutamente proibito dal cuore e dall'educazione di schiamazzare, di ridere, di criticare le epigrafi, di cogliere fiori. 35. A proposito di cimiteri, un'altra parola: se di recente aveste persa una persona carissima, piuttosto di dar spettacolo in pubblico del vostro dolore con grandi lagrime astenetevi dalla visita alla sua tomba, sino a che il tempo avrà lenito la prima angoscia, e vi sentirete di poterla visitare col cuore addoloratissimo ma l'aspetto calmo, che è un rispetto alla stessa sciagura che vi ha colpite. 36. Dietro un funerale andrete in abiti scuri, e serberete un contegno serio e dignitoso, come si conviene alla maestà della morte. 37. Se un povero vi chiede l'elemosina, e non gliela potete fare, rispondete con bel garbo, in modo da non mortificarlo; ricordatevi che non di soli quattrini si benefica un infelice. 38. Avevo una nonna che mi adorava, e temeva continuamente mi potessi far male: ebbene, quando uscivo con lei mi divertivo ad aspettare l'imminente passaggio di una vettura per attraversare la via. La povera signora emetteva grida ch'io odo ancora dopo tanti anni; io penso ora che ero una cattiva e male educata bambina, e vi scongiuro di non imitarmi. 39. Se incontrate per via due guardie che tengono fra loro uno o più individui ammanettati, tirate diretto per la vostra via senza dar segno di averli veduti. Quei miseri benchè colpevoli, anzi per questo, sono infelici, e la pietà verso la sventura è la più bella patente di animo delicato e di educazione squisita. 40. Non vi diportate altrimenti se incontrate un ubbriaco. 41. Una fanciulla non stende mai la mano a nessuno, ma non la rifiuta se la persona che gliela porge frequenta la casa de'suoi genitori. 42. Ventaglio, manicotto vanno tenuti compostamente, non dimenticati qua e là nei negozi, alla scuola, in casa di amiche, ecc. 43. Per il parasole valga quanto dissi per l'ombrello. 44. Le signorine per bene rispettano tutto ciò che non è di loro proprietà più delle cose che a loro appartengono; quindi non toccano mai ciò che sta esposto nelle vetrine, nè sul banco del negozio ove fossero entrate, nè in qualsiasi altro luogo.

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Non vi abbandonate ad atti di rabbia o d'ira, non scattate come molle inglesi, siate sempre calme padrone di voi stesse per non diventare zimbello degli altri. 28. Tenete la testa diritta, non troppo alta come cavalli restii, nè troppo bassa come se cercaste sempre qualche oggetto smarrito. Del resto tenetelo a mente, più il contegno di una ragazza è modesto e più riesce simpatica a chi l' avvicina. 29. Non vi mordete le labbra, non parlate con voi stesse. 30. Se parlate con persone titolate, ricordatevi di rivolger loro la parola accompagnandola del titolo a cui hanno diritto. 31. Se vi trovate con persona che sapete in rapporti piuttosto freddi con la vostra famiglia regolatevi come se lo ignoraste, e misurate la vostra cortesia al grado di parentela o conoscenza che vi lega. 32. Non siate curiosi di vedere, nè di sapere cose delle quali vi accorgete che si vuol lasciarvi ignorare. 33. Non siate permalose, a rischio di diventare antipatiche a chi vi conosce. 34. Non chiedete un consiglio se non siete decise a seguirlo. 35. Parlando con alcuno tenete gli occhi alzati verso chi vi parla, sfuggire lo sguardo di colui col quale conversiamo risente d'ipocrisia. 36. Se entrate in un luogo pubblico o privato chiudete la porta con garbo in modo che non sbatta e non resti socchiusa. 37. Se siete innanzi a persone che leggono cessate ogni sorta di chiasso, e non parlate neppure sottovoce. 38. Affaciandovi alla finestra non mettete nulla in testa; ma ricordatevi che meno ci state e meglio è. In ogni modo non parlerete mai dalla finestra. 39. Non parlate in coro, per carità. 40. Non riferite mai cose che abbiate potuto vedere o sentire. 41. Se foste portate della mamma in visita salutate con garbo, non toccate alcun oggetto, non parlate se non siete interrogate, non contraddite mai un racconto che facesse chi vi accompagna, state composte, trattenete ogni segno di noja, ecc. 42. Se vi fossero offerti dolci accettate con moderazione e ringraziate. 43. Non è permesso, fanciulle mie, di mettersi in tasca dolci o altro, che ci fossero stati regalati durante una visita; si mangiano seduta stante, senza sporcarsi. 44. Se si volesse proprio che li accettassimo, se quasi ci si facesse forza cacciandoceli in tasca, fa duopo rinunciare anche ad assaggiarli: si mangiano a casa. 45. A chi vi interroga dovete rispondere con grazia con semplici monosillabi sìenoma dovrebbe accompagnare l'affermazione o negazione con la parola signore, e signora; e nel caso aveste a parlare con persona titolata dite anche il titolo qualunque esso sia: per esempio: con piacere, signora contessa; no, signor barone; si, signor capitano, volentieri, signor generale, ecc. 46. Vi potrebbe accadere d'incontrarvi per via o in un negozio con una compagna di scuola di condizione assai inferiore alla vostra; non è necessario, è vero, vi dica, che darete prova di buona educazione salutando cordialmente, e che sarebbe un vero atto inurbano se fingeste di non conoscerla? 47. Con gli operai che potessero venire a lavorare in casa vostra siate anche cortesi, e ricordatevi che sono anch'essi uomini come voi; con le cucitrici, le sarte siate graziose, ma non date loro confidenza. 48. Ho veduti ragazzine guardare sopra le spalle di chi scrive o leggere quanto si va tracciando sul foglio. Sono cose contrarie a ogni nobile sentimento e contrarie ad ogni cortesia. 49. Non tenete le mani sotto il grembiale, nè in tasca sebbene faccia freddo, se non volete esser giudicate senza educazione. 50. Ne è più lecito mettersi le mani in bocca e nelle orecchie, nè pulirsi i denti in nessun modo fuori dalla propria stanza, nè sciaquarsi la bocca, nè tagliarsi le unghie in presenza altrui. 51. In presenza altrui è vietato, sotto pena di sentirsi dare il titolo di zotiche, levarsi i stivaletti, e peggio le calze. 52. Non parlate mai male di nessuno, meno ancora degli assenti, la maldicenza in bocca a una fanciulla diventa una vera sconcezza. 53. Dovendo accennare a una persona presente per dire che ha fatto, ha detto qualche cosa, non dite è stata lei, è stato lui, ma a seconda della persona con la quale parlate, dite è stato il signor tale, e qui nome o grado. 54. Solo trattandosi di una parente, di un'amica dite è stata: è stata Lucia, l'ha fatto Maria. 55. Quando ringraziate non ditelmille grazie,che puzza volgarità dite solo grazie e chinate un pochino il capo. 56. Fanciullette care, conosco un bravo avvocato che d'inverno è la disperazione delle signore con le quali parla, poichè spennacchia loro tutto il manicotto, o qualsiasi altro oggetto di pelliccia la signora rechi in dosso. Finì col sentirsi dire che era veramente un legale che spenna i clienti. Fu una scherzosa lezione che il mio buon amico si era meritata; fate voi di non incorrere nello stesso rischio, e se anche parlate con una sorella, una compagna, non le tirate i bottoni dell'abito, non le aggiustate il golletto, ecc. 57. Non dite mai a chi vi parla.Che ha detto? che cosa? che?Bisogna prestar attenzione a chi vi parla perchè è scortesia far ripetere due volte la frase stessa. Ma se si dà il caso che non abbiate capito domandate scusa, e pregate vi si ripeta quanto vi era stato detto. 58. Se davanti a voi si ferma, e vi parla un estraneo, o un parente maggiore di voi, alzatevi in piedi,e ritte e ferme ascoltate quanto vi si vuol dire. 59. Incontrando una compagna di scuola insieme a qualcuno della sua famiglia, a qualsiasi persona civile chinate il capo, senza segni amichevoli per lei; se è accompagnata da un domestico salutatela come si usa tra fanciulle educate. 60. Camminando non urtate le persone con i gomiti. 61. Se salite in una vettura con vostra madre, col babbo, o qualsiasi altra persona adulta lasciatele loro la destra; se queste persone sono più d'una occupate il sedile davanti; ma non insistete per stare davanti se è un uomo che occuperebbe uno dei posti d' onore, e se vuole cedervelo. Dovendo salire in una vettura lasciate prima passare la mamma, qualsiasi altra signora che accompagnaste; scendendo, siate le prime, e porgete la mano a colui che è con voi. 62. Gli ordini al cocchiere dovete lasciarli dare dai vostri maggiori, o fratelli. 63. Se vi trovate in ferrovia state molto composte; brutto vedere un fanciullo indisciplinato, ma per una C. BUFFONI-ZAPPA 5 ragazza la cosa è ancora meno lecita. Bambini e ragazzi sono lo spauracchio dei viaggiatori, fate di togliere d'addosso alla vostra classe questa prevenzione che vi vuole male educate. 64. In ferrovia non pretendete di tenere i vetri chiusi od aperti ad ogni costo, nemmeno se vi trovate voi stesse allo sportello; e poichè l'igiene vuole che da un solo lato del vagone si tengano aperte le finestre, in modo da evitare le correnti d'aria, così dopo un po' di tempo chiudete la vostra finestra per mettere gli altri nella possibilità di aprire la loro. 65. So che quando viaggiate, o quando semplicemente vi trovate intramvi affacciate alla finestra dimenticando così uno dei più elementari insegnamenti del galateo che è quello di non voltare il dorso alle persone. 66. Sarà difficile, ma forse dovrete viaggiare di notte: in questo caso non è lecito togliervi le scarpe nemmeno se i piedi vi dolessero. 67. Se dormite badate di non recare incomodo agli altri; è una pena quando in un vagone completo una persona si addormenta; dondola da tutte le parti; casca addosso ora al vicino di destra ora a quello di sinistra. 68. Se abitualmente russate, evitate di dormire di giorno. 69. Sdrajarsi in modo da mettere i piedi addosso a qualcuno è villania. 70. Appoggiare i piedi sul sedile di faccia non è meno brutto. 71. Ridere di alcuno che in ferrovia, o su un battello a vapore potesse sentirsi male, è cosa da persona volgare, come l'ostinarsi a stare in pubblico sentendosi male. 72. Se andate in un albergo e non vi è permesso spassarvi nei corritoi, affacciarvi alla soglia delle stanze d'altri viaggiatori, far chiasso, chiamare con la voce i camerieri, farvi vedere nei corritoj mezzo svestite. 73. In treno la fanciulla ben educata non sale in piedi sui sedili, perchè oltre esser questo un atto scomposto disdicevole a una signorina, oltre il portare ad essi un guasto inevitabile, mette gli altri viaggiatori a rischio di insudiciarsi gli abiti. 74. Non s'imbrattano le pareti dei vagoni con sgorbi di matita, nè con qualsiasi altra cosa. 75. Non si strappano le tende dei finestrini, nè le frangie dei sedili. 76. Non si prende d'assalto un finestrino per tenerlo sino all'arrivo. 77. Passando in vista di paesaggi bellissimi non si nasconde ai compagni di viaggio la visuale. 78. So di certe signorine che se fanno appena un viaggio un po' lungo, giunte in vicinanza della stazione d'arrivo si sciolgono i capegli se li ravviano col pettine, e ciò è brutto, brutto, brutto. 79. Anche facendo un viaggio lungo non è permesso, mettersi, come si dice, in libertà, cioè, slacciarsi gli stivaletti, togliersi i guanti, allentarsi abito, ecc. Solo si può senza incorrere in una scorrettezza togliersi il cappello. 80. Le mie lettrici hanno passato tutte gli otto anni quindi se viaggiano, i loro genitori possono ammetterle alla tavola rotonda; vi rinnovo in questo caso tutte le raccomandazioni che vi feci per la tavola di famiglia, più, siccome a questa tavola la regola esige che vi serviate da voi stesse (questo vi avviene anche ogni volta che siete invitate a pranzo) mi raccomando, gli aveste anche appena appena toccati quei cari sette anni, non vi servite in modo che gli altri possano criticarvi. Con ciò voglio dirvi di non scegliere questo o quel pezzo, tasteggiando con la forchetta gli altri pezzi, nè prendere molta roba, perchè si tratta di cosa di vostro gusto, non toccare le frutta per prendere quelle più mature, se vi versate da bere non empite il bicchiere. Il vostro contegno a tavola rotonda sia tale da non permettere ai vostri vicini, nè di rivolgervi la parola, nè di versarvi da bere. 81. Entrando in una sala da pranzo d'albergo, avrete lasciato in camera vostra il cappellino. 82. Se avete occasione di fare il bagno in pubblico non spruzzate d'acqua i vicini, non vi aggrappate a chi nuota, non fate scherzi con l'acqua; non andate nuotando al largo se non è con voi alcuno della vostra famiglia. 83. Le mie lettrici potranno talvolta far parte dei così detti giuochi di società, è inutile ch' io dica loro che anche in queste occasioni la fanciulla per bene si distingue per il suo contegno corretto, senza musoneria, ma senza sguajataggine. 84. Non origliate mai alle porte, non guardate dai buchi delle chiavi. 85. Se avete ricevuto un beneficio serbate in cuore sempre viva la gratitudine, e quando se ne presenta occasione ricordate il bene ricevuto; se invece avete avuto occasione di rendere alcun servigio ad altri non rinfacciategli mai la vostra buona azione, nemmeno se lo vedeste ingrato. 86. Giuseppe Giusti, un poeta che fra poco imparerete ad amare scrisse

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Galateo della borghesia

201615
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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Un uomo che scorti delle signore a teatro offrirà loro dei rinfreschi; non le lascierà mai sole per far delle visite in altri palchi, meno il caso in cui ci fossero parecchi visitatori: ma anche allora la sua assenza dev'essere brevissima, perchè non restino abbandonate. Una signora che non abbia cavaliere, se attempata, può, andando a teatro con un'amica, farsi scortare dal servitore. Ma non deve mai apparir sola in palco, se non vuol esser confusa con persone di condotta dubbia. Un uomo che abbia una signora a braccio non saluterà mai una donna notoriamente disonesta e respinta dalla buona società. Se una sinora incontra, a teatro, un uomo di sua conoscenza con persone di tal genere, non deve guardarlo, nè mai alludere, nemmeno scherzosamente, a quell' incontro. È lecito ad una signora valersi del canocchiale; le signorine però non guarderanno col canocchiale in platea, nè fisseranno gli attori. Le signore non applaudono: gli uomini non dovrebbero fischiare in nessun luogo: comunque, non si fischia mai in palco. Molti considerano il venir tardi a teatro come indizio di superiorità; secondo loro dà l'impronta del chic. Invece il veder i palchetti vuoti fa sfigurare il teatro; e venir alla fine dello spettacolo è un'esagerazione; ma ciò che è più biasimevole si è l'entrare rumorosamente quando tutti ascoltano con attenzione un cantante di vaglia, ed il chiasso quindi disturba l'intero pubblico. Nell'uscire da teatro le ragazze vanno insieme se sono due, lasciando il cavaliere alla mamma: se non c'è che una ragazza, questa uscirà a braccio della madre col babbo per scorta; se oltre il babbo v'hanno altri cavalieri, darà lei il braccio al babbo, lasciando il cavaliere, che non fosse di famiglia, alla madre. Se tutti i cavalieri sono estranei, uscirà con la madre. Prima di chiudere toccherò un argomento delicato. Molte signore hanno il debole di scollacciarsi troppo. Secondo loro è colpa la sarta, è il vestito che scivola... non se ne accorgono... Ad ogni modo le prego di accorgersi in tempo e di credere che quell'uso è molto reprensibile e non piace ad alcuno. La verecondia è sempre apprezzata, anche da chi ostenta di amar il vizio. Galateo della Borghesia. - 6.

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Le buone maniere

202636
Caterina Pigorini-Beri 2 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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Il re Sole scriveva a Madama di Maintenon che essa era simpatica, attraentissima, piena d'ingegno, ma non sapeva fare la riverenza; punto capitale nel paese dove Madama di Maintenon aveva fondato l'istituto di Saint Cyr, nel quale alla suora Luisa fu amministrato il cilicio solo perchè aveva dato alle educande un po' di vino fuori di pasto, il che le aveva forse esilarate e si erano abbandonate a qualche piccola allegra risata. Infine la disciplina era allora, com'è adesso, una grande operatrice di miracoli nel campo delle qualità esteriori. E questo studio, secondo i loro tempie le loro fortune, non lo sdegnarono Napoleone e Washington, i due usciti dal popolo che più seppero governare e regnare su di esso. E se anche un uomo dovesse restare, come è desiderabile, nella posizione modesta e oscura in cui è nato, il conoscere i modi e le convenzioni della vita civile e della cortesia sarà ancora di un vantaggio incalcolabile; potrebbe, nell'esercizio salutare della gentilezza e della grazia, elevare il proprio io all'altezza di coloro che gli sono anteposti; fuggire la brutalità delle parole e degli atti; temperare l'ira e la rigidezza del suo carattere, e togliersi a quello scherno che, sia pure ingiustamente, perseguita tutti coloro i quali ignorano le regole d'una prammatica consacrata dalla universalità dei popoli, dalla tradizione e dai costumi. In questo però deve essere curato con ogni diligenza che le formalità e le prammatiche della vita elegante e gentile diventino un'abitudine cosi, che vengano spontanee, come nate con noi stessi; il che si potrebbe riassumere in questo precetto: bisogna conoscere sempre il proprio ambiente morale. È indispensabile guardarsi da quegli atti che accusano in sè stesso quello che i Francesi chiamano parvenu o borghese, per cui in Italia fu inventata da un giornalista di genio la parola pacchianesimo. Il pacchiano nell'Italia meridionale è il contadino scelto, gonfio, spaccone, quello che ostenta oro e gioielli, abiti vistosi, e idee fine, senza possederle. È difficile farne la spiegazione precisa: infine il pacchianesimo o il borghesismo è stato definito una mentalità; cioè uno stato d'animo e di mente alquanto grossolano, che non sa adattare le modalità dell'eleganza, e soverchia sempre nell'espressione delle prammatiche e degli usi sociali. Bisogna studiare di essere una ruota sia pure piccolissima del meccanismo sociale e non un nodo allo scorrere delle abitudini generali ed evitare così il ridicolo. Il ridicolo è un'arma pericolosa nella società moderna, ed è poi stata pericolosa sempre. La commedia riesce più a sferzare i troppo ingenui che i birbanti. Anche ciò è naturale nell'uomo; e una prova sta in questo, che quando vediamo un uomo o una donna che va a rischio di cadere, non possiamo impedire un istintivo impulso di riso. Ciò è tanto più ingiusto in quanto se vediamo cadere una bestia bruta ne risentiamo invece un senso di compassione e di pietà. Questo istinto umano così profondo e così invincibile si applica inavvertitamente alle regole di quella che si è convenuto di chiamare la buona creanza. Ecco perchè è utile di notare e di definire praticamente gli usi più indispensabili della vita sociale.

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L'istruzione in sè e per sè, non vale nulla; la trasformazione sociale si è effettuata, le idee si sono moltiplicate; le nazioni sono divenute intelligenti; ma si sono staccate man mano dai loro sentimenti e gli entusiasmi salutari le hanno abbandonate. E così questa grande rivoluzione intellettuale ha stipato i cervelli senza fecondarli e minaccia di abbandonare i popoli alla follia della loro intelligenza. Ora è all'educatrice che è riservato il Sursum corda! E questo otterrà per sè e per gli altri non colle pedanterie scolastiche, coll'orpello d'una laurea, colla vanità d'una patente, colle pretese di un titolo rimbombante, colle arti o colle scienze o col sapere la storia greca, romana, la teoria darwiniana o fare dei versi; ma coll'essersi assimilati gli studi che nel campo morale e intellettuale le vietino le mode bizzarre negli abiti e le maniere virili o scomposte, o sconvenienti. Questa salutare assimilazione le indicherà quella perfetta educazione civile, la quale irradiandosi da lei porterà ne' suoi discepoli l'urbanità, e spronerà allo studio, al rispetto delle consuetudini paesane e delle altrui opinioni e condurrà le giovani menti a venerare in essa non soltanto il sapere ma la virtù; onde poi accoglieranno nei cuori quel possente anelito, per cui la civiltà si diffonde, si stabilisce e rende meno aspro e meno difficile il vivere in comune. PIGORINI-BERI C., Le buone maniere. 11

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Eva Regina

203092
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 6 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Le regine che non sono più regine, o che mai ebbero scettro e corona, sono fuori del regno, esuli, abbandonate, smarrite. Esse si sentono inutili a sè e agli altri, inservibili rottami, pietosi avanzi di naufragio. Camminano su una terra straniera : l' acqua che le disseta, il pane che te sfama, non sono quelli del loro paese ideale : l'aria che esse respirano non è quella che può dilatare il loro petto in un' ebbrezza di felicità. Spodestate, amareggiate di continuo dalla potenza altrui, dall' altrui noncuranza o dall'altrui compassione, le regine esiliate incedono col lutto nel cuore, gli occhi pieni di pianto o tragicamente asciutti ; le labbra suggellate per sempre o schiuse a un sarcastico sorriso. Qualche volta l'affanno accumulato sull' anima loro si converte in veleno e allora diventano malvagie e non potendo possedere un regno s'adoperano per farlo perdere anche alle altre ; talvolta invece il dolore le affina, le eleva, ne fa dei puri spiriti capaci di tutte le abnegazioni e di tutti gli eroismi.

Ma l' amore le ha tradite, gli uomini le hanno abbandonate quando il piacere lasciò luogo al dovere: le donne oneste rivolgono da esse il volto con disprezzo, una vita di stenti le attende... Che cosa può salvarle dalla disperazione ? Troppo l'amor materno è soffocato dal pentimento, dalle ansie, dall'ira e dalla vergogna : la fede è in esse una debole fiamma offuscata dalle passioni : il sentimento del dovere è travolto nella coscienza turbata. Solo la morte, colla sua immancabile pace, col suo scioglimento tragico e assoluto, apparisce loro come l'unico rifugio: solo la cancellatura violenta delle conseguenze del fallo, sembra a quelle che non hanno il coraggio di morire, l'unica riparazione. Ma è tempo che la società, la quale ha, infine, la sua parte di responsabilità perchè composta di quegli individui stessi che, in un momento o l' altro della loro vita furono soggetti di seduzione o complici d' errori, è tempo che la società prov-veda, e non solo materialmente come fa coi brefotrofi e gli ospizi di maternità, ma moralmente, rialzando nella coscienza pubblica il concetto della donna-madre, in qualunque condizione ella sia, provocando nelle stesse sventurate che sono cadute una salutare reazione, la riabilitazione con la potenza dell'amor materno non più onta, ma conforto, ma nuovo scopo alla vita. Tempo addietro un medico milanese mi diceva che si sono fatte in proposito delle esperienze con ottimi risultati. Negli asili per i bambini lattanti si permette alle madri di recarsi ad allattare la propria creatura, e si sono istituiti dei premi in danaro per quelle che a capo d' un certo tempo ritirano il bambino e lo tengono seco allevandolo amorosamente ed onestamente. Quelle che la corruzione e il vizio non hanno contaminato, si vedono così autorizzate a compiere un atto ch' esse credevano di dover nascondere e si trovano anche aiutate nella lotta per la vita. Così moltissime vanno, e quasi tutte riprendono il loro bambino, poichè non hanno più coraggio di abbandonarlo dopo averlo tenuto per qualche mese al loro seno. Rammento qui una bella e commovente novella di Paul Bourget. Una fanciulla sedotta e resa madre, presa dalla vergogna e della disperazione si propone di far scomparire il neonato. Ma prima, negli ultimi giorni della gravidanza, va a confessarsi da un vecchio e sagace prete. E piangendo gli dice anche il suo triste proposito. Il confessore non si scandalizza, non la riprende acerbamente, non le fa intravedere le pene eterne, come qualunque altro, forse, avrebbe fatto: ma le raccomanda una cosa sola: « Prima di ucciderlo, porgetegli il seno ». Sapeva bene che quando la madre avesse tenuto la sua creaturina appesa al petto non avrebbe più avuto cuore di darle la morte con le sue mani. E fu così. Quel prete aveva la sapienza di Salomone.

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Benedetto se anche fummo ingannate, tradite, misconosciute, abbandonate; anche se il ricordo del passato ci fa parer più fredda, arida e triste la solitudine del nostro presente. Amammo, vivemmo. Amammo e conoscemmo l'estasi più alta, avemmo la visione più fulgida di bellezza, possedemmo la ricchezza più meravigliosa. Misera la donna che non ha appassionatamente amato; che non conosce le attese che sospendono il senso della vita, le emozioni del rivedere un volto adorato che imbiancano il viso come nell'ora della morte; che non sa le notti insonni per la tortura d' una gelosia, d'un dubbio, d'un'ignoranza; che ha atteso una lettera come una sentenza fatale, che non si è sentita, in certe ore, su un culmine, nella gloria abbagliante d' un sole ardente che raddoppiava tutte le sue energie, che le faceva vivere una vita ricca dell'essenza di mille vite, che la dava un' esuberanza di sentimento, di sensibilità, da mutare l'esultanza in una sofferenza fisica: misera la donna che non ha toccato, per un giorno, per un'ora, per un minuto, il limitare del suo sogno...

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E se le figliuole abbandonate a sè stesse crescono infingarde e civettuole, o peggio abusano dell' abbandono ; se i fanciulli annoiati dalle lunghe permanenze in chiesa, pigliano più tardi la religione in uggia e acquistano un falso concetto della preghiera, di chi la colpa ? Della madre loro... Altre donne si servono della religione come di un manto destinato a coprire le peggiori brutture. Seminano la discordia, opprimono i deboli, impongono il loro egoismo, soddisfano i più bassi istinti della loro natura, passano di scandalo in scandalo non curandosi dei cattivi esempi che dànno nella intimità, ma poi, per proteggere la loro fama, vanno ad inginocchiarsi ad ogni altare, appendono voti, fanno parte di tutti i Comitati di beneficenza, trascinando religione e fede nel fango dell' ipocrisia.

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Abbandonate ogni stimolante, come thé, caffè, liquori, pietanze drogate: fate ogni giorno un po' d'esercizio all'aria aperta, dormite almeno nove ore.

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›› E non pensano in quei momenti di sconforto quanti bimbi senza mamma esistono, quante fanciulle abbandonate e pericolanti, quanti vecchi a cui la solitudine e la povertà rendono ancor più gravosa la loro età inoltrata. La beneficenza ai giorni nostri ha preso l' importanza d' una vera istituzione civile, ed una donna che senta il lodevole desiderio di giovare ad altrui non ha che a guardarsi intorno per scegliere quella fra le grandi cause dell' umanità che le inspira più interesse e simpatia. Nè vi è più bisogno di cingere bende e pronunziar voti religiosi, ai giorni nostri, per esercitare questa missione austera e pia. Potrà rimanere nella società, non rinunziare al suo grado e alla sua posizione, continuare a vestire elegantemente se ne ha l' abitudine, e vivere nella sua casa e nella sua città, poichè dovunque vi sono miserie da soccorrere, anime da dirozzare, mali fisici e morali da guarire. Ecco gli asili d'infanzia e i patronati scolastici : una legione di bimbi da proteggere, al cui sano sviluppo organico e spirituale vigilare con previdenza materna, visitandoli, tenendo conto dei più bisognosi e negletti : ecco le provvide istituzioni dell'Infanzia abbandonata, delle Case di deposito e di soccorso per i piccoli derelitti che hanno conosciuto il dolore e la malvagità umana prima ancora di sapere che cosa è la vita : ecco i Ricreatorî festivi per le fanciulle operaie da ingentilire, da ritemprare alle prove della vita, da mantenere nella retta via dell'onestà e del lavoro: le scuole domenicali e le biblioteche per illuminare le loro menti e fornire loro sane e profittevoli letture. Ecco tutte le opere di previdenza sociale, le unioni di beneficenza intese a dar lavoro ai disoccupati : le case di redenzione il cui nobile programma sta tutto nel loro titolo : il patronato dei minorenni condannati col beneficio della legge del perdono e rimasti nelle loro famiglie : le Amiche della giovinetta, opera internazionale che si prefigge di occuparsi delle fanciulle straniere che arrivano in cerca di lavoro; la Cassa d'assistenza per la maternità, bellissima istituzione che vuol garantire la madre e il neonato nei periodi critici della gestazione e del parto ; l'Aiuto materno, che si assume la sorveglianza dell' allattamento, e distribuisce latte sterilizzato e indumenti per i piccini ; le Cucine popolari ; le Amiche dei poveri che dànno lavoro a domicilio equamente retribuito ; le Società per il patronato dei ciechi, che mettono in opera ogni mezzo suggerito dalla scienza e dalla pietà per alleviare la massima fra le sventure ; l'Ufficio indicazioni ed assistenza, il quale si occupa di stendere suppliche, ottenere certificati, elargire consigli ed aiuto, delle visite a domicilio dei poveri ed anche di piccoli prestiti a cui l' indigente può ricorrere sottraendosi alla rapacità degli usurai. A tutti è nota oramai la Cooperativa delle industrie femminili, che oltre rilasciare all' operaia il guadagno netto, si è fatta scuola d' arte e di buon gusto; e una felice innovazione già tentata con buon esito in qualche città è quella delle Cucine per i malati poveri, intesa a fornire a poco prezzo cibi sostanziosi leggeri e igienici per le convalescenze, prima che il malato torni al lavoro e al suo regime frugale. Vi è pure il Comitato contro la tubercolosi, per diffondere fra il popolo nozioni utili d'igiene e di previdenza, visitare gli infermi, distribuire gli alimenti, mandare a cure climatiche i deboli, distribuire sussidî, rendere infine sempre più efficace la lotta contro questo flagello terribile. E con questa avanguardia di soccorso si apre la beneficenza degli ospedali, le cui candide corsie silenziose sono per certe anime percosse dal dolore un salutare rifugio morale. Ecco le Scuole di infermeria e della Croce rossa ; ecco gli Ospizi di maternità, gli Ambulatorî per le malattie infantili ; le Case di convalescenza poste in luoghi ridenti e salubri : gli Ospizi marini dove tanti poveri bambini deboli trovano le forze e la vita. E forse in questa lunga enumerazione ho ancora dimenticato qualche opera provvida, ad ogni modo ne avrò sempre accennato abbastanza per dimostrare che non mancano occasioni di fare il bene secondo qualunque intendimento o tendenza ; di giovare al prossimo nobilmente ed efficacemente; di proporre alla propria attività e al proprio cuore un còmpito utile ed alto.

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