Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400039
Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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E, in altre parole, ciò vuol anche dire che la coscienza religiosa dell'umanità, abbandonata a sé stessa, si avvolge nella cerchia insuperabile delle proprie concezioni soggettive, e che l'opera di Dio nella storia e nelle anime non ha in nessun uomo e in nessun caso il sigillo di ciò che è assoluto e divino ed eccede visibilmente i limiti dello spazio e del tempo. Se dunque Dio vive ed opera nell'umanità, e la via che conduce la coscienza umana a lui è la via buona e sicura, Gesù Cristo è Dio; negata la divinità di lui non solo il cristianesimo, ma ogni religione positiva, ogni certezza del divino si risolve nell'errore di anime vaganti per i campi delle loro creazioni.

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Tutte le manifestazioni esteriori e le documentazioni storiche di questa dottrina e di questa morale sono, nella loro fenomenologia, la quale fa parte in varia maniera di tutto il più vasto processo storico, soggette a critica ed a revisione; ma d'altra parte questa critica non può essere abbandonata ai singoli e deve avere un controllo, essere criticata a sua volta da un principio autorevole. Ora questo non può essere altro, nella realtà, che una comunione di credenti, alla quale i credenti singoli rimettano con deferenza il deliberare sulla fede comune; in altre parole, una Chiesa. V., in Cattolicismo e il pensiero moderno, il capitolo il cattolicismo e la critica.

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Nella civiltà antica, pagana, che il materialismo moderno tende a rinnovare, l'uomo non era considerato se non per ciò che egli era esteriormente: la sua sorte era abbandonata senza riparo al corso delle cause naturali e sociali od al capriccio dei più forti; i suoi dritti gli venivano, non da quest'anima medesima e dalla destinazione di essa, ma dalla società cui apparteneva, dal possesso dei mezzi di imporsi, dalle conquiste, dalle violenze; sicché alcuni avevano tutti i diritti, incluso quello di disporre a loro capriccio delle esistenze di altri esseri umani, altri non ne avevano nessuno. Ed appena il concetto cristiano del valore dell'anima umana sparisce, le stesse tendenze tornano a riapparire. La schiavitù, fu detto, si è trasformata ma non è sparita ancora dalla terra: poco meno che schiavi furono da Leone XIII dichiarati i lavoratori nell'economia capitalistica; innumerevoli sono, come forse vedremo più innanzi, le violazioni dei principii d'umanità e di giustizia compiute a danno del debole. E ai fatti si associano le dottrine e fatti peggiori preparano. Ai programmi di violenza formulati in nome del numero rispondono oramai programmi di violenza formulati in nome dell'individuo più forte. È recente ancora in Europa, e va raccogliendo anche oggi discepoli numerosi ed entusiasti, la voce la quale malediceva al cristianesimo, per aver esso consacrato il diritto degli umili dei deboli degli oppressi, e proclamava di nuovo il dritto della forza e della conquista. E non era, quella, la voce geniale ma strana di un pazzo, ma sì l'interpretazione ovvia e logica di una dottrina scientifica la quale, riassumendo tutto l'essere umano nel determinismo della materia, non riconosce in ciascuno di noi che un gruppo di fenomeni, ed annulla con ciò stesso, insieme con la realtà del nostro essere spirituale, ogni appello a un dritto assoluto e perenne di ciascuna coscienza ed anima umana.

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