Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Clelia: il governo dei preti: romanzo storico politico

675929
Garibaldi, Giuseppe 3 occorrenze
  • 1870
  • Fratelli Rechiedei
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Le ghette di cuoio erano state abbandonate da Marzio ed il suo abito di color azzurro con ampie saccoccie non offriva oltre l’ampiezza alcun’altra singolarità. La circostanza non era opportuna a lunghe espansioni. Si leggeva però su quelle due straordinarie fisonomie un vero e mutuo sentimento di piacere e di simpatia. Tant’è; io sono innamorato dei briganti e se fossi una donna chi sa, che non diventassi una brigantessa. In questi tempi ove la gloria e l’onore italiano hanno avuto certi spiacevoli sfregi, dico il vero: quel pugno d’uomini chiamati briganti che per sette anni si sostiene contro un esercito numeroso altri due eserciti di carabinieri e di guardie di pubblica sicurezza un quarto esercito di guardie nazionali ed un’intiera ostile popolazione; quel pugno d’uomini dico: chiamateli come volete, sono almeno uomini di grande coraggio. E se voi signori governanti in luogo di mantenere la scellerata istituzione prete vi foste adoperati all’istruzione del popolo quegli stessi briganti in luogo di essere stromenti di reazione pretina sarebbero oggi nelle file nostre dandovi l’esempio del come si combatte, uno contro venticinque. Dunque: Viva i briganti! meno gli assassini, s’intende. E ancora una parola all’orecchio, signori alto-locati che m’intend’io! Quando voi assaltaste le mura di Roma (per devozione lo si sa) foste voi meno briganti derubando e sgozzando un povero popolo che vi credeva amici. Voi, non solo siete briganti, ma per di più traditori! Ma mi direte: quelli erano repubblicani, gente infesta al mondo. E cosa eravate voi, signor Menzogna? non repubblicano certamente, perché per esserlo bisogna essere onesto. E... quanto ad onestà vi lascio metter la mano sulla coscienza... se pure ne avete una. E a Castelfidardo, a Gaeta, non erano republicani che assaltavate! Con che legalità, con che diritto di genti? né più né meno di quello che vanti un brigante sulla strada od in casa colla sola differenza, che il brigante spoglia, e non sempre uccide, e vi siete imbrattate le mani nel sangue innocente. Chiedo perdono al lettore d’averlo piantato per tanto tempo nel poco piacevole funerale d’un principe per disgredire favellando di grande e piccolo brigantaggio. Giunto il convoglio al camposanto e sepolto il cadavere non una voce vi fu che in suo onore dicesse una parola di orazione funebre. Il povero principe con tutta la sua volontà di fare il bene n’era stato impedito da prematura morte. E che cosa si sarebbe potuto dire di bontà, d’eroismo o d’altre qualità commendevoli non avendo egli avuto il tempo d’esercitarle?

Essi lordano ancora le nostre contrade e sotto pretesti futili rioccupano le posizioni che già aveano abbandonate quando dovevano uniformarsi alla Convenzione del settembre 1864. Or tocca a noi. Pazientammo diciotto anni, subimmo il doppio giogo, egualmente esacrato, dello straniero e del prete. Ed in questi ultimi anni, pronti a menar le mani, fummo trattenuti da quella setta ermafrodita che si chiama de’ moderati, e altra moderazione non ha e non usa che quella d’impedire il fare e il far bene: setta infame e divoratrice siccome il prete, pronta sempre a patteggiare collo straniero, a far mercato dell’onor nazionale pur d’impinguare sull’erario dello Stato che trascina a sicura rovina. Di fuori i nostri amici son pronti e noi accusano di neghittosi. L’esercito, meno la parte legata alla pagnotta, è tutto con noi. Le armi che aspettavamo, per distribuire al popolo, sono giunte e stanno in luogo sicuro. Di munizioni ne abbiamo più del bisogno. A che dunque tardare più oltre? Oual nuova occasione dobbiamo aspettare? Il nostro grido sia: "All’armi"...». E «All’armi! all’armi!» fu la risposta dei trecento congiurati. La stanza romita dove forse gli antichi eroi venivano ancora nella notte a meditare sul servaggio delle nazioni, rimbombò al grido dei trecento giovani, che giuravano di voler libera Roma, e l’eco diffuse tra le secolari macerie dello sterminato Colosseo il maschio grido di quella coorte. Trecento! Trecento come i compagni di Leonida, come gli eroi dell’antica famiglia dei Fabii, erano i giovani nostri amici; i quali non avrebbero ceduto il loro posto, sia di liberatori, sia di martiri per un impero. «Che Dio vi benedica, anime predilette! - riprese Attilio. - Non ebbi mai dubbio dell’unanime eroica vostra risolutezza per l’opera santa! Noi felici, cui la sorte affidò la redenzione dell’antica padrona del mondo dopo tanti secoli di servaggio e di brutture pretine. Or come ognuno di voi ebbe la sua parte di popolo, suddiviso per rioni, ad educare, così quella stessa parte di popolo sia da ciascuno di voi guidata il giorno della battaglia che non sarà lontana, il giorno in cui verranno infranti i ceppi della nostra Roma e risorgerà questo popolo che il prete, schiuma d’inferno, il prete solo, poteva depravare, corrompere, abbruttire a tal segno da cambiare il grandissimo fra tutti i popoli nel più meschino, più abbietto, ed ultimo popolo della terra. Sì, è stato il prete che ha avuto il merito di educare gli italiani all’umiliazione ed al servilismo. Mentre lui si faceva baciare la pantofola dagli imperatori, chiedeva agli altri esercitassero l’umiltà cristiana; mentre predicava l’austerità della vita, egli sguazzava nell’abbondanza, nella lascivia e nel vizio. Inchini e baciamani: ecco la ginnastica insegnata dal prete al popolo. Per Dio, lo dobbiamo a lui se la metà di noi porta il gobbo, od ha la spina dorsale curvata! La lotta che siamo per imprendere è santa. E a noi, non solo l’Italia, ma il mondo sarà grato se giungeremo a liberarlo da questa maledizione. Imperocché tenete per certo che nel mondo intero sarà possibile la fratellanza umana ove sia liberato dai preti...». A questo punto era arrivato col suo ardente discorso Attilio, quando un lampo improvviso illuminò la vasta navata del Colosseo, come se a un tratto mille torcie si fossero accese per incanto. Al lampo tenner dietro le tenebre più fitte di prima ed un terribile tuono scosse fino dalle fondamenta la sterminata mole. Non impallidirono i congiurati, disposti come erano ad affrontare la morte in qualunque guisa, né rimasero scossi. Ed ognuno di loro corse colla destra nel seno a ricercare il ferro. Quando, quasi fosse un seguito della meteora, s’udì una voce di disperazione risonare nel vestibolo dell’anfiteatro e poco dopo una giovine scarmigliata, fuori di sé, grondante acqua dalle vesti, si precipitava in mezzo ai congiurati. Silvio fu il primo che la riconobbe, e: «Povera Camilla!» sclamò il coraggioso cacciatore di cignali. «Povera Camilla! in quale stato mai l’hanno ridotta codesti mostri, che l’Europa c’impone a padroni, per i quali l’inferno solo dovrebbe servire di stanza». Subito dietro alla Camilla, erano entrati alcuni dei giovani rimasti di guardia al di fuori e al loro capo raccontavano come quella donna al chiarore del lampo li avesse scoperti, come si fosse slanciata verso il loggione, senza che fosse stato possibile, in modo alcuno, trattenerla. «Vedendo una giovane donna - dissero le sentinelle - abbiamo creduto farci interpreti del vostro desiderio non adoperando le armi per arrestarla. In altro modo ci è stato impossibile il farlo». Camilla intanto, sollevata da Silvio avea innalzato meccanicamente gli occhi fino a lui. Ma fissatolo un momento, diede un urlo spaventoso e cadde a terra boccone, così dolorosamente singhiozzando da intenerire le pietre.

Le campagne abbandonate e sterili e le popolazioni malcontente ed immiserite ne sono il finale risultato Prova che l’Europa è scelleratamente governata, si è pure lo stato di guerra quasi continuo in cui essa si trova sotto uno od altro pretesto. Colpa e vergogna questa poiché se i popoli fossero ben governati non avrebbero bisogno di uccidersi reciprocamente per intendersi. Date un’Unione europea elle nazioni con un rappresentante per ciascuna e uno statuto fondamentale il cui primo articolo suoni: «La guerra è impossibile» ed il secondo: «Ogni lite fra le Nazioni sarà liquidata dal Congresso». Ecco veramente la guerra, flagello e vergogna umana, divenuta impossibile. Allora non più eserciti permanenti ed i figli del popolo che si guidavano al macello, coi boriosi nomi di patriottismo e di gloria resi alle loro famiglie ed ai campi, che fecondati col lor sudore, contribuirebbero davvero a migliorare la condizione generale delle nazioni. Ecco quali sono le credenze del solitario, e confesso anche la mia. Quest’isola era il luogo di rifugio, che Giulia avea scelto, d’accordo con Manlio, per i fuggitivi suoi amici. Ma poiché erano rimaste Clelia e Silvia senza poter raggiungere lo Yacht, essa avea modificata tale decisione a questo modo: si visiterebbe cioè l’isoletta per prendervi parere ma si tornerebbe sul continente per aver notizia del resto della famiglia.

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